F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 014 CFA del 14 Settembre 2020 (Procuratore Federale-Sig. Gabriele Scatena) N. 181/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 014/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 181/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 014/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONE I

 

composta dai Sigg.ri:

 

Mario Luigi Torsello – Presidente

Angelo De Zotti - Componente

Mauro Sferrazza – Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero di registro 181/CFA del 2020, proposto dal Sig. Procuratore federale,

contro

Sig. Gabriele SCATENA, a.e. della sezione AIA di Avezzano, con l’Avv. Guido Alfonsi (guido.alfonsi@pecordineavvocatilaquila.it),

per la riforma della decisione assunta, dal Tribunale federale nazionale n. 173 del 3 agosto 2020, con la quale è stato pronunciato il proscioglimento del deferito sig. Gabriele catena, arbitro della gara del campionato nazionale di Lega Pro, Feralpisalò – Vis Pesaro, disputatasi il 15 Dicembre 2019.

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Sentito, all’udienza tenutasi in data 8 Settembre 2020, da remoto in modalità video conferenza, il relatore Mauro Sferrazza; udito, per la reclamante Procura federale, il dott. Zennaro, che ha concluso per l’accoglimento del reclamo e l’applicazione al sig. Gabriele Scatena della sanzione della sospensione per mesi sei; udito, altresì, per l’appellato, l’avv. Alfonsi, che ha concluso per il rigetto del reclamo della Procura federale;

Sentito il sig. Gabriele Scatena, che ha chiesto di rilasciare spontanee dichiarazioni; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con provvedimento 24 giugno 2020 il Procuratore federale della FIGC, «letti gli atti relativi al procedimento disciplinare n° 652 pf 19/20 avente a oggetto: “Comportamento dell'arbitro effettivo Sig. Gabriele Scatena tenuto nel corso della gara Feralpisalò - Vis Pesaro del 15/12/2019” Iscritto nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 20/12/2019 al n. 652pf19-20”», esaminate le audizioni del calciatore sig. Davide Voltan (tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 S.r.l.), dell'allenatore sig. Simone Pavan (tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 s.r.l.), del team manager sig. Alessio Peroni (tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 s.r.l.), del calciatore sig. Michele Rinaldi (tesserato per la società Feralpisalò s.r.l., nella stagione sportiva 2019/20), dell’arbitro effettivo sig. Gabriele Scatena (della sezione AIA di Avezzano), esaminata l’ulteriore documentazione acquisita al fascicolo del relativo procedimento disciplinare, letta la memoria difensiva del sig. Scatena, come assistito dall’avv. Guido Alfonsi, inviata nel termine concesso dalla Procura, ritenute - le circostanze evidenziate nella predetta memoria difensiva - non sono sufficienti ad escludere le irregolarità delle condotte contestate, ha deferito il Sig. Gabriele Scatena, «arbitro effettivo CAN Pro della Sezione AIA di Avezzano, per violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, nonché dell’articolo 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, per aver tenuto, nei confronti del calciatore Davide Voltan, tesserato per la Società Vis Pesaro dal 1908 S.r.l., durante la gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15/12/2019, un comportamento contrario ai principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale, profferendo al predetto calciatore, al 36° circa del I° tempo del citato incontro, la seguente frase “Ti spacco il culo coglione”».

Nella prospettiva accusatoria l’esame testimoniale degli informatori auditi ha confermato che l'arbitro sig. Scatena ha effettivamente proferito la frase "ti spacco il culo coglione" nei confronti del calciatore Davide Voltan della Vis Pesaro, al 35° circa del primo tempo della gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputata il giorno 15 Dicembre 2019. Risultano, in tal senso, “dirimenti”, a dire della Procura federale, le dichiarazioni rese, in particolare, dal sig. Michele Rinaldi, calciatore della Feralpisalò, coinvolto direttamente nell'azione di giuoco, a seguito della quale fu pronunciato tale epiteto. Il sig. Rinaldi ha, infatti, confermato che il direttore di gara si rivolse, nella circostanza, al calciatore sig. Voltan (avversario dello stesso Rinaldi), pronunciando, a seguito della caduta di quest’ultimo, "Ti spacco il culo coglione", precisando che, sebbene in un primo momento avesse richiesto all'arbitro di ammonire l'avversario per simulazione, dopo l'insulto ricevuto dal calciatore Voltan, ritenne di prenderne le difese, tanto da invitare il direttore di gara ad avere un atteggiamento educato nei suoi confronti. dal momento che, sono sempre gli arbitri a chiedere ai calciatori rispetto per la loro categoria.

Il calciatore della Feralpisalò ha, altresì, dichiarato che, dopo aver udito l'insulto pronunciato all'arbitro nei confronti del calciatore avversario, disse allo stesso: "Hai ragione non può rivolgersi così nei tuoi confronti".

Costituitosi, a mezzo di difensore di fiducia, nell’instaurato procedimento dinanzi al Tribunale federale nazionale, il sig. Gabriele Scatena ha chiesto il proscioglimento, per totale insussistenza del fatto contestato. «Dalla lettura della relazione», si legge nella difesa del sig. Scatena, «sembra che l’unica testimonianza attendibile e dotata di efficacia privilegiata, a sostegno della presunta condotta illegittima dell’incolpato, possa risultare unicamente quella resa dal calciatore Michele Rinaldi (n. 5 Feralpisalò).

Essa, tuttavia, non appare credibile, in quanto infarcita da una serie di contraddizioni che mal si conciliano con la realtà dei fatti nitidamente emergenti da approfondito e minuzioso esame delle immagini della gara.

Riferisce il calciatore Rinaldi, invero, ADR del Dott. Aloia (ricorda cosa ha detto al Voltan dopo essere caduto?): “gli dissi di tirarsi su in quanto non l’avevo neanche toccato, non sono certo che l’arbitro nell’occasione sentì quanto detto al Voltan”.

Ebbene tale circostanza non risponde a verità, in quanto il calciatore si è unicamente rivolto al direttore di gara – lamentandosi evidentemente del mancato provvedimento di ammonizione per la palese simulazione del fallo – risultando palese come, nel corso della predetta fase di gioco, compresa tra il minuto 35 e 54” e il minuto 36 e 03” del p.t.,, Michele Rinaldi non abbia mai proferito parola nei confronti dell’avversario.

Il dato è ampiamente sufficiente per mettere in dubbio la genuinità e credibilità della deposizione.

Non esiste alcun “frame” dei 9 secondi in cui è racchiuso il complessivo film dell’evento, da cui possa dedursi, anche in via meramente presuntiva, che il calciatore Rinaldi si sia rivolto al calciatore Voltan nei momenti successivi alla caduta.

Ma vi è di più.

La credibilità della deposizione del predetto calciatore, già preliminarmente compromessa con quanto sopra dichiarato, naufraga, senza possibilità di salvataggio, con quanto successivamente precisato.

