F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 018 CFA del 21 Settembre 2020 (Procura Federale Interregiona – Sig. Maltese Aldo – Sig.ra Bernardini Rita – A.S.D. SVS ROMA – A.S.D. ACADEMY SVS ROMA) N. 160/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 018/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

N. 160/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 018/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello Presidente

G. Paolo Cirillo Componente

Mauro Mazzoni Componente

Antonio Rinaudo Componente

Silvia Coppari Componente - relatore

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

Sul    reclamo  numero  di   registro  160/2019-2020, proposto dalla   Procura  Federale Interregionale

Contro

le società A.S.D. SVS ROMA e A.S.D. ACADEMY SVS ROMA nonché contro i sigg. ri Aldo Maltese e Rita Bernardini, per la riforma della delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D n. 6 del 10 luglio 2020,

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore la Dott.ssa Silvia Coppari e uditi, per la reclamante Procura Federale Interregionale, l’Avv. Anna Maria De Santis e l’Avv. Andrea Granzotto per i resistenti;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto del 20 Febbraio  2019, la Procura Federale deferiva dinanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D. i Signori Aldo Maltese e Rita Bernardini nella loro qualità (all’epoca dei fatti) di presidente e legale rappresentante, rispettivamente, della A.S.D. “SVS Roma” e della A.S.D. “Academy SVS Roma”, per rispondere della violazione dell’art. 1-bis, commi 1 e 5, del CGS allora vigente – trasfuso oggi nell’art. 5, comma 1, dell’attuale CGS – anche in riferimento all’art. 21 delle NOIF, contestando loro di aver “contribuito” e/o “consentito” o comunque di aver “partecipato, anche indirettamente” alla costituzione della società sportiva denominata ASD Academy SVS Roma, la quale, ancorché formalmente presieduta dalla Sig.ra Bernardini, sarebbe stata sostanzialmente riconducibile al controllo (di fatto) del Sig. Aldo Maltese, coniuge della stessa Bernardini, nonché presidente e legale rappresentante dell’altra società (ASD SVS ROMA).

2. La Procura deferiva altresì le società A.S.D. SVS ROMA (SVS) e A.S.D. ACADEMY SVS ROMA (Academy SVS), ai sensi dell’art. 4, comma 1, del CGS allora vigente, oggi trasfuso nell’art. 6, comma 1, CGS, per responsabilità diretta e oggettiva in ordine ai medesimi fatti.

3. Il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio della L.N.D., con la decisione in epigrafe, proscioglieva da ogni addebito tutti i soggetti deferiti, ritenendo insussistente l’ipotizzato controllo di fatto da parte della più antica società SVS, del Sig. Aldo Maltese, nei confronti della neo-costituita AVS Academy, formalmente presieduta dalla Sig.ra Rita Bernardini, considerato “che la nuova società ha avuto una compagine dirigenziale e tecnica del tutto diversa rispetto alla prima”. Tale decisione nel merito veniva adottata prescindendo dall’“analisi dell’eccezione preliminare sul rito”, relativa alla pretesa tardività dell’azione disciplinare (sollevata dalla difesa in ragione dell’eccessivo lasso di tempo in tesi intercorso fra l’atto di conclusione delle indagini e la comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini), avendo ritenuto il Giudice di primo grado “interesse dei deferiti giungere ad una più favorevole pronuncia di proscioglimento rispetto a quella di improcedibilità del deferimento”.

4. Con atto di reclamo ex art. 101 CGS, la Procura Federale ha impugnato la suddetta decisione, deducendo, in primo luogo, l’erroneità della pronuncia nella parte in cui, a fronte dell’eccezione preliminare di decadenza dell’azione disciplinare per tardività, sarebbe stata attribuita “valenza dirimente alla statuizione di merito” (così prefigurando “una qualche fondatezza dell’eccezione difensiva pretermessa”), giacché in tal modo il Giudice di primo grado avrebbe sovvertito l’ordine logico delle questioni da trattare, confondendo il regime delle cause estintive dell’illecito, con quelle di vera e propria improcedibilità dell’azione. In secondo luogo, l’organo reclamante, ha lamentato, nel merito, una non corretta valutazione degli elementi probatori posti a fondamento del deferimento, insistendo nell’accoglimento delle proprie richieste sanzionatorie.

