CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 89/2019 del 12 novembre 2019 – Laura Perbellin – Marcello Merlin/Federazione Italiana Sport Equestri

Decisione n. 89 

Anno 2019

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE

 

       composta da 

Franco Frattini - Presidente e Relatore

Dante DAlessio

Mario Sanino

Massimo Zaccheo

Attilio Zimatore - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 62/2019, presentato congiuntamente, in data 18 luglio 2019, dai sigg. Laura Perbellini e Marcello Merlin, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giorgio Gargiulo e Fiorella Mammana, 

contro 

 

la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e il Sostituto Procuratore Federale FISE, avv. Giorgia Pellerano,

  

avverso 

 

la decisione emessa dalla Corte D'Appello Federale in funzione di Giudice di seconda istanza della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) del 2 luglio 2019, che ha dichiarato infondato il primo motivo e inammissibile il reclamo per il resto, confermando la decisione del TribunalFederale FISE del 28 maggio 2019, che ha irrogato alla signora Laura Perbellini, in proprio, ed al sig. Marcello Merlin la sanzione della sospensione ex art. 6 lett. d), e), f), per anni tre con l’aggravante di cui all’art8, lett. h)Reg. Giust.; al sig.  Marcello Merlin la sanzione della sospensione di quattro mesi ex art. 6, lett. e), Reg. Giust.; al C.I. Il Muretto A.S.D., nella persona del rappresentante legale p.t. signora Laura Perbellini, la sanzione della sospensione dell’affiliazione ex art. 6, lett. e), Reg. Giust. per un anno.

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; 

 

uditi, nell’udienza del 23 settembre 2019, i difensori delle parti ricorrenti - sigg. Laura Perbellini e Marcello Merlin - avv.ti Giorgio Gargiulo e Michele Mazzolo, questultimo giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Fiorella Mammana; il Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e il Sostituto Procuratore Federale FISE, avv. Giorgia Pellerano, per la resistente Procura Federale FISE, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, ed il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dellart. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; 

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Pres. Franco Frattini. 

 

Ritenuto in fatto 

 

1 - Con atto di incolpazione del 27 febbraio 2019, la Procura Federale della FISE, acquisita la segnalazione pervenuta da parte del Presidente del CR FISE Veneto, provvedeva al deferimento, innanzi al Tribunale Federale, degli odierni ricorrenti. Segnatamente, venivano contestate: i) ai sigg. Laura Perbellini e Marcello Merlin la violazione del Regolamento Veterinario (art. 1 e 2, nn.

8 10, Sezione Tutela del benessere del cavallo) e dell’art. 1, lett. a) e b), del Codice di Condotta Fei per il benessere del Cavallo (Allegato I del Regolamento Veterinario), nonché dei principi fondamentali sanciti dagli artt. 5 e 10 dello Statuto Federale, dai Regolamenti di Settore e dalla Normativa Istruttori Federali, per avere, i medesimi, posto in essere i comportamenti di abuso nei confronti degli equidi e, quindi, sanzionabili ai sensi dell’art. 1 del Regolamento di Giustizia, con l’aggravante di cui all’art. 8, lett. h), del Regolamento di Giustizia; ii) al sig. Merlin Marcello, la violazione dei principi fondamentali sanciti dall’art. 10 dello Statuto Federale e dalla Normativa Istruttori Federali, per avere il medesimo impartito lezioni nella disciplina del Salto Ostacoli iassenza della carica federale di istruttore e, quindi, svolgendo in maniera abusiva la relativa attività, essendo, invero, il medesimo abilitato solo come tecnico di equitazione americana; iii) al C.I. Il Muretto, e per esso al Presidente e legale rappresentate del Circolo, sig.ra Laura Perbellini, a titolo di responsabilità, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di Giustizia Federale, secondo il quale per gli illeciti disciplinari commessi da chi li rappresenta ai sensi delle disposizioni federali, nonché dai propri dirigenti, accompagnatori, istruttori, tecnici, operatori tecnici e delegati” risponde, oggettivamente, l’ente Affiliato, per aver consentito ad un soggetto privo della carica federale di istruttore di impartire lezioni di equitazione in una disciplina per la quale non è abilitato, nonché per il mancato rispetto delle basilari regole di sicurezza che, nel caso di specie, impediscono di far salire a cavallo minori senza cap.

