F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE IV – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 044 CFA del 6 Novembre 2020 (Procura Federale Interregionale-Sig.ra Giovine Marina-A.C.D. Lucento) N. 035/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 044/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
N. 035/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI
N. 044/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
IV SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Carlo Sica Presidente
Ivo Correale Componente (relatore)
Francesco Sclafani Componente
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul reclamo numero RG 035/CFA/2020-2021, proposto dalla Procura Federale Interregionale della F.I.G.C. il 2.10.2020
contro
Associazione di Calcio Dilettantistica (A.C.D.) Lucento e Marina Giovine, entrambe rappresentate e difese dall’avv. Valentina Trebaldi, con domicilio eletto presso lo Studio di quest’ultima in Torino, Corso Galileo Ferraris n. 43,
per la riforma
della decisione del Tribunale Federale Territoriale Piemonte Valle D’Aosta di cui al C.U. n. 15 del 24.09.2020, relativa al deferimento a carico della signora Giovine Marina nonché della Società A.C.D. Lucento;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione e difensiva della Associazione di Calcio Dilettantistica (A.C.D.) Lucento e di Marina Giovine, con i relativi allegati;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 28 Ottobre 2020, tenutasi in videoconferenza, il dott. Ivo Correale e sentiti l’Avv. Maurizio Gentile per la Procura Federale Interregionale e l’Avv. Valentina Trebaldi per i resistenti;
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento dell’8 giugno 2020 la Procura Federale deferiva Marina Giovine, all’epoca dei fatti presidente della società A.C.D. Lucento, e la stessa società, per rispondere rispettivamente:
a) la prima, per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 4, comma 1, C.G.S., per avere consentito, e comunque non impedito che, ad opera di suoi collaboratori non potuti individuare, venisse apposta in calce al modulo di tesseramento per la stagione sportiva 2018/2019, n. DL7297375, calciatore VITTORIOSO Gennaro Simone, la firma apocrifa della di lui madre, così come emerso da perizia grafica stilata in data 17.10.2019 del perito Alfredo Ghio iscritto all’albo dei consulenti tecnici del Tribunale di Torino e inoltrata in data 11 luglio 2017;
b) la seconda, per rispondere a titolo di responsabilità diretta per la violazione dell’art. 6, comma 1, C.G.S., per il comportamento posto in essere dal suddetto suo presidente, legale rappresentante.
La Procura Federale chiedeva di applicare le seguenti sanzioni: mesi sei di inibizione nei confronti della signora Giovine Marina; ammenda per euro 1.000,00 nei confronti della società A.C.D. Lucento.
In sostanza, la questione riguardava la sottoscrizione di un modulo di tesseramento del calciatore, all’epoca minorenne, che la società Lucento riteneva pluriennale in base alle sottoscrizioni ad esso apposte da entrambi i genitori, sotto la “spuntatura” dello spazio per tale tipo di vincolo, laddove invece risultava disconosciuta la firma autografa apposta dalla madre, non essendo in contestazione quella apposta dal padre.
II. Con la decisione richiamata in epigrafe, il Tribunale Federale Interregionale competente disponeva il proscioglimento dei deferiti, rilevando che: “Non vi è alcuna prova che la firma ritenuta apocrifa (peraltro sollo sulla base di una consulenza di parte) sia stata apposta da un collaboratore della Presidente Giovine e/o della società Lucento. Ciò peraltro emerge in maniera inequivocabile dalla stessa contestazione: è la stessa Procura Federale nel capo di incolpazione a sottolineare che non si è potuto individuare il presunto autore della firma in questione.”.
III. La decisione era impugnata avanti a questa Corte dalla Procura Federale che lamentava, in sintesi, quanto segue.
III.1 Il Tribunale non aveva ritenuto di dover procedere, in fase dibattimentale, ad una serena ed obiettiva disamina della documentazione allegata all’atto di deferimento, in particolare delle risultanze della corposa ed articolata perizia grafica, definita come “di parte”, da cui emergevano - da una seppur superficiale comparazione tra la firma risultante apposta in calce al modulo di tesseramento dalla madre del calciatore e quelle, sicuramente autografe, da lei apposte sul libretto scolastico del figlio in data 02.10.2018, nonché sulla scheda anagrafica canina del 30.05.2019 – “ictu oculi” sostanziali divergenze esecutive.
