CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 39 del 28/05/2021 – Lorenzo Manganelli/Associazione Italiana Arbitri
Decisione n. 39
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Guido Cecinelli - Relatore
Giuseppe Andreotta
Pier Giorgio Maffezzoli
Cesare San Mauro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 18/2021, presentato, in data 17 febbraio 2021, dal sig. Lorenzo Manganelli, rappresentato e difeso dagli avv. ti Gianluca Ciotti e Leonardo Guidi,
nei confronti
dell'Associazione Italiana Arbitri (AIA), in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi in giudizio;
e
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi in giudizio;
nonché nei confronti
del sig. Giacomo Paganessi, non costituitosi in giudizio,
per l'annullamento e/o la riforma
della decisione n. 74-2020/2021 del 18 gennaio 2021 della Corte d'Appello Federale, Sezioni Unite, della FIGC, con la quale è stato rigettato il reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale della FIGC, pubblicata con C.U. n. 35/TFN del 6 novembre 2020, che aveva confermato il provvedimento di dismissione dell'A.A. Lorenzo Manganelli per sopraggiunti limiti di età, disposto dall’AIA con C.U. n. 35 del 31 agosto 2020, stagione sportiva 2019/2020, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta;
uditi, nell’udienza del 28 aprile 2021, celebrata in videoconferenza, tramite la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - sig. Lorenzo Manganelli - avv. Gianluca Ciotti, in collegamento da remoto, nonché, il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Federico Vecchio, presente presso i locali del CONI, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Guido Cecinelli.
Ritenuto in fatto
- Con ricorso depositato il 17 febbraio 2021, il sig. Lorenzo Manganelli ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l'annullamento e/o la riforma della decisione n. 74-2020/2021 del 18 gennaio 2021 della Corte d'Appello Federale, Sezioni Unite, della FIGC, con la quale è stato rigettato il reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale della FIGC, pubblicata con C.U. n. 35/TFN del 6 novembre 2020.
La vicenda sottoposta allo scrutinio del Collegio di Garanzia trae origine dall’impugnazione innanzi al Tribunale Federale del predetto C.U. n. 35 del 31 agosto 2020, stagione sportiva 2019/2020, contenente il provvedimento di dismissione dell'A.A. ricorrente per sopraggiunti limiti di età, disposto dall’AIA, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici.
Ebbene, i Giudici di prime cure respingevano il ricorso, confermando la correttezza dell’applicazione della menzionata dismissione, ritenendo che l’art. 15, comma 2, delle NFOT, rubricato Limiti d’età (“A.A.: l’attività è consentita in base all’efficienza fisica ed alla validità di rendimento dell’interessato purché questi non abbia ancora compiuto al termine della stagione sportiva in corso (30 giugno): - il 45° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N.;”) non assume un carattere discriminatorio.
Invero, secondo il Tribunale Federale, “la previsione di un limite di età al superamento della quale non è consentito proseguire l’attività nel caso di specie […] appare oggettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima: garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve. Del resto, la legittimità della previsione di un limite d’età appare confermata anche dall’analisi comparata proposta dallo stesso ricorrente. In primis, le Federazioni sovranazionali non impongono alle Federazioni nazionali di eliminare limiti d’età. La circolare FIFA n. 1497/2015 riguarda esclusivamente gli arbitri internazionali. In secondo luogo, come confermato in udienza anche dalle difese del ricorrente anche altre federazioni europee prevedono limiti d’età (ad esempio, in Germania l’obbligo di dismissione è prevista al superamento del quarantottesimo anno). Inconferente appare poi il richiamo effettuato alla sentenza della Corte di Appello di Milano, in quanto la fattispecie era evidentemente diversa: la previsione di un limite massimo d’età previsto nell’ambito di un concorso per l’accesso al pubblico impiego. Quanto all’asserita irragionevolezza della fissazione a quarantacinque anni del limite d’età il ricorrente ha omesso di indicare le ragioni per le quali una siffatta soglia sarebbe irragionevole. Inoltre, non si può fare a meno di evidenziare che il dato appare conforme alla media internazionale alla luce delle statistiche rilevate dall’A.I.A. e non contestate dal ricorrente (solo due arbitri internazionali su quasi trecento attualmente in ruolo hanno più di quarantacinque anni). Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso dal momento che alcuna discriminazione è configurabile in relazione alla deroga ai limiti d’età prevista dall’art. 15, comma 1, delle NOFT, in favore degli arbitri effettivi inquadrati nella categoria Elite - Uefa. Per quanto concerne gli assistenti arbitrali, infatti, la Uefa non prevede la categoria Elite. Appare evidente, dunque, che poiché le due situazioni sono palesemente differenti alla luce delle previsioni dell’Uefa non è possibile rinvenire alcuna discriminazione. Stante il rigetto dei primi due motivi di ricorso, la terza censura con la quale si contesta l’adozione dell’organico successivamente alla dismissione del ricorrente e la concessione della deroga in favore al sig. Giacomo Paganessi è inammissibile, poiché dall’eventuale accoglimento il sig. Lorenzo Manganelli non potrebbe comunque ottenere il bene della vita al quale anela, id est: la reintegrazione nell’organico della CAN”.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte Federale di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo respingeva.
