F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2020/2021 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 088/CFA pubblicata il 1 Aprile 2021 (motivazioni) – (Avv. Cirillo Vincenzo/Comitato Regionale Campania ed altri N. 099/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 088/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 099/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 088/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

composta dai Sigg.ri:

 

Mario Torsello Presidente

Patrizio Leozappa Componente

Mauro Sferrazza Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo n. RG 99/CFA/2020-2021 proposto dall’ Avv. Vincenzo Cirillo

contro

- il Comitato regionale Campania - LND, in persona del Presidente p.t.

- la Lega nazionale dilettanti – LND

- in persona del Presidente p.t. - la F.I.G.C. Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Presidente Federale p.t.

per la riforma

della decisione del Tribunale federale nazionale n. 89/TFN-SD del 25.01.2021. Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 26 Marzo 2021, in modalità video conferenza, il Prof. Mauro Sferrazza e udito per il reclamante l’Avv. Vincenzo Cirillo, che si difende in proprio;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso e contestuale domanda cautelare proposta ex art. 97 CGS, l’Avv. Vincenzo Cirillo ha impugnato, nei confronti del Comitato regionale Campania - LND, della Lega nazionale dilettanti – LND e della F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, i seguenti Comunicati Ufficiali del Comitato regionale Campania: n. 51 del 14 Dicembre 2020 (“Assemblea ordinaria elettiva”); n. 55 del 31 Dicembre 2020 (“spostamento assemblea elettiva”); - n. 53 del 4 Dicembre 2020 (“regolamento elettorale”).

Il ricorrente ha chiesto al Tribunale federale nazionale di annullare o, comunque, dichiarare la nullità e/o invalidità della convocazione di cui al Comunicato Ufficiale n. 51 del 14 Dicembre e della convocazione di cui al Comunicato Ufficiale n. 55 del 31 Dicembre 2020, nonché di annullare o, comunque, dichiarare la nullità e/o invalidità delle designazioni alle cariche elettive e candidature previste dall’art. 8 dell’allegato A del Comunicato Ufficiale n. 130/A del 4 Dicembre 2020, già raccolte, per violazione delle norme contenute nel decreto 17 Marzo 2020, n. 18.

A supporto delle proprie domande il ricorrente ha dedotto quanto, in sintesi, di seguito riportato.

In data 4 Dicembre 2020, con Comunicato Ufficiale n. 130/A, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha pubblicato le norme procedurali per le assemblee della Lega nazionale dilettanti.

In data 5 Dicembre 2020, giusta quanto disposto dal responsabile del personale della Lega nazionale dilettanti gli Uffici regionali del Comitato regionale Campania, venivano chiusi al pubblico dal 7 Dicembre 2020 al 16 Gennaio  2021.

Con Comunicato Ufficiale n. 153/A del 4 Dicembre 2020, la Lega nazionale dilettanti pubblicava il regolamento federale per lo svolgimento delle assemblee elettive, indicando l’arco temporale entro cui dovevano svolgersi ed il numero delle designazioni occorrenti per concorrere alla elezione per le varie cariche.

Con Comunicato Ufficiale n. 51 del 14 Dicembre 2020, il Comitato regionale Campania pubblicava la data (4 Gennaio  2020) dell’assemblea elettiva, nonché la sede della stessa e le relative modalità procedurali.

In data 31 Dicembre 2020 il Prefetto di Avellino annullava la già prevista assemblea elettiva del 4 Gennaio  2021. In pari data, il Comitato regionale Campania, con il Comunicato Ufficiale n. 55, rinviava la data delle elezioni al 10 Gennaio  2021, con proroga per la raccolta delle sottoscrizioni necessarie alle candidature fino al 5 Gennaio , non prevedendo la riduzione delle designazioni ad un terzo, come dettato dal decreto 17 Marzo 2020, n. 18.

Sarebbe, dunque, mancato, al ricorrente ed ai sostenitori dello stesso, il tempo di svolgere “un minimo di campagna elettorale” per le note limitazioni alla mobilità territoriale disposte dalle autorità di governo. Inoltre, il ricorrente lamenta di non avere avuto in tempo utile l’elenco di tutte le società aventi diritto al voto, al fine di poterle contattare per esporre il programma elettorale e sottoscrivere le varie candidature, perché sprovviste di pec e di firma digitale.

Ciò esposto, il ricorrente ha lamentato – dinanzi al Tribunale federale nazionale – la violazione delle norme costituzionali in materia di democrazia elettiva, rappresentativa e partecipativa, atteso che nelle società democratiche deve essere consentita la partecipazione agli organismi elettivi ed un’adeguata rappresentanza, secondo i principi e valori costituzionali di democrazia rappresentativa e partecipativa sia attiva che passiva, laddove, nel caso di specie, con la contrazione dei termini e dei giorni necessari per svolgere una minima campagna elettorale, con divieto assoluto di spostamento, sarebbe stato – di fatto – compromesso il diritto di elettorato passivo e quello di potere esporre alle società il proprio programma elettorale.

Con un secondo motivo di ricorso il ricorrente ha evidenziato la ritenuta sussistenza di gravi violazioni in punto di parità di trattamento, trasparenza, correttezza e buona fede per non essere stato posto in condizione di parità rispetto alla lista del Presidente uscente: in particolare, lamenta l’interessato, a differenza di tutti i Comitati regionali d’Italia, quello campano non avrebbe messo a disposizione sul sito istituzionale i modelli di candidatura con l’elenco delle società aventi diritto al voto nel periodo 4 Dicembre/14 Dicembre 2020. Con la conseguente impossibilità, per l’istante, di acquisire la documentazione necessaria alle candidature.

