F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 074 CFA del 18 Gennaio 2021 (Manganelli Lorenzo-AIA-FIGC-Sig. Paganessi Giacomo) N. 052/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 074/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 052/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 074/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

composta da:

 

Mario Luigi Torsello Presidente

G. Paolo Cirillo Componente

Mauro Mazzoni Componente

Carlo Sica Componente

Mauro Sferrazza Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul  reclamo  numero  di  registro  052/CFA/2020-2021,  proposto  dal  Sig.  Lorenzo Manganelli

contro

A.I.A., Associazione italiana arbitri in persona del Presidente e legale rappresentate pro tempore

nonché

F.I.G.C,  Federazione  Italiana  Gioco  Calcio,  in  persona  del  Presidente  e  legale rappresentante pro – tempore

e nei confronti di

Giacomo Paganessi

avverso

la reiezione – da parte del Tribunale federale nazionale – del ricorso tendente ad ottenere l'annullamento del provvedimento di dismissione per sopraggiunti limiti di età disposto dall’A.I.A. con Com. Uff. n. 35 del 31.08.2020 (Decisione del Tribunale Federale n. 35/TFN-SD del 6.11.2020).

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Considerato che, all’esito della seduta, tenutasi il giorno 10 Dicembre, della I sezione di questa Corte, il Collegio ha rimesso, ai sensi dell’art. 99, comma 5, secondo periodo, CGS, il reclamo alle Sezioni Unite della Corte;

Visti tutti gli atti della causa;

Sentito, all’udienza dell’8 Gennaio  2021, tenutasi in videoconferenza, il relatore Mauro Sferrazza; uditi: per il reclamante gli avv.ti Gianluca Ciotti e Leonardo Guidi; per l’AIA, gli avv.ti Valerio Di Stasio e Giancarlo Perinello; per il sig. Giacomo Paganessi, gli avv.ti Valerio Di Stasio e Tonio Di Iacovo; ascoltate le spontanee dichiarazioni rese dal Sig. Lorenzo Manganelli;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso in data 28 Settembre 2020, proposto dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, inviato all'Associazione Italiana Arbitri (di seguito, anche AIA), alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito, anche FIGC), al sig. Giacomo Paganessi e al Tribunale Federale Nazionale, il sig. Lorenzo Manganelli, Associato AIA, come in atti rappresentato e difeso, ha chiesto l’annullamento della delibera di cui al comunicato ufficiale n. 35 del 31 agosto 2020, stagione sportiva 2019/2020, con il quale la stessa Associazione ha disposto la dismissione dell'A.A. Lorenzo Manganelli, della Sezione di Valdarno, in organico C.A.N. - A, ai sensi dell'art. 15, comma 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici (di seguito, anche NFOT), “avendo raggiunto il limite massimo di età consentito", e, comunque, di tutti gli atti prodromici, presupposti, preliminari e successivi, compresa la norma richiamata nella motivazione ed ogni eventuale proposta dell'Organo Tecnico della C.A.N. – A e la (eventuale) delibera del Comitato Nazionale, nonché dei criteri utilizzati per la formazione dell'elenco dei nominativi dei dismessi e della composizione dell'Organico stagione 2020/2021, come trasmessi al Comitato Nazionale e dallo stesso inseriti nel Comunicato ufficiale n. 44, nonché, ancora, della eventuale delibera che ha definito l’organico della C.A.N. - A, per la stagione 2019/2020, della comunicazione del 9 Settembre 2020 e di quelle antecedenti sulla posizione in graduatoria e relativa media.

Il Tribunale Federale Nazionale ha rigettato il ricorso. Queste, di seguito, le motivazioni.

«In via preliminare, le eccezioni d'inammissibilità del ricorso per acquiescenza o per carenza d'interesse appaiono entrambe destituite di fondamento.

Innanzitutto, non sembra configurabile alcuna condotta acquiescente del ricorrente rispetto alla dismissione, alla luce della tempestiva proposizione del ricorso e, antecedentemente, della presentazione di un'istanza di accesso finalizzata a difendere giudizialmente i propri interessi e diritti.

Né possono essere condivise le difese dell'A.Í.A. secondo le quali il ricorso non potrebbe determinare alcuna utilità in capo al ricorrente, in quanto il ruolo di arbitro benemerito sarebbe, secondo la normativa di riferimento, incompatibile con quello di assistente arbitrale in ruolo. Come correttamente rilevato dalle difese del ricorrente, infatti, il sig. Lorenzo Manganelli ben potrebbe rinunciare alla carica di arbitro benemerito a seguito dell'eventuale accoglimento del ricorso.

Nel merito il ricorso appare, tuttavia infondato, in quanto l'art. 15, comma 2 delle NOFT, rubricato Limiti d'età ("A.A.: l’effettività è consentita in base all'efficienza fisica ed alla validità di rendimento dell'interessato purché questi non abbia ancora compiuto al termine della stagione sportiva in corso (30 giugno): - il 45º anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N.,") non assume un carattere discriminatorio.

La previsione di un limite di età al superamento della quale non è consentito proseguire l'attività nel caso di specie, infatti, appare oggettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima: garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve.

Del resto, la legittimità della previsione di un limite d'età appare confermata anche dall'analisi comparata proposta dallo stesso ricorrente. In primis, le Federazioni sovranazionali non impongono alle Federazioni nazionali di eliminare limiti d'età. La circolare FIFA n. 1497/2015 riguarda esclusivamente gli arbitri internazionali. In secondo luogo, come confermato in udienza anche dalle difese del ricorrente anche altre federazioni europee prevedono limiti d'età (ad esempio, in Germania l'obbligo di dismissione è prevista al superamento del quarantottesimo anno).

Inconferente appare poi il richiamo effettuato alla sentenza della Corte di Appello di Milano, in quanto la fattispecie era evidentemente diversa: la previsione di un limite massimo d'età previsto nell'ambito di un concorso per l'accesso al pubblico impiego. Quanto all'asserita irragionevolezza della fissazione a quarantacinque anni del limite d'età il ricorrente ha omesso di indicare le ragioni per le quali una siffatta soglia sarebbe irragionevole. Inoltre, non si può fare a meno di evidenziare che il dato appare conforme alla media internazionale alla luce delle statistiche rilevate dall'A.l.A. e non contestate dal ricorrente (solo due arbitri internazionali su quasi trecento attualmente in ruolo hanno più di quarantacinque anni).

Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso dal momento che alcuna discriminazione è configurabile in relazione alla deroga ai limiti d'età prevista dall'art. 15, comma 1, delle NOFT, in favore degli arbitri effettivi inquadrati nella categoria Elite - Uefa.

Per quanto concerne gli assistenti arbitrali infatti la Uefa non prevede la categoria Elite. Appare evidente, dunque, che poiché le due situazioni sono palesemente differenti alla luce delle previsioni dell'Uefa non è possibile rinvenire alcuna discriminazione. Stante il rigetto dei primi due motivi di ricorso, la terza censura con la quale si contesta l'adozione dell'organico successivamente alla  dismissione  del ricorrente  e    la concessione della deroga in favore al sig. Giacomo Paganessi è inammissibile, poiché dall'eventuale  accoglimento  il  sig.  Lorenzo  Manganelli  non  potrebbe  comunque ottenere il bene della vita al quale anela, id est: la reintegrazione nell'organico della CAN».

Avverso la predetta decisione ha proposto reclamo il sig. Lorenzo Manganelli, come assistito, così concludendo: «Voglia l’Ill.ma Corte adita, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarare la nullità/annullabilità e comunque l’illegittimità del provvedimento impugnato e per l’effetto reintegrare l’appellante nell’organico della CAN».

Con distinte memorie difensive ex art. 103 CGS si sono costituiti nel presente giudizio d’appello l’AIA ed il sig. Paganessi.

L’AIA, all’esito di una … “corposa” difesa, conclude chiedendo «rigettarsi, siccome inammissibile ed infondato in fatto e diritto per le ragioni esposte in narrativa, l’appello proposto da Lorenzo Manganelli avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale 35/TFN-SD 2020/2021 di data 27.10.2020-6.11.2020, con conseguente integrale conferma di tale decisione e della delibera di data 31.8.2020 della Associazione Italiana Arbitri impugnata in primo grado».

Il sig. Giacomi Paganessi conclude «affinché l’appello sia respinto siccome inammissibile e/o infondato».

Con memoria aggiuntiva – tardiva – il reclamante, sig. Manganelli, chiedendo «venia per il deposito della presente memoria», attesa «l’esigenza di porre per iscritto il proprio pensiero, non lasciandolo all’oralità dell’udienza», eccepisce, «in diritto, la inammissibilità, per intervenuta decadenza delle difese sia dell’AIA che di Paganessi in quanto intervenute oltre il termine di giorni 3 dall’udienza fissata per il 10 Dicembre alle ore 11.00», considerato che «l’AIA, a mezzo dell’Avv. Di Stasio si è costituita il 7 Dicembre alle ore 19.24 ed il Paganessi, sempre a mezzo dell’Avv. Di Stasio e del collega Di Iacovo alle 21.04 dello stesso giorno».

«Precisato  quanto  sopra»,  prosegue,  il  reclamante,  nella  sua  memoria  difensiva, «perché tale comportamento è ormai divenuto una costante (sgradevole ed evitabile), si chiede che le presenti vengano recepite quale verbalizzazione d’udienza, salvo remissione (ex art. 9 Principi Giustizia CONI)».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reclamo non può trovare accoglimento.

2. Il sig. Lorenzo Manganelli  denuncia, anzitutto, il difetto di motivazione  della decisione del Tribunale, ritenendo che la stessa è sostanzialmente apparente o addirittura inesistente, in quanto frutto del mancato esame degli atti e dei documenti processuali. La doglianza è infondata.

Il vizio di motivazione che potrebbe assume rilevanza ai fini dell’annullamento della decisione è solo quello che si traduce in una corposa violazione dei precetti di rilievo costituzionale, attenendo alla stessa esistenza della motivazione, sempre necessaria in quanto requisito tanto formale, quanto sostanziale, indispensabile perché la pronunzia raggiunga lo scopo che l’ordinamento giuridico gli assegna.

In breve, l’anomalia della motivazione si esaurisce essenzialmente nella mancanza assoluta di motivi, sotto il profilo grafico e materiale, nella “motivazione apparente”, nella motivazione oggettivamente incomprensibile e nel contrasto irriducibile tra affermazioni tra loro non conciliabili: ipotesi, queste, che, nella fattispecie, pur trattandosi di motivazione succinta con riferimento a singoli profili, non sembrano rinvenirsi, non essendo possibile, specie in una prospettiva di economia del giudizio, ritenere la motivazione mancante perché non si è dato conto di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno del proprio assunto.

Sotto quest’ultimo profilo è stato rilevato che «dà luogo a nullità della sentenza solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé. Esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione", tale anomalia si identifica, oltre che nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva, tautologica, apodittica» (Consiglio di Stato, sez. III, 10 luglio 2020, n.4455).

In altri termini, deve considerarsi “apparente” la motivazione che, ad esempio, richiami un generico orientamento interpretativo senza illustrarne il contenuto o contenga anomalie argomentative di gravità tale da porre la motivazione medesima al di sotto del "minimo costituzionale" ex art. 111, comma 5, Cost. Del resto, come più volte evidenziato da questa Corte, in un contesto più generale di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione - anche in funzione del crescente rilievo attribuito dalla giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva idoneità e giustificabilità degli stessi - anche le pronunce degli organi di giustizia sportiva devono mostrarsi in linea con le finalità teleologiche dell’istituto.

Ne consegue che la motivazione – garanzia dell’equo processo – deve essere correlata alle risultanze istruttorie e, costituendo il momento formativo della decisione, deve essere articolata nei due momenti essenziali rappresentati dall’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e dall’indicazione delle ragioni sulle quali si basa la decisione stessa (cfr., ex multis, CFA, sez. I, dec. n. 95 del 24 luglio 2020).

La carenza o insufficienza della pronuncia rispetto ad una o più censure proposte con il ricorso non è sussumibile nello schema giuridico dell’error in procedendo, tale da condurre all'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado, traducendosi, soltanto, in un vizio della medesima impugnata decisione che questa Corte è legittimata ad eliminare, integrando la motivazione carente o insufficiente e, comunque, decidendo sul merito della causa, anche considerato che, in forza del principio devolutivo, il giudice del gravame è chiamato a decidere, pur nei limiti della domanda come riproposta, anche sui motivi di ricorso non adeguatamente affrontati dal primo giudice (cfr., in tal senso, tra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. V, 24 Gennaio  2020, n. 602).

