F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2020/2021 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 105/TFN del 19.02.2021 – (Ricorso dell’avv. Angelo Mario Esposito e del sig. Carmine D’Anzi nei confronti del Comitato Regionale Basilicata – LND, della Lega Nazionale Dilettanti – LND, della Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, nonché nei confronti del sig. Pietro Rinaldi + altri – Reg. Prot. 106/TFN-SD) Decisione n. 105/TFN-SD 2020/2021 Ricorso dell’avv. Angelo Mario Esposito e del sig. Carmine D’Anzi Reg. Prot. 106/TFN-SD

Decisione n. 105/TFN-SD 2020/2021

Ricorso dell’avv. Angelo Mario Esposito e del sig. Carmine D'Anzi

Reg. Prot. 106/TFN-SD

 

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, composto da

 

cons. Nicola Durante – Presidente;

cons. Angelo Fanizza – Componente (Relatore);

 avv. Paolo Clarizia – Componente;

 

ha pronunciato nella riunione fissata il giorno 19 febbraio 2021,

a seguito del Ricorso ex art. 30 CGS – CONI dell’avv. Angelo Mario Esposito e del sig. Carmine D'Anzi nei confronti del Comitato Regionale Basilicata - LND, della Lega Nazionale Dilettanti – LND, della Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC, nonché nei confronti dei sig.ri Pietro Rinaldi, Antonio Amatucci, Giuseppe Greco, Domenico Ilvento, Gianluca Tartaglia, Emilio Fittipaldi, Gianfranco Forese, Domenico Ciaglia, Michele Ragone, Giuseppe Rocco Palazzo, Pietro Daraio, Antonio Valente, Michele Lacerenza, Stefano Bitetti, Pasquale Di Giuseppeantonio, Francesco Iasi, Antonio Lallo, Giovanni Di Salvo, Leonardo D’Onofrio e Antonio De Bonis,

la seguente

DECISIONE

L’avv. Angelo Mario Esposito e il sig. Carmine D’Anzi hanno impugnato e chiesto l’annullamento delle operazioni elettorali svoltesi in occasione dell’assemblea del 7.1.2021 del Comitato Regionale della Lega Nazionale Dilettanti Basilicata, in esito alle quali è stato deliberato il rinnovo delle cariche elettive per il quadriennio 2021/2024, nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.

I ricorrenti hanno premesso, in particolare, di essersi candidati alla carica di presidente del CR Basilicata (avv. Esposito) e alla carica di responsabile regionale del calcio a cinque (sig. D’Anzi), avendo presentato le proprie candidature in data 2.1.2021, ultimo giorno utile, presso la sede del Comitato Regionale LND Basilicata; hanno soggiunto, tuttavia, di aver notato, proprio in occasione della presentazione delle candidature, che l’addetto al protocollo avrebbe intenzionalmente lasciato, nell’apposito registro, alcuni fogli in bianco nello spazio immediatamente precedente l’annotazione della candidatura dell’avv. Esposito, e che quest’ultimo, avendo inteso verificare tale circostanza, avrebbe appreso dalla viva voce del medesimo addetto che nessuna candidatura sarebbe pervenuta fino al 2.1.2021; il che proverebbe che, a parte le candidature presentate dagli odierni ricorrenti, non sarebbe stata presentata la candidatura di nessun altro competitore; un assunto, peraltro, che troverebbe conferma nella “testimonianza degli altri candidati della lista dell’Avv. Esposito che, dalle ore 9,00 alle ore 12,00, termine di scadenza delle designazioni, hanno presentato le candidature e del Sig. Rocco Quaratino, collaboratore amministrativo della lista Esposito” (cfr. pag. 5).

I ricorrenti hanno, però, lamentato che nel Comunicato Ufficiale n. 44 del 4.1.2021 sono state indicate e, di conseguenza, sono risultate valutabili da parte della Collegio di Garanzia Elettorale, le candidature presentate dal sig. Pietro Rinaldi per la carica di Presidente del CR  Basilicata e del sig. Rocco Giuseppe Palazzo per la carica di responsabile regionale del calcio a cinque; entrambi i ricorrenti, invece, sono risultati “non ammessi”.