III.2 Risultava che la Sezione Tesseramenti del T.F.N., con decisione n. 28TFN-ST 2019/2020 del 27.11.2019, pur dichiarando inammissibile, perché proposto tardivamente, il ricorso del calciatore al fine di ottenere lo svincolo dalla Società ACD Lucento per apocrifia della firma risultante apposta dalla madre in calce al modulo di tesseramento, disponeva la trasmissione degli atti alla Procura Federale, ai sensi dell’art. 89, comma 7, del C.G.S., così come previsto nei casi in cui dall’esame dei documenti vengano rilevate irregolarità commesse in violazione di qualsiasi disposizione federale. Da tale rimessione, per la Procura, derivava, da parte dell’organo in questione, un (implicito) riconoscimento circa l’apocrifia della firma della madre del calciatore, che lo stesso Tribunale non aveva potuto valutare solo perché, come detto, il ricorso del calciatore era stato presentato tardivamente.
III. 3 Tali elementi, per la Procura, erano già sufficienti a conferire fondatezza all’atto di deferimento originario, pur prescindendo dalla dichiarata impossibilità di addivenire alla individuazione dell’autore dell’illecito comportamento, ben logicamente ascrivibile ad un soggetto che, nella circostanza, aveva agito nell’interesse della Società ACD Lucento con il chiaro intento di validare l’efficacia del documento federale.
III. 4 Che la firma fosse apocrifa era dunque suffragato – per la Procura - dalle risultanze istruttorie sopra riportate, e tale circostanza era, pertanto, sufficientemente provata con un grado di certezza superiore alla mera probabilità, secondo il principio di massima enucleato in diverse pronunce della stessa Sezione Tesseramenti nonché del Collegio di Garanzia del C.O.N.I., che erano riportate.
III. 5 Di conseguenza, il presidente pro tempore, sig.ra Giovine, aveva disatteso l’obbligo di vigilare sulla condotta dei propri collaboratori, affinché non fossero poste in essere condotte in violazione della normativa federale; nel caso di specie il tesseramento recava la (contro)firma del vicepresidente, il quale avrebbe dovuto effettuare quantomeno una verifica circa la regolarità del modulo che veniva inoltrato all’ufficio tesseramento, tanto più che lo stesso era presente, come da dichiarazioni del calciatore, all’incontro tra il medesimo e il padre di lui per la sottoscrizione dei moduli, incontro nel quale era invece assente la madre.
Nonostante non fosse stata la sig.ra Giovine a firmare i moduli per il tesseramento, per il principio di “immedesimazione organica con la società”, nella sua qualità di presidente era la stessa sig.ra Giovine a rispondere delle condotte. In tal senso, la Procura insisteva per l’accoglimento del reclamo e l’irrogazione delle suindicate sanzioni.
IV. Si costituivano i soggetti originariamente deferiti, depositando memoria con cui chiedevano dichiararsi la tardività ovvero il rigetto del reclamo.
IV.1 In ordine alla tardività, le reclamate richiamavano l’art. 101, comma 2, del C.G.S., il quale dispone che il reclamo deve essere depositato “entro sette giorni dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare”, decorrendo quindi il “dies a quo” dal primo evento (pubblicazione o comunicazione) che determina la conoscenza, in capo ai soggetti interessati, del provvedimento passibile di impugnazione.
Dato che, nel caso di specie, la decisione appellata era stata prima pubblicata sul Comunicato Ufficiale della Federazione del 24 Settembre 2020 - e solo successivamente comunicata alle parti, con PEC del 26 Settembre 2020 - il reclamo doveva essere dichiarato inammissibile per tardività della sua presentazione, intervenuta solo il 2 Ottobre 2020 dal “dies a quo” del 24 Settembre 2020.
IV.2 In subordine, le reclamate si soffermavano sulla mancata prova dell’apocrifia della firma.
La conclusione del Tribunale legata al richiamo dell’insufficienza della sola perizia grafica prodotta era condivisibile, in quanto in materia l’apocrifia della firma è ritenuta solo in caso di ragionevole certezza del falso, non trovando applicazione il principio della condanna in base alla regola del “più probabile che non”, come da giurisprudenza del Tribunale Federale Nazionale richiamata.