2 - A seguito del dibattimento, accertati i frequenti maltrattamenti finalizzati alla sottomissione di taluni equidi, per ottenerne lassoluta obbedienza o ancora, come testualmente dichiarato, a “metterlo in punizione” o “a pensarelegato in box nella impossibilità di raggiungere acqua e cibo”, nonché ritenendo provato l’esercizio abusivo della carica di istruttore federale e l’assenza del rispetto delle menzionate regole di sicurezza, il Giudice di prime cure applicava le seguenti sanzioni: I) alla sig.ra Laura Perbellini, in proprio, ed al sig. Marcello Merlin la sanzione della sospensione per tre anni; II) al sig. Marcello Merlin la sanzione della sospensione di quattro mesi;

III) al C.I. Il Muretto A.S.D., nella persona del rappresentante legale p.t. sig.ra Laura Perbellini, la sanzione della sospensione dell’affiliazione per un anno.

3- Avverso la decisione di primo grado, gli stessi proponevano reclamo congiunto dinnanzi la Corte D'Appello Federale in funzione di Giudice di seconda istanza della FISE, la quale, con la decisione quivi impugnata, lo dichiarava in parte infondato ed in parte inammissibile.

4- Con ricorso depositato il 18 luglio 2019, i ricorrenti hanno quindi impugnato detta decisione dinanzi a questo Collegio di Garanzia.

In particolare, con il ricorso n. 62/2019 i ricorrenti indicati in epigrafe chiedevano <<In principalità: l'annullamento della Decisione investita di ricorso, con decisione di proscioglimento nel merito degli incolpati, ai sensi degli artt. 59, comma 3, CGS CONI e 12 bis, comma 3, St. CONI e, quindi, senza rinvio alla CFA FISE; - in subordine: l'annullamento della decisione con restituzione degli atti alla Procura Federale FISE ovvero, in subordine, con rinvio allorgano disciplinare della FISE (“Corte Federale di Appello)>>.

5- I motivi posti a sostegno dei suddetti ricorsi saranno illustrati nel corso della motivazione.

Si costituiva in giudizio la Procura Federale della Federazione Italiana Sport Equestri, chiedendo la reiezione del ricorso in quanto inammissibile, nonché in ogni caso infondato nel merito.

Le eccezioni della resistente saranno esposte anchesse, per quanto necessario, nel corso della motivazione che segue.

Interveniva in udienza, ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, la Procura Generale dello Sport, concludendo per l’inammissibilità del ricorso in epigrafe. 

 

Considerato in diritto 

 

  1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti reiterano la censura relativa alla asserita violazione del loro diritto di difesa a causa della mancata ricezione della PEC contenente l’avviso della conclusione delle indagini e, pertanto, di non aver potuto avvalersi delle facoltà defensionali previste dal Regolamento di Giustizia in fase procedimentale, ivi compresa la possibilità di attivare il meccanismo del patteggiamento senza incolpazione, di cui all’art. 67 R.G. FISE. In particolare, nonostante risulti per tabulas l’erroneità dell’indirizzo di posta elettronica certificata indicato alla Federazione da parte del C.I. Il Muretto, i ricorrenti eccepiscono, in sintesi, il contegno negligente ed omissivo dell’Ufficio della Procura Federale, per non aver attivato differenti meccanismi volti alla conoscibilità dell’atto in questione.
  2. La critica è priva di fondamento.

Come noto, l’art. 11 del Codice della Giustizia Sportiva, la cui formulazione è analoga a quella dell’art. 31 del R.G. FISE, prescrive che ogni comunicazione, ad affiliati e tesserati, da parte degli organi Federali debba essere posta in essere mediante l’utilizzo dello strumento della Posta Elettronica Certificata. Lerrata indicazione dell’indirizzo PEC nel momento dell’affiliazione (nel caso di specie, .eu” anziché “.it) porta, quale materiale conseguenza, l’impossibilità del compimento della trasmissione dell’atto e, pertanto, sul piano giuridico, una nullità della notificazione.