Se è vero, da un lato, che ADR del dott. Aloia (cosa ha detto l’arbitro al calciatore Voltan?) egli riferisce del presunto epiteto pronunciato dall’arbitro nei confronti dell’avversario a seguito della caduta (segnatamente “ti spacco il culo coglione”), è altrettanto innegabile, dall’altro, che tale narrazione stride, anche in questo caso, senza possibilità di smentita, con le risultanze delle immagini televisive.

Durante la fase del richiamo dell’arbitro al Voltan (di tanto si è trattato nella realtà), durato poco più di 1 secondo (tra il 35.58” e il 35.59” p.t.), si nota che Rinaldi si sovrappone all’operato del direttore di gara contestando veementemente la sua scelta, con un movimento nervoso della testa in avanti, posto in essere mentre si trovava verosimilmente ad urlare.

In tale contesto, non è possibile comprendere come il predetto abbia potuto udire la frase incriminata, se è vero, come è vero, che mentre l’arbitro era intento a conferire con il Voltan, il Rinaldi era nel pieno della breve ma assolutamente concitata protesta.

Ma vi è di più.

La credibilità della deposizione del predetto calciatore, già preliminarmente compromessa con quanto sopra dichiarato, naufraga, senza possibilità di salvataggio, con quanto successivamente precisato.

Se è vero, da un lato, che ADR del dott. Aloia (cosa ha detto l’arbitro al calciatore Voltan?) egli riferisce del presunto epiteto pronunciato dall’arbitro nei confronti dell’avversario a seguito della caduta (segnatamente “ti spacco il culo coglione”), è altrettanto innegabile, dall’altro, che tale narrazione stride, anche in questo caso, senza possibilità di smentita, con le risultanze delle immagini televisive.

Durante la fase del richiamo dell’arbitro al Voltan (di tanto si è trattato nella realtà), durato poco più di 1 secondo (tra il 35.58” e il 35.59” p.t.), si nota che Rinaldi si sovrappone all’operato del direttore di gara contestando veementemente la sua scelta, con un movimento nervoso della testa in avanti, posto in essere mentre si trovava verosimilmente ad urlare.

In tale contesto, non è possibile comprendere come il predetto abbia potuto udire la frase incriminata, se è vero, come è vero, che mentre l’arbitro era intento a conferire con il Voltan, il Rinaldi era nel pieno della breve ma assolutamente concitata protesta».

Inoltre, ancor meno credibili, secondo il deferito, appaiono le ulteriori precisazioni del sig. Rinaldi, così come ancor più contraddittorie appaiono le dichiarazioni del calciatore Voltan.

A tal riguardo, tra l’altro, evidenzia, il sig. Scatena, nella sua difesa di primo grado, come dalle immagini televisive emerge:

«a) che Voltan non rivolge mai la parola a Rinaldi, colloquiando, semmai, soltanto con l’ex compagno Legati;

b) che neanche Rinaldi rivolge mai la parola a Voltan;

c) che se anche volesse attribuirsi credibilità alla limitata circostanza che Rinaldi si fosse rivolto a Voltan dopo qualche secondo e al di fuori del campo visivo delle immagini televisive (ma non si capisce come attesa la veloce ripartenza del Feralpisalò), tale dato viene sconfessato dal Voltan stesso, il quale circoscrive il colloquio con Rinaldi nell’immediatezza del fatto e nel contempo e non qualche secondo dopo.

Aggiungasi che il racconto del calciatore della Vis Pesaro è ancora meno verosimile nella parte in cui specifica di essersi avvicinato all’arbitro, alla fine del primo tempo, nel corso del tragitto verso gli spogliatoi, per chiedere spiegazioni al Sig. Scatena, il quale si dilungava in reiterate risposte, frutto della più assoluta fantasia del Voltan.

Questo lungo colloquio tra le parti, invero, mal si concilia con il racconto del Dirigente della Vis Pesaro, Alessio Peroni, il quale dichiara si essersi avvicinato personalmente (e solo lui!) al direttore di gara nel percorso verso lo spogliatoio e di non avere ottenuto alcuna spiegazione da parte dell’arbitro, che è invece genuino nello specificare che non riusciva a parlare per la sovrapposizione della voce del dirigente.

Anche in tale ottica, pertanto, quanto riferito dal Voltan è del tutto non verosimile».

Ed allora, conclude il sig. Scatena, «l’impalcatura accusatoria sarebbe costituita da deposizioni contraddittorie tra loro, in primis, e non veritiere, in quanto palesemente sconfessate dalle immagini televisive, in secundis.

In siffatto contesto di scarsa attendibilità delle parti interrogate, nulla di quanto riferito dai calciatori può assumersi come verosimile».

Per inciso, è utile evidenziare che la Procura federale ha effettuato «un riscontro, con esito negativo, al fine di verificare innanzitutto se i calciatori Michele Rinaldi della Feralpisalò e Davide Voltan della Vis Pesaro, avessero militato negli anni precedenti in medesime Società, come pure è stato accertato che il direttore di gara non ha arbitrato in precedenza le due compagini, nel corso dell'attuale campionato».

Secondo la Procura federale, dunque, «alla luce di tali circostanze in fatto, la testimonianza del sig. Rinaldi appare attendibile in quanto non risultano provati pregressi episodi rancore e/o acredine tra il teste stesso (ripetesi della squadra avversaria) e l'arbitro.

Infine, che si trattasse del primo incontro tra i soggetti coinvolti, è confermato dalla circostanza che l'arbitro sig. Scatena sia al primo anno di CAN C, a differenza dei due calciatori che militano da diversi anni in squadre di Lega pro».

Alla udienza del 14 luglio 2020 dinanzi al Tribunale federale nazionale, tenutasi da remoto in modalità video conferenza, la Procura federale ha chiesto irrogarsi la sanzione della sospensione per mesi 6 (sei). Il difensore del deferito, contestata l’attendibilità dei testi auditi in sede istruttoria, ha concluso per il proscioglimento e, in via subordinata, per il riesame degli stessi in relazione alle immagini dell’episodio contestato. L’incolpato, ammesso a dichiarazioni spontanee, ha ribadito di non aver proferito alcuna frase ingiuriosa e di essersi limitato a richiamare il calciatore Voltan.

Con ordinanza in data 14 luglio 2020 il Tribunale onerava la Procura federale di depositare il video dell’episodio in contestazione. Acquisito il video della gara, mediante accesso al link fornito dalla Procura, all’udienza del 28 luglio 2020, le parti si sono riportate ai rispettivi scritti ed hanno insistito per l’accoglimento delle richieste già formulate.

Con la decisione del 28 luglio 2020, qui impugnata dalla Procura federale, il Tribunale federale nazionale ha rigettata il deferimento, disponendo il proscioglimento del deferito sig. Gabriele Scatena. Questa, di seguito, la motivazione.

«Il deferimento non merita accoglimento.

