F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE IV – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 055 CFA del 01 Dicembre 2020 (Sig. Ferretti Fabrizio-Procura Federale) N. 049/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 055/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

N. 049/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 055/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

QUARTA SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

 

Carlo Sica Presidente

Domenico Luca Scordino Componente

Francesco Sclafani Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo n. RG 049/CFA/2020-2021, proposto dal sig. Fabrizio Ferretti, rappresentato e difeso dall’Avv. Irene Pagano ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma via Cropalati 13;

contro

la Procura Federale;

per la riforma

ella decisione della Commissione Disciplinare del Settore Tecnico della FIGC pubblicata con C.U. n. 139 del 23 ottobre 2020;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 22 Novembre 2020, tenutasi in videoconferenza, l’Avv. Francesco Sclafani e uditi i difensori delle parti l’Avv. Irene Pagano per il reclamante e l’Avv. Annamaria De Santis per la Procura Federale;

RITENUTO IN FATTO

Il Sig. Fabrizio Ferretti, allenatore della squadra di C1 e direttore tecnico della ASD Real Ciampino CA5 è stato deferito dinanzi alla Commissione disciplinare per il Settore Tecnico perché, secondo quanto riportato nel referto di gara redatto dall’arbitro in occasione della partita del 6 Dicembre 2019 tra Futsal Lazio Academy e Nordovest CA5 proferiva le seguenti frasi all’indirizzo del direttore di gara Sig.ra Federica Pellegrini: “arbitro sei una merda, le donne non capiscono un cazzo di pallone, mi fate schifo, invece di arbitrare dovresti rimanere a casa, voi donne rovinate tutte le partite come quella di C1, spero di non vederti mai più, mi fai schifo”.

Con la decisione in epigrafe indicata la Commissione disciplinare per il Settore Tecnico, dopo aver rigettato la richiesta di prova testimoniale del deferito, ha dichiarato il Sig. Fabrizio Ferretti responsabile dell’addebito disciplinare contestato e, in parziale accoglimento dell’istanza della Procura che aveva chiesto la squalifica per mesi otto, gli ha comminato la sanzione della squalifica per mesi cinque.

Il Sig. Fabrizio Ferretti ha proposto reclamo avverso la suddetta decisione contestando la veridicità del referto arbitrale, insistendo nella sua richiesta di prova testimoniale rigettata dalla Commissione disciplinare e concludendo in via principale per l’annullamento della decisione impugnata e in subordine per una riduzione della sanzione disciplinare al minimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La Commissione disciplinare ha adottato la sua decisione sulla base del referto del direttore di gara sul presupposto che l’art. 61, comma 1, CGS conferisca al suddetto referto valore di prova privilegiata fino a querela di falso.

Tale assunto non può essere condiviso nella sua assolutezza perché in tale disposizione si legge che “i rapporti degli ufficiali di gara o del Commissario di campo e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Gli organi di giustizia sportiva possono utilizzare, altresì, ai fini di prova gli atti di indagine della Procura federale”.

Dalla lettera di tale norma emerge che i rapporti del direttore di gara costituiscono piena prova dei fatti ivi rappresentati e quindi la loro efficacia probatoria è assistita da una fede privilegiata che però non può essere vinta soltanto con la querela di falso (come nella c.d. prova legale) essendo espressamente prevista la possibilità di tenere conto anche degli atti istruttori risultanti dall’indagine svolta dalla Procura federale oltre ai poteri istruttori, anche d’ufficio, dell’organo giudicante.

Tuttavia, il valore probatorio privilegiato attribuito al referto arbitrale comporta che l’organo giudicante sia tenuto ad esaminare i suddetti atti istruttori solo quando il contenuto del referto non sia sufficiente per formare il suo convincimento in quanto, ad esempio, non contiene elementi chiari e coerenti sulla fondatezza dell’addebito o risulta intrinsecamente contraddittorio o contraddetto da altre circostanze rilevanti. Tale valutazione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice nella disamina del materiale probatorio.