Richiamando, dunque, quanto espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in C-155/19 e C-156/2019) il ricorrente ha rappresentato l’estrema gravità delle violazioni, perché, appunto, poste in essere da un organismo di diritto pubblico.

Con un terzo motivo di impugnazione il ricorrente ha, infine, lamentato la violazione del decreto-legge 17 Marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 (disposizione erroneamente richiamata, osserva il Tribunale federale nazionale, «norma di riferimento essendo l’art. 1-bis, D.l. n. 26/2020, conv., l. n. 59/2020»), che prevede la riduzione del numero minimo di sottoscrizioni delle deleghe, per effetto delle conseguenze legate alla diffusione del covid-19, asseritamente “applicabile per analogia”, ricorrendone i presupposti soggettivi e oggettivi, nella parte in cui prevede che, «in considerazione dell’emergenza sanitaria, è ridotto ad un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e candidature per le elezioni comunali dell’anno 2020 e per le elezioni regionali».

Sotto siffatto profilo, il ricorrente ritiene che sia ammesso il ricorso all’analogia per le norme speciali, ossia per quelle norme che, in funzione della soddisfazione di particolari esigenze, si applicano solo in determinate materie, essendo possibile applicare anche all’ordinamento speciale, nella fattispecie ricorrendo sia i presupposti oggettivi (“sussiste fino al 31.01.2021 lo stato di emergenza epidemiologica causa Covid, con il conseguente pericolo per la salute pubblica e la sua necessaria tutela”); sia quelli soggettivi (“la natura pubblicistica della FIGC, di recente ribadita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e da numerose sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali”).

Il ricorso all’applicazione per analogia sarebbe reso ancor più necessario, a dire del ricorrente, dalla mancata dotazione di pec e firma digitale da parte delle società dilettantistiche, non essendo ancora, a tal riguardo un obbligo in capo alle stesse, motivo per il quale la riduzione del numero minimo di sottoscrizioni avrebbe consentito, da un lato, “lo svolgimento in piena sicurezza delle operazioni elettorali, così come stabilito dal legislatore nazionale per le elezioni comunali e regionali”; dall’altro, avrebbe dato “agli aspiranti candidati la possibilità di partecipare alle elezioni”.

All’esito della udienza del 15 Gennaio  2021 il Tribunale federale nazionale ha rigettato il ricorso.

Con reclamo proposto dinanzi a questa Corte federale d’appello l’Avv. Vincenzo Cirillo, ripercorsa la vicenda nel suo svolgimento in fatto, svolge tre articolati motivi di impugnazione:

I. Error in procedendo violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – error in iudicando sussistenza dell’interesse ad agire;

II. Error in iudicando – illegittimita’ dei provvedimenti violazione norme costituzionali di democrazia elettiva - rappresentativa e partecipativa - sussistenza gravi violazioni: parita’ trattamento-trasparenza-correttezza-buona fede;

III. Error in iudicando – illegittimita’ dei provvedimenti violazione decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18 convertito in legge 27/2020 - riduzione numero minimo sottoscrizioni deleghe causa Covid.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reclamo è inammissibile.

1.2. Come è noto, il codice di giustizia sportiva della FIGC definisce le modalità d’accesso alla giustizia sportiva e le norme generali sul procedimento, dando rilievo ai principi del contraddittorio tra le parti e del diritto di difesa chiamati a regolare il processo e a garantirne il regolare svolgimento.

In particolare, l’art. 44, comma 1, CGS (rubricato “principi del processo sportivo”) stabilisce che «il processo sportivo attua i principi del diritto di difesa, della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo».

Come già affermato da questa Corte in precedenti decisioni su analoghi reclami, «Detta previsione normativa costituisce la trasposizione, nell’ambito della giustizia sportiva, di principi cardine di chiara natura garantistica, sanciti nella Carta Costituzionale all’art. 111, commi 1 e 2, quali appunto i principi del giusto processo, del contraddittorio e della parità delle parti; principi che, in ragione della indicata rilevanza costituzionale, non consentono deroga alcuna ed impongono il coinvolgimento processuale, ai fini della regolare costituzione del contraddittorio, di tutte le parti interessate all’esito del giudizio.

In tale ottica, il quarto comma dell’art 49 CGS dispone che “…. copia della dichiarazione con la quale viene preannunciato il ricorso o il reclamo e copia del ricorso o del reclamo stesso, deve essere inviata contestualmente all’eventuale controparte con le medesime modalità ...” e, più specificatamente, il secondo comma dell’art. 101 CGS, relativo al procedimento dinanzi a questa Corte Federale, dispone che “…. il reclamo deve essere depositato, unitamente al contributo, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la segreteria della Corte federale d’appello e trasmesso alla controparte …”» (CFA, dec. n. 66 del 12 Gennaio  2021).

Ciò premesso, dall’esame dei molteplici motivi di reclamo emerge come tutti i candidati ammessi a partecipare alla competizione elettorale di cui trattasi rivestono la qualifica di controinteressati, a cui, quindi, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 49 e 101 CGS, il reclamo doveva essere comunicato. Del resto, il ricorso è anche volto a far dichiarare «la nullità e/o invalidità delle designazioni alle cariche elettive e candidature previste dall’art. 8 dell’allegato A del Comunicato Ufficiale n. 130/A del 4 Dicembre 2020, già raccolte […]».