2. Il sig. Lorenzo Manganelli ha presentato, dunque, ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, affidato ad un unico articolato motivo di diritto: “Sull’inammissibilità della domanda volta alla declaratoria di illegittimità della deroga concessa all’A.A. Paganessi. Errore, violazione e falsa applicazione della legge. Motivazione illogica e contraddittoria”.
Il ricorrente, in primis, censura la decisione della CFA nella parte in cui - esaminando la eccepita mancata applicazione del principio della necessaria predeterminazione dei criteri per la scelta dell’arbitro da reintegrare negli organici, a fronte di una relazione dell’organo tecnico e, quindi, la domanda dell’allora reclamante volta all’«annullamento del provvedimento impugnato ovvero del
C.U. n. 35 del 31 agosto 2020 e degli atti prodromici allo stesso, precedenti e successivi, con annullamento della dismissione dell’A.A. Manganelli Lorenzo, della sezione di Valdarno e reintegra definitiva nel ruolo di A.A. della CAN A (oggi unificata in CAN A-B con C.U. successivo alle dismissioni)» - ha ritenuto che tale domanda si traducesse in una sostanziale mutatio libelli, in quanto tale, inammissibile.
Vale premettere che, nel caso di specie, nonostante la relazione dell’Organo Tecnico superiore di A.E. e di A.A. suggerisse la dismissione sia dell’arbitro Paganessi sia del ricorrente, l’AIA ha tuttavia disposto la dismissione del ricorrente per raggiunti limiti di età, ma non anche del primo, che, invece, in pari data (31 agosto 2020), è stato reinserito negli organici di cui al C.U. n. 35 del 2020 AIA, quando, soltanto con il successivo C.U. n. 44 del 3 settembre 2020, è stata resa nota la delibera di rideterminazione degli organici.
Ebbene, secondo il ricorrente, l’esame testuale dell’oggetto della domanda introduttiva e l’esame (integrale) del testo dell’originario ricorso dinanzi alla CFA non lascerebbero dubbio sull’inesistenza non solo della mutatio libelli, ma anche della semplice emendatio libelli. Invero, le domande del ricorrente sarebbero state, sin dall’origine, due: 1) dichiarare la illegittimità della norma contenente il limite anagrafico e, dunque, elidendo il presupposto di diritto che disponeva la sua (quasi) automatica esclusione (da qui la contestazione al C.U. n. 35); 2) dichiarare illegittima la deroga concessa al Paganessi, attraverso il combinato di cui al C.U. n. 35 e al C.U. n. 44, considerata, in tesi, i) la “mancanza di delibera di concessione della deroga al Paganessi”; ii) il difetto di trasparenza nel procedimento di composizione degli organici; iii) il difetto di imparzialità nella scelta del soggetto da reintegrare, in esito alla delibera di cui al C.U. n. 44. Argomenta ulteriormente il ricorrente censurando la decisione della Corte Federale ove ha ritenuto il motivo di gravame parimenti inammissibile sotto il profilo del difetto di interesse: “E ciò per un duplice ordine di motivi: - lo stesso reclamante richiama ed invoca la disposizione di cui all’art. 29 del Regolamento («Il Comitato Nazionale, su proposta motivata dell’Organo Tecnico di appartenenza e in deroga ai limiti di età previsti per le promozioni, può disporre l’inquadramento nell’Organo Tecnico superiore di A.E. e di A.A. in possesso di particolari capacità tecniche e di età non superiore a un anno rispetto ai predetti limiti»), che prevede soltanto una facoltà per l’AIA, a fronte della quale l’interessato non riveste una posizione giuridica soggettiva perfetta, ma di mero interesse di fatto e di aspettativa, quindi, non tutelabile in questa sede; - rimarrebbe, comunque, ininfluente, ai fini della decisione del presente giudizio, affrontare il nodo della sussistenza o meno dell’interesse - da parte del reclamante - ad impugnare il provvedimento di deroga a favore del sig. Paganessi, anche atteso che l’accoglimento della domanda principale dell’attore avrebbe l’effetto di “reintegra” dello stesso negli organici arbitrali CAN A (ora A-B), a prescindere dalla posizione del Sig. Paganessi. Ciò senza trascurare anche di considerare che, in ogni caso, il nodo sostanziale del giudizio rimane pur sempre quello della legittimità della regola AIA che pone il limite di età, (il)legittimità già eccepita, dal sig. Manganelli, con gli altri motivi di reclamo e che costituisce, appunto, l’oggetto centrale, il vero thema disputandum del giudizio” (cfr. par. 3.6 della decisione impugnata, p. 12-13).