Per quanto concerne in particolare la prova testimoniale ciò emerge indirettamente anche dall’art. 60, comma 1 CGS in cui si legge che “La testimonianza di uno dei soggetti di cui all'art. 2, può essere disposta dagli organi di giustizia sportiva su richiesta di una delle parti o d’ufficio quando, dal materiale acquisito, emerga la necessità di provvedere in tal senso”.

Nella fattispecie detta necessità non emerge e quindi non si ritiene di dover accogliere la richiesta di prova testimoniale reiterata dal reclamante perché il referto arbitrale, nella pienezza della sua efficacia probatoria privilegiata, non contiene nessuna ambiguità o lacuna sulla quale occorra fare luce attraverso le deposizioni testimoniali. In esso si dà atto in modo chiaro, dettagliato e verosimile di tutte le circostanze rilevanti ai fini del decidere.

Peraltro, il contenuto del referto risulta confermato nei suoi aspetti essenziali dalle puntualizzazioni successive rese alla Procura dal direttore di gara anche con riguardo alla sua conoscenza personale del Ferretti mentre non assume rilevanza il fatto che l’arbitro abbia integrato la sua iniziale versione dichiarando che il Ferretti le era stato presentato come Presidente della società dal dirigente di quest’ultima al momento della procedura di riconoscimento dei calciatori.

Sul punto le obiezioni sollevate nel reclamo non sono sufficienti per mettere in dubbio che sia stato proprio il Ferretti a rivolgere all’arbitro le frasi offensive riportate nel referto. Peraltro, il reclamante sostiene che l’arbitro avrebbe redatto il referto subito dopo il riconoscimento dei calciatori ma detta obiezione non può essere condivisa in quanto il riconoscimento avviene prima dello svolgimento della gara.

In altri termini, da una complessiva valutazione del quadro probatorio, ivi comprese le dichiarazioni testimoniali raccolte dalla Procura, emerge che il rapporto arbitrale contiene elementi sufficienti per affermare la responsabilità del Ferretti e che il reclamante non fornisce indizi o argomenti idonei a mettere in discussione la veridicità del suo contenuto e quindi la sua piena efficacia probatoria.

In subordine, il reclamante chiede la riduzione della sanzione disciplinare sostenendo che la squalifica di cinque mesi sarebbe eccessiva se si considera la sua storia personale e professionale.

Al riguardo si rileva che l’entità della sanzione va commisurata in primo luogo alla gravità dell’illecito in quanto la sua efficacia deterrente non può che essere proporzionale al disvalore sociale della condotta rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo per poter svolgere la sua funzione di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita.

Nella fattispecie, l’illecito commesso dal sig. Ferretti appare particolarmente grave perché, all’evidente carattere offensivo delle volgari espressioni rivolte pubblicamente al direttore di gara, si aggiunge il fatto che tali ingiurie sono connotate da una motivazione fortemente discriminatoria nei confronti degli arbitri di sesso femminile, con la quale viene messa in discussione la capacità arbitrale di tutte le donne che ricoprono questo ruolo nel mondo del calcio per il sol fatto di essere donne. Si tratta quindi di ingiurie che vanno al di là dell’offesa personale perché alimentano un ingiustificato pregiudizio discriminatorio nei confronti delle donne che potrebbe ostacolare la loro affermazione in un ruolo delicato come quello arbitrale.

Per tali ragioni, visto l’art. 106, comma 2, primo periodo CGS da cui risulta che in materia sanzionatoria la Corte decide “nel merito con possibilità di aggravare le sanzioni a carico dei reclamanti”, considerato che l’art. 28, comma 3 CGS prevede un minimo edittale di quattro

mesi di squalifica, constatato che la Procura federale ha chiesto la squalifica di otto mesi e

che la Commissione disciplinare ha accolto in parte la richiesta comminando la squalifica di cinque mesi senza fornire nessuna motivazione al riguardo, si ritiene congrua una sanzione pari al doppio del minimo edittale.

Pertanto la Corte ritiene di sanzionare il reclamante con la squalifica di mesi otto.

P.Q.M.

rigetta il reclamo ed in applicazione dell’art. 106, comma 2, primo periodo, del CGS ridetermina la sanzione nella squalifica di mesi 8 (otto).

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.

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