Non vi è dubbio, infatti, che i candidati ammessi a partecipare alla procedura di competizione elettorale oggetto di rilievi da parte del reclamante, e, segnatamente, il sig. Carmine Zigarelli, sono titolari di un interesse qualificato alla conservazione dei provvedimenti impugnati ed al mantenimento dell’utilità da questi riconosciuta e riceverebbero un pregiudizio nel caso di accoglimento delle domande attoree.

Dalla documentazione in atti risulta che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale federale nazionale sia stato inviato dal reclamante alla Presidenza della FIGC, alla Lega nazionale dilettanti ed al Comitato regionale Campania, mentre non risulta indirizzata a nessuna delle controparti come sopra indicate.

Conseguentemente, non risultando agli atti prova della trasmissione né del ricorso, nè del reclamo alle controparti, lo stesso non può che essere dichiarato inammissibile.

2. Il reclamo è, poi, inammissibile sotto altro profilo.

2.1. Come già affermato da questa Corte è «principio di carattere generale che i motivi di gravame, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica rigorosa, devono essere comunque esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale. Parte reclamante deve, in altri termini, offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere vizi della decisione avversata, incombendo su di essa - anche nel giudizio sportivo - l’onere della formulazione e dell’individuazione dei vizi inficianti la decisione di cui si duole, adducendo concreti elementi idonei a dimostrare quantomeno la possibilità di sussistenza dei denunciati vizi» (CFA, dec. n. 78 del 4 Febbraio  2021).

Inoltre, ai sensi dell’art. 101, comma 3, primo periodo, del codice di giustizia sportiva “Il reclamo deve contenere le specifiche censure contro i capi della decisione impugnata”.

La previsione sopra indicata trova corrispondenza nell’art. 37, comma 3, del precedente codice di giustizia sportiva, secondo cui «La Corte federale di appello ha cognizione del procedimento di prima istanza limitatamente ai punti della decisione specificamente impugnati», richiamando, sostanzialmente, l’analoga previsione del codice del processo amministrativo (anche in questo caso contenuta nell’art. 101), secondo cui «Il ricorso in appello deve contenere […] le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata […]».

Orbene, i vari motivi di ricorso contengono la contemporanea deduzione di violazioni di plurime disposizioni di legge e di norme costituzionali (non meglio indicate), nonché di vizi di motivazione e di erronea valutazione del quadro probatorio, oltre all'invocazione di non meglio precisati errores in procedendo, in violazione del principio di specificità dei motivi del ricorso dinanzi alla Corte federale di appello, poiché nella parte argomentativa dello stesso non risulta agevole scindere le ragioni poste a sostegno dell'uno o dell'altro vizio e/o della censura avverso quale disposizione dell’ordinamento federale o di quello giuridico generale, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile o, comunque, non agevole l'operazione di interpretazione e di sussunzione delle censure (cfr. Cassazione, n. 21239 del 2015; n. 23675 del 2013; n. 7394 del 2010; n. 20355 del 2008; n. 9470 del 2008).

Il reclamante non fornisce specifiche argomentazioni intese, in modo motivato, a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella decisione gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita. In altri termini, sembra mancare la focalizzazione del momento di conflitto, rispetto alle censure sollevate, dell'accertamento operato dal Tribunale federale nazionale all'esito delle valutazioni probatorie di competenza e, pertanto, le doglianze mosse al relativo procedimento di sussunzione si risolvono, in definitiva, in considerazioni di fatto inammissibili e/o sfornite di idonea delibazione probatoria.

Il reclamo, dunque, appare inammissibile, trattandosi di rimedio a critica vincolata, delimitato dai motivi di impugnazione, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di giustizia (il motivo di gravame deve necessariamente possedere il carattere della specificità in correlazione con la censura mossa alla decisione impugnata, ed esige una precisa enunciazione).

Il reclamo, pertanto, deve contenere – a pena di inammissibilità, appunto – i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché è inammissibile il reclamo nel quale non venga precisata la violazione della disposizione federale nella quale sarebbe incorsa la pronunzia impugnata.

Si rivela, in altri termini, inammissibile una critica generica della decisione impugnata, formulata con una articolazione di motivi, riferiti a una eterogeneità di profili tra loro sovrapposti e non chiaramente collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio specifico. Sotto tale profilo si ritiene, dunque, che il reclamante sia venuto meno all’onere di specificità.

3. Le ragioni sopra riportate conducono alla declaratoria di inammissibilità del reclamo. Per completezza di argomentazione, tuttavia, questa Corte ritiene dare conto anche della infondatezza dei singoli motivi di gravame.

4. Prima di procedere ad un rapido esame dei singoli motivi di reclamo, il Collegio reputa opportuno, in via preliminare, sgombrare il campo dalle censure che sono manifestamente inammissibili o inconferenti avuto riguardo all’oggetto del giudizio. Questo, infatti, ha ad oggetto la dedotta illegittimità dei Comunicati Ufficiali impugnati e, quindi, per quanto rileva, la regolarità della procedura elettorale svoltasi per il rinnovo delle cariche del Comitato regionale Campania. Fatti e comportamenti di singoli soggetti, pur oggetto di censura, di cui è ampio cenno nella esposizione in fatto e nella correlata articolazione dei diversi motivi di reclamo (così, ad esempio, si legge nel reclamo: «Segnatamente, allo scrivente era stata impedita la raccolta delle adesioni necessarie per presentare la candidatura, a causa di tutta una serie di brogli ed irregolarità posti in essere dal Zigarelli – e dal Comitato da lui rappresentato – che con i propri atti e comportamenti avevano violato tanto la normativa anti-Covid quanto gli stessi principi di trasparenza, di legalità e regolarità della procedura, così come prevista dalle norme disciplinanti le assemblee elettive»; e, ancora: «Lo slittamento dell’assemblea elettiva al 10 Gennaio , appariva come un tentativo disperato di conservare “un ottimo lavoro” fatto premeditatamente in danno di altre candidature»), esulano dal perimetro di cognizione cui è limitato il presente procedimento.