Come emerso dal video della gara del Campionato Nazionale di Lega Pro Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15.12.2019, al 36’ del I T il calciatore della squadra ospite Voltan Davide, in possesso del pallone in fase di attacco all’interno della tre/quarti di campo avversaria, perdeva l’equilibrio, cadeva sul terreno di gioco dopo avere superato in velocità l’avversario Rinaldi Michele, vi si rialzava autonomamente e veniva raggiunto dall’Arbitro.

In tale frangente, secondo la Procura, l’Arbitro avrebbe rivolto al calciatore Voltan la frase offensiva; secondo la difesa, invece, l’Arbitro avrebbe unicamente richiamato il calciatore ritenendo che avesse simulato il fallo.

L’impianto accusatorio poggia fondamentalmente sulla testimonianza del calciatore avversario Rinaldi Michele, che le immagini individuano nelle immediate vicinanze del Voltan e dell’Arbitro.

Il teste, oltre a riportare la frase che sostiene di avere sentito, ha precisato di avere in un primo momento detto all’arbitro “di ammonire Voltan per la simulazione, ma a seguito dell’insulto ricevuto dal mio avversario da parte del direttore di gara, presi le difese del calciatore e gli dissi di avere un atteggiamento educato nei confronti del calciatore, dal momento che sono sempre gli arbitri a chiedere rispetto per la categoria”.

Ha anche riferito il Rinaldi, che richiesto di lì a pochi secondi dal Voltan se avesse sentito la frase offensiva, gliene avrebbe dato conferma e gli avrebbe risposto: “hai ragione non può rivolgersi così nei tuoi confronti”.

Tuttavia, le immagini visionate escludono che i due avversari si siano parlati nella immediatezza del fatto.

Ed invero, il Rinaldi, che in un primo momento si trova alle spalle del Voltan, gli passa davanti e si rivolge ancora all’Arbitro, che in quel momento già si sta allontanando, visibilmente e verosimilmente proseguendo nella protesta per la mancata ammonizione, come lascia intendere la sua gestualità.

Il Rinaldi, poi, proseguendo in quella che appare una mera protesta, si allontana a sua volta dal Voltan lasciandolo dietro di sé, mentre lo stesso Voltan si gira verso l’area di rigore avversaria rivolgendosi e parlando con un altro avversario.

Il mancato riscontro delle immagini con la cronologia degli accadimenti riferiti dal Rinaldi ne minano l’attendibilità.

D’altro canto, dalle immagini è dato notare, nel raggio di cinque/otto metri circa dal punto di caduta del Voltan, la presenza di almeno altri sette avversari e di tre compagni di squadra, nessuno dei quali è stato sentito ad eventuale supporto dell’impianto accusatorio.

Non risulta sia stato sentito nemmeno l’Assistente Arbitro n. 2, posizionato a non più di dieci metri circa dall’accaduto, non potendosi escludere che se l’Arbitro, come riferito dal Rinaldi, avesse rivolto “ad alta voce” al Voltan la frase incriminata, la stessa sarebbe stata sentita da un ben nutrito numero di soggetti.

Sono stati invece ascoltati l’allenatore ed il Dirigente Accompagnatore della soc. Vis Pesaro, signori Simone Pavan e Alessandro Peron.

Costoro, per vero, hanno riferito di avere sentito solo l’ultima parola della frase (coglione).

È invero strano, però, che parte della frase possa essere stata sentita da due occupanti della panchina ospite, collocata orientativamente a non meno di quaranta metri dal punto di caduta, situato nei pressi della linea laterale opposta a quella delle panchine (di norma, la panchina della squadra ospite è collocata a ridosso della linea laterale presidiata dall’Assistente Arbitro n. 1) e, non invece dai calciatori collocati nel raggio di pochi metri.

Ma ciò che rende inattendibile quanto dichiarato dagli anzidetti Dirigenti, è che il collaboratore della Procura federale presente sul posto, sig. Alberto Battisti, nella segnalazione riservata inviata al Procuratore aggiunto (all. 2), riferiva che né lui, né il Delegato di Lega, al momento dell’episodio collocati tra le due panchine, erano “in grado di dare alcuna contezza circa la veridicità di quanto lamentato” dai signori Simone Pavan e Alessandro Peron.

Per quanto emerso e riportato, in definitiva, il Collegio reputa che i fatti ascritti al deferito non siano stati provati con sufficiente certezza.

La circostanza, ritenuto che al di fuori dei casi di illecito sportivo, per il cui accertamento, secondo consolidata giurisprudenza degli Organi di Giustizia Sportiva, è sufficiente la prova logica, senza che sia richiesta la prova oltre ogni ragionevole dubbio, non consente di accedere all’accoglimento del deferimento, per tale motivo da rigettarsi».

Avverso la suddetta decisione ha proposto reclamo il Procuratore federale.

Con un articolato motivo di reclamo la pubblica accusa lamenta «omessa ed insufficiente motivazione, contraddittorietà della stessa, perplessità, erronea valutazione delle risultanze della indagine e degli elementi probatori acquisiti e conseguente erronea qualificazione della condotta del sig. Scatena».

Evidenzia, la Procura, nel proprio atto di reclamo, come l’impianto accusatorio poggi su più elementi:

«-dati di fatto (e come tali non sono in discussione);

-varie testimonianze (tutte tra loro concordanti);

-prova logica deduttiva.

Partendo dai dati di fatto il primo di essi è costituito dalla circostanza che il sig. Scatena in precedenza non aveva mai avuto modo di interagire con i giocatori (e le società) oggetto della vicenda che è portata all’attenzione di Codesta Corte.

A questo si aggiunga che tutti concordano sul fatto che la gara, sino all’episodio del primo tempo, non aveva dato problemi di sorta.

Quindi possiamo porre un primo elemento “sicuro” del procedimento:

1) nessuno dei soggetti interessati poteva avere un motivo di rancore con il sig. Scatena tale da poter far dubitare della veridicità di quanto da loro riferito.

2) Il secondo punto fermo è che al minuto 36 del primo tempo, a seguito di una caduta (o di una simulazione, in questa sede non importa) il sig. Scatena dice qualcosa al calciatore Pavan, che una frase vi sia stata è ammesso anche dallo Scatena nel corso dell’udienza del 14 Luglio 2020.

3) A seguito della frase dello Scatena l’allenatore Pavan comincia ad urlare all’Arbitro “non si offendono i miei giocatori”.

Che questo sia accaduto è indiscutibile perché è quanto riferito dal rappresentate della Procura Federale che, correttamente, riferisce di non aver sentito la frase dell’arbitro ma ha ben sentito che l’Allenatore “richiamava” l’Arbitro, intimandogli di non offenderei i suoi giocatori.

La logica di base porta quindi a dedurre che il Pavan abbia necessariamente sentito “qualcosa” di cui lamentarsi con il sig. Scatena».

Precisa, inoltre, la reclamante Procura, come non sia mai emerso dagli atti «che la frase incriminata non sia stata sentita anche “dai calciatori collocati nel raggio di pochi metri”», laddove, invece, «assai più semplicemente è stato deciso di non procedere all’audizione di tutti i giocatori perché il numero delle persone sentite, e le circostanze da esse riportate, erano più che sufficienti per ritenere provata la responsabilità dello Scatena».