Nel caso di specie l’apocrifia non era stata confermata da alcuna altra prova o indizio conforme ed era risultata contraddetta dalla ricorrenza di una pluralità di circostanze fattuali, tutte deponenti in senso contrario. Ciò perché: a) il modulo di tesseramento era stato esaminato dal perito in un esemplare consegnatogli solo in fotocopia e non in originale, b) la verifica del perito aveva avuto ad oggetto esclusivamente il confronto della firma disconosciuta con una serie di firme autografe della madre del calciatore, di cui solo due su venti consegnate in originale, mentre le altre diciotto ugualmente in fotocopia; c) nonostante la carenza di documenti verificati in originale, non era stato chiesto all’interessata di eseguire delle firme davanti al perito o di rilasciare un saggio grafico per la verifica dell’autenticità della firma contestata, d) non era stata prodotta alcuna prova avente ad oggetto la verifica della mano cui riferire la firma contestata, e) la Procura, pur avendone i poteri, non aveva disposto l’audizione della madre per avere conferma diretta del disconoscimento della firma né era stata disposta l’audizione del padre del calciatore, che, in base a quanto riferito, era presente al momento del tesseramento e avrebbe dunque potuto confermare l’assenza della moglie al momento della raccolta delle firme; f) la Procura non aveva neanche ritenuto di chiedere al calciatore per quali motivi la madre fosse assente, astenendosi, in soatanza, dall’acquisire qualsiasi prova al riguardo.
IV. 3 In primo grado, al contrario, le parti deferite avevano opposto altre circostanze probatorie atte a smentire la tesi accusatoria, quali: a) il carattere puramente strumentale dell’eccepita apocrifia, all’unico ed esclusivo fine di assecondare la volontà del calciatore di non voler continuare a giocare presso la A.C.D. Lucento, essendo quest’ultima retrocessa dal campionato di Eccellenza a quello di Promozione al termine della stagione sportiva 2018/2019, epoca a cui risale l’improvvisa denuncia dell’apocrifia della firma della madre del calciatore; b) il calciatore aveva giocato ben 2144 minuti successivamente alla firma del tesseramento, senza mai sollevare alcuna contestazione sulla validità dello stesso ed, anzi, ponendo in essere un “comportamento concludente e dimostrativo” che, secondo la giurisprudenza del Tribunale Federale Nazionale, costituisce “una forma di manifestazione tacita di rinnovo della volontà negoziale”; c) il calciatore è stato tesserato per la società Lucento fin dall’anno 2016 e nessuno dei tesseramenti firmati da lui e dai genitori negli anni precedenti a quello oggetto di esame era mai stato oggetto di contestazioni; d) la medesima società ha sostenuto diversi esborsi in denaro non irrilevanti per una società dilettantistica per fruire delle prestazioni del calciatore; d) la trasmissione degli “atti” alla Procura Federale da parte della Sezione Tesseramenti, dopo la pronuncia di irricevibilità del ricorso del calciatore, lungi dal dimostrare la riscontrata apocrifia, costituiva un mero “atto dovuto”, ai sensi dell’art. 89, comma 7, C.G.S.; e) con riferimento all’individuazione dell’autore materiale delle firme apposte su un tesseramento ed eccepite come apocrife, la giurisprudenza federale ha già avuto occasione di pronunciarsi subordinando l’eventuale deferimento degli indagati all’individuazione certa e sicura dell’autore dell’illecito, non potendo rimanere la società in balia di “capricci” di calciatori che vogliono cambiare squadra prima della scadenza del vincolo pluriennale, magari per risultati sportivi ritenuti deludenti.
IV.4 Le parti reclamate, infine, lamentavano comunque il carattere eccessivo e sproporzionato delle sanzioni richieste dalla Procura, anche alla luce dei plurimi precedenti giurisprudenziali pubblicati in questioni analoghe a quella oggetto di giudizio.
V. Il reclamo era chiamato in trattazione all’udienza del 28 Ottobre 2020, ove questa Corte, sentiti i difensori di entrambe parti “da remoto”, secondo il relativo verbale, lo tratteneva in decisione. In pari data era pubblicato il relativo dispositivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Collegio, preliminarmente, riscontra l’infondatezza dell’eccezione di tardività del reclamo.
Se è vero, infatti, che l’art. 101, comma 2, C.G.S. prevede che tale atto deve essere depositato, unitamente al contributo, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la segreteria della Corte federale di appello e trasmesso alla controparte, entro sette giorni dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare, tale disposizione deve essere letta in correlazione con quella di cui all’art. 51, comma 3, del medesimo Codice, secondo il quale “I dispositivi e le decisioni degli organi di giustizia sportiva emessi a seguito di deferimento devono essere direttamente comunicati all’organo che ha adottato il deferimento nonché alle altre parti ai sensi dell’art. 53.”.