Nel caso di specie, con riferimento alla denunciata ipotesi della motivazione apparente o inesistente, anche con specifico riguardo al terzo motivo di ricorso, la decisione del TFN, pur sinteticamente formulata, ha sostanzialmente esaminato la tesi di parte ricorrente, argomentando le ragioni (giuste o meno) della ritenuta mancanza di fondamento del ricorso e inammissibilità del terzo motivo proposto.

In definitiva, ritiene questa Corte che il Tribunale di prime cure abbia fornito motivazione della propria decisione, argomentando, seppur in modo sintetico, come, peraltro, previsto e richiesto dalle disposizioni federali e dalla norma di cui all’art. 2, comma 5, del codice di giustizia sportiva del Coni, le ragioni che hanno condotto al rigetto del ricorso del sig. Manganelli, con specificazione dei principali elementi a supporto del proprio convincimento. Pertanto, la decisione impugnata potrà essere giudicata corretta o meno, come meglio sarà indicato più avanti, ma, di certo, la stessa non è viziata per difetto o illogicità della motivazione.

3. Il sig. Manganelli censura poi la decisione del TFN con riferimento alla dichiarata inammissibilità della domanda rispetto alla legittimità della procedura di integrazione dell’organico e relativa concessione della deroga al sig. Paganessi.

3.1 Al riguardo il Tribunale ha ritenuto che la domanda del ricorrente relativa alla concessione della deroga in favore del sig. Giacomo Paganessi è inammissibile, poiché dall'eventuale suo accoglimento «il sig. Lorenzo Manganelli non potrebbe comunque ottenere il bene della vita al quale anela, id est: la reintegrazione nell'organico della CAN».

3.2 Orbene, ritiene, il reclamante, che la «decisione del TFN oltre a non cogliere nel segno, in senso propriamente giuridico, manca, prima ancora, di cogliere alcuni dati cronologici e fattuali, legati agli atti processuali, il cui esame appare conducente al fine di verificare la sussistenza di un concreto interesse, del Manganelli, all’esame della fattispecie, finalizzato alla sua reintegra a mezzo di concessione della deroga in luogo di quella del Paganessi.

L’errore percettivo ha la sua primaria ragione nell’omesso esame di documenti, fatti ed atti che, se verificati, avrebbero condotto, già sul terreno della ricostruzione del fatto storico, a ritenere sussistente l’interesse del Manganelli rispetto alla verifica della legittimità della deroga concessa al Paganessi piuttosto che allo stesso, al fine di integrare di una unità l’organico della CAN».

Questi i fatti come riassunti dal reclamante.

La CAN A propone (con relazione del 31 agosto 2020) di dismettere sia l’arbitro Paganessi, sia l’arbitro Manganelli: «il primo perché, dopo gli anni, prestabiliti dal Regolamento, non ha conseguito valutazioni tali da consentirgli la permanenza in organico (ricambio tecnico/generazionale art. 28 comma 2 lett. f) punto 4 NFOT) ed il secondo perché, nonostante le elevate prestazioni garantite ha raggiunto il limite di età e (parole scritte dall’OT), a causa del rinvio degli Europei, causa COVID, non diviene più destinatario della proposta di deroga (che avrebbe avuto a Luglio 2020) come programmata (per la corrente stagione)».

A prescindere dalla legittimità delle motivazioni del Comitato Nazionale, «che ha modificato una scelta (fondata sul solo merito) già compiuta, dirigendola verso altro soggetto (scavalcando il merito), vanificando la sua stessa proposta all’UEFA e sacrificando un arbitro internazionale», quello che rileva è, secondo la prospettazione difensiva dell’appellante, che «lo stesso giorno (31 agosto 2020) il Comitato Nazionale dismette Manganelli (ed altri) e nulla dice sulla sorte del Paganessi, seppure nella relazione questi appaia, inequivocabilmente proposto tra i dismessi».

«Emette in tal senso», prosegue parte reclamante, «il C. U. n. 35 denominato “Formazione ruoli arbitrali S.S. 2020-2021 CAN A - CAN B - CAN C (l’atto principale impugnato) nel quale, pur non avendo assunto alcuna decisione in ordine agli organici, il Paganessi risulta inserito in elenco, senza che vi sia alcuna motivazione (vedi C.U. N. 35 – Allegato)» e, poi, con «successivo C.U. n. 44 del 3 Settembre 2020 denominato “Delibera Organici CN 31 agosto 2020” il Comitato Nazione decide di ridurre di una unità le dismissioni deliberate ovvero di converso aumentare l’organico di una unità, ponendosi avanti alla scelta del soggetto da reintegrare che così disciplina: “ritenuta la necessità di integrare l’organico degli assistenti arbitrali a disposizione della costituenda C.A.N. per effetto del mancato inserimento dei tre vincitori del soppresso corso di qualificazione e, per l’effetto, di ridurre per un pari numero gli assistenti arbitrali da avvicendare dalla C.A.N. A (in numero di una unità) e dalla C.A.N. B (in numero di due unità), valorizzando, in primo luogo, le qualità tecniche degli assistenti arbitrali che hanno dimostrato un eccellente rendimento e non hanno raggiunto i limiti regolamentari di età …».

Orbene, lamenta, l’appellante, che il Comitato Nazionale AIA, dopo aver operato le dismissioni proposte dall’OT, manifesta la necessità di integrare l’Organico di una unità ovvero di ridurre le dismissioni di una unità e fissa anche i requisiti (rectius: criteri) per giungere ad occupare il posto “aggiunto”, quando, invece, aveva già, in precedenza, operato la scelta dell’arbitro da “reintegrare”.

L’AIA, in questo contesto, ha operato, a suo dire, “valorizzando, in primo luogo, le qualità tecniche assistenti degli arbitrali che hanno dimostrato un eccellente rendimento e non hanno raggiunto i limiti regolamentari di età”. Ed allora, sostiene il reclamante, rispetto al primo (“primario”) criterio dell’eccellente rendimento e delle qualità tecniche, lo stesso doveva, indubbiamente, prevalere, risultando il primo tra i dismessi, mentre viene, invece, escluso alla luce dell’altro criterio, ossia quello anagrafico, cui, però, si poteva ovviare «nel rispetto del Regolamento, concedendo la deroga di cui all’art. 29 NFOT» (che così recita: “Deroghe dei requisiti di età per il passaggio degli A.E. e A.A. e di permanenza nei ruoli” - «Il Comitato Nazionale, su proposta motivata dell’Organo Tecnico di appartenenza e in deroga ai limiti di età previsti per le promozioni, può disporre l’inquadramento nell’Organo Tecnico superiore di A.E. e di A.A. in possesso di particolari capacità tecniche e di età non superiore a un anno rispetto ai predetti limiti»).