A compendio di quanto dedotto i ricorrenti hanno, poi, contestato che, dopo aver chiesto ed ottenuto (in data 28.1.2021) l’accesso agli atti del protocollo, sarebbe emerso che la candidatura del presidente uscente Pietro Rinaldi (e dei soggetti poi risultati eletti) sarebbe stata presentata addirittura in data 31.12.2020, e che, per giunta, vi sarebbe stata un’integrazione documentale, da parte dello stesso Rinaldi e dell’altro candidato Palazzo, in data 2.1.2021, tutto ciò manifestamente confliggendo – a dire dei ricorrenti – con le circostanze concretamente verificatesi.

A confutazione della legittimità delle operazioni elettorali svoltesi nel corso dell’assemblea del 7.1.2021, i ricorrenti hanno sostenuto che il sig. D’Anzi – nella qualità di legale rappresentante p.t. della società sportiva dilettantistica ASD San Gerardo Potenza C5, e, dunque, titolare del diritto di elettorato attivo – sarebbe stato fisicamente presente presso la sede di tali operazioni (l’Hotel Santa Loja a Tito Scalo, provincia di Potenza), ma che, dopo essersi accreditato ed accomodato in sala, sarebbe stato “avvicinato da un soggetto, qualificatosi, con l’esibizione di un tesserino di riconoscimento, appartenente alla Polizia di Stato, il quale lo intimava di non fare fotografie e di consegnargli il telefono”; lo stesso D’Anzi, dopo essersi rifiutato di consegnare il suo telefono, sarebbe stato costretto a lasciare la sala; avrebbe, però, contattato telefonicamente il sig. Giuseppe Rocco Palazzo, candidato con la lista Rinaldi, “per sapere chi fosse la persona che lo aveva minacciato”, apprendendo poi che si trattasse di un “agente P.S. in pensione” (cfr. pag. 6).

Sulla scorta di tali accadimenti, al sig. D’Anzi sarebbe stato, “di fatto, impedito, in maniera dolosa con violenza verbale ed intimidatoria, di poter partecipare all’assemblea, di discutere gli argomenti all’ordine del giorno e di poter esercitare il proprio diritto di voto, nonché il proprio dissenso nella predetta assemblea” (cfr., ancora, pag. 6).

Sempre sul piano della dedotta illegittimità, i ricorrenti hanno evidenziato che le elezioni si sarebbero svolte “per alzata di mano”, e, dunque, in (asserita) violazione dell’art. 10 del C.U. della FIGC n. 130/A del 4.12.2020; circostanza, quest’ultima, provata “dalle documentazioni fotografiche allegate e da quelle presenti sullo stesso sito istituzionale del CR-LND Basilicata” (cfr., ancora, pag. 6).

I ricorrenti hanno precisato di aver presentato un esposto/denuncia alla Procura Federale in data 22.1.2021.

Tanto premesso, dopo aver richiamato la competenza della sezione disciplinare di questo Tribunale a pronunciarsi ai sensi dell’art. 30 del Codice della Giustizia Sportiva CONI, i ricorrenti si sono soffermati sui profili di rispettiva legittimazione attiva – indotta, nella specie, dall’interesse diretto ad un corretto, legittimo e regolare svolgimento della competizione elettorale – alla proposizione del presente ricorso. A fondamento del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi:

1°) violazione dell’art. 10 del Comunicato ufficiale FIGC n. 130/A del 4.12.2020; dell’art. 22 dello Statuto FIGC; dell’art. 8 del regolamento elettorale FIGC.

I ricorrenti hanno, anzitutto, sostenuto che la modalità ordinaria di votazione sarebbe quella per scrutinio segreto, “mentre quella alternativa è prevista nel caso in cui sia richiesta da un candidato ed accettata dagli altri (“o con voto

palese per alzata di mano se richiesto da un candidato e accettato da tutti gli altri candidati”)”, implicherebbe “necessariamente la presenza di più candidati” (cfr. pag. 13).

