F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2020/2021 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 52/TFN del 04.12.2020 – (Ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC delle società UC Albinoleffe Srl + altre – Reg. Prot. nn. 35>51/TFN-SD) Decisione n. 52/TFN-SD 2020/2021 Ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC delle società: UC Albinoleffe Srl, US Alessandria Calcio 1912 Srl, Carrarese Calcio 1908 Srl, AS Giana Erminio Srl US Grosseto 1912 Srl, Calcio Lecco 1912 Srl, Lucchese 1905 Srl, Aurora Pro Patria 1919 Srl, Pro Sesto 1913 Srl Novara Calcio Spa, FC Pro Vercelli 1892 Srl, AC Renate Srl, Olbia Calcio 1905 Srl, Piacenza Calcio 1919 Srl US Pistoiese 1921 Srl, US Pergolettese 1932 Srl e US Città Di Pontedera Srl Reg. Prot. 35-36-37-38-39-40-41-42-43-44-45-46-47-48-49-

 

Decisione n. 52/TFN-SD 2020/2021

Ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC delle società:

UC Albinoleffe Srl, US Alessandria Calcio 1912 Srl, Carrarese Calcio 1908 Srl, AS Giana Erminio Srl US Grosseto 1912 Srl, Calcio Lecco 1912 Srl, Lucchese 1905 Srl, Aurora Pro Patria 1919 Srl, Pro Sesto 1913 Srl Novara Calcio Spa, FC Pro Vercelli 1892 Srl, AC Renate Srl, Olbia Calcio 1905 Srl, Piacenza Calcio 1919 Srl US Pistoiese 1921 Srl, US Pergolettese 1932 Srl e US Città Di Pontedera Srl Reg. Prot. 35-36-37-38-39-40-41-42-43-44-45-46-47-48-49-50-51/TFN-SD

 

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, composto da

 

dott. Cesare Mastrocola – Presidente;

cons. Angelo Fanizza – Componente (Relatore);

cons. Pierpaolo Grasso – Componente;

avv. Francesca Mite – Componente;

avv. Valentina Ramella – Componente;

dott. Paolo Fabricatore – Rappresentante AIA;

 

ha pronunciato nella riunione fissata il giorno 1° dicembre 2020,

a seguito dei Ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC delle società UC Albinoleffe Srl, US Alessandria Calcio 1912 Srl, Carrarese Calcio 1908 Srl, AS Giana Erminio Srl, US Grosseto 1912 Srl, Calcio Lecco 1912 Srl, Lucchese 1905 Srl, Aurora Pro Patria 1919 Srl, Pro Sesto 1913 Srl, Novara Calcio Spa, FC Pro Vercelli 1892 Srl, AC Renate Srl, Olbia Calcio 1905 Srl, Piacenza Calcio 1919 Srl,US Pistoiese 1921 Srl, US Pergolettese 1932 Srl e US Città Di Pontedera Srl aventi ad oggetto la richiesta di annullamento e/o di riforma della delibera dell’Assemblea della Lega Italiana Calcio Professionistico del 2 ottobre 2020, pubblicata sul C. U. n. 51/L di pari data,

la seguente

DECISIONE

FATTO

Le società ricorrenti, come in epigrafe indicate, hanno adìto questo Tribunale per ottenere l’annullamento e/o la riforma della delibera dell'Assemblea della Lega Italiana Calcio Professionistico del 2 Ottobre 2020, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 51/L di pari data, con la quale è stata approvata la modifica al “Regolamento Minutaggio Giovani Stagione Sportiva 2020/2021”, adottato con C.U. Lega Pro n. 329/L del 24 Luglio 2020, e ciò nella parte del punto 4.2, ove si è sostituita l’espressione “indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite” con l’espressione “previa suddivisione in ugual misura tra i tre gironi”, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, annesso, connesso, collegato.

Le ricorrenti – società affiliate alla Federazione Italiana Giuoco Calcio ed iscritte, per la stagione sportiva 2020 - 2021,  alla  Lega  Italiana  Calcio  Professionistico,  ove  militano  nella  Lega  Pro,  Girone  A  –  hanno  riassunto, sommariamente, la disciplina relativa agli introiti in favore delle società di calcio e, in particolare, i proventi connessi all’attività di biglietteria, merchandising e, soprattutto, ai ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi.