5. Ciò premesso in via generale, si può passare ad esaminare – nei limiti compatibili con il difetto di specificità sopra rilevato e nella mera sopra indicata prospettiva di completezza espositiva – il primo motivo di reclamo, con il quale l’Avv. Cirillo «censura la decisione del Tribunale Federale, laddove i Giudici di primo grado, a p. 3 (capo della sentenza che per sinteticità non viene trascritto per intero) affermano che “la mancata presentazione della candidatura, da un lato, e la mancata impugnazione, dall’altro, mediante il deposito di motivi aggiunti, della delibera che ha portato all’elezione di tutte le cariche elettive nell’assemblea del 10.1.2021, determinano il venire meno dell’interesse ad agire del ricorrente ovvero, a tutto voler concedere, la sua sopravvenuta carenza».

A tal riguardo, deduce il reclamante, «i Giudici di prime cure incorrono in grave errore in quanto, violando palesemente il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, al fine di verificare la sussistenza o meno dell’interesse ad agire in capo al ricorrente valutano atti e fatti non oggetto del giudizio, quali lo svolgimento dell’assemblea elettiva del 10.01.21 in modalità telematica e la conseguente elezione di tutte le cariche previste per il quadriennio olimpico 2021/2024.

Ora – pur volendo tralasciare in che modo il Collegio abbia appreso tali notizie, posto che né lo scrivente né le controparti, non costituitesi in giudizio, hanno mai sottoposto all’attenzione del Tribunale Federale tali ulteriori elementi di giudizio – è evidente che il Collegio avrebbe dovuto attenersi al petitum così come delineato da parte ricorrente e che, diversamente agendo, abbia violato le più elementari norme regolanti il processo in generale, quello sportivo, in particolare».

Error in procedendo, questo, ad avviso del reclamante, dal quale sarebbe, poi, scaturito l’ulteriore error in iudicando.

«Secondo il Tribunale Federale», prosegue il reclamante, «la carenza di interesse ad agire (o la sopravvenuta carenza di interesse ad agire) deriverebbe, da un lato, dalla omessa presentazione della candidatura a carica di Presidente, dall’altro dal completamento della procedura elettorale con conseguente elezione di tutte le cariche elettive, il ricorrente non avendo, oltretutto, impugnato per motivi aggiunti gli ulteriori atti della procedura elettorale.

Ebbene, va evidenziato che le motivazioni addotte sono totalmente inesatte oltre che illogiche e contraddittorie, per le seguenti ragioni:

In primis, in merito alla mancata formalizzazione della candidatura, si rammenta che:

a) ai sensi dell’art. 47 CGS, rubricato “Diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva”: 1. I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti legittimati dall'ordinamento federale hanno diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall'ordinamento sportivo. 2. L'azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione soggettiva rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio;

b) ai sensi dell’art. 49 CGS, rubricato “Ricorsi e reclami”: 1. Sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso”».

Dalla lettura in combinato disposto delle norme sopra richiamate il reclamante fa discendere il proprio interesse ad agire e ad impugnare la convocazione dell’assemblea, ed il relativo regolamento elettorale. Adduce, a tal riguardo, come «in prossimità delle elezioni alla Presidenza del Comitato della FIGC Campania» egli si era «attivato, per presentare la sua candidatura – anche a mezzo mass media, per periodo di alcune settimane (All. n. 3) – che, tuttavia, non aveva potuto formalizzare per il comportamento doloso assunto dall’ altro candidato, già reggente del comitato, Dott. Zigarelli.

Segnatamente, allo scrivente era stata impedita la raccolta delle adesioni necessarie per presentare la candidatura, a causa di tutta una serie di brogli ed irregolarità posti in essere dal Zigarelli – e dal Comitato da lui rappresentato – che con i propri atti e comportamenti avevano violato tanto la normativa anti-Covid quanto gli stessi principi di trasparenza, di legalità e regolarità della procedura, così come prevista dalle norme disciplinanti le assemblee elettive».

Sarebbe, dunque, palese, secondo il reclamante, «che il Collegio ometta di considerare che la mancata formalizzazione della candidatura fosse dovuta proprio alle irregolarità ed illegittimità rappresentate dal ricorrente».

In merito, poi, «alla conclusione della procedura elettorale ed al venir meno dell’interesse ad agire in capo al ricorrente nel momento in cui è stata adottata la decisione – fermo restando la già contestata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – va detto che il Tribunale federale commette un error in iudicando vero e proprio.

