F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 073 CFA del 18 Gennaio 2021 (Sestese Calcio S.S.D. A R.L.- Federazione Italiana Giuoco Calcio – Lega Nazionale Professionisti Serie A – Lega Nazionale Professionisti Serie B – Lega Italiana Calcio Professionistico – Lega Nazionale Dilettanti – A.C.F. Fiorentina S.p.A. – Genoa C.F.C. S.p.A – Kouame Kouakou Christi – U.C. Albinoleffe S.r.l.) N. 050/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 051/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 073/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 050/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 051/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 073/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

La Corte Federale di appello, composta da:

 

Mario Luigi Torsello Presidente

Francesco Cardarelli Componente

Paola Palmieri Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui reclami numeri RG 050/CFA del 2020-2021, proposto dalla Sestese Calcio S.S.D. A R.L., in persona del Presidente Melani Matteo, con sede in Via Danilo Innocenti, 10 –50019 Sesto Fiorentino (FI)–P.I. 04753300484 e sul reclamo numero RG 051/CFA del 2020 proposto dalla A.C. Prato S.S.D. A R.L., in persona della legale rappresentante Toccafondi Donatella, con sede in Via F. Tacca, 29 –59100 Prato –P.I. 00335970976, entrambe rappresentate e difese dall’Avv. Fabio Giotti del Foro di Siena (C.F. GTTFBA72E31C847W) con studio in Via XXV Aprile, 42 –53034 Colledi Val d’Elsa (SI) dove elegge domicilio, giusta procura in calce conferita (recapiti per comunicazioni: Fax 05771793097-PEC avvfabiogiotti@pec.giuffre.it)

contro

Federazione Italiana        Giuoco  Calcio,     in       persona  del Presidente Gabriele Gravina, rappresentato e difeso dall’Avv. Giancarlo Viglione,

e nei confronti di

- A.C.F. Fiorentina S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. con l’Avv. Elena Covelli e l’Avv. Mario Vigna,

- Genoa CFC S.p.A., in persona del legale rapp. te p.t. l’Avv. Mattia Grassani,

- Lega Nazionale Professionisti Serie A, in persona del Presidente pro tempore Miccichè Gaetano, con sede in Via Rosellini n. 4-20124 Milano; Lega Nazionale Professionisti Serie B, in persona del Presidente Avv. Mauro Balata, con sede in Via Rosellini n. 4-20124 Milano; Lega Italiana Calcio Professionistico e Consiglio Direttivo Lega Pro, in persona del Presidente Ghirelli Francesco, con sede in Via Jacopo da Diacceto, 19 –50123- Firenze; Lega Nazionale Dilettanti, in persona del Presidente Sibilia Cosimo, con sede in Piazzale Flaminio, 9 –00196 Roma; U.C. Albinoleffe S.r.l., in persona del legale rappr. te p.t.; Kouame Kouakou Christi presso la società di appartenenza A.C.F. Fiorentina S.p.A; non costituiti.

per la riforma

- della decisione emessa dal T.F.N.-Sezione Disciplinare pubblicata con il dispositivo n. 22/TFN-SD 2020/2021 e completa di motivazioni con decisione n. 33/TFN-SD 2020/2021, depositata in data 6 Novembre 2020 e notificata in pari data, con la quale è stato dichiarato inammissibile il reclamo presentato dalla Sestese Calcio SSD ARL avverso la domanda di annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. N. 59/A del 7 agosto 2020;

- della decisione emessa dal T.F.N.-Sezione Disciplinare pubblicata con il dispositivo n. 23/TFN-SD 2020/2021 e completa di motivazioni con decisione n. 34/TFN-SD 2020/2021, depositata in data 6 Novembre 2020 e notificata in pari data, con le quali sono stati dichiarati inammissibili i reclami presentati dalla A.C. Prato S.S.D. a R.L. avverso la domanda di annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. N. 59/A del 7 agosto 2020 con cui si deliberava “di abrogare, a decorrere dalla stagione sportiva 2020/2021, i commi 7 e 8 dell’art. 102 delle N.O.I.F., in materia di contributo di solidarietà in ambito nazionale, fatti salvi gli esiti relativi alle cessioni definitive di contratto depositate nel corso della stagione sportiva 2019/2020 ed i relativi premi e/o indennizzi inseriti negli accordi di cessione, che dovessero maturare nel corso della stessa stagione sportiva”, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, annesso, connesso, collegato e conseguente alla predetta delibera;

Visti gli atti di reclamo e i relativi allegati;

Viste le memorie successivamente depositate dalle parti e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza dell’8 Gennaio  2021, tenutasi tramite videoconferenza, l’Avv. Paola Palmieri e uditi per il reclamante l’Avv. Giotti, per la Federazione Italiana Giuoco calcio, l’Avv. Viglione, per la Fiorentina l’Avv. Covelli e per il Genoa l’Avv. Carlutti;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La presente vicenda origina dalla impugnazione proposta dalle odierne reclamanti come indicate in epigrafe, innanzi al Tribunale Federale Nazionale della delibera del Presidente della FIGC - C.U. N. 59/A del 7 agosto 2020 con il quale è stato abrogato il “contributo di solidarietà nazionale” istituito dalla F.I.G.C. con il C.U. N. 87/A del 3 Ottobre  2019.