Si sono,  altresì, soffermate sulla previsione degli obiettivi della legge 19  luglio 2007, n.  106, con  particolare riferimento alla “destinazione di una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione in firma centralizzata dei diritti di cui al colma I a fini di mutualità generale del sistema” (art. 1, comma 2, lett. h), nonché alla previsione sulla “ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti (…), prioritariamente attraverso regole che possono essere determinate dal soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, in modo da garantire l'attribuzione, in parti uguali, a tutte le società partecipanti a ciascuna competizione di una quota prevalente di tali risorse ” (art. 1, comma 3, lett. i). Obiettivi che sarebbero confluiti nel decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, recante la “Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse ”.

Hanno, inoltre, sottolineato che “la mutualità è stata sin dal primo momento informata al principio della premialità dei club che adottino politiche di promozione dell'impiego di giovani calciatori”.

Hanno, poi, soggiunto che con la legge 22 ottobre 2016 n. 193 è stata prevista, per la mutualità generale, una quota del 10% delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti sportivi, e ciò “esclusivamente per lo sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e per l'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili, per il sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e per lo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della Federazione italiana giuoco calcio” (art. 22).

Hanno, però, evidenziato che a far data dal 2012 le modalità di distribuzione della quota di fondi derivanti mutualità generale riservata alla Lega Pro sarebbero state rimesse ad un regolamento sul minutaggio, “basato sui minuti disputati dai propri giovani calciatori nel corso della regolar season del campionato”; con riferimento alla stagione sportiva 2020- 2021 la Lega Pro ha approvato tale regolamento, pubblicato con C.U. n. 329/L del 24 luglio 2020.

Nella versione primigenia di tale regolamento si era disposto, all’art. 4.2, che “gli importi che verranno destinati all'impiego  dei  giovani  calciatori,  tesserati  con  status  04  e  09,  saranno  distribuiti  tra  tutte  le  società  sportive, indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite”, secondo un predefinito criterio.

È, tuttavia, accaduto che tale regolamento è stato modificato in esito alla riunione dell'Assemblea ordinaria fissata per il 2 ottobre 2020, il cui ordine del giorno sarebbe stato integrato – rispetto alla convocazione del 25 settembre 2020 – in data 30 settembre 2020 mediante C.U. n. 44/L, e ciò, appunto, con riferimento alla proposta di modifica del regolamento sul minutaggio, infine approvata nella formulazione oggetto di contestazione.

A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

1°) competenza del Tribunale Federale Nazionale, sezione disciplinare; legittimazione ed interesse ad agire. Preliminarmente, le ricorrenti hanno evidenziato di essere, per un verso, legittimate ad agire ai sensi dell’art. 49 del CGS della FIGC (“Sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo”) e, per  altro  verso,  di  essere  titolari  di  un  interesse  qualificato  e  differenziato  per  la  tutela  dei  diritti  riconosciuti dall’ordinamento sportivo, specificato nella circostanza di impiegare “nelle gare della regular season di Serie C, svariati calciatori giovani rispondenti ai requisiti di cui al relativo regolamento” e rimarcando di essere direttamente lese dall’impugnata modifica.

Tali deduzioni sono state proposte sullo sfondo della competenza del Tribunale Federale Nazionale, dalle ricorrenti affermata ex adverso con richiamo all’art. 30, comma 1 del CGS del CONI (“Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell'ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale”) ed al successivo art. 31 (“Le deliberazioni dell'Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del Coni e ai principi fondamentali del Coni, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di organi della Federazione, del Procuratore federale, e di tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta nell'ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni”).

2°) Illegittimità della deliberazione impugnata per violazione dell’art. 13, comma 4 dello Statuto Lega Pro.

Con tale motivo le ricorrenti hanno stigmatizzato la violazione della disciplina statutaria in tema di “convocazione dell’Assemblea”, secondo cui “i nuovi argomenti (…) posti all’ordine del giorno sono resi noti alle società, almeno tre giorni prima della data dell’Assemblea con le stesse modalità previste per la convocazione”.

In particolare, si è lamentato che il predetto termine sarebbe stato violato in quanto tra la convocazione del 30 settembre 2020 e l’assemblea del 2 ottobre 2020 non vi sarebbero tre giorni: termine da computare senza tenere conto del giorno iniziale, ma solo di quello finale.