Diversamente da quando sostenuto nella decisione impugnata […] va evidenziato che:

a) non corrisponde al vero che dall’odierno annullamento non deriverebbe alcun vantaggio/utilità al ricorrente, in quanto, non solo al momento dell’adozione della decisione non era ancora decorso il termine per proporre il ricorso per motivi aggiunti, che oltretutto non costituiva un obbligo, il ricorrente ben potendo proporre un ricorso autonomo avverso i successivi comunicati ed atti di conclusione della procedura elettorale, visto che le norme del Codice di Giustizia Sportiva non lo vietava ma ancora oggi, il ricorrente è nei termini per proporre un autonomo ricorso avverso gli atti successivi della procedura elettorale.

b) gli atti impugnati in primo grado erano tutti autonomamente impugnabili, perché così espressamente disposto dal Codice di Giustizia Sportiva ed ancor più perché immediatamente lesivi dell’interesse del ricorrente, che ne chiedeva appunto la sospensione in via cautelare», come previsto dagli artt. 96 e 96 CGS.

Vi sarebbe, pertanto, «una enorme contraddizione nell’operato del Tribunale federale, che si concretizza nel voler utilizzare quale pretesto la conclusione della procedura elettorale, non oggetto del giudizio di primo grado, per non decidere, su quanto, invece, richiesto in ricorso, e cioè sulle gravi violazioni che hanno impedito formalmente la candidatura del reclamante, con una grave lesione degli interessi del reclamante.

L’interesse ad agire del ricorrente non solo era presente nel momento in cui è stata adottata la decisione ma è ancora persistente, in quanto gli atti successivi sono ancora impugnabili ed è evidente che l’annullamento dell’intera procedura elettorale consentirebbe al reclamante di potersi candidare».

5.1. Il motivo è infondato.

Il reclamante invoca il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che però esula dal contesto di riferimento contenzioso che qui ci occupa. Il nodo della questione, infatti, è costituito dalla ricorrenza o meno dei presupposti dell’azione, che devono sussistere per la proposizione di qualsiasi azione giudiziaria.

In tal ottica il Tribunale federale nazionale ha correttamente rilevato ed affermato che «la mancata presentazione della candidatura, da un lato, e la mancata impugnazione, dall’altro, mediante il deposito di motivi aggiunti, della delibera che ha portato all’elezione di tutte le cariche elettive nell’assemblea del 10.1.2021, determinano il venire meno dell’interesse ad agire del ricorrente ovvero, a tutto voler concedere, la sua sopravvenuta carenza».

Come insegna la giurisprudenza amministrativa, i presupposti dell’azione volta alla declaratoria di annullamento di un provvedimento amministrativo sono essenzialmente tre: a) la titolarità di una posizione giuridica, in astratto configurabile come interesse legittimo, idonea a qualificare una diversità dall’interesse generica rinvenibile in capo a “quisque de populo”; b) l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.; c) la legittimazione attiva, ossia la titolarità del rapporto controverso.

Ciò premesso, il TFN, richiamato anche quanto previsto dall’art. 130 del codice del processo amministrativo (“... contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti”), ha giustamente rilevato che l’annullamento delle deliberazioni di cui agli impugnati Comunicati Ufficiali non comporterebbe, comunque, «la riviviscenza del diritto del ricorrente di candidarsi alla presidenza o ad un altro incarico, diritto peraltro mai esercitato, in quanto già ricoperte tutte le cariche elettive e non impugnato il C.U. che ne ha formalizzato le nomine».

Ne consegue, all’evidenza, che la mancata impugnazione del Comunicato Ufficiale con il quale è stata pubblicata la proclamazione degli eletti comporta che l’eventuale annullamento delle delibere impugnate non produrrebbe più alcuna utilità al ricorrente,  facendo così venir meno la condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 24 luglio 2017, n. 3638).

Pertanto, l’impostazione del problema in termini di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato non è condivisibile, in quanto il giudice è tenuto ad accertare, in via pregiudiziale, la ricorrenza dei presupposti dell’azione. Che, come detto, nel caso di specie non sussistono. Al difetto dei presupposti per la proposizione della domanda giudiziale non può che conseguire il rigetto del ricorso per inammissibilità.

Appare, dunque, infondato il richiamo agli artt. 47 e 49 CGS che, secondo il reclamante legittimerebbero, comunque, il proposto ricorso al Tribunale federale nazionale, atteso che la mera titolarità di un interesse protetto non giustifica ex se l'azione giudiziale, laddove l’interesse medesimo non sia concretamente leso dall'atto impugnato, di cui si chiede la rimozione dal mondo giuridico, ai fini del reale perseguimento di un bene della vita. Del resto, la legittimazione ad impugnare non può ricondursi alla semplice allegazione del presupposto sostanziale costituito dall’esistenza di un collegamento tra le posizioni giuridiche rappresentate.

6. Il reclamante, come detto, deduce, poi, che «Con il primo motivo di ricorso il ricorrente eccepiva la violazione delle norme costituzionali di democrazia elettiva, rappresentativa e partecipativa, ritenendo che in ogni società democratica dovesse essere consentita la partecipazione agli organismi elettivi ed un’adeguata rappresentanza, secondo i principi e valori costituzionali di democrazia rappresentativa e partecipativa sia attiva che passiva e che, invece, nel caso di specie, con la contrazione dei termini e dei giorni necessari per svolgere una minima campagna elettorale, con divieto assoluto di spostamento, venisse di fatto compromesso il diritto di elettorato passivo e di poter esporre alle società il proprio programma elettorale.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente eccepiva la sussistenza di un ulteriore e grave profilo di illegittimità emergente ictu oculi dalla circostanza esposta nella parte in fatto, ovverosia che l’istante non fosse stato posto in condizione di parità rispetto alla lista del Presidente uscente, in violazione dei principi di trasparenza e correttezza».