Le reclamanti affermavano di agire in ragione della titolarità di una posizione giuridica qualificata di tipo oppositivo all’abrogazione della suddetta norma in quanto “Società Formatrici” del calciatore Kouame Kouakou Christi, oggetto di trasferimento tra le società Genoa CFC S.p.A. e ACF Fiorentina S.p.A. nel Gennaio  2020, “cessione perfezionata nella stagione successiva 2020-2021”, per averlo, dette società, tesserato e formato, quanto alla società Sestese, negli anni 2013-2014 e, per la società Prato, nella stagione sportiva 2015- 2016, il che avrebbe dato diritto alla maturazione e percezione del suddetto contributo di solidarietà da parte delle reclamanti qualora tale istituto non fosse stato abrogato.

Nel procedimento innanzi al Tribunale si costituiva oltre alla Federazione, la società Genoa e la società Fiorentina, rispettivamente cedente e cessionaria del calciatore, rilevando l’inammissibilità e comunque, l’infondatezza del ricorso.

Interveniva la società Albinoleffe ad adiuvandum della società ricorrente.

Nel corso del giudizio veniva disposta istruttoria da parte del Tribunale che ordinava di depositare copia del verbale del Consiglio federale del 25 giugno 2020 citato nell’atto impugnato nonché una dettagliata relazione sulla questione oggetto del giudizio.

Con la decisione reclamata il Tribunale federale riconosceva l’interesse concreto ed attuale a ricorrere della società ricorrente, considerato che il contenuto del provvedimento impugnato è idoneo ad incidere sulla posizione giuridica della ricorrente nella misura in cui lede la sua legittima aspettativa al riconoscimento del contributo di solidarietà.

Il Tribunale, tuttavia, rilevava poi l’inammissibilità del ricorso delle società odierne reclamanti avendo le stesse impugnato solo la delibera presidenziale e non il verbale e la conseguente decisione adottata dal Consiglio Federale del 25 giugno 2020 citata nell’atto impugnato e, pertanto, secondo i giudici di primo grado, conosciuta dalla ricorrente e dotata di autonoma efficacia lesiva proprio in quanto in tale sede erano assunti e deliberati i contenuti trasposti poi, nel provvedimento delegato presidenziale, oggetto di impugnativa in primo grado, costituente presupposto fondamentale della delibera presidenziale impugnata. Inoltre, a giudizio del giudice di primo grado, non sarebbe potuta valere quale impugnativa la generica clausola di stile contenuta nel ricorso in ordine all’impugnazione di “ogni atto presupposto” in quanto oggetto principale di censura sono proprio le motivazioni logico-giuridiche fatte proprie dal Consiglio federale nel momento in cui ha preso atto dell’informativa del Segretario generale.

Avverso tale decisione proponevano reclamo le società A.C. Prato a R.L. e Sestese Calcio S.S.D a R.L., già ricorrenti in primo grado, deducendo l’illegittimità della decisione impugnata quanto alla declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado: A) per omessa e/o erronea motivazione inerente all’individuazione del provvedimento impugnato ai sensi degli artt. 24 e 27 dello Statuto federale, anche in relazione a precedenti conformi illegittimamente disapplicati; B) stante l’erronea violazione dell’oggetto del gravame presentato dalle società reclamanti, nonché per l’assenza di vizi e lesioni sul diritto al contraddittorio delle controparti; C) per violazione delle norme processuali in materia. Nel merito ribadiva l’illegittimità della delibera impugnata anche sulla base della pronuncia di primo grado che, seppure incidentalmente, aveva ammesso la fondatezza dei vizi denunciati, richiamando i contenuti della relazione depositata in giudizio da cui emergeva che, successivamente all’intervento abrogativo, si sarebbe rinviato ad un “ulteriore intervento in materia, più coerente con il quadro generale di riferimento alla stagione sportiva 2020/2021”. La delibera, in ogni caso, era da considerare viziata per eccesso di potere, erronea e contraddittoria motivazione ed ingiustizia grave e manifesta tenuto conto che il regolamento FIFA che introduce il contributo di solidarietà si applicherebbe solo in fattispecie aventi dimensione internazionale là dove, nel caso del contributo di solidarietà disciplinato dai commi 7 e 8 dell’art. 102 N.O.I.F., la società cedente e la società cessionaria e la stessa società di formazione sono tutte affiliate alla stessa Federazione nazionale, ovvero alla F.I.G.C.. Le due previsioni, dunque, a detta dei reclamanti, non si sovrappongono e non sono tali da provocare una duplicazione di pagamenti essendo il contributo tanto F.I.G.C. che F.I.F.A. calcolato solo sull’effettivo periodo di formazione.

Di qui l’incoerenza della delibera impugnata che, a soli dieci mesi dalla introduzione del contributo di solidarietà c.d. domestico, abrogava la relativa disciplina interna alla luce della norma di rango superiore, tuttavia non sovrapponibile al contributo di solidarietà della FI.G.C. Tale decisione, eliminando a soli dieci mesi dall’entrata in vigore una disposizione di chiaro stampo solidaristico, avrebbe richiesto una motivazione più approfondita in ordine alle ragioni della abrogazione.

Il provvedimento, secondo le reclamanti, sarebbe anche affetto da ingiustizia manifesta in quanto in contrasto con i principi dell’equità e del diritto, tenuto anche conto che la delibera riconosce il contributo di solidarietà solo per quelli maturati nella stagione 2019/2020, con conseguente perdita di quelli maturati successivamente, senza considerare che anche nella erronea valutazione della sovrapposizione tra l’art. 107, commi 7 e 8, N.O.I.F. ed il contributo di solidarietà FIFA, quest’ultimo sarebbe entrato in vigore per i trasferimenti domestici dal 1° Settembre 2020 e non sarebbe comunque applicabile retroattivamente alle cessioni di contratto avvenute prima della sua entrata in vigore.