Da qui deriverebbe l’interesse dell’appellante a che i criteri per la concessione della deroga non vengano alterati (con una delibera ad personam), non siano affetti dalla decisione arbitraria (in luogo di quella normativamente contemplata) e rimangano fissati dall’art. 29 NFOT.

La scelta operata dall’AIA sarebbe, secondo l’assunto difensivo del reclamante, «in assoluto contrasto con un principio, più volte affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI (cfr., da ultimo, decisione n. 56/2018), ovvero che “il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo”.

Nel caso di specie, per quanto è dato leggere dalla Relazione dell’OT se una deroga fosse stata prevista sarebbe stata, senza dubbio, in favore del Manganelli (vedi relazione pag. 119) e non si comprende come il solo spostamento degli Europei, causa COVID, abbia potuto incidere su tale ragionamento di natura squisitamente tecnica e meritocratica, alterandolo sino a preferire un soggetto risultato in posizione inferiore nella graduatoria di merito (di appena due anni più giovane e giunto alla ottava stagione ed ultima stagione di permanenza)».

In altri termini, la scelta effettuata dall’AIA sarebbe arbitraria ed «in questo punto la vicenda fattuale/documentale che già dava ragione alla sussistenza dell’interesse dell’appellante, non ravvisato dal primo Giudice, rispetto alla deroga concessa al Paganessi invece che allo stesso, si interseca con la illegittimità dei provvedimenti (pubblicati e non) che si sono avviluppati per giungere allo scopo prefissato dall’organo politico, di “legalizzare formalmente” una decisione assunta, al contrario, con pieno arbitrio».

3.3 Sul punto, l’Associazione dei direttori di gara eccepisce inammissibilità del motivo di reclamo. «Infatti», evidenzia AIA, «con la domanda formulata in primo grado Lorenzo Manganelli ha fissato il thema decidendum del presente giudizio esclusivamente nella richiesta di “annullamento del provvedimento impugnato” di cui al C.U. n. 35 del 31 agosto 2020” e “della dismissione dell’A.A. Manganelli Lorenzo”, con conseguente “reintegra definitiva nel ruolo di A.A. della CAN A (oggi riunificata in CAN A-B)”».

Insomma, secondo la prospettazione difensiva dell’AIA il sig. Manganelli non ha mai ritualmente richiesto alla giustizia sportiva di annullare la delibera AIA con cui è stata concessa la deroga all’assistente Paganessi, e, dunque la stessa «è immodificabile».   Nel merito, l’AIA difende la legittimità della delibera di concessione della deroga al sig. Paganessi.

3.4 Quest’ultimo, nella propria memoria di costituzione in appello, evidenzia come il sig. Manganelli, «ancora nel corso del procedimento e della udienza tenutasi innanzi al Tribunale si era premurato di rendere ulteriormente chiaro che l’impugnazione non fosse contro Paganessi, ma riguardasse unicamente la sua dismissione (e cioè di Manganelli)».

Reputa, ad ogni buon conto, il sig. Paganessi, infondato il motivo, considerato che «la delibera che ha concesso la permanenza nei ruoli dell’esponente è conforme al dettato regolamentare, posto che l’art. 29 delle NOFT condiziona tale provvedimento sia ad un “eccellente rendimento nell’ultima stagione sportiva” e l’esponente si è classificato al quinto posto (su 40) della graduatoria di merito …».

3.5 Al riguardo, in via preliminare, questa Corte non può omettere di rilevare come il percorso procedimentale seguito dall’AIA per addivenire alla concessione della deroga al sig. Paganessi non appare perspicuo.

Nel caso di specie, risulta in atti come, a fronte di una relazione dell’organo tecnico che suggeriva la dismissione sia dell’arbitro sig. Paganessi sia dell’arbitro sig. Manganelli, l’AIA abbia disposto la dismissione del reclamante per raggiunti limiti di età, ma non anche del primo, che, invece, in pari data (31 agosto 2020), è stato reinserito negli organici (cfr. Com. Uff. n. 35 del 2020 AIA), quando soltanto con il successivo Com. Uff. n. 44 del 3 Settembre 2020, è stata resa nota la delibera di rideterminazione degli organici, così rendendo – di fatto – possibile la “reintegrazione” del sig. Paganessi. Nella fattispecie potrebbe, dunque, venire in rilievo l’ipotesi della mancata applicazione del principio della necessaria predeterminazione dei criteri per la scelta dell’arbitro da reintegrare negli organici, costituendo, siffatta predeterminazione, garanzia a tutela dei principi di imparzialità e trasparenza.

3.6 Ciò doverosamente considerato, ritiene peraltro questa Corte che il motivo sia inammissibile e comunque infondato nel merito.

Con la domanda introduttiva del giudizio il sig. Manganelli ha richiesto l’annullamento della delibera AIA di dismissione dello stesso in correlazione alla dedotta illegittimità della medesima, attesa l’asserita violazione dei precetti di parità, trasparenza e non discriminazione. E, in tale prospettiva, per corroborare l’assunto della illegittimità della delibera impugnata, il ricorrente ha valorizzato la circostanza relativa alla deroga, invece, “inopinatamente” concessa al sig. Paganessi. In particolare, questa la domanda:

«… l’annullamento del provvedimento impugnato ovvero del C.U. n. 35 del 31 agosto 2020 e degli atti prodromici allo stesso, precedenti e successivi, con annullamento della dismissione dell’A.A. Manganelli Lorenzo, della  sezione di Valdarno  e reintegra definitiva nel ruolo di A.A. della CAN A (oggi unificata in CAN A-B con C.U. successivo alle dismissioni)».

Ebbene la domanda, sul punto, proposta in grado d’appello si traduce in una sostanziale mutatio libelli, in quanto tale, inammissibile.

Come anche correttamente rilevato dalla AIA nella memoria di costituzione nel presente grado di giudizio, «per la prima volta in appello l’ex assistente Manganelli chiede che il provvedimento di deroga concesso all’assistente Paganessi sia annullato e che, “in luogo” di quest’ultimo, la deroga venga ad esso riconosciuta e, a tal fine, domanda alla Corte di “dichiarare la nullità/annullabilità e comunque l’illegittimità del provvedimento impugnato e per l’effetto reintegrare l’appellante nell’organico della CAN».