Tale interpretazione, inoltre, mirerebbe a garantire le società sportive, nel senso che, ove si fosse proceduto con la

(ritenuta prevalente) modalità ordinaria, queste “avrebbero votato in segreto - la libertà del voto principio posto alla base della segretezza dello stesso – al sicuro da “pressioni esterne” e, soprattutto, senza subire alcuna ritorsione per il voto espresso” (cfr. pag. 14).

Non ultimo, la prospettata modalità di voto segreto è stata argomentata sulla “necessità di verificare che il Presidente uscente (al 4° mandato consecutivo), avesse ottenuto la percentuale minima del 55% delle società votanti per poter essere legittimamente rieletto” (cfr. pag. 15); il voto palese, di contro, non avrebbe consentito di controllare l’esatta percentuale dei votanti.

2°) Violazione dell’art. 6 del Comunicato ufficiale FIGC n. 130/A del 4.12.2020; degli artt. 1, 2, 3, 48, 51, 111, 113 della

Costituzione.

Con tale censura, richiamando gli accadimenti illustrati nella parte in fatto del ricorso, si è contestato che al sig. D’Anzi “è stato, di fatto, impedito, in maniera dolosa con violenza verbale ed intimidatoria, di poter esercitare il diritto di voto, nonché il proprio dissenso nella predetta assemblea”, non avendo, quest’ultimo, avuto “la possibilità di partecipare ai lavori dell’assemblea ed in particolar modo all’esame e discussione della Relazione del Consiglio Direttivo e della

gestione contabile del Comitato relative al periodo 2018-2019 e 2019-2020” (cfr. pag. 18). L’assemblea, inoltre, si sarebbe svolta in violazione delle normative sulla tutela dalla pandemia.

3°) Violazione dei principi del giusto procedimento, di trasparenza, correttezza e buona fede.

Sempre richiamando le circostanze materiali occorse in occasione della presentazione delle candidature, i ricorrenti hanno dedotto che sarebbe provato che alla data del 2.1.2021 non fosse pervenuta nessun’altra candidatura, né, tantomeno, che fossero state eseguite integrazioni documentali “attesa l’assenza di qualsivoglia altra persona al di fuori dei candidati della lista del Presidente avv. Esposito” (cfr. pag. 20).

4°) Sotto altro profilo, violazione dei principi del giusto procedimento, di trasparenza, correttezza e buona fede.

I ricorrenti hanno, infine, stigmatizzato il mancato riscontro del Comitato regionale Basilicata all’istanza presentata via pec in data 8.1.2021 per ottenere copia della deliberazione assunta nell’assemblea del 7.1.2021; e che “solo a distanza di 17 gg. dalle elezioni svoltesi il 07.01.2021, è stato pubblicato il comunicato ufficiale n. 46 con l’elenco degli ammessi a seguito delle predette operazioni di voto, senza indicare il tipo di scrutinio, i voti riportati, gli eventuali astenuti, i dissenzienti, la percentuale raggiunta dal candidato eletto presidente” (cfr. pag. 22).

I ricorrenti hanno, poi, chiesto in via istruttoria l’ammissione di prova per testi del sig. Rocco Giuseppe Palazzo, del sig. Rocco Picciano, del sig. Angelo Quaratino e dell’avv. Luca Lorenzo su alcune circostanze specificamente indicate, oltre l’acquisizione documentale riguardante “l’esito delle indagini della Procura Federale a seguito dell’esposto presentato dai ricorrenti in data 28.12.2020 e 22.01.2021, nonché, a seguito della trasmissione degli atti alla Procura Federale da parte della Corte Federale d’Appello con sentenza del 14.01.2021 nn. 88/89” e l’acquisizione del file audio relativo alla telefonata intercorsa tra il sig. Carmine D’Anzi e il sig. Rocco Giuseppe Palazzo “previa verifica della sua integrità tramite nomina di un consulente tecnico”.

Nessuno si è costituito per la FIGC e per i controinteressati.