Con ulteriori motivi di merito deduceva: a) l’eccesso di potere e l’insufficiente e contraddittoria motivazione della delibera che, per consolidata giurisprudenza (richiamata la sentenza della Cassazione n.1013/2014), quale espressione di discrezionalità tecnica è pacificamente sindacabile sulla base della coerenza e della logicità del ragionamento e della motivazione con cui l’amministrazione ha supportato le proprie valutazioni, nonché, con distinto motivo b) l’illegittimità e l’irragionevolezza della delibera. Concludeva, pertanto, per un rinvio al primo giudice per l’esame delle questioni invitando, comunque, la Corte a valutare la possibilità di decidere direttamente la controversia.

Nel giudizio di reclamo si è costituita in appello la Federazione che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata stante la corretta statuizione di inammissibilità del reclamo alla luce della giurisprudenza amministrativa in materia; la F.I.G.C. ha rilevato, in ogni caso, l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in quanto, al momento della adozione del reclamo, la cessione, di carattere solo temporaneo, non poteva dare luogo a contributo di solidarietà essendo destinata a divenire definitiva solo a decorrere dalla stagione 2020-2021. Inoltre, anche a voler considerare il trasferimento come definitivo, la reclamante avrebbe un interesse solo teorico ad impugnare il richiamato CU n. 59/A alla luce della disposizione transitoria ivi prevista. Infine, ha dedotto l’infondatezza nel merito del reclamo attesa la coerenza della riforma con la normativa FIFA sopravvenuta.

Si costituiva, altresì, la soc. Fiorentina che chiedeva la conferma della sentenza di primo grado e nel merito, ne rilevava l’infondatezza, trattandosi di atto non censurabile sul piano giuridico ma semmai opinabile su quello della discrezionalità politico sportiva. La società, inoltre, evidenziava che, nella stagione in cui il calciatore risultava tesserato per le società Prato e Sestese, il sistema solidaristico non era ancora entrato in vigore in quanto introdotto con C.U. n. 87/A del 3 Ottobre  2019, da cui il difetto di interesse sotto altro profilo, tenuto conto che le reclamanti lamentano l’abrogazione di una norma non esistente durante la stagione di propria formazione.

Anche per il Genoa, costituito con memoria, il ricorrente difetterebbe di interesse in quanto la cessione al Gennaio  2020 non era definitiva dovendo maturare solo nella stagione successiva. Quindi, nessun diritto di credito sarebbe sorto in capo alle reclamanti a titolo di contributo di solidarietà domestica per assenza dei presupposti (ovvero di una cessione definitiva del contratto di prestazione sportiva dell’atleta) stabiliti dalla normativa poi abrogata. Nel merito, evidenziava la possibile sovrapponibilità delle prestazioni a carico delle società italiane e l’infondatezza del ricorso.

Disposta istruttoria all’esito dell’udienza dell’11 Dicembre 2020, la causa veniva successivamente fissata all’udienza dell’8 Gennaio  2021, in vista della quale le reclamanti depositavano ulteriore memoria e documentazione a supporto, con cui illustravano ulteriormente le tesi sostenute, insistendo per l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I disposti reclami  sono stati oggetto di riunione  con dispositivo in data 11.1.2020, trattandosi di impugnazioni di identiche decisioni di primo grado, assunte con la partecipazione delle medesime parti e la cui legittimità risulta contestata per gli stessi motivi.

2. In via preliminare, occorre esaminare i primi tre motivi di reclamo attinenti alla mancata impugnazione del verbale del 25 giugno 2019, su cui è fondato il rigetto del reclamo di primo grado.

Come esposto in fatto, nel caso oggetto del presente procedimento risulta impugnata una delibera di abrogazione di una disposizione regolamentare delle N.O.I.F. Si tratta, nella specie, dell’abrogazione dell’art. 102 (Le cessioni di contratto), commi 7 e 8 – disposizioni, queste, già introdotte con C.U. n. 87/A pubblicato il 3 Ottobre  2029, in vigore dal 1 Gennaio  2020 - che disciplinano il c.d. contributo di solidarietà ovvero la percentuale sulle cessioni dei contratti di cessione, spettante alle società che hanno contribuito alla formazione del calciatore nelle stagioni che vanno dal 12^ al 21^ compleanno, secondo le modalità ivi previste.

La materia oggetto della delibera impugnata, ai sensi dell’art 27 dello Statuto della FIGC, rientra nella competenza del Consiglio federale ai sensi dell’art. 27, comma 1, dello statuto, a norma del quale: “Il Consiglio federale, fatte salve le funzioni attribuite all’Assemblea, è l’organo normativo e di indirizzo generale della FIGC”.

 E’ il Consiglio federale, infatti, che, all’atto dell’introduzione delle norme in questione (C.U. n. 87/A) aveva provveduto direttamente alla modifica dell’art. 102 delle N.O.I.F. mediante l’introduzione dei commi 7 e 8 riportati in allegato alla delibera.

Dal tenore della delibera impugnata si evince che detto Organo, nella riunione del 25 giugno 2020, si è espresso per l’abrogazione a decorrere dalla stagione sportiva 2020/2021 della normativa interna sul contributo di solidarietà di cui all’ art. 102, commi 7 e 8, delle N.O.I.F. alla luce dell’introduzione della normativa F.I.F.A che disciplina il medesimo contributo. Si tratta della circolare FIFA n. 1079 del 13 Febbraio  2020 che introduce l’applicazione del c.d. Solidarity mechanism ai trasferimenti di calciatori aventi una dimensione internazionale, ovvero nel caso in cui la cessione avvenga tra club affiliati a diverse federazioni oppure tra club affiliati alla stessa federazione a condizione che il club di formazione sia affiliato ad una federazione diversa.