Secondo il ricorrente, tale ricostruzione si tradurrebbe in una violazione e falsa applicazione delle norme che governano la materia per cui è causa. Invero, da un punto di vista strettamente tecnico e di merito, il Manganelli, come dimostrerebbero le evidenze documentali mai contestate nel corso del procedimento, era stato beneficiario (per merito sportivo) di una proposta (avanzata all’UEFA dalla stessa AIA) di concessione della qualifica di assistente internazionale per la stagione attualmente in corso. Dunque, in tesi, avendo già ottenuto la qualifica di internazionale, la deroga dell’AIA era “atto dovuto”, in quanto necessario presupposto per consentire, al medesimo, lo svolgimento delle gare internazionali. Ciò che è accaduto, ovvero l’inserimento del Manganelli, per la stagione in corso, nell’organico UEFA degli assistenti internazionali senza che lo stesso abbia potuto espletare la sua attività, per la mancata concessione della deroga (nazionale), sarebbe circostanza singolare, “anzi unica (e sintomatica dell’arbitrio con il quale opera(va) l’AIA). Dalla quale discendono lesioni a diritti soggettivi pieni” (p. 11 del ricorso, ove si cita il precedente di questo Collegio n. 15/2018).
L’illogicità ed ingiustizia della decisione rileverebbe, inoltre, da un punto di vista di diritto, legato alla condizione lavorativa e professionale del ricorrente, con annessa la relativa retribuzione. La CFA, avrebbe, in modo assolutamente contraddittorio, affermato che “al riguardo va considerato che, seppure il rapporto dell’arbitro con l’AIA/FIGC non può qualificarsi in termini di lavoro dipendente in senso proprio, lo stesso potrebbe, comunque, rientrare nell’accezione ampia della nozione di lavoratore formulata dalla stessa giurisprudenza comunitaria, secondo cui, appunto, detta nozione resta caratterizzata dalla circostanza “che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione”
Secondo il ricorrente, sarebbe proprio la perdita del “lavoro”, atteso che la perdita della qualifica di arbitro internazionale, oltre alla lesione del percorso professionale e della connessa soddisfazione reputazionale, precipita nella sottrazione di un reddito legato al mancato svolgimento dell’attività (professionale) arbitrale, sia in ambito nazionale che in quello internazionale (che dal primo resta inevitabilmente travolto), a sostanziarsi nella lesione di un diritto soggettivo pienamente compiuto. Da qui, in tesi, la lesione di un legittimo interesse alla tutela della realizzazione di un percorso professionale, nonché la lesione di un diritto soggettivo costituito dalla perdita della qualifica “professionale” di arbitro nazionale ed internazionale, con la conseguente e derivata perdita reddituale.
La Corte avrebbe, continua il ricorrente, fornito una motivazione altrettanto contraddittoria ove, pur giungendo alla infondatezza della domanda, ha affermato: “Al riguardo, in via preliminare, questa Corte non può omettere di rilevare come il percorso procedimentale seguito dall’AIA per addivenire alla concessione della deroga al sig. Paganessi non appare perspicuo. Nel caso di specie, risulta in atti come, a fronte di una relazione dell’organo tecnico che suggeriva la dismissione sia dell’arbitro sig. Paganessi sia dell’arbitro sig. Manganelli, l’AIA abbia disposto la dismissione del reclamante per raggiunti limiti di età, ma non anche del primo, che, invece, in pari data (31 agosto 2020), è stato reinserito negli organici (cfr. Com. Uff. n. 35 del 2020 AIA), quando soltanto con il successivo Com. Uff. n. 44 del 3 settembre 2020, è stata resa nota la delibera di rideterminazione degli organici, così rendendo - di fatto - possibile la “reintegrazione” del sig. Paganessi. Nella fattispecie potrebbe, dunque, venire in rilievo l’ipotesi della mancata applicazione del principio della necessaria predeterminazione dei criteri per la scelta dell’arbitro da reintegrare negli organici, costituendo, siffatta predeterminazione, garanzia a tutela dei principi di imparzialità e trasparenza”.