Le parti sono state convocate per l’udienza del 19 febbraio 2021,  in occasione della quale l’avv. Esposito ha, preliminarmente, chiesto la sospensione del giudizio ai sensi del combinato disposto tra gli artt. 2, comma 5 del Codice della Giustizia Sportiva CONI e 295 del codice di procedura civile, per il resto riportandosi alle richieste istruttorie e alle conclusioni rassegnate nel ricorso; in esito alla discussione il Tribunale si è riservato per la decisione.

DECISIONE

Preliminarmente, va respinta la domanda di sospensione del giudizio proposta dalla difesa dei ricorrenti.

Ai sensi dell’art. 2, comma 5 del Codice della Giustizia Sportiva CONI “gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile”, sebbene “nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.

L’art. 295 del codice di procedura civile prevede che “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”. Nondimeno, è pacifico che relativamente alle vicende che riguardano le elezioni delle cariche del Comitato regionale Basilicata non pende alcuna controversia e meno che mai, dunque, una controversia la cui soluzione sia pregiudiziale alla decisione del presente giudizio, essendosi, invero, prospettata, quale unica e recente sopravvenienza, che in data 11.2.2021 l’avv. Esposito è stato audito, in qualità di persona informata dei fatti, nell’ambito del procedimento n. 478 pf 20-21 e 510 pf. 20-21, dagli organi della Procura Federale.

Tanto premesso, l’art. 111, comma 7 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC stabilisce che “in nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria”.

Di conseguenza, ad avviso del Collegio non sussistono dubbi sull’imprescindibile instaurazione – e, di riflesso, sulla pendenza nei qualificati termini regolati dalla predetta norma federale – di una controversia che possa costituire il prodromo della sospensione: un presupposto che, però, nella specie non è ravvisabile.

In seconda battuta, occorre considerare che proprio il principio di “informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”, evocato dal legislatore nella disposizione di cui all’art. 2, comma 5 del Codice della Giustizia Sportiva CONI quale canone di compatibilità tra tale, speciale, rito ed il processo civile, trova naturale compendio nella disciplina che regola il termine per la pronuncia della decisione.

Sotto tale aspetto, l’art. 38 Codice della Giustizia Sportiva CONI (norma rubricata “termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”) prevede, al comma 5, che il termine per la pronuncia di primo grado “è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare” (comma 1), soggiungendosi che il “corso dei termini” – non già, a ben vedere, il corso del processo – possa essere sospeso “a) se per lo stesso fatto è stata esercitata l'azione penale, ovvero l’incolpato è stato arrestato o fermato o si trova in stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna, fermo che l'azione disciplinare è promossa e proseguita indipendentemente dall'azione penale relativa al medesimo fatto; b) se si procede ad accertamenti che richiedono

indispensabilmente la collaborazione dell’incolpato, e per tutto il tempo necessario; c) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore; d) in caso di gravi impedimenti soggettivi dei componenti del collegio giudicante, per il tempo strettamente necessario alla sostituzione”.

È agevole rilevare, alla luce delle disposizioni richiamate, che la posizione dell’avv. Esposito, che nell’ambito dell’indagine  della  Procura  Federale  ha  assunto  la  qualità  di  persona  informata  dei  fatti,  non  possa  invocare l’applicazione di nessuna delle ipotesi propedeutiche alla sospensione dei termini processuali.

Sempre in via preliminare, sussiste la competenza di questo Tribunale ai sensi dell’art. 30 del Codice della Giustizia Sportiva CONI, secondo cui “per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale” (comma 1).

Sussiste, altresì, la legittimazione a ricorrere:

a) dell’avv. Angelo Mario Esposito, il quale ha effettivamente presentato, in data 2.1.2021, la propria candidatura a presidente del Comitato regionale della LND Basilicata, ancorché successivamente non ammessa; ora, poiché ai sensi dell’art. 9 delle “norme procedurali per le assemblee della L.N.D.” (allegato A al C.U. n. 130/A del 4.12.2020), “chiunque intende ricoprire cariche elettive, ad eccezione di quella di Consigliere federale, deve presentare la propria candidatura con le modalità di cui ai capi che seguono”, deve concludersi che all’ampiezza della legittimazione soggettiva a candidarsi (cui va correlato il riconoscimento del diritto di elettorato passivo) debba necessariamente corrispondere una pari ampiezza della legittimazione a contestare la legittimità procedurale delle operazioni elettorali; il tutto, quindi, indipendentemente dalla circostanza – anche questa pacifica – che il predetto ricorrente non ha impugnato (ciò denotando sostanziale acquiescenza) il provvedimento di non ammissione della propria candidatura;