Da tale combinato normativo, il Collegio rileva che è il momento della comunicazione alle parti quello da cui decorre il termine processuale di cui all’art. 101 cit., riguardando la “pubblicazione” la mera conoscenza e diffusione a terzi della pronuncia.
Avendo la Procura Federale rispettato il suddetto termine di sette giorni dal 26 Settembre 2020, il presente reclamo è tempestivo.
2. Entrando nel merito del medesimo, il Collegio ne riconosce però l’infondatezza, sulla base della pur stringata motivazione del giudice di primo grado, da integrare nel senso che segue.
2.1 Il Collegio rileva che l’atto di deferimento era puntuale non nell’indicare l’impossibilità di individuare il soggetto che aveva posto in essere la firma ritenuta apocrifa ma nel precisare che comunque non era stato impedito che la sottoscrizione, come tale, fosse stata apposta da “collaboratori” della presidente della società Lucento.
Sotto tale profilo, al quale la Procura si era vincolata, il Collegio rileva che l’unica fonte di prova è però costituita dalla richiamata perizia - effettivamente “di parte” e, come tale, mero principio di prova - a lei pervenuta, che si limita ad accertare l’apocrifia della suddetta firma ma non ad attribuire, né poteva farlo, ad alcun collaboratore o comunque a soggetto riconducibile alla società Lucento l’atto materiale dell’apposizione del segno contestato. Ne consegue – ad opinione del Collegio – che la Procura, avendone ampia possibilità ai sensi dell’art. 113 C.G.S., doveva, ai fini del preciso deferimento, integrare il deferimento e procurarsi altri principi di prova di prova idonei a corroborare la tesi sua propria.
La Procura, in particolare, era in condizione di reperire copia in Federazione di tutti i tesseramenti della società Lucento per la stagione agonistica in questione e per quelle precedenti riguardanti il calciatore e/o altri compagni di squadra, poteva, ad esempio, disporre audizione di tesserati e non – tra cui il presidente e il vicepresidente della Lucento - per verificare le modalità con cui è disposta la sottoscrizione dei moduli di tesseramento e la loro consegna agli interessati, poteva verificare se anche altri calciatori della medesima società avevano chiesto lo svincolo e per quale motivo, poteva soffermarsi sull’osservazione per la quale, solo a fine campionato, il calciatore aveva lamentato l’irregolarità del tesseramento, poteva valutare la costanza e la presenza del calciatore durante la stagione agonistica per la quale reclamava il tesseramento “anomalo”, poteva e doveva, in sostanza, valutare tutte le circostanze correlate alla situazione tra cui, non ultima, quella riferita dalle parti reclamate in ordine alla valutazione peritale basata solo su due firme “in originale”, senza sottoscrizione autografa “in presenza” della madre del calciatore.
2.2 A ciò deve aggiungersi che non può essere che confermata la tesi delle reclamate, secondo la quale la trasmissione degli “atti” alla Procura Federale da parte della Sezione Tesseramenti dopo la pronuncia di irricevibilità del ricorso del calciatore, lungi dal dimostrare la riscontrata apocrifia non pronunciata per soli motivi processuali, costituiva un mero “atto dovuto”, ai sensi dell’art. 89, comma 7, C.G.S., e come tale non poteva dare luogo ad alcuna fonte privilegiata di prova, data la chiara indicazione della norma che fa riferimento alla trasmissione per l’”eventuale” deferimento, lasciando così ampio margine alla Procura per disporre le sue indagini, che, peraltro, ben possono confluire anche in un’archiviazione.
In sostanza, la tesi del Tribunale, di cui alla decisione impugnata, deve essere confermata nella sostanza, nel senso che non era stata raggiunta alcuna prova che la firma ritenuta apocrifa fosse stata apposta da un collaboratore della presidente Giovine e/o della società Lucento, secondo la precisa indicazione di cui a relativo deferimento.
3. Alla luce di quanto dedotto, pertanto, il reclamo non può trovare accoglimento.
Pertanto, la Corte Federale d’Appello (IV Sezione), definitivamente pronunciando sul reclamo in epigrafe,
P.Q.M.
lo respinge.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.
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