F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 085 CFA dell’11 Marzo 2021 (Sig. Pasquali Alberto ed altri/CR Lombardia ed altri) N. 116/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI 085/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
N. 116/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI
085/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONE UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello Presidente
Giampiero Paolo Cirillo Componente
Mauro Mazzoni Componente
Carlo Sica Componente
Raffaele Tuccillo Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo n. RG 116/CFA/2020-2021, proposto dai Sigg.ri Alberto Pasquali, Laura Cicoria, Domenico D’angelo, Andreino Bignotti, Bruno Brulli, Fabio Ratti, Giuseppe Antonio Taini, Giovanni Monteverdi, Francesco Santagostino, Agostino Nelvio Malavasi, Paolo Ferretti, Roberto Tarlocco, Antonio Caprioli, Roberto Luigi Marzola, Amilcare Baldassari, Paolo Loschi, Dario Silini, Marcello Saladini, Massimiliano Camero, Giorgio Arioli, Giuseppe Nicoli, Daniele Buriol, Enrico Simonetti, Patrizia Giovanna Colciago, Alessandro Origgi, Antonello Cattelan, rappresentati e difesi dall’Avv. Prof. Guido Valori e dall’Avv. Fabrizia Ginnetti ed 2 elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, viale delle Milizie n. 106,
contro
Comitato regionale Lombardia della Lega nazionale dilettanti – F.I.G.C., in personale del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Cesare Di Cintio e dall’Avv. Federica Ferrari ed elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda in Bergamo, via Tasso, n. 31;
e nei confronti di
Carlo Tavecchio, Paola Rasori, Gianfranco Scarpellini, Carmine Gorrasi, rappresentati e difesi dall’Avv. Matteo Sperduti, elettivamente domiciliati presso il suo studio in Latina, viale dello Statuto, n. 52;
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Giancarlo Viglione ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17;
Lega nazionale dilettanti, Oscar Gilardi, Luciano Gandini,
per la riforma
della decisione del Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare n. 102 del 12 Febbraio 2021;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 4 Marzo 2021 tenutasi in videoconferenza il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti l’avv. prof. Guido Valori, l’avv. Giancarlo Viglione, l’avv. Matteo Sperduti, l’avv. Cesare Di Cintio e l’avv. Federica Ferrari;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado i ricorrenti chiedevano accertarsi la nullità, l’inefficacia ovvero di annullare l’assemblea ordinaria elettiva del Comitato regionale Lombardia della Lega nazionale dilettanti del 9 Gennaio 2021, a seguito della quale sono risultati eletti alle rispettive cariche: il Presidente del Comitato Regionale Lombardia LND – FIGC; i Componenti del Consiglio Direttivo del Comitato Regionale Lombardia LND - FIGC; i Componenti del Collegio dei Revisori dei Conti del Comitato Regionale Lombardia LND – FIGC; i Delegati Assembleari del Comitato Regionale Lombardia LND – FIGC; il Responsabile Calcio Femminile del Comitato Regionale Lombardia LND - FIGC; il Responsabile Calcio a Cinque del Comitato Regionale Lombardia LND - FIGC - e di tutte le deliberazioni assunte dalla assemblea, ivi compresa la proclamazione degli eletti, ed ogni atto e/o provvedimento prodromico e/o conseguente e/o connesso e/o collegato. I ricorrenti contestavano, in particolare, l’avvenuta celebrazione dell’assemblea federale con modalità a distanza, il fatto che si sarebbero verificate gravi irregolarità tali da rendere nulli o annullabili gli atti assunti dall’assemblea e la presenza di problematiche che avevano interessato il sistema di voto.
La decisione impugnata, anche alla luce delle eccezioni sollevate da alcune delle parti costituite, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso sulla base di due argomenti: la mancata notifica del ricorso a tutti i controinteressati e l’inottemperanza all’ordine del giudice con cui era disposto di provvedere all’integrazione del contraddittorio; la proposizione di un ricorso collettivo da parte di soggetti non titolari né portatori del medesimo interesse.