Il Consiglio federale, infatti, prende atto dell’informativa resa dal Segretario generale il quale, a fronte della prossima entrata in vigore (il 1° Settembre 2020) segnala che “si rende di conseguenza necessario confermare la delega al Presidente per l’annullamento a partire dalla prossima stagione sportiva, della delibera a suo tempo assunta in relazione al contributo di solidarietà domestico del 3% tenendo fermi gli esiti relativi ai contratti finora depositati e ai relativi premi o bonus che dovessero maturare nel corso della stagione”.

Rispetto a tale proposta il Consiglio federale “prende atto e conferisce delega al Presidente di provvedere in ordine alla revoca della delibera sul contributo di solidarietà del 3% di cui all’art. 102 delle NOIF”.

Il Consiglio federale, in tal modo, ha evidentemente esercitato il proprio potere di indirizzo, abrogando la normativa precedente alla luce delle novità contenute nella circolare F.I.F.A. in materia di contributo di solidarietà, mentre, d’altro canto, il Presidente F.I.G.C. con la delibera oggetto di impugnazione, preso atto della volontà così espressa e della delega conferitagli dal Consiglio federale, ha deliberato in conformità.

Sostanzialmente, è possibile ravvisare nel provvedimento riportato a verbale del 25 giugno 2020 una mera delega a  pubblicare, risultando  conferito  al Presidente solo l’onere di formulare la disposizione attuativa della volontà di abrogazione. Ciò, a fronte di una volontà del Consiglio federale ben chiara quanto alla portata abrogativa delle disposizioni emanande oltre che agli ulteriori contenuti (disposizioni transitorie e salvezza degli effetti della norma per la stagione 2019/2020).

Tuttavia, tenuto conto che il verbale del 25 giugno 2020 non risulta effettivamente pubblicato attraverso un comunicato ufficiale, come dimostrato dalle reclamanti e di fatto non smentito dai controinteressati, l’unico provvedimento conosciuto e conoscibile dagli interessati è dato dalla delibera presidenziale, pubblicata il 7 agosto 2020 ed impugnata nei termini.

Non si condivide, pertanto, la motivazione della decisione di primo grado secondo cui non può valere quale impugnativa la generica clausola di stile contenuta nel ricorso in ordine all’impugnazione di “ogni atto presupposto”, in quanto oggetto principale di censura, da parte delle società nel ricorso di primo grado, sono giusto le motivazioni logico-giuridiche fatte proprie dal Consiglio federale nel momento in cui ha preso atto dell’informativa del Segretario generale e poi succintamente riportate nella premessa delle delibera impugnata, ovvero la volontà di abrogare i commi 7 e 8 dell’art. 102 delle NOIF alla luce della circolare FIFA n. 1709 del 13 Febbraio  2020, applicabile ai trasferimenti domestici a partire dal 1° Settembre 2020.

E’ ben chiaro, del resto - e in tal senso si condividono i relativi motivi di reclamo - che l’impugnazione  si riferisce  tanto  a  tale  volontà  abrogatrice  quanto  alle  ragioni  che  la sorreggono, che sono comunque conformi al deliberato espresso nel verbale del 25 giugno. Depone in tal senso le stesse decisioni richiamate dalla F.I.G.C. a sostegno della propria eccezione di inammissibilità del reclamo.

Invero, secondo la giurisprudenza amministrativa in materia, cui è possibile fare riferimento nel  caso  di  impugnazione  di  atti  e  provvedimenti  della  Federazione,  “nel  processo amministrativo, ove sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l'omessa o tardiva impugnazione dell'atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l'atto conseguenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un'autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione” (ex multis: Cons di Stato, n.1242/2016).

In questo caso, tuttavia, le doglianze proposte erano chiaramente dirette a censurare proprio l’operato del Consiglio federale, come si evince chiaramente dal tenore del ricorso di primo grado con cui si contestano i contenuti del verbale del 25 giugno come riportato succintamente nel C.U. n. 59 impugnato, mentre d’altro canto, le controparti reclamate hanno difeso la scelta del legislatore federale chiaramente mostrando di avere presente i contenuti del ricorso. Pertanto, come nel caso sottoposto all’esame delle recenti Sezioni unite di questa Corte, anche nella fattispecie in esame “nessun dubbio di sorta sulla corretta identificazione dell’oggetto dell’impugnativa  si  è  mai  profilato  per  le  parti  resistenti,  che  hanno  controdedotto ampiamente e con precisione di elementi, così confermando l’assenza di profili in grado di attentare alla pienezza della cognizione dell’oggetto del contendere e delle potenzialità difensive correlate” (CFA, SSUU n 65/2020-2021.

Conforta tale conclusione, in ogni caso, il principio di informalità proprio del processo sportivo ed espresso dall’art. 2, del Codice CONI, concernente i principi di tale processo, secondo cui: “I vizi formali che non comportino la violazione dei principi di cui al presente articolo non costituiscono causa di invalidità dell’atto”, da ritenersi prevalente là dove non siano in gioco contrapposti e prevalenti interessi, quali il diritto al contraddittorio (sul carattere di informalità dei giudizi sportivi v. anche CFA, Sez. IV, n. 74/2019-2020).

Per tale considerazione non merita seguito l’ulteriore eccezione della Federazione secondo cui le reclamanti, conosciuto in corso di causa il contenuto del verbale del 25 giugno, avrebbero dovuto proporre formale impugnativa con motivi aggiunti o, se del caso, con ricorso autonomo.