3°) Violazione e falsa applicazione dei principi di mutualità previsti dall’art. 22, comma 1 del d.lgs. n. 9/2008, come emendato dal D.L. n. 193/2016, convertito nella legge n. 225/2016.

Le ricorrenti hanno, poi, dedotto che, sulla scorta della pregressa formulazione del punto 4.2 del regolamento sul minutaggio, “tutti i club (…) erano collocati su un piano di assoluta uguaglianza ed equanimità, ricevendo, ciascuno di essi, gli importi maturati a seguito dell'impiego dei giovani calciatori (nati dal 1998 in poi), in rapporto al numero di minuti disputati, minuti il cui valore (…) era identico per ogni Sodalizio, a prescindere dal Girone di appartenenza (A, B o C)”; e, peraltro, anche i diversi meccanismi di bilanciamento a vario titolo fissati, attraverso l’introduzione di aumenti e decrementi percentuali correlati alle performance della squadra ed alla provenienza (o meno) del calciatore dal settore giovanile del club, nonché a calcoli di ponderazione in base all'età del giocatore, non avrebbero mai sovvertito la parità di trattamento delle società interessate.

All’opposto, nella formulazione derivata dalla modifica oggetto di censura – basata sulla preventiva suddivisione delle somme disponibili fra i tre gironi – non sarebbe più possibile “garantire requisiti e condizioni preventivamente stabiliti e conosciuti dai soggetti coinvolti” e, in tal modo, consentire agli stessi di programmare l’attività da espletare e di individuare con debito anticipo le coperture economiche su cui contare; in sostanza, si sarebbe rimessa la ripartizione a “circostanze e situazioni assolutamente casuali ed aleatorie, quale, appunto, la collocazione di una società in un girone anziché in un altro”.

A ciò le ricorrenti hanno aggiunto le considerazioni contenute in un parere legale acquisito dal presidente della Lega Pro anteriormente allo svolgimento dell'Assemblea del 2 ottobre 2020, nel quale si sarebbe rilevato un trattamento difforme di situazioni identiche, tutto ciò deponendo per l’illogicità della modifica regolamentare che è stata approvata. 4°) Violazione e falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lett. b) delle NOIF.

Le ricorrenti hanno, infine, dedotto che la formulazione impugnata determinerebbe una violazione del “carattere di unicità ed inscindibilità del campionato di serie C nonché dell'equilibrio competitivo dello stesso”; anche in questo caso è stato richiamato il predetto parere legale, ove si è adombrato il dubbio che la previa suddivisione fra gironi delle risorse sul minutaggio evidenzierebbe “enormi riserve e censure”, suscettibili di essere annullate in sede giurisdizionale. Si sono costituite in giudizio la Lega Pro quale parte resistente e, in qualità di controinteressate, le società SS Arezzo Srl, Carpi FC 1909 Srl, Cesena FC Srl, Alma Juventus Fano 1906 Srl, Feralpisalò Srl, Fermana FC Srl, AS Gubbio 1910 Srl, Imolese Calcio 1919 Srl, FC Legnago Salus Srl, Mantova 1911 Srl, SS Matelica 1921 Srl, Modena FC 2018 Srl,  Calcio  Padova  Spa,  AC  Perugia  Calcio  Srl,  Ravenna  Football  Club  1913  Spa,  SS  Sambenedettese  Srl, Fussballclub Sudtirol Srl, US Triestina Calcio 1918 Srl, Virtusvecomp Verona Srl, Vis Pesaro Dal 1898 Srl, AS Bisceglie Srl, Casertana FC Srl, US Catanzaro 1929 Srl, Calcio Foggia 1920 Srl, SS Monopoli 1966 Srl, Paganese Calcio 1926 Srl, Palermo Football Club Spa, Potenza Calcio Srl, SS Teramo Calcio Srl, SS Turris Calcio Srl, US Vibonese Calcio Srl, Virtus Francavilla Calcio Srl, AS Viterbese Castrense Srl, Ternana Calcio Spa e Cavese 1919 Srl.

Alcune delle società controinteressate hanno eccepito l’inammissibilità in rito e, comunque, tutte hanno opposto, nel merito, l’infondatezza del ricorso; di converso, alcune delle ricorrenti hanno eccepito profili di inammissibilità della costituzione delle stesse controinteressate.