Con l’atto introduttivo del presente grado di giudizio i reclamanti contestavano la decisione impugnata chiedendone la riforma. Rappresentavano, in particolare, che: il Tribunale avrebbe illegittimamente gravato i ricorrenti dell’onere di individuare i controinteressati, cosa non agevole; la mancata indicazione da parte del Tribunale dei controinteressati avrebbe impedito ai ricorrenti di ottemperare all’ordine di integrazione del contraddittorio; non vi erano controinteressati in senso tecnico, alla luce del contenuto degli atti impugnati e, comunque, a differenza del giudizio amministrativo, nel giudizio sportivo non era necessario notificare il ricorso ai controinteressati; la notifica era stata effettuata a due controinteressati (Luciano Gandini e Oscar Gilardi), non costituiti. Osservavano, inoltre, con riferimento alla seconda causa di inammissibilità, che le censure formulate dai ricorrenti erano comuni e dirette a ottenere l’annullamento della delibera assembleare. Insistevano quindi nell’accoglimento del reclamo anche nel merito.
Si costituivano il Comitato Regionale Lombardia LND, la FIGC e i Sigg.ri Carlo Tavecchio, Paola Rasori, Carmine Gorrasi e Gianfranco Scarpellini chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi il reclamo.
Ai sensi dell’art. 95, quinto comma, del codice il Presidente della Corte deferiva la questione alle Sezioni unite, in considerazione dei profili di rilevanza e di principio che investiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel costituirsi in giudizio il Comitato Regionale Lombardia ha sollevato una prima eccezione di irricevibilità del ricorso collettivo in quanto i reclamanti avrebbero versato un unico contributo per l'accesso alla giustizia sportiva anziché un numero di contributi corrispondente al numero dei ricorrenti o reclamanti.
1.1 L’eccezione non può trovare accoglimento, nei termini che seguono.
Ai sensi dell’art. 48, secondo comma, del CGS della FIGC, i ricorsi ed i reclami, anche se soltanto preannunciati, a pena di irricevibilità, sono gravati dal prescritto contributo, il cui versamento deve essere effettuato entro il momento della trasmissione del ricorso o del reclamo all’organo di giustizia sportiva, fatti salvi gli eventuali diversi termini di pagamento indicati dal codice.
Nel caso di specie, il contributo è stato versato, ma in un ammontare corrispondente alla proposizione di un unico reclamo.
Il collegio ritiene che le posizioni degli interessati siano differenti e autonome, in quanto ognuno dei reclamanti, come si indicherà anche al punto successivo della motivazione, è titolare di un interesse diretto all’annullamento dell’atto dell’assemblea con cui è stato nominato un diverso associato per la carica per la quale concorreva, mentre il sig. Antonello Cattelan rappresenta di essere interessato al regolare svolgimento dell’assemblea elettorale.
Pertanto, se è vero che tutti i reclamanti sono interessati all’annullamento del verbale dell’assemblea con il quale è stato previsto lo svolgimento da remoto dell’assemblea medesima, ognuno dei reclamanti – con l’eccezione del sig. Cattelan – ha un interesse diretto e attuale all’annullamento dell’atto con il quale è stata proclamata l’elezione dell’associato in relazione alla carica federale alla quale concretamente aspirava.
Da tale premessa, deriva che il ricorso originario e il reclamo, anche se proposti collettivamente mediante il deposito di un unico atto, sono in realtà diretti, sia sotto un profilo formale che sostanziale, a far valere in giudizio posizioni differenziate e autonome.
In ogni caso, il contributo per l’accesso alla giustizia sportiva, come si evince dall’esame del citato art. 48 e dal C.U. n. 17/A con cui il Presidente Federale ha determinato gli oneri finanziari per la stagione sportiva 2020/2021 (ivi incluso il contributo per l’accesso alla giustizia sportiva in conformità a quanto previsto dal medesimo art. 48), sono collegati alla posizione di ricorrente o di reclamante nell’ambito della Federazione e non al fatto che uno o più tesserati depositino un unico atto o più atti per accedere al processo sportivo.
Ne discende, nel caso di specie, che il contributo per l’accesso alla giustizia deve essere versato da ognuno dei reclamanti.
1.2 L’art. 48 CGS prevede espressamente che il mancato versamento del contributo comporta l’irricevibilità del ricorso o del reclamo.
Nel caso di specie, tuttavia, pur essendo dovuto il contributo da parte di ognuno dei reclamanti, il collegio ritiene che non possa pervenirsi alla conseguenza giuridica della irricevibilità dell’atto.