A questi dati di fatto, a conferma della responsabilità per le contestazioni ascritte al sig. Scatena,  si  aggiunge,  sempre  a  dire  della  Procura,  la  testimonianza  del  sig.  Voltan, «confermata integralmente dal sig. Rinaldi, difensore della squadra avversaria».

A fronte di queste emergenze, tuttavia, lamenta parte reclamante, il Tribunale ha ritenuto non provata la responsabilità del sig. Scatena, la cui estraneità ai fatti contestati emergerebbe dalla visione del video della partita.

Queste le censure avanzate allo sviluppo della motivazione della decisione.

«Il ragionamento argomentativo utilizzato dal Tribunale si può sintetizzare così: il Rinaldi ha sì riferito di aver udito distintamente la frase “ti spacco il culo, coglione” rivolta dallo Scatena al Voltan, ma ha anche riferito di aver parlato con il Voltan nell’immediatezza del fatto.

Poiché dal video appare chiaramente che il Voltan ed il Rinaldi non hanno parlato ne consegue che non è vero che lo stesso abbia udito la frase “ti spacco il culo, coglione” detta dallo Scatena al Voltan.

Il Tribunale non ha tenuto conto che ogni testimonianza porta, sempre e necessariamente, delle infedeltà rispetto a quanto è realmente accaduto.

Queste infedeltà sono dovute ad una serie molteplice di fattori che interagiscono tra loro.

È errato considerare la memoria come una “videocamera” che registra e riproduce fedelmente gli eventi accaduti; la memoria non è mai un processo “riproduttivo”, bensì un processo “ricostruttivo” che tende a riempire gli elementi mancanti con dati di conoscenza e dati derivati da convinzioni.

Il primo (e più importante) dei fattori che incidono su una corretta ricostruzione dei ricordi è il tempo.

Va sottolineato che le audizioni del Voltan, del Pavan e del Peroni si sono svolte in data 16 Gennaio  2020, e quindi ad un mese di distanza dai fatti (la partita è stata giocata il 15 Dicembre 2019).

L’audizione del Rinaldi è stata invece tenuta il 7 Febbraio  2020 (ad un mese e mezzo dai fatti)

Tutti gli studi scientifici in materia dimostrano che, con il passare del tempo, vi è sempre una fisiologica percentuale di dimenticanza dei fatti accaduti, a distanza di venti minuti la percentuale di ricordi corretti è del 58%, percentuale che scende al 33,7% dopo un giorno per arrivare al 21,1% dopo trenta giorni.

A questo deve aggiungersi un ulteriore fattore, costituito da quello che scientificamente viene definito “weapon effect”: la mente umana, in presenza di un evento anomalo tende a concentrare la propria attenzione sull’anomalia, che resta impressa nella memoria, e a sfumare i dettagli secondari.

Nella testimonianza è quindi sempre necessario tenere conto: del tempo passato, che la mente umana tende a ricostruire i ricordi e che il ricordo tende sempre a focalizzarsi sull’evento anomalo, così sacrificando i dettagli secondari.

Tutto ciò premesso è evidente che il Rinaldi (ma medesimo discorso può essere fatto per il Voltan) ricordasse con esattezza la frase “ti spacco il culo, coglione” poiché era la prima volta che sentiva un arbitro rivolgersi così ad un giocatore, ma è altrettanto evidente che possa aver riferito senza la stessa precisione se il colloquio con il Voltan sia avvenuto a distanza di trenta secondi dalla frase, piuttosto che a distanza di un minuto.

Tutto ciò che la visione del video può dimostrare (e dimostra) è che, effettivamente il Rinaldi ed il Voltan nell’immediatezza dei fatti non si sono parlati, null’altro dimostra sulla veridicità di quanto riferito dai giocatori sul comportamento dello Scatena.

Estendere a dismisura il suddetto dato per inficiare l’insieme della deposizione del Rinaldi è un “salto logico” che il Tribunale effettua privando così di coerenza strutturale tutta la motivazione della decisione».

La motivazione del Tribunale sarebbe, poi, errata «atteso che la circostanza che i due calciatori non si siano parlati “nell’immediatezza del fatto” (n.d.r. il fallo è stato commesso al minuto 35,54) non è elemento di prova logica che gli stessi non si siano potuti parlare nei secondi e/o minuti successivi al minuto 36,07, quando l’azione di gioco si era ormai spostata verso l’area del Vis Pesaro, ma i giocatori in questione (Rinaldi e Voltan) erano, invece, rimasti entrambi nei pressi dell’area del Feralpisalo’.

A ciò si aggiunga che la testimonianza resa dal Rinaldi supera positivamente ogni vaglio di intrinseca attendibilità in quanto supportata da riscontri esterni, ovvero dalle dichiarazioni dei sigg.ri Pavan e Peroni che hanno sentito l’arbitro profferire la parte finale della frase in esame (ovvero la parola “coglione”)».

«Il TFN, poi, ritiene», prosegue la reclamante Procura, «che “Rinaldi…. si rivolge ancora all’Arbitro, che in quel momento già si sta allontanando, visibilmente e verosimilmente proseguendo nella protesta per la mancata ammonizione, come lascia intendere la sua gestualità”.

In disparte la circostanza che non vi è la possibilità di leggere alcun labiale o di sentire alcun sonoro dal video in esame, in ogni caso la gestualità del Rinaldi conferma – contrariamente alla ricostruzione del TFN – quanto egli ha riferito alla Procura Federale, ovvero “presi le difese del calciatore e gli dissi di avere un atteggiamento educato nei confronti del calciatore, dal momento che sono sempre gli arbitri a chiedere rispetto per la categoria”».

«Sempre a parere del TFN», prosegue la Procura federale, «entrambi i dirigenti della Vis Pesaro, Pavan e Peron, ascoltati dalla Procura avrebbero “riferito di aver sentito solo l’ultima parola della frase (coglione)” e ciò che “rende inattendibile quanto dichiarato dagli anzidetti Dirigenti, è che il collaboratore della Procura federale presente sul posto, sig. Alberto Battisti, nella segnalazione riservata inviata al Procuratore aggiunto (all. 2), riferiva che né lui, né il Delegato di Lega, al momento dell’episodio collocati tra le due panchine, erano “in grado di dare alcuna contezza circa la veridicità di quanto lamentato” dai signori Simone Pavan e Alessandro Peron”.