La violazione e falsa applicazione di legge, aggiunge il ricorrente, sarebbe altresì da scorgere nella motivazione della CFA, ove si afferma (par. 3.7): “In ogni caso, il motivo di gravame è infondato. A ben vedere, il […] reclamo si traduce […] in una censura nei confronti della scelta, effettuata dai competenti organi dell’AIA, di concedere la prevista deroga regolamentare al sig. Paganessi, anziché al reclamante medesimo, attesa la sua età anagrafica superiore al limite regolamentare. Ora, la scelta degli organi tecnici AIA censurata dal reclamante, sembra integrare un atto di natura tecnica ed a valenza discrezionale rientrante nelle prerogative di indirizzo proprie dell’AIA. Sotto tale profilo, questa Corte ritiene di riaffermare il pacifico principio della insindacabilità, in via generale, delle decisioni dell’AIA di natura tecnica, peraltro, chiaramente posto dalla disposizione di cui all’art. 40, comma 3, lett. f), del Regolamento AIA. Conviene al riguardo ribadire in questa sede quanto da tempo affermato dal giudice amministrativo secondo cui con il concetto di discrezionalità tecnica s’intende fare riferimento al tipo di valutazione che viene posta in essere quando l’esame di fatti o situazioni deve essere effettuato mediante ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico. In questi casi la verifica giustiziale deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali dell’organo che ha emanato l’atto, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo, senza, cioè, poter far luogo a sostituzione di valutazioni in presenza di interessi la cui cura è dalla norma espressamente affidata ad un dato organo, sicché ammettere che il giudice sportivo possa auto-attribuirseli rappresenterebbe quanto meno una violazione dell’ordine delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri. Resta inteso, quindi, che (anche) il sindacato del giudice sportivo, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è limitato al riscontro del vizio di legittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà ovvero palese e manifesto travisamento dei fatti. E tali vizi non sussistono nel caso in esame in quanto il sig. Paganessi si è classificato al quinto posto (su 40) della graduatoria di merito”.
Ebbene, secondo la prospettazione del sig. Manganelli, nella specie non si tratterebbe di applicare dei criteri di valutazione al punteggio finale attribuito ed alla decisione conclusiva di esclusione dall’elenco, bensì di verificare come, nella scelta del soggetto a cui concedere la deroga (ed il reintegro) ex art. 29 NFOT, non ci si sia attenuti al principio del merito sportivo (vengono citati i precedenti di questo Collegio, decisioni nn. 6 e 7 del 2021). Nel caso di specie, dunque, la decisione sarebbe stata assunta operando in modo del tutto arbitrario in spregio ai canoni di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione.