5. In vista della discussione del reclamo, la difesa depositava memoria ex art. 103 CGS, con la quale eccepiva: a) l’illegittimità delle indagini svolte dalla Procura per violazione dell’art. 118, comma 2, CGS, in considerazione della non attendibilità dell’esposto da cui esse avevano preso avvio, fra l’altro espressamente disconosciuto dal presunto autore della “denuncia”; b) l’improcedibilità dell’azione di deferimento per l’eccessivo lasso di tempo (di 182 giorni) intercorso fra la data di chiusura delle indagini (25 luglio 2019) e la comunicazione agli interessati dall’esito delle indagini medesime (23 Gennaio  2020); c) l’inammissibilità del reclamo nella parte in cui contiene la contestazione anche di una potenziale “induzione in errore dei tesserati”, trattandosi di una imputazione “mai presa in considerazione nei precedenti atti” e dunque in violazione dell’art. 101, comma 3, CGS; d) l’assoluta mancanza di elementi sostanziali idonei a provare l’accusa.

6. Il reclamo veniva discusso all’udienza del 6 agosto 2020 dinanzi alla Prima Sezione, la quale, considerata la priorità logica della prima eccezione in rito sollevata dalla difesa – in quanto diretta a inficiare ab origine le indagini preliminari svolte – lo rimetteva dinanzi alle Sezioni Unite per la previa soluzione della questione di diritto necessaria per la decisione – sia per i profili di rilevanza e di principio che essa investe, sia in quanto potenzialmente foriera di contrasti giurisprudenziali – relativa alla “interpretazione dell’art. 32 ter, comma 3, primo periodo del CGS previgente e dell’art. 118, comma 2, dell’attuale codice”, in tema di notizie presentate in forma anonima e dell’attività di indagine eventualmente esperibile sulla base di esse.

7. In vista della discussione dinanzi alle Sezioni Unite, la difesa depositava un’ulteriore memoria ex art. 103, comma 1, CGS, e, all’udienza tenutasi in videoconferenza il 10 Settembre 2020, udite le argomentazioni illustrate dai difensori delle parti, il reclamo passava in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’odierna questione di diritto investe il regime di acquisizione delle notizie di illecito sportivo da parte della Procura Federale e, in particolare, attiene ai presupposti di legittimità per l’avvio delle indagini sulla base di “denunce” e/o “segnalazioni” provenienti da soggetti “non compiutamente identificati” e/o “anonimi” disciplinati dall’art. 32-ter, comma 3, primo periodo, del codice previgente e dall’art. 188, comma 2, dell’attuale codice di giustizia sportiva, secondo cui: “il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima o priva della compiuta identificazione del denunciante”.

1.1. Segnatamente, la difesa ha contestato “l’invalidità” dell’esposto acquisito al protocollo n. 5353 del 30 Novembre 2018 della Procura, dal quale hanno tratto origine le indagini sfociate nei deferimenti in oggetto, poiché non sarebbe mai stata accertata né la reale provenienza della mail ad essa indirizzata (pervenuta all’indirizzo elettronico della Procura Federale alle ore 7:30 del giorno 30 Novembre 2018), né l’identità del “denunciante”. A ciò si aggiungerebbe il fatto che l’apparente firmatario della suddetta mail, tale “Massimiliano Mosconi”, con autocertificazione del 28 luglio 2020, prodotta dalla difesa, ne aveva poi spontaneamente disconosciuto “interamente il contenuto”, dichiarando di non averla né predisposta né inviata, e di non conoscere nemmeno l’indirizzo elettronico di spedizione (“g.garret@alice.it”).

1.2. Secondo la difesa, quindi, a fronte di tale assoluta carenza, l’apertura del procedimento disciplinare sulla base di detto esposto sarebbe stata effettuata in aperta violazione dell’art. 118, comma 2, CGS, il quale vieterebbe espressamente di acquisire la notizia di reato “priva della compiuta identificazione del denunciante”. Un siffatto ineludibile onere identificativo, peraltro, sarebbe stato senz’altro ricavabile anche dal previgente art. 32-ter, comma 3, CGS, ancorché privo di tale espressa specificazione (limitandosi a prevedere che “il Procuratore Federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima”), dovendo ritenersi imprescindibile, in conformità ai principi generali dell’ordinamento punitivo in tema di denuncia e di querela, la necessaria preliminare completa identificazione del denunciante a presidio della genuinità dell’istanza punitiva.