In disparte il fatto che lo strumento dei motivi aggiunti nel processo sportivo non è previsto dal diritto positivo, pare contrario al principio di economicità porre a carico della parte interessata un onere di impugnazione in via autonoma dell’atto presupposto quando, comunque,  i  relativi  contenuti  siano  stati  conosciuti  attraverso  l’atto  successivo  poi  formalmente impugnato e sia svolto un regolare contraddittorio. Soccorre in tal senso anche il principio della ragionevole durata del processo ex art. 44, secondo comma C.G.S..

Superata l’eccezione di tardività del reclamo, tuttavia, sempre in rito, occorre affrontare le ulteriori censure di difetto di interesse formulate dalle parti reclamate.

In particolare, la Federazione rilevava l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in quanto, al momento della adozione del reclamo, la cessione era solo temporanea non dando luogo a contributo di solidarietà e destinata a divenire definitiva dalla stagione 2020-2021.  La  medesima  eccezione  era  sollevata  dal  Genoa  sempre  nel  primo  scritto  difensivo ritualmente depositato.

Inoltre, per la F.I.G.C, anche a voler considerare il trasferimento come definitivo, la reclamante avrebbe un interesse solo teorico ad impugnare il richiamato CU n. 59/A alla luce della disposizione transitoria ivi prevista.

La società Fiorentina, inoltre, evidenziava che nella stagione in cui il calciatore risultava tesserato per le società Prato e Sestese il sistema solidaristico non era ancora entrato in vigore in quanto introdotto con C.U. n. 87/A del 3 Ottobre  2019 da cui il difetto di interesse sotto altro profilo, in quanto la reclamante lamenta l’abrogazione di una norma che non esisteva durante la stagione di propria formazione.

Si pone innanzitutto il problema se la riproposizione dell’eccezione di difetto di interesse sotto il profilo in esame, richiedesse una impugnazione incidentale sullo specifico capo di sentenza.

Ciò considerato il contenuto decisorio della sentenza di primo grado che ha espressamente statuito sulla sussistenza di un interesse concreto ed attuale all’impugnativa avverso una delibera che andrebbe a ledere un’aspettativa legittima delle società formatrici al contributo di solidarietà.

E’ quanto eccepisce la reclamante che, in assenza di appello incidentale sul punto e pur essendo le relative eccezioni formulate in comparsa di risposta, rileva l’intervenuta decadenza delle parti reclamate a sollevare l’eccezione.

In realtà, la mancata previsione espressa delle specifiche modalità di proposizione dell’appello incidentale nell’ambito del Codice di giustizia sportiva della F.I.G.C. porta a ritenere infondata l’eccezione delle società reclamanti di inammissibilità del motivo per tardività in quanto sarebbe in contrasto con il principio di legalità far discendere decadenze sulla base di un mero richiamo ad istituti propri di altri giudizi, non espressamente contemplati dal Codice.

Peraltro, nonostante la mancata notifica dell’appello incidentale, tenuto conto di quanto affermato da questa Corte di appello federale con la decisione della Terza Sezione n. 22/2019, si può considerare applicabile anche nel processo sportivo il ricorso incidentale di cui all’art. 343 c.p.c. stante il richiamo ai “principi e alle norme generali del processo civile” operato dall’art. 31 Codice CONI.

Ne discende che, benché contenute in un atto di costituzione non qualificato formalmente come memoria contenente ricorso incidentale, le eccezioni di carenza di interesse, sollevate dalle parti costituite nel presente giudizio di reclamo, sono da ritenere ritualmente introdotte sulla base delle regole proprie del giudizio civile, siccome contenute nel primo atto difensivo, tempestivamente depositato nei termini previsti dall’art. 103, primo comma del CGS (art. 342 c.p.c. “Modo e termine dell’appello incidentale”: l’appello incidentale si propone a pena di decadenza nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’art. 166 c.p.c.).

4. Passando all’esame di tali eccezioni, preliminarmente occorre esaminare l’eccezione della soc. Fiorentina secondo cui la carenza di interesse in capo alle reclamanti discende dal fatto che, al momento in cui le stesse hanno formato il giocatore Kouame, la norma sul contributo di solidarietà non era ancora entrata in vigore.

L’eccezione non è fondata in quanto dalla lettura dei commi 7 e 8 dell’art. 102 delle N.O.I.F. si ricava agevolmente che si intende introdurre un contributo di solidarietà a decorrere dal 1° Gennaio  2020 in relazione alle cessioni definitive di contratto riferibili alle stagioni ivi indicate, corrispondenti alle stagioni che vanno dal dodicesimo anno di età fino al ventunesimo compleanno del calciatore.

Il presupposto per l’applicazione della norma è, dunque, l’avvenuta stipula di una cessione definitiva per un calciatore che, nel passato, e precisamente nelle annualità ivi indicate, è stato formato da altre società, di talché essa si applica per tutte le cessioni stipulate dopo la sua entrata in vigore (1° Gennaio  2020) anche se in riferimento a periodi di formazione pregressi.

5. Quanto alle ulteriori eccezioni sollevate dalla FIGC e dal Genoa si osserva quanto segue.

Per la F.I.G.C. e per la società controinteressata il ricorso è inammissibile stante il difetto di interesse concreto ed attuale delle società ricorrenti in quanto il contributo di solidarietà è pacificamente dovuto alla società formatrice in caso di cessione definitiva del calciatore.   Nel caso in esame, il giocatore risulta ceduto nel Gennaio  2020 con la formula della cessione a titolo temporaneo, con obbligo di riscatto al verificarsi delle condizioni predeterminate inter partes, il cui avveramento avrebbe determinato il trasferimento definitivo del calciatore solo a partire dalla stagione successiva (ovvero nella stagione 2021-2021).