Le ricorrenti hanno, infine, replicato con propria memoria alle eccezioni sollevate, riportandosi alle conclusioni rassegnate negli atti introduttivi dei giudizi.

Le parti sono state convocate per l’udienza dell’1 dicembre 2020; in esito alla discussione il Tribunale si è riservato per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio ritiene sussistenti i presupposti per disporre, per motivi di connessione oggettiva e soggettiva, oltre che per ragioni di economia processuale, la riunione dei giudizi.

Sempre in via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi per difetto di legittimazione a ricorrere, motivatamente opposta sia dalla società Ternana Calcio Spa (ad avviso della quale difetterebbe il presupposto per l’impugnazione in quanto “né alla data di radicazione dei ricorsi né tantomeno alla data di discussione degli stessi le ricorrenti possono lamentare una presunta illegittima decurtazione di risorse in proprio danno ed a vantaggio di altri per il semplice fatto che la maggioranza delle gare che danno diritto alla ripartizione delle risorse della mutualità non sono state giocate e le relative quote non sono calcolabili”), sia dalla società Cavese 1919 Srl con riferimento al fatto che nel corso dell’Assemblea del 2 ottobre 2020 non sarebbero state adeguatamente e chiaramente manifestate le ragioni di contrarietà alla modifica regolamentare oggetto del contendere.

A tali rilievi preliminari le ricorrenti hanno replicato di aver espresso in maniera “categorica e circostanziata la propria contrarietà alla proposta di variazione in delibazione”, comprovata in sede di votazione.

Ciò precisato, in accoglimento dell’eccezione preliminare il Collegio è dell’avviso che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere, nei sensi di seguito precisati.

Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 17, comma 2 dello Statuto della Lega Pro “contro la validità delle Assemblee della Lega Pro e delle deliberazioni da questa adottate, può essere proposto ricorso ai sensi dell’art. 43-bis del Codice di Giustizia Sportiva”.

Trattandosi, tuttavia, del codice previgente, tale disposizione, rubricata “procedimento per l’impugnazione delle delibere federali”, risulta essere stata abrogata dall’art. 141 del CGS della FIGC (“il presente Codice sostituisce il Codice di giustizia sportiva della FIGC di cui al Decreto del Commissario ad acta del 30 luglio 2014, approvato con deliberazione del Presidente del CONI n. 112/52 del 31 luglio 2014 e successive modificazioni”).

Tale disciplina, tuttavia, è confluita nel vigente Codice e, in particolare, nell’art. 86, rubricato “ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale”, in cui si prevede, al comma 1, che “gli organi della Federazione, della Procura federale e i tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento federale che abbiano subìto un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni, possono proporre ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali”.

Si tratta, pertanto, di verificare se il presupposto di legittimazione attiva, delineato dalla novellata disposizione, sia, o meno, riconoscibile alle società ricorrenti.

Il Collegio ritiene che a tale interrogativo debba darsi risposta negativa, e ciò alla luce delle evidenze emerse nel corso dell’Assemblea del 2 ottobre 2020.

In particolare, soltanto alcune delle ricorrenti (tra le quali l’US Pergolettese 1932 Srl, la Lucchese 1905 Srl e la FC Pro Vercelli 1892 Srl) hanno osservato che la c.d. “Legge Melandri”, ossia il d.lgs. n. 9/2008, avrebbe istituito una modalità di distribuzione delle risorse finanziarie basato su un criterio di premialità per le società che fanno giocare i calciatori giovani, e che, invece, la suddivisione degli emolumenti, oggetto della modifica regolamentare, finirebbe per azzerare l’unicità della Lega Pro e ostacolare, appunto, la valorizzazione dei predetti atleti.

Argomentazioni che sono state, nella sostanza, ribadite anche in sede di replica alle eccezioni preliminari.

Ad avviso del Collegio, tuttavia, tali argomentazioni, per genericità e insufficienza, non rispettano il preciso perimetro di ammissibilità dell’impugnazione.

L’art.  86,  comma  1  CGS,  infatti,  richiede  ai  fini  della  configurazione  del  presupposto  processuale  che  fonda  la legittimazione a ricorrere che le deliberazioni dell’Assemblea risultino “contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali”.