2. Ebbene, la tesi difensiva, posta a base dell’eccezione della (pretesa) illegittimità dell’attività di indagine svolta, si fonda su una non corretta ricostruzione del regime dell’attività di acquisizione dell’illecito ricavabile dall’art. 118, comma 2, del CGS, così come dal previgente art. 32-ter, comma 3, applicabile alla e-mail pervenuta in Procura il 30 Novembre 2018.

2.1. Ed invero, va preliminarmente chiarito che l’art. 118, comma 2, – a tenore del quale “il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima o priva della compiuta identificazione del denunciante” – non introduce alcuna innovazione sostanziale rispetto al regime previgente, poiché si limita a codificare il principio, già desumibile sulla base del precedente art. 32-ter, comma 3, secondo cui in tanto può acquisirsi la notizia di un illecito sportivo mediante “denuncia” in ordine alla quale avviare legittimamente le indagini, in quanto “il denunciante” risulti compiutamente identificato.

2.2. La necessità del previo assolvimento di tale onere identificativo è del tutto coerente con i principi elaborati in subiecta materia in ambito penale (cfr., in particolare, il combinato disposto degli artt. 240, 330, e 333 c.p.p.), secondo i quali per notitia criminis deve intendersi l’informazione ricevuta o appresa dall’organo inquirente che risulti caratterizzata: a) sul piano oggettivo, dal fatto di contenere l’ipotesi di un fatto illecito in astratto rilevante, la cui concreta fondatezza dovrà poi essere attentamente verificata nell’ambito delle indagini preliminari, in vista dell’esercizio dell’azione penale; b) sul piano soggettivo, dal fatto di provenire da una“fonte” di prova riconoscibile, dovendosi radicalmente escludere che possano rientrare nella categoria delle notizie di reato le segnalazioni anonime.

2.3. Nell’ipotesi di incompiuta e/o impossibile identificazione del denunciante, quindi, la segnalazione non potrà essere considerata alla stregua di una notizia di reato qualificata, risultando assoggettata allo stesso regime dei documenti “anonimi”, per i quali l’art. 240, comma 1, c.p.p. stabilisce il divieto sia di acquisizione sia di utilizzazione in ambito procedimentale, prevedendo che “i documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengono comunque dall’imputato”.

2.4. Nella categoria delle segnalazioni anonime vanno dunque ricomprese tutte le dichiarazioni non attribuibili ad alcun soggetto, fra cui anche quelle apocrife (lettera con firma falsa, illeggibile ovvero dissimulata), come quella indirizzata alla Procura Federale il 30 Novembre 2018, via e- mail, da un indirizzo elettronico il cui intestatario è rimasto sconosciuto, malgrado i tentativi effettuati dall’organo inquirente per risalirvi.

2.5. Le segnalazioni anonime, quindi, non possono costituire il presupposto né per l’avvio delle indagini preliminari né per l’adozione di atti procedimentali tipici, e ciò a garanzia della fondamentale esigenza dell’ordinamento punitivo, cui certamente è informato anche l’ordinamento sportivo, di trasparenza dell’indagine pubblica e di conseguente necessaria verificabilità, anche da parte dell’interessato, di qualunque fonte abbia inciso sulla genesi del procedimento avviato a suo  carico, nonché sugli  elementi probatori  posti a fondamento dell’esercizio dell’azione penale.

2.6. In mancanza di un’esatta identificazione della persona del “denunciante”, infatti, l’interessato sarebbe privato di una garanzia irrinunciabile del giusto processo sportivo secondo i principi declinati dall’art. 44, comma 1, del CGS: quella di poter attivare il contraddittorio, quantomeno nella forma minima, diretta a criticare l’attendibilità e/o la credibilità della “fonte” di prova.

2.7. Tuttavia, un’interpretazione logico-sistematica sia dell’art. 118, comma 2, dell’attuale CGS, sia del precedente art. 32-ter, comma 3, primo periodo, impedisce di estendere l’area di incidenza del divieto di utilizzabilità dell’anonimo sino a ricomprendervi anche l’uso di esso come semplice “stimolo investigativo”.