Al fine di valutare l’esatta portata della cessione e stante il contrasto sul punto, si è disposta istruttoria con il dispositivo depositato in data 11.12.2020 con cui, ritenuta la necessità ai fini del decidere, è stata ordinata l’acquisizione del contratto di trasferimento del calciatore.

In seguito alla disposta istruttoria è stato prodotto in giudizio dalla Lega il documento attestante la cessione del calciatore secondo il modulo approvato dalla FIGC e sulla base delle norme NOIF. Dalla lettura del documento intitolato “obbligo di trasformazione della cessione temporanea in cessione definitiva ( art. 103.3bis NOIF)”, si evince che le parti hanno previsto testualmente quanto segue: “Con riferimento alla variazione di tesseramento n. 0001943460/19 la società di destinazione ha l’obbligo di trasformare la cessione temporanea di contratto in cessione definitiva al verificarsi delle seguenti condizioni: AL PRIMO PUNTO CONSEGUITO DALLA SOCIETA’ AC FIORENTINA Spa NEL CAMPIONATO DI SERIE A – STAGIONE SPORTIVA 2019/2020 – A DECORRERE DAL 1 FEBBRAIO  2020”.

Nella pagina seguente le parti stabiliscono i termini economici dell’accordo prevedendo, tra l’altro, che “In virtù di tale obbligo la società di destinazione è tenuta a versare alla società di provenienza nella stagione successiva a quella in cui si verificano le condizioni, secondo le scadenze previste dal Consiglio federale” gli importi ivi descritti.

Come emerge dal tenore letterale dell’accordo, sottoscritto da tutti gli interessati (società di destinazione, di provenienza e calciatore) si tratta di un contratto sospensivamente condizionato al verificarsi  dell’evento ivi previsto. Dall’avveramento della condizione, tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalle società reclamanti, le parti non fanno discendere la definitività del contratto e il perfezionamento della cessione bensì il mero obbligo (evidenziato anche nel contratto in esame), in capo alla società destinataria di trasformare la cessione temporanea in cessione definitiva.

Al momento del verificarsi dell’evento indicato quale condizione sospensiva (il punto nel campionato, avvenuto effettivamente nel mese di Febbraio  2020 come risulta dalla ulteriore documentazione depositata nel corso del giudizio), ciò che viene in essere è una sorta di accordo preliminare con obbligo della cessionaria a trasformare la cessione in definitiva, che viene fatto dipendere da un atto unilaterale della società di destinazione da esercitare secondo le norme previste dalla Federazione.

Che l’atto depositato sia da intendersi in tal modo si ricava non solo dal contenuto dell’accordo nei termini riportati ma anche dall’art. 103, terzo comma bis, delle N.O.I.F., che regola la possibilità di trasformare la cessione temporanea in definitiva “al verificarsi delle condizioni sportive specificamente definite” e sulla base dei presupposti ivi previsti.

Ai sensi del comma 4, della medesima disposizione, i termini e le modalità per l’esercizio dei diritti di cui ai precedenti commi (e dunque anche relativi all’esercizio dell’obbligo di trasformare la cessione in definitiva) “sono stabiliti per ogni stagione sportiva dal Consiglio federale”.

Ora, dal relativo comunicato che disciplina tali aspetti, prodotto dalle stesse società reclamanti, si evince, al punto 16, che l’obbligo di trasformare la cessione da temporanea in definitiva ai sensi dell’art. 103, comma 3 bis NOIF “deve attuarsi (anche in caso di prestiti biennali), nella finestra di mercato immediatamente successiva a quella in cui si verifica la condizione sospensiva apposta all’obbligo di cui all’art. 193 comma 3 bis, delle NOIF”.

La finestra di mercato immediatamente successiva alla data di avveramento della condizione è quella estiva che, nell’anno in riferimento (2020) si è chiusa il 31 agosto 2020. Di qui, dunque, la possibilità di considerare come definitiva la cessione – anche in ragione dell’ assenza di prova di un esercizio dell’opzione da parte della società cessionaria in epoca precedente a tale data – solo al momento in cui la Lega ha attestato, in data 1° Settembre 2020, “in riferimento alla Variazione di tesseramento relativa al calciatore in oggetto, il verificarsi delle condizioni previste nell’accordo suddetto per la trasformazione da temporanea a definitiva del calciatore Kouakou Christi Kuame”, con conseguente possibilità, per le parti di dare corso anche alla parte dell’accordo, relativa agli effetti economici della cessione.

Da quanto sopra consegue che, alla data del comunicato 59/A del 7 agosto 2020 ovvero della intervenuta abrogazione della norma che alcuni mesi prima aveva istituito il contributo di solidarietà, la cessione non era definitiva ma ancora temporanea.

Nella situazione in esame, la decisione di primo grado ha preso in considerazione una generica aspettativa a fondamento del ricorso che, tuttavia - anche a voler ritenere sussistente un astratto interesse delle ricorrenti - non sembra sufficiente per consentire la concreta esperibilità dell'azione, finalizzata a conseguire il bene della vita, inibito o compromesso dal provvedimento impugnato.

Sarebbe insussistente, pertanto la c.d."legitimatio ad processum", intesa come presupposto per poter esercitare, in modo valido, i propri diritti o interessi protetti sul piano processuale, in base al principio generale, di cui al citato art. 100 c.p.c.; ciò in relazione al costante orientamento del Consiglio di Stato secondo cui “l'azione di annullamento proposta innanzi al giudice amministrativo è subordinata alla sussistenza di tre condizioni: a) la titolarità di una posizione giuridica, in astratto configurabile come interesse legittimo, inteso come posizione qualificata - di tipo oppositivo o pretensivo - che distingue il soggetto dal "quisque de populo" in rapporto all'esercizio dell'azione amministrativa; b) l'interesse ad agire, ovvero la concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto, a norma dell'art. 100 cod. proc. civ.; c) la legittimazione attiva o passiva di chi agisce o resiste in giudizio, in quanto titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo (ex multis: Cons di Stato, VI, 2 Marzo 2015).