Questo Collegio non può non prendere in considerazione quanto sancito dal combinato disposto degli artt. 156, 157 e 160 c.p.c.. Il processo sportivo, in virtù della disciplina regolamentare testé richiamata, risente del principio della strumentalità delle forme in materia di notificazioni, nonché dei meccanismi di eccepibilità delle nullità e di sanatoria delle stesse.

Nel caso in esame vengono in rilievo, da un lato, l’art. 157, comma 3, c.p.c., nella parte in cui si afferma che la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa”, e, dall’altro, l’art. 156, comma 3 c.p.c., a mente del quale la nullità non può mai essere pronunciata, se latto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.

Con riguardo alla prima disposizione deve evidenziarsi, come correttamente rilevato dalla ProcurFederale e dal giudice di seconde cure, che la circostanza di aver indicato un indirizzo erroneo non può essere invocata quale vizio procedurale dalla parte che ha determinato l’errore, proprio in virtù di quel principio di autoresponsabilità sotteso alla norma in parola.

Tale rilievo vale, altresì, a superare l’eccezione relativa all’addotta identità di fattispecie tra il presente contenzioso e quello definito con la decisione di codesto Collegio di Garanzia, Sez. IV,

n. 2/2019, atteso che in quella circostanza era stata la Federazione ad aver proceduto all’affiliazione in assenza dell’indicazione di un indirizzo PEC nella scheda anagrafica dell’affiliatin difformità dall’obbligo di cui agli artt. 31 RG della FISE e 11 CGS – mentre, nel caso in questione, diversamente, si tratta di una erronea indicazione da parte dello stesso affiliato che, come tale, ha concorso a determinare la nullità della notificazione dell’atto di conclusione delle indagini.

Neppure può dubitarsi dell’avvenuto raggiungimento dello scopo dell’atto del quale si lamenta la nullità della notificazione. Invero, la notificazione nulla è passibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo allorché segua la costituzione della parte. Infatti, il principio, sancito in via generale dall’art. 156 c.p.c., comma 3, secondo il quale la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato, vale anche per le notificazioni, come espressamente previsto dall'art. 160 c.p.c., con la conseguenza che la costituzione in giudizio, anche se intervenuta al solo scopo di eccepire la nullità della notificazione dell’atto, produce una sanatoria del vizio con efficacia retroattiva, che esclude ogni decadenza (Cass., S.U., 25/06/2012, n. 10503 e Cass., 02/05/2006, n. 10119).

Nel caso di specie i ricorrenti ben hanno potuto difendersi, controdedurre e formulare istanze istruttorie, vieppiù ponendo in essere un atteggiamento processuale incompatibile con la volondi avvalersi del meccanismo di premialità sotteso al patteggiamento senza incolpazione, di cui all’art. 67 del R.G. FISE, meccanismo che avrebbe potuto essere, al più, utilizzato, stante l’identità di ratio e di conseguenze sul piano giuridico, nelle diverse forme dell’applicazione consensuale di sanzioni a seguito di atto di deferimento ex art. 47 R.G. FISE.

  1. Questo Collegio non può esimersi dal notare, altresì, che tale motivo di ricorso, oltre a risentire della non fondatezza per le ragioni fin qui esposte, risente di una evidente incompatibililogica con la richiesta di definire nel merito e senza rinvio il presente giudizio, come esplicitata in sede di pubblica udienza da parte della difesa dei ricorrenti ed accettata dalle parti resistenti.