2.8. Infatti, entrambe le disposizioni in esame (art. 118, comma 2, dell’attuale CGS e precedente art. 32-ter, comma 3, primo periodo), ricalcando perfettamente quanto previsto in ambito penale dall’art. 330 c.p.p. (secondo cui: “Il Pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizie dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti”) contemplano due distinte modalità di acquisizione della notizia di illecito: da un lato, quella della “ricezione”, in cui l’organo inquirente si limita a fungere da collettore passivo di informazioni qualificate, come accade nel caso delle denunce provenienti da fonti compiutamente identificate e/o identificabili; dall’altro, quella della “apprensione” d’iniziativa, che invece presuppone un’attività pre-procedimentale di ricerca e ricognizione dell’informazione proveniente da canali non qualificati, volta a verificare la traducibilità della segnalazione anonima in una legittima notitia criminis.

2.9. Ne discende che se è vero, come affermato dalla Corte di Cassazione, che una «”denuncia anonima” non può essere posta a fondamento di atti “tipici di indagine” (…), trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità» e, quindi, l’esistenza a monte di una notitia criminis qualificata, tuttavia, «gli elementi contenuti nelle “denunce anonime” possono stimolare l’attività di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una “notitia criminis”» (Sez. VI, 22/04/2016, n. 34450).

2.9.1. Inoltre, sulla base di una lettura sistematica dei poteri di iniziativa di acquisizione della notizia di illecito della Procura Federale, in relazione all’“obbligo di denuncia” che il Codice vigente, in base al combinato disposto degli artt. 30, comma 7, e 2, comma 1, pone a carico di tutti i soggetti (società, dirigenti, atleti, tecnici, ufficiali di gara e di ogni altro soggetto che “svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale”) che “siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto in essere o stiano per porre in essere” un illecito sportivo, tale attività pre-procedimentale finalizzata alla acquisizione di una notizia di illecito deve considerarsi senz’altro doverosa ogniqualvolta la segnalazione anonima adombri un comportamento antisportivo sufficientemente circonstanziato. Peraltro, a conclusioni identiche si deve pervenire anche sulla base del combinato disposto degli artt. 7 e 1-bis, del CGS previgente.

3. Pertanto, queste Sezioni Unite ritengono che l’art. 118, comma 2, dell’attuale CGS e il previgente art. 32-ter, comma 3, primo periodo, debbono essere interpretati nel senso per cui:

a) il documento anonimo così, come la segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente il “denunciante”, non possono essere utilizzati come elementi di prova e non integrano neppure una notizia di illecito in senso proprio, la quale presuppone sempre la riconoscibilità della relativa “fonte”, sicché del loro contenuto non può essere fatta alcuna utilizzazione in sede processuale;

b) deve nondimeno considerarsi legittima l’attività d’investigazione dell’organo inquirente finalizzata a verificare se dall’anonimo e/o dalla segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente l’autore possono, in concreto, ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di “propria iniziativa” di una notizia di illecito sportivo.

4. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, deve quindi affermarsi, nel caso sottoposto a giudizio, che la Procura Federale ha correttamente e doverosamente svolto tutti i temi di indagine volti ad accertare l’esistenza di una notitia criminis. Accertamenti che, infatti, hanno avuto ad oggetto esattamente gli elementi contenuti nella segnalazione anonima, con la quale veniva invero denunciato un (ipotetico) “comportamento gravemente antisportivo”, sulla base delle seguenti (supposte) circostanze: a) “nel girone dell’under 17 provinciale di Roma ci sono due squadre che è evidente che sono riconducibili ad una sola società”; b) le due squadre hanno la seguente denominazione: “accademia Svs e SVS”; c) giocatori e allenatori “giocano nello stesso centro” e “indossano abbigliamento riportante solo il marchio Svs”.

4.1. Né a conclusioni diverse può giungersi sulla base del fatto che una persona fisica, identificata con le stesse generalità dell’apparente firmatario (“Massimiliano Mosconi”), abbia poi asseritamente disconosciuto “il contenuto” della segnalazione suddetta, attestando altresì che la comunicazione e-mail a  lui esibita proveniva da  un indirizzo e-mail a lui “del tutto sconosciuto”, giacché un disconoscimento in senso proprio avrebbe dovuto semmai provenire dall’intestatario dell’indirizzo medesimo.

4.2. A una siffatta dichiarazione “spontanea” (a prescindere da ogni considerazione in ordine alla sua attendibilità), quindi, non può essere attribuito altro effetto se non quello di ulteriore conferma della natura apocrifa e, quindi, anonima della segnalazione in esame, essendo (anche a seguito di essa) rimasto del tutto ignoto non solo l’autore del confezionamento della mail, ma anche l’intestatario dell’indirizzo elettronico dal quale essa risulta inviata.