E’ pur vero tuttavia, che, alla data della presentazione del ricorso, la cessione era senz’altro divenuta definitiva tenuto conto che, a quella data, la Lega aveva accertato il verificarsi di tutte le condizioni. Il che può determinare, in effetti, la sussistenza di un interesse a ricorrere sia pure in riferimento al motivo con cui, in particolare, le reclamanti sembrano lamentare l’erroneo riferimento ai diritti maturati nella stagione 2019/2020 e che la delibera abrogativa, in ogni caso, avrebbe dovuto far salve le situazioni in cui i diritti non si fossero ancora maturati.

6. In ogni caso, anche a volere ammettere l’interesse al ricorso, il fatto che alla data dell’adozione della delibera non fosse ancora sorto il diritto pieno al contributo in capo alla società formatrice fa sì che, anche ai fini dell’esame del merito, non possa ritenersi meritevole di tutela la contestazione di un provvedimento normativo abrogativo di norme tali da incidere su situazioni giuridiche non ancora definitive e, dunque, suscettibili di essere disattese da una previsione successiva di segno opposto.

Le società formatrici, infatti, per quanto sopra evidenziato, si sono viste lese non già in una posizione già acquisita, bensì dalla possibilità di conseguirla in futuro.

L’affidamento delle reclamanti, pertanto non sussiste e di conseguenza non si riscontra l’irragionevolezza ed irrazionalità della norma lamentata in particolare, con il secondo motivo di ricorso nel merito. Ciò tenuto conto che l’aspettativa di beneficiare del contributo - per quanto la si voglia ritenere “differenziata” in relazione all’avvenuta assunzione di un obbligo, giuridicamente azionabile, da parte della società cessionaria - in ogni caso, non riguarda una situazione giuridica consolidata bensì resta oggetto di una situazione di mero fatto destinata a rimanere ferma “a diritto vigente” e pertanto suscettibile di modifiche secondo la discrezionalità del Legislatore federale.

Al riguardo, sia pure sul diverso piano piano dei limiti alla discrezionalità del legislatore, si richiamano i principi dettati dalla giurisprudenza costituzionale in ordine alla adozione di norme tali da incidere su rapporti di durata e sulla sussistenza di un legittimo affidamento alla immodificabilità di norme favorevoli.

In particolare, in Corte Cost. n. 89 del 2018, si legge che “l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica costituisce un «elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto» (sentenze n. 822 del 1988 e n. 349 del 1985) e «trova copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., ma non già in termini assoluti e inderogabili» (sentenza n. 56 del 2015)” precisando anche che “come chiarito dalla costante giurisprudenza di questa Corte (in consonanza anche con quella della Corte EDU), la tutela dell’affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale, sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, e ciò «anche se il loro oggetto sia costituito dai diritti soggettivi perfetti, salvo, qualora si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale della materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.)» (Corte Cost n. 89 del 2018 e giurisprudenza ivi richiamata; più di recente Corte Cost. n. 240 del 2019.

7. Va anche detto, peraltro, che, nel caso di specie, viene in considerazione l’impugnazione di una delibera del Presidente della F.I.G.C. che, nei suoi contenuti, rappresenta la diretta emanazione della volontà abrogatrice già precisamente espressa dal Consiglio federale.

Al riguardo giova rilevare che, nel caso in esame, le reclamanti hanno proposto l’impugnazione ai sensi degli artt. 30 CGS – CONI in relazione agli artt. 47, 49, 79 e 80 CGS FIGC e non già ai sensi dell’art. 86 del CGS della FIGC dedicato ai ricorsi per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale, ritenendo presumibilmente sussistente la competenza residuale e generale del Tribunale federale (ricavabile in particolare dall’art. 79 del CGS, corrispondente all’art. 30 del codice CONI) per cui, a fronte di una delibera formalmente riconducibile al Presidente della Federazione, verrebbe in considerazione un fatto comunque rilevante per l’ordinamento sportivo su cui sussiste la generale competenza del Tribunale federale nazionale ex art. 79 CGS della FIGC da cui la possibilità di ricorso ai sensi dell’art. 49 del medesimo Codice.

In realtà, tenuto conto che, come sopra considerato, il C.U. impugnato è sostanzialmente riconducibile al Consiglio federale - anche se formalmente adottato dal Presidente FIGC su sua precisa indicazione di contenuti - ritiene il Collegio che i parametri di riferimento utili al fine di valutare la legittimità della delibera vadano comunque identificati nella contrarietà alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e ad altre norme federali (parametri questi, comuni al primo ed al secondo comma dell’art. 86 CGS della FIGC).

Difatti la portata del sindacato del giudice federale non può certamente discendere da una scelta operata dal ricorrente di azionare il ricorso generale ex artt. 49 e 79 CGS piuttosto che lo specifico mezzo di impugnazione previsto dall’ordinamento sportivo.

E ciò, in disparte i problemi di legittimazione, non sollevati dalle parti ma che pure si porrebbero, occorrendo verificare se l’impugnativa possa essere sollevata da tutti i soggetti di cui al primo comma o solo nei ristretti limiti soggettivi previsti dal secondo comma (sul tema, anche se con riferimento ai soggetti legittimati ad impugnare una delibera dell’Assemblea federale ai sensi del primo comma v. CFA, SS.UU. n. 65/2020-2021).