Sotto un profilo letterale, il secondo comma del citato art. 48 utilizza i termini “ricorso” e “reclamo” senza chiarire se il significato degli enunciati linguistici sia idoneo a comprendere anche i ricorsi presentati collettivamente da una pluralità di tesserati.
Nello sciogliere la polisemia del senso letterale delle parole, mentre ai fini dell’applicazione del contributo occorre, come precisato, fare riferimento al numero dei ricorrenti o dei reclamanti, per quanto concerne le conseguenze giuridiche dell’omesso versamento per ognuno dei ricorrenti o reclamanti, non si possono trascurare i principi del giusto processo.
A fronte della citata polisemia del senso letterale delle parole, la scelta di un risultato ermeneutico che determini la conseguenza giuridica dell’irricevibilità del reclamo si tradurrebbe nella lesione del principio del diritto di difesa, espressione del giusto processo di cui all’art. 44 CGS.
Tale conclusione, del resto, è conforme ai principi dell’ordinamento generale secondo cui il mancato versamento del contributo unificato non provoca l’inammissibilità dell’atto di ricorso, poiché rileva esclusivamente ai fini fiscali, salvo l’obbligo di tempestivo pagamento.
Ne discende, fermo l’obbligo per ognuno dei proponenti il reclamo collettivo di corrispondere il contributo per l’accesso alla giustizia sportiva, che il mancato versamento del citato contributo da parte di solo alcuni dei reclamanti non determina l’irricevibilità del reclamo.
Gli uffici della Federazione provvederanno, pertanto, a chiedere il pagamento del contributo a tutti i reclamanti che non abbiamo provveduto al relativo versamento.
2. Come anticipato, la decisione impugnata ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per due differenti ragioni. Con un primo motivo di reclamo, viene contestata la violazione degli artt. 2, commi 2, 3, 5 e 6, 30 e 32 CGS del CONI, nonché degli artt.
44, commi 1, 2 e 4, e 87 CGS della FIGC, nonché la contraddittorietà della motivazione. Con altro motivo, la reclamante ritiene non sussistenti i presupposti per dichiarare l’inammissibilità del ricorso collettivo per mancanza di analogie tra le posizioni dei reclamanti.
2.1 In applicazione del principio della ragione più liquida, il collegio ritiene di affrontare in via prioritaria il secondo motivo di inammissibilità descritto, che si ritiene assorbente ai fini del rigetto del reclamo.
Occorre comunque premettere che il collegio neanche in caso di accoglimento del reclamo avrebbe potuto esaminare il merito del ricorso, posto che, ai sensi dell’art.
106, secondo comma, terzo periodo, CGS della FIGC, “Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione”.
2.2 Come si desume dal ricorso introduttivo del giudizio e dal reclamo, i ricorrenti hanno agito non in qualità di meri tesserati e non al fine di far valere in giudizio un mero interesse allo svolgimento regolare dell’assemblea, ma in quanto candidati all’elezione delle cariche federali esaminate nel corso dell’assemblea ordinaria elettiva del Comitato Regionale Lombardia del 9 Gennaio 2021.
Ognuno dei ricorrenti ha interesse a ottenere l’annullamento di alcuni degli atti adottati nel corso dell’assemblea, ossia di quelli corrispondenti alla carica elettiva per la quale concorreva e, al tempo stesso, non ha alcun interesse a ottenere l’annullamento della proclamazione degli eletti a cariche per le quali non concorreva, ad eccezione del sig. Cattelan, che ha agito in giudizio quale mero reggente dell’assemblea.
Tali circostanze si desumono puntualmente dal tenore degli atti del giudizio (a pag. 7, par. 6, del ricorso introduttivo si precisa che “Gli odierni ricorrenti, ad eccezione del Dott. Antonello Cattelan, all’epoca dei fatti Reggente del CRL… presentavano tutti la rispettiva candidatura per rivestire l’incarico di componente dei vari Organi direttivi del CRL. Nello specifico il Dott. Alberto Pasquali si candidava alla carica di Presidente del CRL; i Sigg.ri Arioli Giorgio…”).
L’art. 86 CGS della FIGC, rubricato “ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale”, prevede che “Gli organi della Federazione, della Procura federale e i tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta nell'ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni, possono proporre ricorso per l'annullamento delle deliberazioni dell'Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e alle altre norme Federali”.