4.3. Da tutte le considerazioni appena esposte deriva, quindi, la legittimità dell’attività svolta dalla Procura, la quale, di fronte all’esposto anonimo suddetto, ha doverosamente attivato i propri poteri d’ufficio per accertare la consistenza oggettiva delle circostanze ivi indicate, acquisendo alfine d’iniziativa una compiuta notizia di illecito, posta a base degli odierni deferimenti.

4.5. La prima eccezione preliminare svolta dalla difesa, in applicazione dei principi di diritto sopra enucleati, deve pertanto essere respinta.

5. Può ora passarsi all’esame delle altre eccezioni svolte in via preliminare.

5.1. Quanto alla pretesa tardività e/o decadenza dell’azione di deferimento, è sufficiente rilevare che, alla fattispecie de qua, deve essere applicato il principio affermato da queste Sezioni Unite nella vigenza del codice abrogato, secondo il quale, essendo gli atti della Procura Federale dotati di efficacia endoprocessuale e tali da esaurire i loro effetti nella fase delle indagini preliminari, in assenza di specifiche cogenti previsioni, i termini di cui all’art. 32-ter, comma 4, CGS previgente, non possono essere qualificati come perentori (cfr. Sezioni Unite CU n. 92 2016/2017). Ne consegue che non può ritenersi realizzata alcuna decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare in concreto esercitata.

5.2. Parimenti infondata è anche l’ulteriore eccezione preliminare di inammissibilità per asserita “domanda nuova”, giacché l’induzione in errore dei tesserati, nella prospettazione del reclamo, non costituisce affatto un nuovo segmento dell’incolpazione originaria, ma si limita a descrivere un effetto della condotta illecita contestata.

6. Deve quindi passarsi all’esame del merito del reclamo.

6.1. Ed invero, la decisione di primo grado si fonda su una non completa valutazione del quadro probatorio di natura indiziaria posto a fondamento dell’odierno deferimento, assegnando un’erronea prevalenza al dato formale rispetto a quello sostanziale.

6.2. L’illecito contestato, infatti, riguarda la ritenuta non corrispondenza fra la distinzione cartolare esistente fra le due società A.S.D. “SVS Roma” e A.S.D. “Academy SVS Roma”, presiedute rispettivamente dai Signori Aldo Maltese e Rita Bernardini, e la realtà sostanziale del fenomeno associativo riconducibile alle medesime società, il quale, secondo l’ipotesi accusatoria, smentirebbe l’apparente scissione giuridica fra loro esistente, evidenziando che anche la neo-costituita società Academy SVS rispondeva, nei fatti, al medesimo centro decisionale della SVS.

6.3. Ebbene, premesso che le due società risultano costituite in tempi diversi (la più antica è la SVS, mentre la Academy SVS è stata costituita a partire dalla stagione sportiva 2018/2019) e i presidenti e legali rappresentanti delle due società sono marito e moglie, il complesso degli elementi indiziari su cui si fonda l’ipotesi accusatoria, ed evincibili dagli atti, sono i seguenti:

a) le società hanno la medesima sede legale (Via Giulio Galli n. 84), che coincide con la casa coniugale dei rispettivi presidenti;

b) dalle audizioni dei tesserati della società Academy SVS è emerso che i calciatori non hanno mai conosciuto la Sig.ra Bernardini, né saputo del ruolo di “presidente” dalla stessa ricoperto nella società, ancorché abbiano correttamente individuato nel sig. Dinatale Francesco il proprio direttore sportivo;

c) il sig. Dinatale Francesco ha collaborato con il Sig. Aldo Maltese per l’organizzazione di alcuni tornei promossi da entrambe le società;

d) la Sig.ra Rita Bernardini ha formalmente ricoperto la carica di “segretario” della SVS, dimettendosi da tale carica il 25 luglio 2018, avendo assunto la carica di “presidente” della Academy SVS in data 16 luglio 2018;

e) alla data del 18 giugno 2019, nella pagina ufficiale pubblica dei “contatti” della SVS Roma figurava il nominativo della Sig.ra Bernardini;

f) alcuni calciatori della società Academy SVS hanno (erroneamente) riconosciuto il Sig. Aldo Maltese quale “proprio” presidente;