Ed allora, visto l’art. 101, comma 2, CGS, siffatta domanda deve essere dichiarata inammissibile.

Ugualmente inammissibile, per difetto di interesse, resterebbe il motivo di gravame laddove si ritenga che il reclamante non abbia voluto introdurre, in sede di gravame, una specifica (nuova) domanda tesa all’annullamento della delibera AIA assunta con riferimento alla posizione del sig. Paganessi.

E ciò per un duplice ordine di motivi:

- lo stesso reclamante richiama ed invoca la disposizione di cui all’art. 29 del Regolamento («Il Comitato Nazionale, su proposta motivata dell’Organo Tecnico di appartenenza e in deroga ai limiti di età previsti per le promozioni, può disporre l’inquadramento nell’Organo  Tecnico superiore di A.E.  e di  A.A. in possesso di particolari capacità tecniche e di età non superiore a un anno rispetto ai predetti limiti»), che prevede soltanto una facoltà per l’AIA, a fronte della quale l’interessato non riveste una posizione giuridica soggettiva perfetta, ma di mero interesse di fatto e di aspettativa, quindi, non tutelabile in questa sede;

- rimarrebbe, comunque, ininfluente, ai fini della decisione del presente giudizio, affrontare il nodo della sussistenza o meno dell’interesse – da parte del reclamante – ad impugnare il provvedimento di deroga a favore del sig. Paganessi, anche atteso che l’accoglimento della domanda principale dell’attore avrebbe l’effetto di “reintegra”

dello stesso negli organici arbitrali CAN A (ora A-B), a prescindere dalla posizione del Sig. Paganessi.

Ciò senza trascurare anche di considerare che, in ogni caso, il nodo sostanziale del giudizio rimane pur sempre quello della legittimità della regola AIA che pone il limite di età, (il)legittimità già eccepita, dal sig. Manganelli, con gli altri motivi di reclamo e che costituisce, appunto, l’oggetto centrale, il vero thema disputandum del giudizio.

3.7 In ogni caso, il motivo di gravame è infondato.

A ben vedere, il sopra sintetizzato motivo di reclamo si traduce (e, ad ogni buon conto, si risolve) in una censura nei confronti della scelta, effettuata dai competenti organi dell’AIA, di concedere la prevista deroga regolamentare al sig. Paganessi, anziché al reclamante medesimo, attesa la sua età anagrafica superiore al limite regolamentare. Ora, la scelta degli organi tecnici AIA censurata dal reclamante, sembra integrare un atto di natura tecnica ed a valenza discrezionale rientrante nelle prerogative di indirizzo proprie dell’AIA.

Sotto tale profilo, questa Corte ritiene di riaffermare il pacifico principio della insindacabilità, in via generale, delle decisioni dell’AIA di natura tecnica, peraltro, chiaramente posto dalla disposizione di cui all’art. 40, comma 3, lett. f), del Regolamento AIA.

Conviene al riguardo ribadire in questa sede quanto da tempo affermato dal giudice amministrativo secondo cui con il concetto di discrezionalità tecnica s’intende fare riferimento al tipo di valutazione che viene posta in essere quando l’esame di fatti o situazioni deve essere effettuato mediante ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico.

In questi casi la verifica giustiziale deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali dell’organo che ha emanato l’atto, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo, senza, cioè, poter far luogo a sostituzione di valutazioni in presenza di interessi la cui cura è dalla norma espressamente affidata ad un dato organo, sicché ammettere che il giudice sportivo possa auto-attribuirseli rappresenterebbe quanto meno una violazione dell’ordine delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri.

Resta inteso, quindi, che (anche) il sindacato del giudice sportivo, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è limitato al riscontro del vizio di legittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà ovvero palese e manifesto travisamento dei fatti.

E tali vizi non sussistono nel caso in esame in quanto il sig. Paganessi si è classificato al quinto posto (su 40) della graduatoria di merito.

4. Il reclamante deduce poi la «erroneità della succinta argomentazione del TFN rispetto alla legittimità della norma impugnata».

Secondo l’assunto difensivo di parte reclamante, il «Tribunale sfugge alla vera questione giuridica posta dal ricorrente ovvero la legittimità della Norma di cui all’art. 22 delle NFOT AIA rispetto al principio di non discriminazione (per l’età anagrafica) per come costruito dalla Carta dei diritti dell’uomo, dalla normativa nazionale e recepito dall’ordinamento sportivo quale principio fondante (nello sport vale il merito e non si opera nessun tipo di discriminazione)».

Ad avviso del reclamante, il Tribunale «tenta una verifica di legittimità attraverso l’introduzione del principio contrapposto (il fine legittima il mezzo) che crede di reperire in quello (indicato, genericamente, dall’AIA) della necessità di “garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve”».

Il Giudice di prime cure incorrerebbe, in un errore di percezione tecnico/giuridica, poiché «il prisma indiscusso, attraverso cui leggere la questione, è il merito sportivo ed il correlato scopo (primario ed esclusivo) dell’AIA di fornire alla FIGC gli arbitri che si siano dimostrati migliori nel corso delle stagioni precedenti, garantendo al sistema calcio il miglior prodotto arbitrale possibile».

In questa ottica «si legge, anche e soprattutto, la possibilità di concedere la deroga (per un ulteriore anno) a chi, potenzialmente giunto al limite di età, dimostri di aver avuto la capacità ed il merito, di conservare, nonostante l’età, un “eccellente rendimento tecnico”», anche considerato che il «raggiungimento del fine di “garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve”, non si raggiunge privandosi dei migliori arbitri a disposizione per la sola circostanza che siano (attraverso una irrazionale ed irragionevole norma) ritenuti troppo vecchi seppur ancora i migliori (Manganelli e Rocchi, sono esempi lampanti!!), ma si raggiunge con la sostituzione di chi, nell’arco del tempo prestabilito e concesso, non è mai riuscito a dimostrare qualità e merito tali da giustificare la permanenza in organico, oltre il tempo previsto, impedendo, per tale via, il ricambio generazionale ovvero che altri colleghi, nel frattempo cresciuti, abbiamo anch’essi la possibilità di essere posti alla prova della categoria superiore».

In tale quadro di riferimento, erra - secondo il reclamante - il TFN quando afferma che “non si può fare a meno di evidenziare che il dato appare conforme alla media internazionale alla luce delle statistiche rilevate dall'A.l.A. e non contestate dal ricorrente (solo due arbitri internazionali su quasi trecento attualmente in ruolo ha no più di quarantacinque anni)”.