Il che equivale ad affermare che l’ammissibilità del ricorso è esclusivamente subordinata all’accertamento (dunque, a monte, alla deduzione da far valere in Assemblea, prima che in giudizio) di puntuali violazioni di legge, di statuto o di altre norme federali.

Di conseguenza, le mere rimostranze circa una presunta disparità di trattamento, manifestate in modo ellittico (e nel merito infondato, come si dirà appresso), vale a dire con accenti di sostanziale critica politica, come anche – non secondariamente – l’aver votato contro la proposta successivamente approvata, non sono prodromi sufficienti a sostanziare il connotato minimo richiesto dalla disposizione legittimante l’impugnazione.

Diversamente opinando, ove cioè si ancorasse la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari alla manifestazione di un vago dissenso nel corso delle relative riunioni, o alla contrarietà trasfusa nel conclusivo voto contrario, si finirebbe per attribuire alle società iscritte alla Lega Pro un’impropria – ed amministrativamente inopportuna - facoltà di contestare in giudizio qualsiasi determinazione per il sol fatto di aver espresso il proprio disaccordo.

In più diretti termini, ammettere che le società iscritte alla Lega Pro possano impugnare le deliberazioni dell’Assemblea per il sol fatto di essersi dichiarate in disaccordo significherebbe trasporre e procrastinare nelle sedi della giustizia sportiva le vicende relative ad ogni votazione in esito alla quale tali società si siano trovate in minoranza, così finendo per gravare gli stessi organi giurisdizionali di decisioni che, invece, nell’ambito di una naturale dialettica democratica, competono all’organo collegiale (fatto salvo, come si è detto innanzi, il caso di violazioni di legge, statuto e altre norme federali, che fondano il riconoscimento della prerogativa regolata dall’art. 86 CGS).

Da questo punto di vista la posizione delle ricorrenti evidenzia palesi elementi di debolezza: nel verbale allegato in atti non è stata dedotta alcuna violazione, né, tantomeno, vi è traccia di una chiara e non equivoca volontà di riservarsi l’impugnazione della deliberazione assunta dall’Assemblea del 2 ottobre 2020, ciò deponendo per la mancanza delle condizioni dell’azione in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui il dissenso dell’impugnante rispetto alla deliberazione deve essere provato ed incombe sullo stesso l’onere della relativa prova (cfr. Corte di Cassazione, 5 settembre 1969, n. 3060; Id., 16 aprile 1973, n. 1079: pronunce richiamate da Id., 9 maggio 2017, n. 11375).

Ne deriva che la legittimazione attiva invocata dalle ricorrenti, nel primo motivo, con richiamo all’art. 49 CGS (rubricato “ricorsi e reclami”, secondo cui “sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo”) non supera il vaglio sotteso al peculiare presupposto previsto dal successivo art. 86 per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea.

A ciò si aggiunga che la sostanziale differenza fra la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 86 CGS e quella, invece, di cui al comma 2 induce il Collegio a ritenere che, contrariamente a quanto previsto per le decisioni del Consiglio Federale, il semplice voto dissenziente non rappresenta un presupposto sufficiente per impugnare le delibere assembleari, non potendo, cioè, tale rimedio ritenersi idoneo a comporre controversie fra componenti di uno stesso organo (quanto, piuttosto, a risolvere controversie intersoggettive), se non nei limiti in cui la determinazione contestata incida sui diritti spettanti al componente relativamente alla posizione rivestita all’interno dell’organo collegiale: profilo di violazione che, nella specie, non è stato in alcun modo dedotto.

Ancorché inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere, il Collegio ritiene opportuno osservare, ai fini della completezza della cognizione, che il ricorso è, comunque, infondato anche nel merito.

A parte il primo motivo di cui si è detto, non coglie nel segno neppure il secondo, con cui è stata censurata la legittimità procedurale della formazione dell’ordine del giorno.

L’art. 13, comma 4 dello Statuto della Lega Pro prevede che “nell'ordine del giorno dell'Assemblea possono essere inseriti, dopo l'avvenuta convocazione, altri argomenti a seguito di motivata richiesta presentata almeno cinque giorni prima di quello fissato per l'Assemblea da società che rappresentino almeno un quinto delle società aventi diritto di voto. I nuovi argomenti in tal modo posti all’ordine del giorno sono resi noti alle società, almeno tre giorni prima della data dell’Assemblea con le stesse modalità previste per la convocazione”.

