F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione II – 2020/2021 – figc.it – atto non ufficiale – DECISIONE N. 206/CSA pubblicata il 31 Maggio 2021- Fussball Club Sudtirol N. 223/CSA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 206/CSA//2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 223/CSA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 206/CSA//2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE

II SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

 

Stefano Palazzi Presidente

Lorenzo Attolico Componente (Relatore)

Daniele Cantini Componente

Franco Granato Rappresentante AIA

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo con procedimento d’urgenza numero RG 223/CSA/2020-2021 proposto dalla società Fussball Club Sudtirol

per la riforma della decisione del Giudice Sportivo Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico Com., di cui al Com. Uff. n. 472 DIV del 24.05.2021;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza tenutasi in videoconferenza il giorno 25.05.2021, l’Avv. Lorenzo Attolico, con la presenza dell’Avv. Matteo Sperduti per la società reclamante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La società Fussball Club Sudtirol ha proposto reclamo avverso le due sanzioni inflitte ai propri tesserati, l’allenatore Vecchi Stefano e il calciatore Curto Marco, dal Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A (cfr. Com. Uff. n. n. 472/DIV del 24.05.2021), in relazione alla gara Pro Vercelli/Sudtirol del 23.05.2021 valevole per il Primo Turno Fase Play Off Nazionale Campionato Serie C 2020–2021. Con la predetta decisione, il Giudice Sportivo ha comminato all’allenatore Vecchi ed al calciatore Curto la squalifica per una giornata effettiva di gara.

Il Giudice Sportivo ha così motivato il provvedimento: “Vecchi Stefano (SUDTIROL): perché durante la gara pronunciava un’espressione blasfema (r.r.c., r. proc.fed.)”; “Curto Marco (SUDTIROL) perché durante la gara pronunciava un’espressione blasfema (r.r.c., r. proc.fed.)”.

La società reclamante, con il ricorso introduttivo, ha chiesto, in via principale, l’annullamento delle due sanzioni irrogate ai propri tesserati e, in via subordinata, la riforma delle predette sanzioni “con contestuale ragguaglio in sanzione economica nella misura che sarà ritenuta più adeguata dalla Corte Sportiva Giudicante”.

Nello specifico, le censure sollevate dalla società Fussball Club Sudtirol vertono principalmente su due motivi.

In primis, è stato contestato il carattere sproporzionato ed eccessivamente afflittivo delle sanzioni di squalifica disposte dal Giudice Sportivo nel caso de quo: secondo la prospettazione della reclamante, infatti, dette sanzioni risulterebbero inique se confrontate con la diversa sanzione dell’ammenda applicabile – sempre per il medesimo tipo di condotta – all’esito del procedimento disciplinare federale.

Al contempo, la reclamante ha inteso revocare in dubbio la valenza probatoria delle relazioni rese dal commissario di campo e del collaboratore della Procura Federale, in cui sono state riportate le condotte dei due tesserati e sulla cui base il Giudice Sportivo ha irrogato le due sanzioni. Sul punto, la Fussball Club Sudtirol ha dedotto che “i fatti potrebbero essere stati percepiti non in maniera diretta in particolar modo se accaduti sul terreno di gioco”, e che perciò dovrebbe riconoscersi, a contrario, quale fonte di prova privilegiata “il fatto che nulla viene riportato nei referti” degli arbitri di gara.

Alla riunione svoltasi dinanzi a questa Corte il giorno 25.05.2021, è comparso per la parte reclamante l’Avv. Matteo Sperduti il quale, dopo aver esposto i motivi di gravame, ha concluso in conformità.

Il ricorso è stato quindi ritenuto in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Questa Corte Sportiva d’Appello, esaminati gli atti, ritiene, in via pregiudiziale ed assorbente, che il reclamo proposto debba essere dichiarato inammissibile.

Sul punto, si rammenta che l’art. 74, comma 8, C.G.S., nel disciplinare le modalità di proposizione del provvedimento d’urgenza, prevede che il reclamo non possa essere esperito avverso i provvedimenti di squalifica per una sola giornata di gara.

Fermo ed impregiudicato quanto sopra, deve altresì aggiungersi che, anche laddove si volesse prescindere, per un solo momento, dal citato profilo di inammissibilità, in ogni caso le censure sollevate dalla reclamante nel proprio ricorso non avrebbero comunque potuto trovare accoglimento.

Ed infatti, innanzitutto appare privo di pregio il rilievo della società secondo cui le relazioni rese dal commissario di campo e/o dal collaboratore della Procura Federale, in merito ai fatti avvenuti sul campo da gioco, possiederebbero una minore rilevanza – se non addirittura una inidoneità – probatoria, rispetto a quanto attestato nei referti degli arbitri di gara.

Al contrario, la giurisprudenza di questa Corte ha sancito in plurime occasioni che “a poco rileva se determinati comportamenti illeciti e censurabili (…) siano sfuggiti alla percezione del Direttore di Gara perché i referti redatti dai collaboratori della Procura Federale e dal Commissario di Campo costituiscono piena prova sullo svolgimento dei fatti di causa essendo fatti non attinenti allo svolgimento della gara in senso stretto, ma riguardanti i comportamenti di un tesserato in violazione delle norme del C.G.S. e, come tali, rilevabili dai soggetti ivi preposti che sono i collaboratori della Procura Federale e il Commissario di Campo” (cfr., ex multis, Corte Sportiva d’Appello, II Sez. Com. Uff. n. 005/CSA - 2019/2020 – Decisione su reclamo del 03.01.2019, proposto dall’U.S. Catanzaro 1929 seguito gara Trapani/Catanzaro del 26.12.2018).