Invero, quandanche si volesse accedere alla tesi propugnata dai ricorrenti circa la nullità della notificazione e della violazione del principio del contraddittorio, lunico provvedimento pronunciabile da questo Collegio sarebbe quello dell’annullamento con rinvio ad altro giudice di merito ovvero all’Ufficio del Procuratore Federale; provvedimento che, evidentemente, non rientra più tra le conclusioni e le istanzein base alle quali, a norma dell’art. 59 del Codice della Giustizia Sportiva, è domandato laccoglimento del ricorso e, pertanto, non emanabile da questo Collegio ove pure di esso vi fossero i presupposti, il che non è nella fattispecie, come già detto.

  1. Con secondo motivo di ricorso, viene censurata la decisione di secondo grado nella parte in cui la Corte ha dichiarato l’inammissibilità della impugnazione, giacché del tutto priva di unesposizione dei fatti idonea a comprendere le ragioni della domanda, non essendo state indicate neppure le specifiche condotte contestate che avrebbero dato luogo alle violazioni addebitate e non rinvenendosi la necessaria scansione del rapporto tra le parti della sentenza impugnata e i motivi di censura.

Tale motivo di doglianza è in parte infondato ed in parte inammissibile. 

La decisione impugnata, invero, è del tutto coerente nella parte in cui afferma che tra i principi cardine dell’appello affermati dal codice di procedura civile debbono essere richiamati l’effetto devolutivo non automatico, ma limitato dai motivi di gravame dell’appello, ribadito anche dall’art. 56, comma 6, R.G. FISE, al quale si aggiunge, quale logico corollario, il principio della specificità dei motivi quale onere imposto all’appellante dall’art. 342 c.p.c..

Lart. 342 c.p.c., nella sua attuale formulazione, prevede che l’appello debba contenere, a pena di inammissibilità: 1) lindicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;

2) lindicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”. Tale norma deve essere interpretata nel senso che l’impugnazione debba contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (Cass., n. 27199/2017). Ebbene, questo Collegio ritiene che nel processo di appello sportivo, poiché lo stesso mira ad una revisione in chiave critica dell’operato del giudice di primo grado -  del quale deve essere evidenziata la erroneità sia nella corretta applicazione delle norme che regolano il processo, sia nella concreta attivivalutativa dei fatti causa, sia nella corretta applicazione delle norme di diritto

  • la critica deve necessariamente essere veicolata mediante la specifica formulazione di un motivo di gravame, in ossequio al dettato dell'art. 342 c.p.c.. Solo a tali condizioni, e ciimponendosi che le critiche alla sentenza impugnata trovino formale esplicazione in un espresso motivo di impugnazione, è possibile assicurare che il giudizio di appello, anche in sede sportiva, conservi la natura di revisio prioris instantiae, in quanto la semplice riproposizione della domanda non esaminata, non accompagnata anche dalla concreta individuazione dellerrore asseritamente commesso dal Giudice di primo grado, determinerebbe l’assimilazione del giudizio di secondo grado a un iudicium novum, con effetto devolutivo pieno (Cass. n. 2855/2016).

Latto di reclamo proposto risultava, nel caso di specie, privo non solo della sua necessaria specificiintrinseca, ma anche di una parvenza di specificità estrinseca, vertente sulla correlazione fra i motivi e le ragioni di fatto e di diritto su cui si basava la sentenza impugnata. In sostanza il Collegio giudicante non è stato messo in condizioni di comprendere per quali ragioni il reclamante proponesse un iter logico ed una soluzione del caso alternativi rispetto a quanto stabilito dal primo Giudice.

A tal fine occorre ribadire che, in virtù dell’art. 2, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva (“Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva) - la cui analoga formulazione è inserita nell’art. 21, R.G. FISE

  • risulta agevole affermare che le norme generali e i principi del processo civile facciano “ingresso” nei procedimenti di giustizia sportiva attraverso una integrazione mediante rinvio ai principi e alle norme generali processual-civilistiche. Tale integrazione postula la presenza di una disposizione che non procede alla diretta determinazione della disciplina dei rapporti giuridici, ma li rimette, anche in maniera residuale, ad altre fonti o disposizioni.

La scelta del legislatore sportivo è evidentemente quella di voler, per quanto non disciplinato, integrare le norme procedurali dei Regolamenti di Giustizia, rinviando a principi e a norme generali del processo civile, ciò operando un c.d. riferimento con funzione normativa.