Viene in questa sede censurata, altresì, la decisione della Corte, nella parte in cui (analizzando l’art.15 NFOT) afferma, contraddittoriamente, che “l'individuazione del requisito anagrafico di cui trattasi non può non essere ritenuta arbitraria o posta in violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, in quanto il contestato requisito del limite di età può essere giustificato dalla specifica attività psico-fisica richiesta alla categoria arbitrale, che non può non postulare il possesso di specifici requisiti d'idoneità e di perfetta efficienza fisica, ivi compresa una ragionevole età anagrafica. In altri termini, questa Corte ritiene che, considerato che la natura delle funzioni assegnate dall’ordinamento federale all’arbitro presuppone un'attitudine psico-fisica particolare, non costituisce discriminazione la previsione di un limite di età per la cessazione (i.e. “dismissione”) dal ruolo, atteso, appunto, che, per la particolare natura dell’attività richiesta agli arbitri e in considerazione del contesto in cui la stessa viene espletata, la connotazione anagrafica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento della predetta medesima attività. Quanto precede anche alla luce della legittimità della finalità e della sua proporzionalità con il requisito, dovendosi presumere che il possesso di determinate capacità fisiche sia (quantomeno, anche) una caratteristica legata all'età. Il principio della eliminazione, in via generale, del limite d'età per l’espletamento di una data funzione non può, dunque, valere anche per lo svolgimento di quelle attività dove la prestanza fisica diviene elemento (i.e. prerequisito) fondamentale. In definitiva, è legittima la disciplina di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in quanto il limite anagrafico per lo svolgimento di una data attività risulta necessario e, comunque, funzionale ad assicurare l’efficienza del servizio arbitrale e non appare irragionevolmente discriminatorio, fondando la sua ratio nella peculiare posizione funzionale di tale categoria di associati alla Federcalcio alla luce del necessario possesso di specifici requisiti psico-fisici. In conclusione, dunque, la Corte federale d’appello ritiene che della denunciata disposizione di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in forza della quale l’AIA ha deliberato la dismissione del sig. Lorenzo Manganelli, non possa essere affermata la natura discriminatoria nella parte in cui prevede un limite massimo di età. Resta ferma, evidentemente, la possibilità per il legislatore federale di contemperare siffatto criterio anagrafico con altri criteri e requisiti meno restrittivi e più idonei al contesto sportivo di riferimento, quali, ad esempio, quello della sussistenza della effettiva idoneità psico-fisica dell’associato”.
Secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe evidente l’illogicità della motivazione ove pone il limite anagrafico quale “requisito essenziale” oggettivo, contrapponendolo (ed anzi sovrapponendolo) al criterio del “merito sportivo”, alla “validità agonistica”, alla dimostrata e sempre verificabile “efficienza tecnica”.
Conclude, pertanto, la difesa della ricorrente chiedendo al Collegio di Garanzia “di accogliere il ricorso e riformare la decisione impugnata procedendo, qualora lo ritenga, senza rinvio, a disporre la reintegra nell’Organico della CAN A e B dell’AIA del Sig. Lorenzo Manganelli ovvero in subordine, fissato il principio di diritto, rimettere alla Corte d’Appello Federale affinché renda la decisione conforme al principio”.
Con memoria ex art. 60, c. 4, CGS CONI, il ricorrente ha ulteriormente argomentato le proprie conclusioni.
- All’udienza del 28 aprile 2021, il ricorrente ha insistito nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni. La Procura Generale dello Sport ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
- Deve essere preliminarmente rilevato come l’AIA e la FIGC non si sono costituite nel presente giudizio, risultando pertanto contumaci.
- Il Collegio non può esimersi dal rilevare come la sentenza della Corte Federale d’Appello risulti incoerente e contraddittoria su più punti. In principio va, infatti, ricordato come il fine principale dell’ordinamento sportivo sia quello di privilegiare il merito sportivo; compito degli Organi della giustizia sportiva è di tutelare tale principio, andando a censurare valutazioni che non rispecchino una ratio di stampo meritocratico. L’asserita insindacabilità, da parte della Corte Federale d’Appello, della mancata concessione della deroga al sig. Manganelli, in quanto frutto di una decisione di natura tecnica da parte dell’AIA, ritenuta come tale insindacabile, non risponde alla logica appena enucleata: dalle risultanze del caso di specie emerge, infatti, come i parametri oggettivi di cui disponeva l’AIA per valutare anche il merito sportivo, ai fini della concessione della deroga ex art. 29 del Regolamento, non giustificassero una sua emanazione in favore del controinteressato sig. Paganessi; la stessa Corte Federale d’Appello, per giunta, non è mancata nel constatare come il procedimento seguito dall’AIA per addivenire alla concessione della deroga al sig. Paganessi non apparisse perspicuo. Essa avrebbe, pertanto, dovuto indagare con maggior cura la genesi della decisione adottata.
Emerge, altresì, nella motivazione della Corte Federale d’Appello una contraddizione con riguardo alla valutazione del requisito anagrafico, dapprima qualificato nei termini di requisito essenziale, per poi ammettere una sua contemperazione, da parte del legislatore federale, con altri criteri più o meno stringenti maggiormente afferenti al contesto sportivo di riferimento. Sempre dalla lettura della sentenza della Corte Federale d’Appello, il requisito di carattere anagrafico è ritenuto funzionale rispetto alla valutazione degli standard psico-fisici del soggetto in questione, così da conseguirne un riconoscimento del suo valore prettamente presuntivo. Nella situazione del sig. Manganelli, emerge in tutta evidenza come il rendimento da lui fornito in qualità di arbitro non fosse inficiato in maniera apprezzabile dall’età, così come testimoniato dalla sua recente nomina internazionale.