A prescindere da quanto dedotto in ordine alla asserita non contestazione del dato statistico, osserva, il reclamante, che «l’abolizione del limite di età in ambito internazionale (FIFA e UEFA) ed a cascata in ambito nazionale (anche il Portogallo, da ultimo, ha deciso di abolire i limiti), parte dal Gennaio  2015, in poi, con la conseguenza che in meno di tre stagioni sportive il numero di arbitri internazionali che ha beneficiato della nuova norma è (naturalmente) assai ridotto» e, ad ogni buon conto, sotto un profilo oggettivo, il dato confermerebbe, comunque, che «vi sono due arbitri sopra i 45 anni ovvero oltre il limite di cui si discute» e, dunque, «che non esiste il limite di età in ambito internazionale».

La delibera, infine, evidenzia l’interessato, non coglie «affatto nel segno mancando di motivare (realmente) il perché sia stato indicato proprio quel limite e sulla base di quali dati e/o ragioni oggettive.

Invero manca di osservare che il limite fu introdotto moltissimo tempo addietro, in un'altra epoca storica, sociale ed arbitrale, in cui si era vecchi e si andava in pensione a 50 anni ed anche prima. Manca di osservare come di tale irragionevolezza del limite l’AIA si sia accorta prevedendo per gli Arbitri internazionali permangano in ruolo indipendentemente dal dato cronologico fin quando siano ancora internazionali. E Manganelli lo è ancora oggi tanto da essere potenzialmente designabile dall’UEFA, come dimostra la incontestata documentazione versata in atti dal ricorrente. Buono per L’UEFA e non per l’AIA».

4.1 L’AIA, dal suo canto, ribadisce la legittimità, della norma in forza della quale il sig. Lorenzo Manganelli è stato dismesso dalla CAN A per superamento dei limiti di età

previsti dall’art. 15, comma 2, NFOT, in quanto esente dal vizio connesso alla denunciata natura discriminatoria.

Prima, ancora, però, l’AIA eccepisce inammissibilità del motivo, trattandosi di domanda nuova, in quanto il ricorrente ha sempre contestato la legittimità della norma di cui all’art. 22 NFOT, quando, invece, il sig. Manganelli è stato dismesso ex art. 15, comma 2, NFOT. La questione in ordine alla legittimità del predetto art. 22, dunque, secondo l’Associazione arbitrale, «non ha, in realtà, alcuna attinenza con il disposto avvicendamento dell’assistente arbitrale Manganelli», considerato che «tale norma riguarda non gli assistenti, ma gli arbitri e, soprattutto, il loro avvicendamento per una causale – il superamento del limite massimo di permanenza nei ruoli di un Organo Tecnico – del tutto diversa da quella indicata nella delibera oggetto del presente giudizio e, vale a dire, il superamento dei prescritti limiti di età».

In ogni caso, l’AIA chiede il rigetto, poiché infondata, della «domanda avversaria intesa a dimostrare che la delibera di dismissione di Manganelli per superamento del limite di età ex art. 15, comma 2, delle NFOT sia discriminatoria e illegittima».

Analoghe eccezioni e deduzioni difensive sono svolte dal sig. Paganessi, secondo cui, in sintesi, «tale censura è inammissibile perché nuova, non avendo l’appellante mai allegato in prime cure il relativo thema decidendum e mai invocato l’art. 22 NFOT (se non ora in appello), con violazione dell’art. 101, comma 2, del C.G.S.».

Con argomentazioni difensive sostanzialmente sovrapponibili a quelle di cui si avvale l’AIA il sig. Paganessi ritiene che il motivo sia, comunque, infondato.

4.3 Ritiene questa Corte che il motivo di gravame sia ammissibile.

 

Al termine della stagione sportiva 2019/2020, fissata al 31 agosto 2020 a causa della situazione di crisi pandemica in atto, la competente Commissione arbitrale CAN A, considerato che il sig. Lorenzo Manganelli ha compiuto, il 22.12.2019, 45 anni di età, ne ha proposto l’avvicendamento, ai sensi dell’art. 28, comma 2, lett. e), NFOT.

Il Comitato nazionale AIA, con l’impugnato provvedimento di cui al Com. Uff. n. 35 del 31 agosto 2020, ha disposto la dismissione dello stesso sig. Manganelli, “per limiti di età dalla CAN A”.

Il Presidente AIA, di conseguenza, con nota in data 31 agosto 2020, ha comunicato al sig. Lorenzo Manganelli che, “ai sensi dell’art. 15, comma 2, delle Norme di funzionamento  degli  Organi  tecnici,  avendo  raggiunto  il  limite  massimo  di  età

consentito, non è possibile confermarTi nel ruolo degli Assistenti arbitrali a disposizione della Commissione arbitri nazionale per campionato di serie A”.

Orbene, non vi è dubbio che la ragione, per come anche confermato dalla convenuta AIA, della dismissione dai ruoli CAN A del sig. Lorenzo Manganelli è correlata ai raggiunti limiti di età (45 anni).

La censura del reclamante è, dunque, esattamente qualificata, a prescindere dall’eventuale asserita confusione operata tra le disposizioni di cui all’art. 15 ed a quella di cui all’art. 22 NFOT.

4.4 E’ privo di pregio l’assunto difensivo AIA, secondo cui le censure attoree riguarderebbero «valutazioni soggettive sui limiti di età dell’attività arbitrale di vertice che esulano dai compiti di un organo giurisdizionale, posto che ad esso non è demandato di valutare la “bontà” di una norma, ma solo di verificare se una norma vigente è stata o meno correttamente applicata».

Questa Corte è tenuta ad esaminare la legittimità della norma AIA oggetto di censura. Del resto è appena il caso di rilevare che, ai sensi dell’art. 86 del Codice di giustizia sportiva, neanche le deliberazioni dell'Assemblea e del Consiglio federale si sottraggono al sindacato del giudice federale nei casi in cui le stesse siano contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e alle altre norme Federali.

Anzi, a ben vedere, proprio tale complesso di disposizioni può costituire il termine di raffronto alla luce del quale la normativa denunciata può rivelarsi (o meno) illegittima, in quanto se tale tertium comparationis vale per tali delibere esso varrà, a fortiori, per valutare la legittimità delle norme dell’AIA.

A tali parametri normativi vanno aggiunti - nei limiti di cui appresso – i principi derivanti dal Trattato e dalle direttive europee.