In sintesi, dunque, «Una convocazione di assemblea elettiva di cui al C.U. n. 51 del 4 Dicembre 2020, che non tenesse in considerazione le disposizioni del Governo riguardo alle zone rosse ed alle zone arancioni, e non tenesse conto dell’applicazione analogica della riduzione ad un terzo del numero delle designazioni, non poteva certo ritenersi valida.

A seguito del provvedimento del Prefetto di Avellino di annullamento dell’assemblea prevista per il 4 Gennaio , il Comitato, per sfuggire ad un evidente errore di valutazione, non poteva riconvocarne un’altra Assemblea, non rispettando i tempi della procedura elettorale ed i venti giorni previsti dal regolamento elettorale.

Lo slittamento dell’assemblea elettiva al 10 Gennaio , appariva come un tentativo disperato di conservare “un ottimo lavoro” fatto premeditatamente in danno di altre candidature, ignorando che si dovesse partire da una convocazione ex novo, con nuovi termini, rispettosa del d.l. del 17 Marzo 2020 n. 18, e soprattutto non tentando di riutilizzare tutte le adesioni già raccolte, o sarebbe meglio dire, rastrellate premeditatamente da chi potesse gestire a piacimento, cioè chi reggeva il Comitato».

Orbene, lamenta il reclamante, «tali motivi di ricorso, trattati unitamente dal Tribunale Federale, sono stati ritenuti infondati dal Giudice di prime cure».

Con il secondo motivo di impugnazione il reclamante censura, pertanto, «la decisione del Tribunale Federale, laddove i Giudici di primo grado, alle pp. 3-4 (capo della sentenza che per sinteticità non viene trascritto per intero) ritengono infondati il primo ed il secondo motivo di ricorso».

Anche in questo caso, secondo il reclamante, il Tribunale incorre «in una serie di errori e contraddizioni.

In primo luogo non risulta comprensibile allo scrivente, il motivo per cui, il Collegio entri nel merito della questione quando in realtà, dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse ad agire del ricorrente, avrebbe potuto semplicemente emanare una decisione di rito.

Probabilmente il Collegio è ben consapevole che le motivazioni addotte siano del tutto insostenibili.

Del resto, se è lo stesso Tribunale a sostenere, nel merito della questione, che era nelle facoltà del Comitato poter spostare l’assemblea, che lo spostamento non fosse una convocazione ex novo (aspetto su cui si tornerà infra), va da sé che, in tal modo, non solo viene certificata la continuità con i precedenti comunicati e le precedenti convocazioni dell’assemblea e, dunque, se il Tribunale avesse annullato il primo  comunicato del 14 Dicembre 2020, così come chiesto dal reclamante e motivato nel ricorso, per l’effetto sarebbero nulle anche le successive convocazioni ma l’interesse ad agire del reclamante sarebbe indubbiamente sussistente!!!».

In secondo luogo, prosegue il reclamante, «il Collegio fa una ricostruzione dei fatti non corrispondente al vero […]».

Si rivelerebbe ictu oculi, dunque, «che le contestazioni del ricorrente, vengano trattate con estrema superficialità dal Collegio, che addirittura ritiene che la mancata indicazioni di norme costituzionali violate possa essere dirimente, rispetto alla violazione sostanziale evidenziata con motivazioni di fatto meticolosamente esposte, quasi a voler “legittimare” atti e comportamenti palesemente illegittimi ed irregolari, oltretutto oggetto di un esposto al Prefetto ed alla Procura della Repubblica, depositato in prossimità dell’udienza cautelare, anche questo totalmente ignorato!!!

Del resto la valutazione poco accorta da parte dei giudici di prime cure è venuta già in rilievo in sede di rigetto dell’istanza cautelare, laddove in violazione del principio della divisione dei poteri, si adopera ad effettuare un contemperamento dei contrapposti interessi in gioco, attività non spettante certo ad un organo di giustizia che dovrebbe essere terzo!!!».

6.2. Il motivo è infondato.

In sintesi.

6.2.1. «Parte ricorrente non si lamenta affatto del ritardo con cui sono stati messi a disposizione i modelli per presentare la candidatura ma del fatto che a tali modelli non fosse allegato l’elenco delle società aventi diritto al voto». «La prova che l’elenco delle società non fosse allegato ai modelli di presentazione delle candidature si evince dagli atti impugnati depositati, che non fanno alcun riferimento a tale elenco ma, altresì, dall’atto depositato in prossimità dell’udienza camerale dell’08.01.21 (comunicato 53 del 18.12.20) che solo in data 18.12.20, e quindi a distanza di 4 giorni dal comunicato di convocazione dell’assemblea elettiva, pubblicava l’elenco delle società aventi diritto al voto».

Trascura di considerare, il reclamante, che, al di là della dimostrazione offerta e/o desumibile in atti del censurato ritardo, il TFN ha, condivisibilmente, affermato come, ad ogni buon conto, difetta «la prova che altri aspiranti candidati abbiano potuto trarne vantaggio» da un siffatto dedotto ritardo.