- Più in particolare, non può non notarsi come la Corte Federale abbia ritenuto inammissibile il gravame proposto dal Manganelli sostenendo una mutatio libelli in secondo grado in relazione alla dimissione come patita, laddove tale doglianza viene correlata al provvedimento di deroga concesso ad altro arbitro, chiedendo di poterne beneficiare lui al posto del prescelto.
Non è chiaro, però, il discorso argomentativo seguito dalla pur pregevole ed accurata decisione di merito, atteso che, nella stessa decisione più volte si ribadisce che il bene perseguito dal Manganelli è quello della revindica e non si comprende, perciò, la ragione per la quale possa ritenersi inammissibile la domanda più mirata, che forma oggetto della ritenuta mutatio libelli.
Si consideri a tale proposito, che il giudice, nell’esame della domanda, non è vincolato alle espressioni letterali utilizzate dalle parti, ma deve indagare e considerare il contenuto sostanziale della domanda (Cass., 21 maggio 2019, n. 13602; Cass., 13 dicembre 2013, n. 27940; Cass., 28 agosto 2009, n. 18783; Cass., 17 settembre 2007, n. 19331) come ricavabile, ad esempio, dalle argomentazioni (in fatto e in diritto), contenute nell’atto introduttivo o negli atti defensionali successivi, dai mezzi istruttori offerti, dalle precisazioni compiute nel corso del giudizio, dallo stesso scopo cui mira la parte (Cass., 21 luglio 2006, n. 16783; Cass. SS.UU., 27 febbraio 2000, n. 27) e, più in generale, dal comportamento processuale della parte (Cass., 21 luglio 2006, n. 16783; Cass., 20 gennaio 2004, n. 822; Cass., 24 luglio 1981, n. 4779; Cass., 01 giugno 1983, n. 3748; Cass., SS.UU., 24 luglio 1981, n. 4779). La Suprema Corte ha affermato, ancora, che “nell’esercizio del potere d’interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice del merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto, piuttosto, del contenuto sostanziale della pretesa, desumibile dalla situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del giudizio, nonché del provvedimento richiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta e di non sostituire d’ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta” (ex multis, Cass., 18 marzo 2014, n. 6226; Cass., 20 giugno 2011, n. 13459; Cass., 27 febbraio 2001, n. 2908).
Fermi i ricordati principi, occorre porre mente alla più recente pronuncia a Sezioni Unite (Cass. SS.UU., n. 12310/2015), secondo cui “La vera differenza tra le domande "nuove" implicitamente vietate - in relazione alla eccezionale ammissione di alcune di esse - e le domande "modificate" espressamente ammesse non sta dunque nel fatto che in queste ultime le "modifiche" non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate "nuove" nel senso di "ulteriori" o "aggiuntive", trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate - eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali -, o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività.” Quanto, poi, al fatto che la Corte Federale abbia ritenuto di rigettare anche nel merito il proposto gravame, non ci si può esimere dal considerare che tale rigetto non faccia venir meno la rilevanza del vizio motivazionale di cui innanzi si è detto, atteso che è nota la regola per la quale la pronuncia di inammissibilità elide qualsivoglia potestas iudicandi in relazione al merito (cfr., Cass., SS.UU., n. 3840/2007).
- Vi è, poi, la questione che è, altresì, oscuro, sul piano logico, il collegamento tra due parti della decisione impugnata, e cioè quella secondo cui il potere di deroga sarebbe riservato ad una facoltà meramente discrezionale, esercitabile da parte dell’AIA, e quella in base alla quale, di poi, si fa salva la disposizione di cui all’art. 15, comma 2, NOFT, in quanto norma positiva fondata sul mero dato anagrafico che si ritiene giustamente prevalente su qualsivoglia altra valutazione che possa incidere sul mero dato anagrafico.
- Sussistono, pertanto, ragioni per annullare la decisione oggetto di gravame, in ragione di quanto innanzi rilevato sub nn. 7) e 8), con rinvio alla Corte Federale d’Appello che, in diversa composizione, applicherà i principi enunciati, provvedendo anche nel merito delle spese relative al presente giudizio.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e rimette le Parti dinanzi alla Corte Federale d’Appello della FIGC.
Spese al definitivo.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 28 aprile 2021.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Guido Cecinelli
Depositato in Roma, in data 28 maggio 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face