Entro tale perimetro, dunque, può essere condotto, in questa sede, il sindacato di legittimità della delibera AIA impugnata dal sig. Lorenzo Manganelli, sotto il profilo della legittimità o meno della norma regolamentare applicata.

Il motivo di gravame può, dunque, considerarsi ammissibile.

4.5 Tale motivo, tuttavia, non è fondato.

4.5.1 Con riferimento alla norma di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in forza della quale l’AIA ha deliberato la dismissione del reclamante, può assumere rilievo il principio – di

derivazione euro-unitaria – di non discriminazione per ragioni di età, ora sancito all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e che deve essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione.

E ciò seppure la direttiva 2000/78/Ue non sancisce di per sé il principio generale della non discriminazione in ragione dell’età, ma lo esprime soltanto concretamente (cfr. sentenza del 19 aprile 2016 della Corte di giustizia UE resa nella causa C-441/14).

Al riguardo va considerato che, seppure il rapporto dell’arbitro con l’AIA/FIGC non può qualificarsi in termini di lavoro dipendente in senso proprio, lo stesso potrebbe, comunque, rientrare nell’accezione ampia della nozione di lavoratore formulata dalla stessa giurisprudenza comunitaria, secondo cui, appunto, detta nozione resta caratterizzata dalla circostanza “che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione” (cfr. sentenza del 19 luglio 2017 della Corte di Giustizia UE resa nella causa C-143/16).

Ne consegue che quella dell’arbitro è un’attività (di natura professionale) che non può ritenersi totalmente estranea all’ambito dei principi in materia di non discriminazione dettati anche livello sovranazionale.

In ogni caso, se fosse applicabile la direttiva 2000/78/Ue, questa Corte, ai fini dell’affermazione dell’eventuale discriminazione, dovrebbe accertare se sussista, nella concreta fattispecie, una ragionevole giustificazione che potrebbe, appunto, essere ravvisata nel fatto che, per il solo compimento del 45° anno di età, la funzione di arbitro debba cessare e se una siffatta regola sia compatibile con i principi affermati dalla direttiva citata.

Esame, questo, che deve essere condotto non già secondo un approccio interpretativo generale e astratto, bensì in modo concreto e con specifico riferimento alla prestazione di cui trattasi.

4.5.2 Non possono certamente essere condivise le argomentazioni difensive dell’Associazione arbitri, secondo cui nell'art. 2, comma 5, dallo Statuto FIGC, non vi è «alcun riferimento all’età anagrafica come forma di discriminazione e tale omissione non è casuale, perché nell’organizzazione calcistica il fattore età non è in alcun modo discriminatorio laddove agevola l’inserimento dei giovani sportivi».

Difatti è vero che non vi è specifico riferimento, nell'art. 2, comma 5, dallo Statuto FIGC, alla discriminazione legata all’età, ma è altrettanto certo che l’ordinamento federale esclude ogni forma di discriminazione, compresa, quindi, quella legata all’età.

4.5.3 D’altro canto non è, poi, possibile sottacere come la motivazione resa dal Tribunale, secondo cui la ragionevolezza del limite è da rintracciare nella «finalità legittima: garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve», non convince appieno.

Se la ratio della normativa AIA fosse il ricambio generazionale, tali finalità rientrerebbero indubbiamente “nell’ambito delle «legittime finalità di politica del lavoro», che non danno seguito a discriminazioni sulla base dell’età, secondo la citata direttiva (paragrafo 1 dell’art. 6). In questa direzione si è coerentemente orientata la Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha riconosciuto ampi margini alla discrezionalità dei legislatori nazionali (ex plurimis, Corte di giustizia, sentenza 21 luglio 2010, in cause C-159/10 e C-160/10, Fuchs e Köhler)” (Corte costituzionale n. 133/2016).

In realtà il fine della disposizione che prevede il limite d’età sembra essere quello del necessario possesso, per lo svolgimento di tale servizio, di specifici requisiti d'idoneità e di perfetta efficienza fisica e ciò anche perché - come correttamente osservato anche dal reclamante - l’obiettivo del ricambio generazionale ben potrebbe essere assicurato con un graduale inserimento di giovani arbitri affiancati da arbitri esperti che diano prova di idoneità tecnica, a prescindere dall’età anagrafica.

4.3.4 Ad avviso di questa Corte la soluzione della controversia va ricercata sotto il profilo della ragionevolezza o meno (e della proporzionalità della stessa rispetto al fine da perseguire ed allo specifico contesto di riferimento) della regola del limite di 45 anni di età e del suo eventuale contrasto con i principi sopra detti.

Recita l’art. 15, comma 2, NFOT:

«A.A.: l’attività è consentita in base all’efficienza fisica ed alla validità di rendimento dell’interessato purché questi non abbia ancora compiuto al termine della stagione sportiva in corso (30 giugno):

- il 45° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. A;

- il 42° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. B;

- il 35° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. C;

- il 32° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. D».

Orbene, la sopra menzionata disposizione delle NFOT non è in contrasto né con i principi fondamentali o costituzionali dell’ordinamento giuridico generale, né con il combinato disposto delle norme di cui all’art. 1, comma 2, dello stesso Regolamento AIA (secondo cui la predetta medesima Associazione provvede «direttamente al reclutamento, alla formazione, all’inquadramento ed all’impiego degli arbitri, assicurando condizioni di parità nell’accesso all’attività arbitrale») e dell’art. 2, comma 5, dello Statuto federale («La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza»), inserito nell’articolo significativamente rubricato “Principi fondamentali”.

Del resto,  occorre  considerare che  l’orientamento prevalente della giurisprudenza costituzionale e della giustizia amministrativa è nel senso di considerare l’apposizione di limiti, quali quelli che qui ci occupano (per l’accesso ad una carriera o in ordine alla cessazione della stessa), una prerogativa del legislatore, soprattutto, appunto, laddove il contrasto della disposizione con i principi dell’ordinamento considerato non sia palese ed evidente.

Nel caso di specie, si tratta di un limite anagrafico posto da una norma di carattere generale la cui valutazione in termini di “attualità” e coerenza con il vigente contesto normativo e giurisprudenziale – anche comunitario – di rilievo, non può che essere demandata al legislatore federale o a quello sportivo, che ben potrà, nell’ambito della sfera di discrezionalità normativa allo stesso riservata, eventualmente considerare la possibilità di  una complessiva rivisitazione della disciplina in materia, idonea ad impedire eventuali singoli provvedimenti o decisioni che rischierebbero di creare un vulnus per la operatività ed efficienza del sistema.