Le argomentazioni in esame sono frutto di errore laddove si consideri che:

a) il collaboratore della Procura Federale ha il compito di refertare, in particolare, ciò che avviene sugli spalti (esposizione di striscioni offensivi, cori di discriminazione) e, pertanto, deve prestare maggiore attenzione a ciò che avviene al di fuori del recinto di giuoco, al contrario le condotte all’interno del campo sono di competenza dell’arbitro; pertanto il fatto che il collaboratore della PF non abbia sentito le frase in esame non può “rende(re) inattendibile quanto dichiarato dagli anzidetti Dirigenti”;

b) in ogni caso, a contrario, è proprio la relazione riservata inviata al Procuratore Federale a rendere attendibile le dichiarazioni in esame in quanto, come è pacifico, l’indagine ha avuto origine proprio dalla segnalazione trasmessa dal collaboratore della Procura Federale.

Nella segnalazione, il collaboratore ha dapprima evidenziato che al 35° del primo tempo, l’allenatore del Vis Pesaro sig. Simon e Pavan, gridava ripetutamente “non si offendono i miei giocatori” (circostanza confermata anche dal calciatore Rinaldi!) e che, dopo pochi attimi, l’accompagnatore ufficiale della Vis Pesaro sig. Alessio Peroni, avvicinatosi a lui ed al Delegato di Lega che, seguivano l’incontro a bordo campo tra le panchine delle squadre, accusava l’arbitro sig. Gabriele Scatena, di essersi rivolto nei confronti del calciatore n° 8 della propria squadra Davide Voltan, proferendo la frase “ti rompo il culo”.

A tal proposito occorre aggiungere, ad ulteriore elemento di esame sull’attendibilità dei testi ascoltati dalla Procura, che le immagini video confermano al minuto 46,42/46,44, quanto affermato dal sig. Peroni, innanzi alla Procura Federale, nell’audizione del 16 Gennaio  2020, ovvero che il dirigente del Vis Pesaro si è “avvicinato all’arbitro al termine del I° tempo al rientro negli spogliatoi, e di avergli detto che non doveva permettersi di offendere un loro calciatore e di non aver ricevuto risposta dal direttore di gara rispetto a quanto contestato”.

Circostanza questa confermata dallo stesso arbitro, sig. Scatena, in sede di audizione dell’11 Febbraio  2020: al termine del I° tempo, mentre si dirigevano negli spogliatoi, si avvicinò un dirigente della Vis Pesaro, riferendogli che il calciatore gli aveva comunicato di essere stato offeso e nell’occasione gli disse “non si deve riferendogli che il calciatore gli aveva comunicato di essere stato offeso e nell’occasione gli disse “non si deve permettere di rivolgersi in questi termini nei confronti di un nostro calciatore”.

c) La segnalazione del collaboratore della PF riporta altresì che, nel corso dell’intervallo, i Dirigenti della Vis hanno manifestato l’intenzione di procedere nei confronti del direttore di gara, informando la stampa dell’episodio avvenuto.

Pertanto è proprio la relazione del Collaboratore che conferma che «l’allenatore del Vis Pesaro sig. Simone Pavan, gridava ripetutamente “non si offendono i miei giocatori”», proprio a seguito dello scontro in esame tra i calciatori Voltan e Rinaldi.

A ciò si aggiunga che la decisione del TFN appare viziata da erronea e/o insufficiente motivazione in ordine alla presunta, ma contestata, inattendibilità della deposizione del sig. Rinaldi, che, come già evidenziato nella relazione d’indagine, non aveva alcun motivo di acredine nei confronti dell’arbitro Scatena».

Quanto  al  profilo  della  valutazione  delle  prove  la  Procura  federale  osserva  che, «contrariamente al sistema penalistico, in cui vige il principio della presunzione di non colpevolezza, in forza del quale l'imputato può essere condannato soltanto in presenza di prove dimostrative della commissione del reato oltre ogni ragionevole dubbio, il giudizio disciplinare sportivo, ai fini della dimostrazione della colpevolezza soggiace a un sistema probatorio notevolmente ridotto.

Non si tratta, come pure qualcuno ha asserito, di un'inversione dell'onere della prova, ma, piuttosto, di un sistema attenuato dell'onere probatorio, nel senso che a carico della Procura Federale non incombe l’onere di una rigorosa dimostrazione probatoria (necessaria, invece, nel processo penale).

Sicché, nel procedimento disciplinare sportivo, ricade sull'incolpato, da una parte, l'onere di confutare l'evidenza del contestato illecito e, dall'altra, l'onere di offrire una ricostruzione dei fatti alternativa ai capi d'accusa, dettagliata, coerente e credibile.

Il TFN, nel caso in esame, non ha tenuto conto della valenza probatoria delle dichiarazioni del teste Rinaldi – la cui testimonianza appare attendibile in quanto non risultano provati pregressi episodi rancore e/o acredine tra il teste stesso (calciatore della squadra avversaria del calciatore Voltan) e l’arbitro che ha c confermato che la frase in esame è stata profferita dal sig. Scatena.

Si ritiene, quindi, che il TFN abbia sostanzialmente interpretato erroneamente i reali termini della questione, senza tener conto che nella Giustizia Sportiva le regole sulla prova raccolta divergono dal processo penale.

È noto, infatti, che nella giurisprudenza sportiva, per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato per una violazione disciplinare sportiva non è necessaria né la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione –, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale.

Deve, invero, ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito.

E non vi è dubbio che tali indizi sono tutti presenti ed evidenziati nel deferimento rigettato che si intende qui interamente richiamato.

Le testimonianze dei sigg.ri Rinaldi, Peroni e Pavan, oltreché del sig. Voltan, costituiscono elementi indiziari tutti gravi e precisi nonché tra di loro concordanti in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione della condotta disciplinare, e si può, quindi, affermare la responsabilità, con altro grado di verisimiglianza, del sig. Scatena nelle condotte addebitate con il deferimento di questo Ufficio.

I doveri di probità e correttezza enunciati dall’art. 4, comma 1, C.G.S. nonché dell’articolo 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, risultano perciò gravemente violati, per lo più da un soggetto (arbitro) dal quale, per il proprio ruolo, sarebbe lecito attendersi una condotta improntata ad alti standard etici e morali (principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale)

Alla luce di tali considerazioni e motivazioni appare evidente che il TFN nel deliberare il proscioglimento del sig. Scatena ha errato, per cui la decisione merita di essere riformata».

Nell’istaurato giudizio di appello si è ritualmente costituito il Sig. Gabriele Scatena, con l’assistenza dell’Avv. Guido Alfonsi, per eccepire la manifesta inammissibilità dell’appello e chiederne la reiezione.

Alla tesi della Procura federale il resistente risponde che «potrebbe comodamente sostenersi la tesi contraria, concludendo che non c’era motivo che l’arbitro potesse lasciarsi andare a gratuite ed offensive avverso soggetto mai conosciuto prima, in gara che sino a quel momento non aveva presentato problemi di sorta.

Osservato come non sia certo compito di colui che si difende «ricercare il motivo o la ratio delle fantasiose illazioni dei due calciatori Voltan e Rinaldi», quanto, segnatamente, alle dichiarazioni di quest’ultimo il sig. Scatena evidenzia come, «a prescindere dalla sicurezza con la quale la Procura vorrebbe attribuirgli piena credibilità (richiamando all’occorrenza fisiologiche e, per quanto consta, inutili percentuali di dimenticanza), sono del tutto fantasiose, in quanto del tutto smentite, punto per punto, parola per parola, dalle immagini televisive».