b) del sig. Carmine D’Anzi, che, in qualità di legale rappresentante p.t. della società sportiva dilettantistica ASD San Gerardo Potenza C5, è titolare del diritto di elettorato attivo ai sensi dell’art. 6 dell’Allegato A al C.U. n. 130/A del 4.12.2020, e, pertanto, risulta legittimato a censurare la legittimità delle operazioni elettorali oggetto del contendere,

senza che rilevi, neppure in questo caso, l’omessa impugnazione del provvedimento di non ammissione della propria candidatura a responsabile regionale del Calcio a cinque del CR Basilicata.

Tanto premesso, va precisato che il ricorso è sostanziato dall’interesse strumentale ad ottenere all’annullamento delle operazioni elettorali oggetto dell’assemblea del 7.1.2021 e delle conseguenti deliberazioni, ossia la nomina dei componenti del Comitato regionale della Lega Nazionale Dilettanti per il quadriennio 2021-2024.

Nel merito il ricorso è, però, infondato e, pertanto, va respinto.

Non coglie nel segno il primo motivo, riguardante le modalità di voto.

L’art. 10 dell’Allegato A al C.U. n. 130/A del 4.12.2020 prevede che “tutte le votazioni avvengono per scrutinio segreto o con voto palese per alzata di mano, se richiesto da un candidato e accettato da tutti gli altri candidati”.

Occorre rilevare, in prima battuta, che tale disposizione prefigura, mediante l’utilizzo della congiunzione disgiuntiva “o”, la (mera) alternatività dell’opzione e non, invece, la subalternità del voto palese al voto segreto.

Ciò precisato, gli assunti dei ricorrenti fanno leva su una doppia ed infondata presupposizione:

1) che la manifestazione del voto in forma “palese” rappresenterebbe una limitazione della libertà di determinazione dei votanti; all’opposto, come ha statuito la giurisprudenza amministrativa, il “canone generale di segretezza delle votazioni concernenti persone o qualità personali” costituisce “un principio generale (posto a garanzia della indipendenza e della libertà di coscienza dei componenti i collegi amministrativi) il quale, nelle sole ipotesi in cui l’oggetto della deliberazione investa persone, prevale sulla regola del voto palese, ispirata al diverso principio della trasparenza amministrativa” (cfr. Consiglio di Stato, 31 gennaio 2006, n. 339), da ciò dovendosi inferire che proprio a tutela e garanzia della trasparenza procedurale delle operazioni elettorali è stata prevista dalla predetta disciplina speciale – e nella specie effettivamente applicata – l’opzione del voto palese per alzata di mano, idonea, peraltro, a favorire forme di assunzione di responsabilità da parte dei soggetti che attivamente partecipano alla vita democratica delle Istituzioni;

2) che l’attuazione della modalità del voto in forma “palese” presupporrebbe l’accettazione, e a monte la partecipazione alla competizione elettorale, di almeno due candidati (in forza del riferimento ad “altri candidati”); un rilievo che, tuttavia, non trova radicamento in alcuna disposizione del regolamento elettorale (nel senso che non è esclusa la legittimità di un’unica candidatura ammessa ai sensi del predetto art. 9), a tal fine dovendosi interpretare l’art. 10 alla luce del criterio delineato dall’art. 12 delle preleggi, secondo cui “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore”.

Parimenti infondati sono, poi, il secondo e terzo motivo di ricorso, esaminabili in maniera congiunta per affinità tematica.