Nella specie, alla previsione relativa al rispetto del termine di tre giorni – oggetto di contestazione – non è associata alcuna comminatoria di invalidità/illegittimità delle deliberazioni che vengano eventualmente adottate dall’assemblea.

Del resto, la disciplina relativa alla “validità dell’Assemblea e votazioni”, con riferimento ai “quorum costitutivi”, dunque a profili potenzialmente vizianti le conseguenti deliberazioni, è regolata dal successivo art. 14; e la disciplina relativa ai “quorum deliberativi”, altro profilo giuridicamente sostanziale ai fini della validità degli atti in questione, è regolata dall’art. 15.

Pertanto, al termine di tre giorni, privo di conseguenze sanzionatorie in caso di violazione, dev’essere riconosciuta natura (soltanto) ordinatoria, in linea con la giurisprudenza, civile e amministrativa, secondo cui “la natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta” (Corte di Cassazione, 7 giugno 2018, n. 14840; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2018, n. 5878).

A fortiori va, inoltre, rilevato che nessuno dei diciassette delegati delle società sportive ricorrenti ha dedotto il mancato rispetto del termine di cui all’art. 13, comma 4, dello Statuto, né ha manifestato l’impossibilità di partecipare all’Assemblea con la necessaria preparazione ed informazione in ordine al punto oggetto di discussione, né  ha dichiarato di astenersi dalla votazione in conseguenza dell’asserita tardività dell’integrazione dell’ordine del giorno; anzi, addirittura ben sette delegati delle società ricorrenti (US Pergolettese 1932 Srl, US Grosseto 1912 Srl, Lucchese 1905 Srl, Carrarese Calcio 1908 Srl, US Pistoiese 1921 Srl, FC Pro Vercelli 1892 Srl, Calcio Lecco 1912  Srl) hanno ampiamente espresso in assemblea il proprio parere e, comunque, tutti i delegati delle diciassette società ricorrenti hanno preso parte alla votazione ed hanno esercitato democraticamente il diritto di voto che ha condotto all’approvazione della modifica regolamentate con 36/55 delegati favorevoli e 19/55 delegati contrari.

Senza contare, da ultimo, che la giurisprudenza ha statuito che addirittura l’omessa indicazione di un argomento (ma nella specie si è trattato di una mera integrazione) all’ordine del giorno, che sia stato poi oggetto di deliberazione, non può essere fatta valere dal dissenziente che non abbia eccepito l’irregolarità della convocazione dell’assemblea (cfr. Corte di Cassazione, 24 agosto 1998, n. 8344; id., 23 novembre 2016, n. 23903).

Parimenti infondati sono il terzo e quarto motivo, che per affinità tematica possono essere esaminati congiuntamente, con cui le società ricorrenti hanno contestato i presupposti fondativi dell’impugnata modifica sull’assunto che sarebbero stati violati i principi esplicitati dalla legge n. 106/2007 e dal d.lgs. n. 9/2008, oltre che la messa a repentaglio dell’unicità del campionato di Lega Pro.

La legge delega del 2007 si è prefissa lo scopo “di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a  garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede  radiotelevisiva  e su  altre  reti  di  comunicazione  elettronica,  degli  eventi  sportivi  dei  campionati  e  dei  tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale” (art. 1, comma 1). L’esercizio del potere delegato è informato ad alcuni principi, tra i quali, per quanto più interessa il presente giudizio, “la destinazione  di  una  quota  delle  risorse  economiche  e  finanziarie  derivanti  dalla  commercializzazione  in  forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 a fini di mutualità generale del sistema” (art. 1, comma 2, lett. h).

Ora, ad avviso delle ricorrenti il criterio attuativo di tale previsione sarebbe dato dall’applicazione del “principio della premialità dei club che adottino politiche di promozione dell'impiego di giovani calciatori”; deduzione, invero, articolata sulla falsariga del parere legale depositato in atti.