«La assoluta inattendibilità delle dichiarazioni dei due calciatori – per manifesta non verosimiglianza di quanto riferito – rendono», ad avviso del resistente sig. Scatena, non provato il fatto contestato all’arbitro, tanto che la motivazione della sentenza di primo grado, sotto questo profilo, è totalmente esente da censure».

Quanto alle deduzioni della Procura federale sulla prova logica, secondo cui il fatto che dal video della vicenda non sia dato riscontrare lo scambio di battute affermato tra i due calciatori non vale ad escludere che gli stessi si siano parlati nei secondi o minuti immediatamente successivi all’episodio, le stesse, eccepisce l’appellato, appaiono nuove ed inammissibili in questa sede, «giacchè l’attività investigativa (ed il conseguente capo di incolpazione), verte, innanzitutto, sulla deposizione del Voltan, il quale utilizza in maniera lucida, mirata e consapevole i termini “immediatamente” e “nel contempo” (testualmente: “immediatamente dopo specificavo al mio avversario che ero caduto da solo e che non era stata mia intenzione simulare, al contempo ho chiesto al Rinaldi se avesse sentito la frase detta dall’arbitro – vedi verbale audizione).

Ciò significa che quanto riferito dal Voltan è necessariamente contestuale all’episodio del richiamo per la simulazione e non si riferisce a fatti successivi avvenuti a distanza di tempo, come tali estranei al campo visivo delle immagini».

Peraltro, aggiunge parte resistente, fin quando gli accadimenti restano supportati dalle immagini video, i due calciatori «prendono direzioni diverse», ciò che escluderebbe, dunque, restando sul piano logico introdotto dalla Procura federale, che gli stessi si siano parlati successivamente nella immediatezza dei fatti.

Con riferimento al «peso di quanto udito dalla panchina dal dirigente Peroni e dall’allenatore Pavan (i quali avrebbero sostenuto di aver udito solo la frase “coglione”), viene contestata dal TFN, nella parte motiva della sentenza, la non verosimiglianza del racconto, attesa la distanza dal punto di richiamo.

A tale proposito va necessariamente sottolineato che in un’area molto più ristretta e più ravvicinata all’episodio, si trovavano altri calciatori, l’assistente arbitrale e, non da ultimi, alla stessa distanza, il collaboratore della Procura federale, sig. Alberto Battisti, ed il Delegato di Lega.

Questi ultimi due nulla direttamente e personalmente udirono. Tutti gli altri calciatori e l’assistente arbitrale non sono stati mai interrogati dalla Procura».

In conclusione, secondo il resistente sig. Gabriele Scatena, il Tribunale federale nazionale ha correttamente assolto l’arbitro medesimo, non perché ha applicato il principio del raggiungimento della prova oltre ogni ragionevole dubbio, bensì perché «quanto riferito dai soggetti interrogati, è risultato semplicemente non credibile, in quanto ogni singola parola proferita è puntualmente sconfessata dalle immagini televisive». La decisione di prime cure, pertanto, meriterebbe conferma, essendo il gravame inammissibile e manifestamente infondato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1) Il reclamo merita accoglimento.

Ritiene, infatti, questa Corte, che le risultanze istruttorie acquisite al presente procedimento disciplinare consentono di ritenere raggiunta la prova della sussistenza della violazione contestata al sig. Gabriele Scatena.

2) La decisione del Tribunale federale nazionale poggia, essenzialmente, sulla valutazione di inattendibilità sia della dichiarazione rilasciata dal sig. Voltan, sia della testimonianza rilasciata dal sig. Rinaldi, giocatore della squadra avversaria, secondo un iter logico- argomentativo che sembra privilegiare una lettura atomistica degli elementi probatori acquisiti, che meritavano, invece, di essere valutati nella loro coesistenza e capacità cumulativa di concorrere a formare il convincimento del Collegio giudicante.

«Il mancato riscontro delle immagini con la cronologia degli accadimenti riferiti dal Rinaldi», si legge nella motivazione del Tribunale di prime cure, «ne minano l’attendibilità».

«Per quanto emerso e riportato» il TFN reputa, dunque, «che i fatti ascritti al deferito non siano stati provati con sufficiente certezza. La circostanza, ritenuto che al di fuori dei casi di illecito sportivo, per il cui accertamento, secondo consolidata giurisprudenza degli Organi di Giustizia Sportiva, è sufficiente la prova logica, senza che sia richiesta la prova oltre ogni ragionevole dubbio, non consente di accedere all’accoglimento del deferimento, per tale motivo da rigettarsi».

Quanto affermato dal Tribunale non può essere condiviso, tanto in fatto, quanto in diritto.

Sul piano generale, questo Collegio richiama la consolidata giurisprudenza di settore secondo la quale, nel procedimento disciplinare sportivo, per ritenere ed affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come richiesto nel processo penale, essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata (ex multis: CFA n. 19-2015/2016).

Tale è anche – com’è noto - l’orientamento del Collegio di garanzia secondo cui (Sezioni Unite n. 63/2018) la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito può essere anche provata mediante indizi, qualora essi siano gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non (Sezioni Unite 65/2018).

Così precisato, dunque, il criterio di valutazione del materiale probatorio applicabile al presente procedimento, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui alle disposizioni federali e regolamentari contestate al sig. Gabriele Scatena e, in particolare, consentano di giudicare come sussistente le violazioni dell’art. 4, comma 1, CGS, nonché dell’art. 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, per aver tenuto, nei confronti del calciatore Davide Voltan, tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 s.r.l., durante la gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15 Dicembre 2019, un comportamento contrario ai principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale, profferendo al predetto calciatore, al 36° circa del I° tempo del citato incontro, la seguente frase “Ti spacco il culo coglione”.

Orbene, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sia stato raggiunto quel ragionevole grado di certezza in ordine alla sussistenza delle violazioni contestate all’arbitro effettivo Gabriele Scatena e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur (forse) inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità.

In tale quadro di riferimento, particolare valenza rivestono, nel caso di specie, le dichiarazioni del sig. Voltan, come suffragate dal sig. Rinaldi.