Risulta, infatti, evidente dalla lettura dell’art. 86 (corrispondente, nei suoi contenuti al previgente art. 43 bis del CGS ed all’art. 31 del Codice Coni), l’intenzione del Legislatore sportivo federale di restringere l’accesso alla tutela non solo in termini soggettivi e di legittimazione ad impugnare ma anche in termini oggettivi, ammettendo l’impugnazione delle delibere assembleari o del Consiglio federale nei soli casi in cui gli atti impugnati risultino inficiati da vizi di violazioni di legge e per contrasto con fonti ben definite e tassativamente indicate (come detto, per contrarietà alla legge, allo Statuto del Coni ed ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e alle altre norme federali).

Nel caso in esame, la violazione dei principi e delle norme di cui al richiamato art. 86 CGS non è neanche adombrata nei motivi di merito del ricorso con cui, oltre alla già esaminata irrazionalità della norma  si lamenta una generale incoerenza del deliberato e, dunque, l’eccesso di potere in cui sarebbe incorso il legislatore federale. Profili questi che, tuttavia, non possono ritenersi utili a sorreggere l’impugnazione di una delibera federale abrogativa di norme generali ed astratte (ex multis, Cons Stato, sez V, 17.11.2016, n. 4794, ove si ricorda che la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale; idem, Cons. Stato, sez. III, 9 Settembre 2019, n. 2311; Cons. Stato, 14 Dicembre 2011, n. 6548).

Anche se l’espressa previsione di impugnabilità dei deliberati federali certamente non consente di considerare quale vero e proprio “atto politico” la delibera del Presidente delegato dal Consiglio federale - come invece sostenuto nelle difese dei reclamati - tuttavia il Codice di giustizia sportiva ed il Codice Coni indubbiamente limitano il sindacato del Giudice a casi limitati ed eccezionali di manifesta illegittimità, soprattutto là dove, come nel caso in esame, si tratti di una delibera modificativa o abrogatrice di norme regolamentari, di carattere generale ed applicabili erga omnes.

I suddetti vizi, tuttavia, sono da ritenersi insussistenti.

Come si evince dai motivi sopra riportati, e dai successivi scritti depositati dalle reclamanti, ciò che nel caso di specie si lamenta, in sostanza, è che l’adozione delle norme FIFA sul contributo di solidarietà, non essendo dette norme sovrascrivibili ai commi 7 e 8 dell’art. 102 e, comunque, lasciando spazio per la sopravvivenza del contributo di solidarietà c.d. domestico, avrebbe dovuto spingere il Legislatore federale ad adottare un provvedimento di “adattamento” o di modifica più che di abrogazione tout court della normativa interna alla Federazione.

Si tratta, tuttavia, di censure che impingono il merito delle scelte adottate dalla Federazione e che non sono sindacabili alla stregua degli stringenti parametri sopra indicati.

A tale riguardo, le considerazioni contenute nella sentenza di primo grado, con cui viene sottolineata la non piena coerenza della normativa abrogatrice, non costituiscono una decisione sul merito come sostenuto nei reclami e, comunque, restano assorbite dalla pronuncia di inammissibilità del ricorso di primo grado da parte del Tribunale, che non si spinge fino a ritenere tali considerazioni determinanti ai fini dell’accoglimento del ricorso.

In ogni caso, anche a voler ritenere il Comunicato Ufficiale sindacabile alla stregua di un provvedimento amministrativo connotato da elevata discrezionalità, la conclusione sarebbe la medesima, anche alla luce dei noti limiti alla sindacabilità di tali provvedimenti.

La determinazione, invero, è espressione di una scelta di politica federale diretta ad evitare possibili sovrapposizioni del contributo di solidarietà F.I.F.A. con quello già previsto in favore delle società formatrici italiane dalla normativa interna.

La FIGC, per quanto emerge anche dai chiarimenti istruttori richiesti dal Tribunale federale di primo grado, ha pertanto ritenuto opportuno, allo stato, sopprimere il contributo onde evitare maggiori oneri alle società cedenti, riservandosi una futura normazione della materia, anche alla luce delle differenze della disciplina di riferimento sia in termini di percentuale del contributo (che nella norma FIFA ammonta al 5 % del corrispettivo pattuito) sia di periodo di formazione rilevante (dal 12^ anno al 23^ anno di età del calciatore) sia in relazione alle modalità di corresponsione (tramite le stesse società coinvolte e non per il tramite della Lega). L’intervenuta soppressione, dunque, può rappresentare una scelta non condivisibile soprattutto dal punto di vista delle società formatrici italiane - su cui è possibile anche auspicare il prospettato ripensamento - ma, ad ogni modo rientrante nell’ampia discrezionalità del legislatore federale.

Nel caso in esame, oltretutto, l’abrogazione ha comunque fatto salvi gli effetti delle cessioni definitive disposte nel corso della stagione precedente, preservando le sole situazioni già perfezionate e, dunque, suscettibili di affidamento nella percezione del contributo. Ma tali situazioni non sono ravvisabili nel caso di specie, posto che, come detto, la delibera di abrogazione è intervenuta su una situazione giuridica ancora non definitivamente acquisita al patrimonio delle società reclamanti rispetto alla quale non è possibile far valere un contrapposto interesse al mantenimento dello status quo.

Il che, come già esaminato al precedente punto 6 della presente decisione, pone al riparo la delibera dalla censura di manifesta irrazionalità ed illogicità che potrebbe in astratto profilarsi, a carico del legislatore federale, quale vizio generale sottostante all’esercizio della potestà regolamentare, anche al di là delle violazioni di norme e principi federali sopra richiamati.

In conclusione, i reclami devono essere respinti.

P.Q.M.

respinge i reclami in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

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