Il rinvio, dunque, è disposto ad ulteriore tutela delle posizioni rilevanti nellordinamento sportivo oggetto di giudizio, sempre tenendo in considerazione la compatibilità con il carattere di informalità della Giustizia Sportiva.

Informalità, si badi bene, che non deve, però, essere confusa con mancanza di rigore. 

Ecco che il giudizio di appello federale - vedasi l’art. 37 del CGS CONI, comma 8, che annovera tra gli esiti decisori del giudizio di secondo grado altresì l’inammissibilità” - risente della necessità del rinvio al codice di procedura civile, e, in tal guisa, che il relativo atto di appello (recte reclamo) sia confezionato nelle forme di cui all’art. 342 c.p.c..

  1. Lo stesso vale, con ciò evidenziandosi l’inammissibilità del secondo motivo spiegato dinnanzi a questo Collegio, per il contenuto del ricorso dinnanzi al Collegio di Garanzia, nonché per i requisiti formali della proponibilità dell'atto.

Inutile rammentare che innanzi al Collegio di Garanzia trova applicazione l’art. 360 c.p.c. che, nel disciplinare il ricorso ordinario alla Suprema Corte di Cassazione, predispone un mezzo di impugnazione a critica vincolata (Collegio di Garanzia, Sez. Unite, n. 30/2018).

Di tal che anche il ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport soggiace al principio di “autosufficienza”, mutuato dall’art. 366 c.p.c. e dalla specificità dei motivi di cui all’art. 342 c.p.c., tipico del ricorso per Cassazione; ciò in forza della norma di rinvio al codice di procedura civile contenuta nell’art. 2, comma 6, CGS CONI. Il ricorrente, cioè, non può limitarsi ad esporre un approdo ermeneutico alternativo rispetto a quello accolto dal Giudice a quo, ma è necessario che espliciti le ragioni del dissenso, indicando specificamente le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni normative asseritamente violate, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dallart. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito» (Collegio di Garanzia n. 86/2017).

Il ricorso al Collegio è, dunque, da considerarsi inammissibile nei casi di mancata osservanza dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.. Invero, i motivi per i quali si chiede l’annullamento della decisione non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa.

Il ricorrente, dunque, ha l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata, propria del processo dinnanzi al Collegio di Garanzia, il singolo motivo assolve alla funzione condizionante il devolutum della sentenza impugnata (Cass., n. 10420/2005).

Ciò postula che il requisito in esame non possa ritenersi soddisfatto qualora il ricorso sia basato sul mero richiamo dei motivi di appello, giacché renderebbe impossibile individuare la critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza impugnata, rivelandosi del tutto carente nella specificazione delle deficienze e degli errori asseritamente individuabili nella decisione.

Nel caso di specie il ricorso, limitandosi alla censura della decisione di secondo grado, sostenendo la non inammissibilidel relativo motivo, non contiene alcun riferimento che possa rendere intellegibile la violazione delle norme relative al decisum dei giudici federali, con la conseguente impossibilità di scendere alla valutazione attinente al merito della controversia.

Infatti, l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione devessere contenuta nello stesso ricorso per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, lo stesso ha l’onere di indicare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, non potendosi limitare a rinviare all’atto di appello, dovendo riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass., n. 22880/2017).

Nel caso in esame, i ricorrenti tentano - attraverso le censure proposte - di rimettere in discussione i fatti all’origine della sanzione, su cui il Collegio, oltretutto ben consapevole della loro straordinaria gravità per le incredibili sofferenze arrecate ai cavalli, non può esprimersi nel merito.

Il ricorso, quanto al primo motivo, è dunque infondato, e per gli ulteriori profili manifestamente inammissibile. 

 

P.Q.M. 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite 

 

Dichiara il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato. 

 

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di € 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore della parte costituita. 

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 23 settembre 2019. 

 

Il Presidente e Relatore

F.to Franco Frattini

Depositato in Roma, in data 12 novembre 2019. 

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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