Il calciatore Voltan, alla domanda dell’investigatore federale su cosa fosse avvenuto, nel corso della gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15 Dicembre 2019, al minuto 36 del primo tempo dopo, quando il predetto calciatore, con il possesso della palla, si dirigeva verso l'area avversaria e che, a seguito di un contrasto con un calciatore avversario, è caduto, così ha risposto: «Mi riferivo proprio a quanto accaduto a seguito della fase di giuoco citata. Mi dirigevo con la palla verso l'area avversaria allorquando dopo aver superato di slancio un avversario ho perso l'equilibrio e sono caduto a terra, mi sono rialzato senza assolutamente dire nulla all'arbitro né tantomeno richiedere un eventuale fallo ricevuto da parte del difensore avversario che mi sembra fosse Michele Rinaldi. Non appena mi sono rialzato, come detto senza enfatizzare né la caduta né attirare per questo l'attenzione dell'arbitro che peraltro era vicinissimo all'azione, il direttore di gara mi ha detto ad alta voce: "Ti spacco il culo coglione". A tale frase per la quale sono rimasto allibito, gli ho solo risposto di non aver simulato ma di essere caduto da solo per lo slancio. Preciso che non appena caduto il calciatore avversario Rinaldi mi ha detto: "Vieni su", frase presumo sentita dall'arbitro il quale, ritengo anche a seguito di ciò, si è rivolto in modo offensivo nei miei confronti con la frase precisata in precedenza. Immediatamente dopo specificavo al mio avversario che ero caduto da solo e che non era stata mia intenzione simulare, al contempo ho chiesto a Rinaldi se avesse sentito la frase detta dall'arbitro e questi nel confermare di averla sentita mi ha detto: “Hai ragione non può rivolgersi così nei tuoi confronti”».

Questo di seguito il verbale dell’audizione del sig. Rinaldi.

«D. Cosa è avvenuto al 36° del primo tempo dopo che il calciatore Voltan con il possesso della palla si dirigeva verso l'area avversaria e, a seguito di un contrasto con lei, è caduto?

R. Ricordo che avvenne un episodio tra l'arbitro ed il calciatore Voltan della Vis Pesaro.

D. Ricorda cosa ha detto lei al Voltan dopo essere caduto?

R. Gli dissi di tirarsi su in quanto non l'avevo neanche toccato, non sono certo che l'arbitro nell'occasione sentì quanto detto al Voltan.

D. Cosa ha detto l'arbitro al calciatore Voltan?

R. Confermo che l'arbitro a seguito della caduta di Voltan gli disse ad alta voce: "Ti spacco il culo coglione". Non ricordo se nell'occasione il mio avversario precisò all'arbitro di non aver simulato ma di essere caduto da solo per lo slancio.

D. E vero che lo stesso Voltan le ha precisato nell'occasione di essere caduto da solo e che non fosse sua intenzione simulare il presunto fallo da lei effettuato?

R. Si, mi disse che era caduto da solo, frase detta dal mio avversario non subito ma pochi secondi dopo.

D. Dalle immagini della gara si vede lei dopo quanto accaduto si avvicina al direttore di gara e gli dice qualcosa. Può precisare cosa ha detto all'arbitro?

R. In un primo momento dissi all'arbitro di ammonire Voltan per la simulazione, ma a seguito dell'insulto ricevuto dal mio avversario da parte del direttore di gara, presi le difese del calciatore e gli dissi di avere un atteggiamento educato nei confronti del calciatore, dal momento che sono sempre gli arbitri a chiedere rispetto per la categoria.

D. Risulta alla PF che il calciatore Voltan dopo quanto detto dall'arbitro le ha chiesto se anche lei avesse sentito l'espressione proferita nei suoi confronti dal direttore di gara e lei avrebbe risposto al Voltan: "Hai ragione non può rivolgersi così nei tuoi confronti". Lo conferma?

R. Si lo confermo».

Dalle testimonianze dei sigg.ri Voltan e Rinaldi emerge, dunque, con chiarezza, l’effettiva sussistenza del fatto contestato al direttore di gara, sig. Scatena e, segnatamente, deve desumersi che, nell’occasione indicata, lo stesso ebbe a proferire al calciatore caduto, la frase: “Ti spacco il culo coglione": verosimilmente, per richiamare e redarguire il calciatore per la sua (presunta o effettiva) simulazione, il direttore di gara, probabilmente in un momento di concitazione, si è lasciato sfuggire un epiteto che, di certo, in altro frangente non avrebbe pensato, né tantomeno, proferito, anche tenuto conto del fatto che non risultano simili episodi segnalati a carico del sig. Gabriele Scatena.

Dagli accertamenti effettuati dalla Procura e non contestati dal sig. Gabriele Scatena è emerso quanto segue:

- i calciatori Michele Rinaldi (Feralpisalò) e Davide Voltan (Vis Pesaro) non hanno militato negli anni precedenti nel medesimo club;

- il direttore di gara, sig. Gabriele Scatena, non ha arbitrato in precedenza le due compagini nel corso dell'attuale campionato ed era «al primo anno della CAN C», essendo stato in precedenza «alla CAN D per 3 anni dalla S.S. 2016/17 alla S.S.18/19» (cfr. dichiarazioni sig. Scatena), a differenza dei due calciatori di cui trattasi, che militano da diversi anni in squadre di Lega pro;

- tutti i testimoni sentiti hanno affermato che «la gara si è svolta regolarmente […] Non ritengo ci siano stati comportamenti strani o episodi particolari da parte di alcuno […] il comportamento dell'arbitro sig. Scatena … normale in tutta la gara» (Rinaldi);«la gara si è svolta regolarmente ed è terminata 1-1 ad eccezione di un episodio avvenuto con l'arbitro nel corso dell'incontro […] «il comportamento dell'arbitro sig. Scatena nel corso della gara» è stato «normale in tutta la gara, non vi sono episodi particolari, ad eccezione di quanto accennato in precedenza» (Voltan); «La partita ritengo si è svolta regolarmente senza episodi particolari da evidenziare sotto il profilo esclusivamente calcistico […] il comportamento tenuto dall'arbitro sig. Scatena nel corso della gara» è stato «lineare; ritengo abbia anche arbitrato bene nel corso della gara» (Pavan); «Ritengo che l'incontro si sia svolto regolarmente […] il comportamento  tenuto  dall'arbitro  sig.  Scatena  nel  corso  della  gara»  è  stato «normale» (Peroni); «l'incontro si è svolto regolarmente ed è terminato 1-1, la gara è stata abbastanza tranquilla» (Scatena).

Ed allora coglie nel segno la pubblica accusa federale quando evidenzia che non risultano pregressi episodi di rancore e/o acredine tra i sigg.ri Voltan e Rinaldi, da un lato, e l’arbitro, dall’altro, né risulta che i due calciatori si conoscessero e, comunque, che abbiano militato, in passato, nella medesima compagine societaria. Insomma, in breve, mancherebbe il “movente” per ritenere non veritiere le dichiarazioni dei due calciatori di cui trattasi.

Il contesto probatorio sopra indicato è, poi, integrato dalle dichiarazioni, o, meglio, dal comportamento in fatto, del sig. Pavan.

Questi, dopo l’episodio incriminato, accaduto al 36° del primo tempo, ha più volte gridato nei confronti del direttore di gara: "non si offendono i miei giocatori". Circostanza, questa, confermata dal collaboratore della Procura federale presente alla gara, nella segnalazione dallo stesso trasmessa, pur avendo questi dichiarato di non poter confermare la veridicità di quanto (peraltro) denunciato immediatamente dal sig. Peroni (dirigente accompagnatore della Vis Pesaro), ossia la frase incriminata pronunciata all'arbitro.