Ma, sotto il profilo normativo, è la stessa legge delega ad aver indicato un principio direttamente connesso a quello sopra indicato e, soprattutto, in grado di rappresentare un’idonea chiave di interpretazione: ci si riferisce al principio della “equa ripartizione, tra i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui al comma 1, in modo da assicurare l'equilibrio competitivo di tali soggetti” (art. 1, comma 2, lett. g).

Proprio l’esigenza di una “ripartizione equa” tra tutti i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, ossia alle società di Lega Pro, ha costituito la premessa critica che ha indotto a valutare la modifica oggetto del contendere: assunto di cui si ha contezza esaminando il parere legale commissionato dal presidente della Lega Pro, nel quale, infatti, si è dato espressamente atto che in data 29 settembre 2020 è pervenuta una richiesta di ventuno società per ottenere l’integrazione dell’ordine del giorno dell’Assemblea relativamente al regolamento sul minutaggio.

Tale proposta di modifica – si legge ancora nel predetto parere – “nasce dal rilievo per cui, analizzando la distribuzione delle risorse nelle recenti stagioni sportive, risulterebbe un evidente sbilanciamento a favore del girone A, le cui società

sarebbero destinatarie di una parte largamente maggioritaria dei contributi totali erogati per fini mutualistici”.

Sulla base di tale, oggettiva ed empirica, evidenza la modifica contestata risulta, ad avviso del Collegio, legittima ed immune da irragionevolezza, essendosi reputato equo stabilire, in partenza, una “suddivisione in ugual misura tra i tre gironi” delle risorse finanziarie disponibili, sostanzialmente ponendo in essere un preventivo intervento di solidarietà e di vero e proprio soccorso economico che consenta di distribuire il fondo di mutualità (attualmente ammontante al 2% per la Lega Pro) a tutte le società nell’ottica di favorire – sull’intero territorio nazionale, rimuovendo una situazione cristallizzatasi in modo anomalo soltanto nel nord Italia e a vantaggio, segnatamente, delle società del girone A – lo “sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e per l'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali”, vale a dire null’altro che l’obiettivo previsto dall’art. 22 della legge n. 193/2016.

La Lega, inoltre, pur potendo optare per l’utilizzo in proprio o la distribuzione alle rispettive associate della quota del fondo di mutualità, è, nondimeno, direttamente interessata a non erogare affatto tali emolumenti in modo scriteriato, tenuto conto che il regolamento sull’erogazione del predetto fondo prevede che “l’eventuale quota del Fondo di Mutualità che dovesse residuare alla fine di una stagione sportiva (sia perché non distribuibile, sia perché non rendicontata ai sensi del presente Regolamento) resterà depositata presso FIGC ma di competenza della Lega e resa disponibile a quest'ultima, unitamente alla quota del Fondo di Mutualità che sarà destinata alla Lega nella stagione sportiva successiva per la copertura dei costi nella stessa sostenuti” (cfr. art. 8).

Né, tantomeno, si prefigura l’incertezza e l’aleatorietà paventate dalle società ricorrenti, dal momento che il punto 4.2 del regolamento impugnato ha lasciato impregiudicato il criterio di erogazione (cfr. da lettera “a” alla lettera “i”).

Pertanto, per effetto della visione solidaristica sopra delineata, caposaldo della disciplina amministrativa in tema di ripartizione della mutualità generale, si è, in effetti, assicurato l’approntamento di condizioni – preventive, non consuntive di reale equità: il che garantisce pienamente il principio di unicità del campionato di cui all’art. 49 delle NOIF.

In conclusione, i riuniti ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione all'impugnativa delle società ricorrenti e, comunque, vanno respinti nel merito.

Ai sensi dell’art. 48, comma 5 CGS va disposto l’addebito, a ciascuna delle società ricorrenti, dei contributi per l’accesso alla Giustizia Sportiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare,

previa riunione dei ricorsi, li dichiara inammissibili per difetto di legittimazione all’impugnativa delle società ricorrenti e, comunque, li rigetta nel merito.

Dispone addebitarsi i contributi per l’accesso alla Giustizia Sportiva, ai sensi dell’art. 48, comma 5, CGS.

Così deciso nella Camera di consiglio del 1° dicembre 2020 tenuta in modalità videoconferenza, come da Decreto del Presidente del Tribunale Federale Nazionale n. 10 del 18 maggio 2020.

 

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