6.2.2. «Costituisce un dato di fatto inconfutabile, e non un’illazione come erroneamente sostenuto dal Collegio, che chi gestiva il Comitato fosse già in possesso dell’elenco delle società aventi diritto al voto, con un estremo vantaggio rispetto a chi come il ricorrente doveva, invece, attendere che l’elenco venisse pubblicato a pochi giorni dalla scadenza del deposito delle firme, così come costituisce un dato di fatto inconfutabile che le restrizioni previste dalle norme anti-Covid non permettessero di raccogliere le adesioni fisicamente e che i comunicati, oltretutto, non disponessero espressamente la possibilità di raccolta via pec, sebbene in teoria previsto, e che peraltro tale modalità di raccolta di adesioni non fosse praticabile, le società essendo sprovviste di pec, perché non obbligate per legge e che, dunque, non fosse comprensibile in che modo, invece, fossero state rastrellate tutte le adesioni da parte dell’altro candidato, reggente del Comitato!».

Correttamente il TFN ha inquadrato la questione in termini di rilevanza giuridica della deduzione e di prova della stessa. Si tratta, invero, di mera affermazione di parte, che, anche laddove verosimile, non assurge, comunque, al rango di prova.

6.2.3. «Il ricorrente contesta espressamente la violazione procedurale in ordine alla indizione ed alle previste modalità in cui tenersi l’Assemblea elettiva del comitato regionale in quanto richiama la violazione delle norme anti-covid che non consentivano lo svolgimento in presenza dell’assemblea elettiva, atteso che anche il rinvio al 10.01.21, a seguito del provvedimento del Prefetto di Avellino prevedeva ancora lo svolgimento dell’assemblea in presenza».

In modo qui condiviso il TFN, richiamata la natura (di associazione privata) della Lega nazionale dilettanti, rileva come il reclamante non deduca alcuna violazione procedurale in ordine alla indizione ed alle previste modalità con le quali tenersi l’Assemblea elettiva del Comitato regionale Campania, che, ad un sommario esame, appaiono, del resto, conformi alle previsioni di cui al Comunicato Ufficiale n. 130/A della FIGC, come richiamato nel successivo Comunicato Ufficiale n. 153 del 4 Dicembre 2020 della L.N.D. 1

6.2.4. «Parte ricorrente contesta chiaramente le norme procedurali, in quanto rileva che il rinvio ad altra data dell’assemblea elettiva per i motivi legati all’emergenza Covid avrebbe richiesto il rispetto di tutti i tempi della procedura elettorale ed in particolare dei venti giorni, previsti dal regolamento elettorale, prima dell’assemblea, per la raccolta delle adesioni anche se per il Tribunale, paradossalmente non era necessaria una convocazione ex novo».

A tal riguardo, correttamente, ancora una volta, il TFN ha affermato che, «intervenuto il provvedimento prefettizio che non consentiva la celebrazione in presenza dell’assemblea già prevista per il 4.1.2021, con C.U. n. 55 del 31.12.2020 il Comitato regionale procedeva al differimento dell’assemblea al successivo 10 Gennaio  2021. A tanto provvedeva in ragione dell’espressa riserva formulata nel precedente C.U. n. 51 del 14.12.2021 che, in caso di “eventuali interventi del Governo o dell’Autorità Sanitaria”, ne consentiva la possibilità di svolgimento “presso altra sede o con modalità diversa”». Differimento, questo, legato all’esigenza di svolgimento dell’Assemblea in modalità telematica e non più in presenza – dettato, peraltro, da specifiche ragioni di ordine pubblico e tutela della salute – che non può essere intesa quale nuova convocazione, che, in quanto tale, avrebbe reso necessario un nuovo iter elettorale.

7. Con il terzo motivo il reclamante deduce come, «con il terzo motivo di ricorso si sottolineava che nel caso in questione fosse applicabile per analogia il decreto legge 17 Marzo 2020 n. 18 convertito in legge 27/2020 (rectius d.l. 26/20, conv. in l. 59/20) nella parte in cui prevede: “In considerazione dell’emergenza sanitaria, è ridotto ad un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e candidature per le elezioni comunali dell’anno 2020 e per le elezioni regionali”.

Secondo la giurisprudenza di merito, era ammesso il ricorso all’analogia per le norme speciali, ovverosia per quelle norme che, per soddisfare particolari esigenze, si applicano solo in alcune materie, potendosi applicare anche all’ordinamento speciale.

I presupposti, sia soggettivi che oggettivi, per l’applicazione analogica della predetta normativa vi erano tutti in quanto:

A) sussisteva fino al 31.01.2021 lo stato di emergenza epidemiologica causa Covid, con il conseguente pericolo per la salute pubblica e la sua necessaria tutela; B) la natura pubblicistica della FIGC, di recente ribadita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e da numerose sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali.

Per di più come già ribadito le suddette società non erano munite di pec e firma digitale per la valida designazione, in quanto per le società dilettantistiche non vigeva l’obbligo del possesso di pec e firma digitale. Obbligo che la FIGC aveva previsto dal 1 luglio 2021.

Alla luce di quanto rilevato per la Regione Campania, e vista la notevole compromissione del diritto di elettorato passivo, la riduzione predetta oltre a consentire lo svolgimento in piena sicurezza delle operazioni elettorali, così come stabilito dal legislatore nazionale per le elezioni comunali e regionali, avrebbe dato agli aspiranti candidati la possibilità di partecipare alle elezioni.

La violazione della citata normativa costituiva un aspetto molto grave e lesivo soprattutto degli interessi delle società campane, ancorché di tutti i candidati.

Anche tale ultimo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dal Giudice di prime cure.