g) un dirigente della Academy SVS (il Sig. Piacentini Fabio) ha riferito: “questo signore che mi fate vedere in foto [ndr il Sig. Aldo Maltese] lo conosco come presidente della mia società A.S.D. Academy SVS Roma. Ai tesserati della nostra società […] si presenta come presidente […] Questa signora [ndr Rita Bernardini] che mi fate vedere in foto non l’ho mai vista in vita mia”;

h) il calciatore Alessandro Piacentini, tesserato della società SVS, ha dichiarato, con riferimento alla propria società: «Sì, è una società di calcio diversa dalla Academy SVS Roma anche se le due società sono gestite dallo stesso personale. E’ stata creata la ASD Academy SVS Roma per consentire di formare due squadre di calciatori che potessero partecipare a campionati di diverse categorie (under 14, under 15, under 17 e juniores). Specifico però che non sono sicuro che il personale sia effettivamente lo stesso come detto in precedenza ma l’ho detto solo perché ho visto la squadra dei 2003 della ASD SVS Roma che si allena in contemporanea con noi sullo stesso campo. Pertanto ho dedotto che almeno in quel frangente il personale lì presente in riferimento alle persone che curano gli aspetti pratici al campo sia lo stesso e non mi riferisco allo staff tecnico in quanto ogni squadra ne ha uno proprio.

6.4. A tali elementi deve aggiungersi, sulla base dell’analisi della composizione dello staff dirigenziale e tecnico relativo alle due società, desumibile dai fogli di censimento in atti, che lo staff tecnico della società Academy SVS e persino la figura del vicepresidente (Dinatale Francesco) erano stati dirigenti tecnici facenti parte della compagine societaria della SVS sino alla stagione 2017/2018.

6.5. Alla luce di tutti gli elementi appena evidenziati e fermo il principio per cui nei procedimenti di giustizia sportiva “il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio” (cfr. Collegio di Garanzia del CONI, SS.UU., decisione n. 93 del 2017 del 19.12.2017), deve ritenersi acclarato con sufficiente certezza che la neo-costituita società Academy SVS, malgrado formalmente distinta dalla SVS, sia stata costruita per “travaso” del personale tecnico e amministrativo proveniente dalla società più antica, nonché “in funzione” delle esigenze sportive di quest’ultima, risultando di fatto riconducibile al medesimo centro decisionale.

6.6. Tale situazione integra sicuramente un comportamento antisportivo che viola i fondamentali principi di lealtà e correttezza contestati, in quanto esso ha determinato una realtà di fatto diversa da quella apparentemente risultante dal dato cartolare, idonea, quantomeno in astratto, a determinare conflitti di interesse e ad alterare la correttezza e la trasparenza degli incontri sportivi dei campionati cui esse sono abilitate a partecipare.

6.7. A ciò va aggiunta la specifica violazione dell’art. 21, comma 3, delle NOIF, imputabile alla Sig.ra Bernardini, per il periodo di sovrapposizione della carica di Segretario della SVS e di Presidente della neo-costituita SVS Academy. Detta sovrapposizione, ancorché contenuta nel tempo, si pone infatti in contrasto con la previsione secondo cui: «I dirigenti delle società non possono essere tesserati quali calciatori o tecnici né assumere la qualifica di dirigente o di collaboratore in altra società associata nella stessa Lega o che svolga attività esclusivamente nel Settore Giovanile e Scolastico» (art. 21, comma 3, delle NOIF).

7. Ne discende che il reclamo deve essere accolto e, per l’effetto, va conseguentemente riformata la decisione impugnata.

7.1. Nondimeno, tenuto conto di tutte le circostanze del fatto, le richieste della Procura Federale non possono essere interamente accolte, reputandosi congruo irrogare: a) nei confronti del Sig. Aldo Maltese e della Sig.ra Rita Bernardini la sanzione dell’inibizione per mesi cinque ciascuno; b) a carico delle società A.S.D. SVS ROMA e A.S.D. ACADEMY SVS ROMA la sanzione dell’ammenda di € 500,00 ciascuna.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Procuratore Federale Interregionale, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga nei confronti del Sig. Aldo Maltese e della Sig.ra Rita Bernardini la sanzione dell’inibizione per mesi cinque ciascuno e a carico delle società A.S.D. SVS ROMA e A.S.D. ACADEMY SVS ROMA l’ammenda di € 500,00 ciascuna.

Dispone altresì la comunicazione alle parti tramite i loro difensori con posta elettronica certificata.

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