Nella prospettazione dei ricorrenti, gli accadimenti riferiti alle operazioni preliminari (candidature) e deliberative (votazione) hanno prefigurato non semplici “circostanze”, bensì veri e propri reati (latamente riconducibili al falso che sarebbe stato commesso nel corso dell’attività di protocollazione ed alla presunta  violenza  privata  che sarebbe stata posta in essere nei confronti del ricorrente D’Anzi da part e di un soggetto presente all’assemblea del 7.1.2021), effettivamente confluite in un esposto/denuncia presentato alla Procura Federale.

Va, però, evidenziato che – allo stato della decisione – nessuna di tali prospettazioni pare aver costituito oggetto di accertamento, e ciò tanto in sede disciplinare (come indirettamente conferma la  proposizione  del  quarto motivo), quanto soprattutto, viste le condotte denunciate, in sede penale: ambito, quest’ultimo, in merito al quale non è stata allegata dai ricorrenti la prova della proposizione di atti o denunce alle competenti Autorità.

Ora, la disciplina dei rapporti tra il procedimento penale e quello disciplinare è dettata dall’art. 111 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, in cui si prevede che “davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell ’affermazione che l’imputato lo ha commesso” (comma 1) e che “la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all’accertamento che  il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto ” (comma 3).

Sotto altro profilo, la giurisprudenza ha pure chiaramente enucleato i principi che regolano la prova indiziaria, sottolineando “che il procedimento indiziario deve muovere da premesse certe, nel senso che devono corrispondere a circostanze fattuali non dubbie e, quindi, non consistere in mere ipotesi o congetture ov vero in giudizi di verosimiglianza (Sez. 4, n. 2967 del 25/01/1993; Sez. 2,  n.  43923  del  28/10/2009) ” (cfr.  Corte  di Cassazione, 17 giugno 2019, n. 26604).

Deve, allora, rimarcarsi che la concreta rilevanza delle condotte riferite dai ricorrenti – sarebbe a dire l’idoneità di tali condotte a pregiudicare la legittimità del procedimento elettorale di rinnovo delle cariche del  Comitato regionale Basilicata – è da connettere alle risultanze di un apprezzamento e di una cognizione che appartiene ad Autorità che, come si è detto, non risultano essersi espresse, neppure con atti di carattere preliminare.

Né potendo, una così radicale carenza, essere colmata dal Collegio mediante l’assunzione di testimonianze – quelle chieste in via istruttoria – che, in ogni caso, non potrebbero condurre all’ottenimento di elementi in grado di incidere, per gravità e definitività dell’accertamento, sulla volontà espressa dal corpo elettorale (le  società sportive) nell’assemblea del 7.1.2021, il quale non ha fatto altro che votare, per le cariche di presidente del CR Basilicata e del responsabile regionale del calcio a cinque, gli unici candidati ammessi.

I ricorrenti hanno, perciò, chiesto di accertare in via sommaria dei fatti costituenti reato, ma reputando erroneamente che tale accertamento comporti automaticamente l’annullamento delle elezioni e non, invece, la responsabilità dei presunti autori di tali presunti fatti. Ragione per cui l’istanza istruttoria dev’essere respinta.

Da ultimo, va dichiarato inammissibile il quarto motivo, con cui i ricorrenti hanno censurato un’inerzia amministrativa che, da sola, non è certamente in grado di deporre per l’illegittimità del procedimento elettorale oggetto del contendere.

In conclusione, va respinta la domanda di sospensione del processo; il ricorso va ritenuto maturo per la decisione ai sensi dell'art. 50, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva e va respinto.

Ai sensi dell’art. 48, comma 5 Codice di Giustizia Sportiva va disposto l’incameramento ai ricorrenti del contributo per l’accesso alla Giustizia Sportiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare,

all’esito della Camera di consiglio, respinge la domanda di sospensione del processo e rigetta il ricorso. Dispone incamerarsi il contributo per l’accesso alla Giustizia Sportiva.

Così deciso nella Camera di consiglio del 19 febbraio 2021 tenuta in modalità videoconferenza, come da Decreto del

Presidente del Tribunale Federale Nazionale n. 10 del 18 maggio 2020.

 

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