Con il terzo motivo di impugnazione si censura, pertanto, la decisione del Tribunale Federale, laddove i Giudici di primo grado, alle pp. 4-5 (capo della sentenza che per sinteticità non viene trascritto per intero) ritengono infondato il terzo motivo di ricorso, in quanto non sarebbe applicabile per analogia la norma richiamata, essendoci autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale e non essendoci nel caso di specie un vuoto legislativo da colmare, le norme applicabili essendo quelle previste dal Consiglio federale con comunicato 130/A, che avevano già tenuto conto dello stato di emergenza covid, prevedendo la possibilità di utilizzare le pec per la raccolta firme e la modalità di svolgimento dell’assemblea elettiva da remoto.

Il Tribunale federale commette anche in quest’ultimo caso un errore di valutazione.

E’ ben noto allo scrivente che l’ordinamento sportivo abbia una sua autonomia ma è, altresì, vero che laddove vi sia un vuoto legislativo, questo vada sopperito con quello statale.

E, dunque, diversamente da quanto sostenuto dal Collegio, proprio perché nulla veniva espressamente previsto in merito al numero di raccolta adesioni in presenza dell’emergenza Covid, per analogia si sarebbe dovuta applicare quella prevista dalla normativa ordinaria.

Ad ogni modo, pur volendo seguire la tesi sostenuta dal Tribunale Federale, circa la previsione della modalità di raccolta delle firme a mezzo pec e circa la modalità di svolgimento dell’assemblea elettiva da remoto, si fa presente che nel caso di specie i comunicati non prevedevano espressamente tale modalità di raccolta firme e tale modalità di svolgimento dell’assemblea. Anzi, al contrario, in relazione a quest’ultimo aspetto, era previsto lo svolgimento in presenza.

Non è condivisibile, inoltre, la tesi del Collegio che non rileverebbe la contestazione del ricorrente in merito all’intervenuta proroga dell’obbligo, per le società dilettantistiche, di dotarsi della pec, in quanto questione attinente all’esercizio del diritto di elettorato attivo, essendo indubbio che in assenza di un espresso obbligo le società dilettantistiche non si fossero dotate di pec, a prescindere dall’utilizzo che se ne dovesse fare.

Ancora una volta sembra che il Collegio tenda a voler giustificare le irregolarità della procedura elettorale, con motivazioni del tutto inconsistenti!!!».

7.1. Il motivo è infondato.

L’art. 12, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale così recita: «Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato».

Il successivo art. 14 dispone poi – tra l’altro – che le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.

Alla luce di tali disposizioni sulla interpretazione, la condizione che consente e giustifica il ricorso all’interpretazione analogica è l’esistenza di una lacuna nell’ordinamento, cioè di un vuoto normativo quanto alla regolamentazione giuridica della fattispecie concreta. Orbene, nel caso di specie, non sembra dubitabile che, ai fini dell’applicazione analogica delle disposizioni cui fa riferimento il reclamante - da individuarsi più propriamente nell’art. 1-bis del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 giugno 2020, n. 59 - il requisito della lacuna dell’ordinamento che giustifica l’analogia non sussiste poiché la disciplina esiste ed è contenuta nelle disposizioni emanate dalla Lega e dalla Federazione (cfr. CFA, dec. n. 67 del 14 Gennaio  2021).

D’altro canto – e in ogni caso – certamente il decreto-legge n. 26/2020 contiene disposizioni che fanno “eccezione a regole generali e ad altre leggi”, emanate, quindi, in via eccezionale, in relazione alla situazione epidemiologica da covid-19, come ben si intuisce anche dal comma 5 dell’art. 1-bis di tale decreto (“In considerazione della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del covid-19 e tenuto conto dell'esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio da COVID-19 nel corso del procedimento elettorale…”) e dall’art. 1 (“In considerazione della situazione epidemiologica da COVID-19, in via eccezionale…”). Orbene, anche ammesso che l’applicazione analogica fosse in astratto consentita nella fattispecie, questa Corte ha già avuto modo di affermare come in materia elettorale, così come in materia concorsuale, le regole che disciplinano il procedimento, in quanto destinate ad assicurare l’essenziale principio della par condicio dei concorrenti, non sono né derogabili né suscettibili di etero-integrazione o di disapplicazione, atteso che ove ciò avvenisse tale principio sarebbe compromesso con conseguente invalidazione del procedimento. E d’altra parte non è concettualmente possibile sostenere, nello specifico, che le regole sulla ammissibilità delle candidature possano essere per alcuni candidati diverse da quelle che sono state applicate, in attuazione delle norme specifiche di cui al C.U. n. 130/A del 04/12/2020 a tutti gli altri candidati (cfr. CFA, dec. n. 67 del 14 Gennaio  2021).

Peraltro, il motivo non supererebbe, comunque, la prova di resistenza: in tal ottica, il reclamante avrebbe potuto presentare, comunque, la propria candidatura quale presidente del Comitato regionale Campania, impugnandone, poi, la eventuale esclusione per il difetto del numero minimo di designazioni, invocando, appunto, l’applicazione della disposizione di riduzione ad 1/3 delle stesse e fornendo la prova che, laddove applicata in via analogica la invocata norma dell’ordinamento giuridico generale, lo stesso avrebbe avuto un numero sufficiente di designazioni. Ciò non è avvenuto e una siffatta prova non è stata fornita e, pertanto, l’accoglimento del motivo non gioverebbe, in ogni caso, alle ragioni del reclamante.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il reclamo in epigrafe. Dispone la comunicazione alla parte con PEC.

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