Unicuique suum.

Per quanto concerne la presente sede giustiziale, ciò che viene essenzialmente in rilievo è che la previsione di un limite di età per gli arbitri non appare oggettivamente e ragionevolmente ingiustificata.

L'individuazione del requisito anagrafico di cui trattasi non può essere ritenuta arbitraria o posta in violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, né in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, in quanto il contestato requisito del limite di età può essere giustificato dalla specifica attività psico-fisica richiesta alla categoria arbitrale, che non può non postulare il possesso di specifici requisiti d'idoneità e di perfetta efficienza fisica, ivi compresa una ragionevole età anagrafica.

Del resto, l’imposizione di un limite di età non appare in contrasto neppure con la direttiva n. 78/2000/Ue – che ha, come è noto, lo scopo di impedire discriminazioni in tema di accesso al lavoro – atteso che la stessa, all’art. 6, consente ampie deroghe in ragione dell'età, affidandole al prudente apprezzamento del legislatore nazionale.

Né può dirsi in contrasto con l'art. 3, comma 4-bis e 4-ter del decreto legislativo n. 216/2003, di recepimento della richiamata direttiva, che fa salve le vigenti disposizioni di legge che prevedono trattamenti differenziati in ragione dell'età per peculiari categorie di lavoratori.

In altri termini, questa Corte ritiene che, considerato che la natura delle funzioni assegnate dall’ordinamento federale all’arbitro presuppone un'attitudine psico-fisica particolare, non costituisce discriminazione la previsione di un limite di età per la cessazione (i.e. “dismissione”) dal ruolo, atteso, appunto, che, per la particolare natura dell’attività richiesta agli arbitri e in considerazione del contesto in cui la stessa viene espletata, la connotazione anagrafica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento della predetta medesima attività.

Quanto precede anche alla luce della legittimità della finalità e della sua proporzionalità con il requisito, dovendosi presumere che il possesso di determinate capacità fisiche sia (quantomeno, anche) una caratteristica legata all'età.

Il principio della eliminazione, in via generale, del limite d'età per l’espletamento di una data funzione non può, dunque, valere anche per lo svolgimento di quelle attività dove la prestanza fisica diviene elemento (i.e. prerequisito) fondamentale.

In definitiva, è legittima la disciplina di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in quanto il limite anagrafico per lo svolgimento di una data attività risulta necessario e, comunque, funzionale ad assicurare l’efficienza del servizio arbitrale e non appare irragionevolmente discriminatorio, fondando la sua ratio nella peculiare posizione funzionale di tale categoria di associati alla Federcalcio alla luce del necessario possesso di specifici requisiti psico-fisici.

In conclusione, dunque, la Corte federale d’appello ritiene che della denunciata disposizione di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in forza della quale l’AIA ha deliberato

la dismissione del sig. Lorenzo Manganelli, non possa essere affermata la natura discriminatoria nella parte in cui prevede un limite massimo di età.

Resta ferma, evidentemente, la possibilità per il legislatore federale di contemperare siffatto criterio anagrafico con altri criteri e requisiti meno restrittivi e più idonei al contesto sportivo di riferimento, quali, ad esempio, quello della sussistenza della effettiva idoneità psico-fisica dell’associato.

5. Il reclamante deduce ancora sull’effetto discriminatorio per età dell’art. 22 NFOT AIA, lamentando una incongruenza nella disciplina dettata per gli assistenti rispetto a quella prevista per gli arbitri, criticando la decisione del TFN, secondo cui non è configurabile alcuna discriminazione «in relazione alla deroga ai limiti d'età prevista dall'art. 15, comma 1 delle NOFT, in favore degli arbitri effettivi inquadrati nella categoria Élite - Uefa. Per quanto concerne gli assistenti arbitrali, infatti, la Uefa non prevede la categoria Élite. Appare evidente, dunque, che poiché le due situazioni sono palesemente differenti alla luce delle previsioni dell'Uefa non è possibile rinvenire alcuna discriminazione».

Secondo il reclamante, infatti,  «il mero dato classificatorio  non  può e non deve consentire una disparità di associati che, se esistente, deve emergere dal solo (o in maniera preponderante) dal dato tecnico meritocratico».

Non sarebbe, dunque, dato «comprendere il perché la “sottospecie” A.A. (sempre associati di eguale rango) non debba godere delle stesse garanzie della specie A.E. (Élite o meno che siano). Certo non può costituire discrimine la mancanza di una paritetica ripartizione in ambito internazionale per gli AA in quanto in tal caso sarebbe sufficiente verificare che il Manganelli era “in squadra” con arbitri UEFA Élite (finale Europa League Stagione 2018/2019 e finale Champions League stagione 2019/2020) con l’ovvia conseguenza che se classificazione non fosse stata formalmente omessa egli sarebbe stato senza ombra di dubbio inquadrato in tale categoria.

Non può costituire ragione del discrimine l’evidente errore del legislatore che, immotivatamente, ha compiuto l’errore redazionale, regalando, una norma tronca ed inefficace rispetto allo scopo che si era posta».

L’appellato Paganessi ritiene il motivo inammissibile e, comunque, infondato.

Nella stessa direzione l’AIA, che evidenzia come la suddivisione in fasce (elite, first, second e third) sia prevista, dall’UEFA, limitatamente ai soli arbitri, e non anche agli assistenti, anche considerato che il loro impiego, in ambito internazionale, è correlato, oltre che a valutazioni tecniche, anche ad aspetti di altra natura, quali la nazionalità, i rapporti con l’arbitro, ecc.

Il motivo di gravame, pur ammissibile, appare infondato.

Dalla documentazione versata in atti non risulta, presso UEFA, alcuna categoria “Elite” per gli assistenti arbitrali. Si tratta, dunque, di situazioni differenti che ben possono essere disciplinate in modo differente.

Del resto, il reclamante non ha interesse di dolersi di una norma che, in via eccezionale, consente a determinati arbitri di superare determinati limiti di età. Norma che, in quanto, appunto, di natura eccezionale, non potrebbe, peraltro trovare neppure applicazione analogica, così come correttamente osservato dall’AIA.

In realtà, a ben vedere, il reclamante può dolersi della esistenza di una disposizione che limiti la sua attività arbitrale all’interno del 45° anno di età, non già di una disposizione che consente ad alcuni arbitri internazionali di derogare al limite di età di cui all’art. 15, comma 2, NFOT.

P.Q.M.

respinge il reclamo.

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.

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