Orbene, la predetta “lamentela”, rivolta dal sig. Pavan nei confronti del direttore di gara, difficilmente si spiegherebbe  laddove l’allenatore  medesimo non avesse effettivamente sentito quanto dallo stesso dichiarato.

A fronte dei sopra, in sintesi, ricordati solidi elementi probatori il Tribunale ha, dunque, errato ad attribuire alle immagini visionate una valenza dirimente. A dire del TFN «le immagini visionate escludono che i due avversari si siano parlati nella immediatezza del fatto.

Ed invero, il Rinaldi, che in un primo momento si trova alle spalle del Voltan, gli passa davanti e si rivolge ancora all’Arbitro, che in quel momento già si sta allontanando, visibilmente e verosimilmente proseguendo nella protesta per la mancata ammonizione, come lascia intendere la sua gestualità.

Il Rinaldi, poi, proseguendo in quella che appare una mera protesta, si allontana a sua volta dal Voltan lasciandolo dietro di sé, mentre lo stesso Voltan si gira verso l’area di rigore avversaria rivolgendosi e parlando con un altro avversario».

Nello stesso senso, anche l’appellato ribadisce ed evidenzia come le dichiarazioni dei due calciatori di cui trattasi siano «fantasiose, in quanto del tutto smentite, punto per punto, parola per parola, dalle immagini televisive» e, dunque, «la assoluta inattendibilità delle dichiarazioni dei due calciatori» renderebbe non provato il fatto contestato all’arbitro.

Così come affermato dal TFN anche l’appellato sig. Scatena ritiene che la visione del video dell’episodio dimostri come i calciatori Voltan e Rinaldi non si siano parlati e, dunque, come gli stessi siano inattendibili quando riferiscono della presunta frase pronunciata dal direttore di gara.

L’argomentazione difensiva, però, non convince: le immagini video possono dimostrare che il colloquio affermato dai calciatori Voltan e Rinaldi non sia, tra gli stessi, avvenuto nell’immediatezza della caduta del primo, ma non escludono, di certo, che gli stessi si siano scambiati quelle frasi dagli stessi riferite subito dopo.

È, infatti, verosimile ritenere – come, del resto, emerge da una attenta lettura degli atti di causa – che nei secondi immediatamente successivi alla caduta sia il sig. Voltan, sia il sig. Rinaldi fossero intenti a “lamentarsi” nei confronti del direttore di gara (il primo per la mancata assegnazione della punizione o per rappresentare che non si trattava di simulazione, il secondo per evidenziare di non aver commesso fallo sull’avversario che aveva, dunque, simulato), mentre nei secondi immediatamente successivi (circa 30/60 secondi), quando la palla e l’attenzione del direttore di gara si erano spostati dall’area dell’episodio di cui trattasi e quando entrambi i medesimi calciatori non erano direttamente impegnati nell’azione di gioco, si siano scambiati quelle battute, poi, dagli stessi riferite.

In tale prospettiva, dunque, non è possibile attribuire ai termini utilizzati dal sig. Voltan nella sua deposizione («Immediatamente dopo specificavo al mio avversario che ero caduto da solo e che non era stata mia intenzione simulare, al contempo») la valenza decisiva che assegna l’appellato (secondo cui, appunto, il predetto calciatore «utilizza in maniera lucida, mirata e consapevole i termini “immediatamente” e “nel contempo”»). Del resto, l’aggettivo “immediatamente” è associato alla specificazione “dopo”, il che lascia presumere che, comunque, la conversazione riferita tra i due calciatori sia avvenuta nella “immediatezza” del fatto, ma, appunto, “dopo”. Il riferimento temporale alla immediatezza deve, dunque, essere inteso in senso relativo ed appare, nel concreto caso di specie, compatibile con un intervallo verosimile di tempo (peraltro, probabilmente, comunque di pochi secondi).

Priva di  pregio, per  inciso,  è, a  tal riguardo,  l’eccezione di inammissibilità  formulata dall’appellato, secondo cui si tratterebbe di circostanza nuova e, in quanto tale, appunto, inammissibile. Appare, infatti, evidente che si tratta di mera argomentazione difensiva (peraltro, sviluppata in sede di critica alla motivazione del Tribunale), e non già di nuovo elemento probatorio.

Quanto, poi, all’ulteriore motivo di convincimento del TFN, secondo cui « … ciò che rende inattendibile quanto dichiarato dagli anzidetti Dirigenti, è che il collaboratore della Procura federale presente sul posto, sig. Alberto Battisti, nella segnalazione riservata inviata al Procuratore aggiunto (all. 2), riferiva che né lui, né il Delegato di Lega, al momento dell’episodio collocati tra le due panchine, erano “in grado di dare alcuna contezza circa la veridicità di quanto lamentato” dai signori Simone Pavan e Alessandro Peron», sia sufficiente rilevare come il collaboratore della Procura afferma solo di non aver personalmente udito la frase, ma non che la stessa non è mai stata pronunciata. Siffatta affermazione, quindi, non può certo gettare un’ombra di inattendibilità sulle dichiarazioni rilasciate dai sigg.ri Peron e Pavan (quest’ultimo, peraltro, afferma di aver udito solo la parte finale della frase, poi, riferita per intero dal calciatore Voltan).

In definitiva, dalle emergenze istruttorie sopra delineate emerge, in una sintesi complessiva, un quadro probatorio sufficiente – confermato anche dal criterio logico-deduttivo e dal difetto di una verosimile alternativa ricostruzione dei fatti – per l’affermazione della responsabilità in ordine alla violazione contestata al deferito sig. Gabriele Scatena.

Quanto al profilo sanzionatorio, ritiene, questa Corte, eccessiva la sanzione richiesta dalla Procura federale (mesi sei di sospensione). E ciò considerato: a) che si tratta di una singola e circoscritta frase (che va, ovviamente, comunque, censurata); b) che la stessa è verosimilmente ascrivibile ad un frangente episodico e, forse, in parte addebitabile alla mancanza di esperienza di direzioni di gara nella categoria; c) che non risultano altre e precedenti segnalazioni a carico del sig. Gabriele Scatena; d) che la misura sanzionatoria deve avere una prospettiva educativa e non meramente repressiva e che, di certo, il predetto direttore di gara saprà trarre frutto dall’esperienza connessa alla vicenda oggetto del presente procedimento.

Pertanto reputa, questa Corte, congrua e proporzionata alla violazione, come connotata e contestualizzata, la sanzione di mesi due di sospensione.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (I Sezione), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal PROCURATORE FEDERALE, lo accoglie e, in riforma della decisione impugnata, irroga al sig. Scatena Gabriele la sanzione della sospensione per mesi 2 (due).

Si comunichi a mezzo pec presso i difensori delle parti.

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it