Deve pertanto ribadirsi che i rapporti formati dai collaboratori della Procura Federale e/o dal Commissario di Campo costituiscono, unitamente ed al pari dei referti arbitrali, i documenti ufficiali di gara, e sulla scorta dei quali, ai sensi dell’art. 66 del C.G.S., sono instaurati d’ufficio e si svolgono i procedimenti innanzi al Giudice sportivo.

Quanto appena osservato è utile, altresì, a sciogliere in senso assolutamente negativo le riserve avanzate dalla reclamante sui criteri di riparto delle competenze tra Giudice Sportivo, da un lato, e Tribunale Federale. Invero, l’ordinamento sportivo chiarisce in modo inequivoco che il procedimento disciplinare federale ha carattere meramente residuale, e può avere luogo solo a condizione che “in relazione agli stessi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi al Giudice sportivo nazionale o ai giudici sportivi territoriali”, come sancito espressamente dall’art. 79, comma I, C.G.S.

Del resto, l’ambito “negativo” della competenza del Tribunale Federale, e il suo carattere recessivo rispetto alla competenza primaria del Giudice Sportivo sono stati recentemente ribaditi dalle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello, proprio nella medesima decisione n. 88/2020-2021 richiamata dalla società reclamante nel proprio ricorso.

Ma vi è di più.

La predetta pronuncia delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello vale inoltre a sconfessare in radice l’asserzione della reclamante secondo cui la medesima condotta – ossia, la pronuncia di espressione blasfema – sarebbe sottoposta, come regola generale, ad un trattamento sanzionatorio più mite nel giudizio dinanzi agli organi federali rispetto a quanto avviene nel procedimento dinanzi al Giudice Sportivo.

Ed infatti, proprio nel precedente poc’anzi richiamato (la decisione sul “caso Buffon”) la Corte Federale d’Appello, accogliendo il reclamo proposto dalla Procura Federale, ha ribadito che la sanzione di squalifica per una giornata di gara non possa essere commutata in sanzione pecuniaria nemmeno dal Tribunale Federale, in ragione del chiaro tenore letterale dell’art. 37 C.G.S.

Nel riformare la decisione di primo grado, la Corte ha invero osservato che, proprio con riguardo alla fattispecie dell’uso di espressione blasfema, per la quale l’art. 37 C.G.S. prevede tassativamente la sanzione minima della squalifica per una giornata di gara, non può “ritenersi consentita un’applicazione analogica del disposto dell’art. 135 c.p. (riguardante il “Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive”), attesa l’assenza, nel caso di specie, dei necessari presupposti (vuoto normativo e identità tra la fattispecie concreta e quella disciplinata analogicamente)”. Da ciò, quindi, consegue che “il detto illecito non può che essere sanzionato con l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 37 CGS, non essendo consentito al giudice – alla luce della chiara portata della lettera della disposizione in esame - di mutare la natura della sanzione”.

Ciò implica, dunque, che, a prescindere dall’organo giudicante (Giudice sportivo o Tribunale Federale) investito della questione, per regola generale l’utilizzo di espressione blasfema viene sanzionato con la pena minima prevista dall’art. 37 C.G.S.

Infine, appare del tutto non pertinente il richiamo, operato dalla società reclamante, alla decisione di cui al C.U. n. 307/AA del 29/03/2021.

Detta decisione, infatti, è stata pronunciata all’esito dell’accordo raggiunto, ai sensi dell’art. 126 C.G.S., tra la Procura Federale e il soggetto contro cui erano state avviate le indagini per un potenziale addebito. Si tratta, con tutta evidenza, di un richiamo inconferente, in ragione del fatto che il dispositivo di cui all’art. 126 C.G.S.:

i) è norma procedurale che può trovare applicazione solo nell’ambito del procedimento disciplinare federale, e non nell’ambito del procedimento dinanzi al Giudice Sportivo;

ii) presuppone che la condotta contestata dalla Procura non sia stata ancora definitivamente accertata e valutata dall’organo giudicante (ossia, il Tribunale Federale);

iii) presuppone altresì l’iniziativa del soggetto contro cui è stato mosso l’addebito, il quale, sua sponte, trasmette alla Procura una proposta di accordo, assumendo formali obblighi e richiedendo eventualmente (in questo caso, proprio a fronte dell’espressa previsione normativa) la commutazione della sanzione in ipotesi applicabile;

iv) delinea dunque un iter procedurale insuscettibile di applicazione analogica, stante l’incompatibilità dello stesso con l’esigenza di speditezza e celerità che connota il procedimento dinanzi al Giudice sportivo.

Sulla scorta di tutto quanto osservato, deve altresì aggiungersi che a codesta Corte spetta il compito di pronunciarsi unicamente sulla validità e correttezza sostanziale delle decisioni adottate dal Giudice sportivo alla luce del quadro normativo vigente, esulando invece dalle proprie competenze qualunque ulteriore giudizio o scrutinio sulla necessità o opportunità, per il legislatore federale, di predisporre degli interventi di riforma.

Sulla base di tutto quanto precede, la Corte ritiene, pertanto, che il reclamo proposto dalla società Fussball Club Sudtirol deve essere respinta in quanto inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del reclamo.

Dispone la comunicazione alla parte presso il difensore con PEC.

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