Ne discende che per poter impugnare la delibera assembleare occorre essere titolari di una situazione giuridica soggettiva protetta nell’ordinamento federale e aver subito
un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni.
I reclamanti, pertanto, sono titolari di tale interesse in quanto risultati non eletti nelle cariche per le quali avevano proposto le proprie candidature.
Ne discende ancora che i reclamanti, ad eccezione del sig. Cattelan, sono titolari di un interesse diretto e immediato all’annullamento solo di alcuni degli atti adottati nel corso della citata assemblea e le loro posizioni non sono analoghe né uniformi.
A titolo esemplificativo, infatti, a pag. 14 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la parte sviluppa una prova di resistenza, relativa ad uno dei contestati vizi della procedura elettorale, con riferimento a una delle posizioni (“Se le n. 30 affiliate avessero potuto esprimere regolarmente le rispettive preferenze e se non fosse stato permesso a società non accreditate regolarmente, almeno n. 50, di esprimere il voto, il Dott. Alberto Pasquali avrebbe raccolto più voti dell’eletto Rag. Carlo Tavecchio, visto che lo scarto rilevato tra i due candidati, all’esito della votazione, era di solo n. 14 voti”). La prova di resistenza e, quindi, l’idoneità di uno dei vizi allegati a incidere sull’interesse a ricorrere non può che essere valutata analiticamente con riferimento a ciascuna delle elezioni, circostanza che pertanto conferma la non analogia delle censure e, comunque, la mancanza dei minimi presupposti necessari per proporre un ricorso collettivo, anche tenendo conto dell’informalità che caratterizza il processo sportivo.
Orbene, com’è noto, la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione.
Di conseguenza, ai fini della ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, sez. IV, 27 Gennaio 2015 n. 363; sez. VI, sent. 18 luglio 1997, n.1129; Cons. Stato, sez. IV, 14 Ottobre 2004, n.6671; Cons. Stato, sez. V, 24 agosto 2010, n. 5928; T.a.r. Lazio, sez. III bis, 20 Novembre 2020, n. 12242).
Pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di precisi requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, sez. IV, 29 Dicembre 2011, n. 6990).
Occorre, al riguardo, precisare che l’affermazione secondo la quale il ricorso collettivo deve essere inteso come una “deroga” al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione, non significa che principio generale del processo sia l’esercizio “singolare” del diritto di azione da parte di ciascun titolare di una posizione giuridica per la quale si richiede tutela giurisdizionale (norme che consentono una proposizione congiunta sono quelle in tema di connessione presenti sia nel codice di procedura civile - artt. 31-36, art. 40 c.p.c. - che in quello amministrativo - art. 70 c.p.a.).
Ciò che consente a più soggetti di agire in giudizio per il tramite di un solo strumento di “vocatio” – assumendo “collettivamente” la qualità di parte attorea ovvero di parte ricorrente - è la identità di posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela: in questo senso, più titolari in comunione di un diritto reale potranno agire “collettivamente” in giudizio per la tutela del loro diritto da aggressioni e/o compromissioni ovvero per il risarcimento del danno eventualmente subito, così come più titolari di un medesimo diritto di credito con un solo atto processuale potranno richiedere la condanna del debitore all’adempimento della propria obbligazione.
Tale situazione, tuttavia, più che “derogatoria” di un principio generale, costituisce una ipotesi ordinaria di esercizio del potere di azione, proiezione in sede processuale di una situazione sostanziale identica, accomunante tutti gli attori, ricorrenti o reclamanti.
In questo contesto anche la giurisprudenza amministrativa - come si è visto - indica ai fini dell’ammissibilità del ricorso collettivo, “identità di situazioni sostanziali e processuali”, individuando tale identità nella circostanza che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi. Più precisamente, ciò comporta: per un verso, la “identità” della posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela in giudizio, intendendosi per “identità” la riconducibilità di tutte le posizioni alla medesima tipologia posta dall’atto di esercizio del medesimo potere amministrativo; per altro verso, la “identità” del tipo di pronuncia richiesto al giudice; per altro verso ancora, la “identità” degli atti impugnati, nel senso che tutti gli atti oggetto di impugnazione siano “comuni” a tutti i ricorrenti, cioè siano tutti (e ciascuno di essi) egualmente lesivi di “identiche” situazioni giuridiche (infatti, se l’identità delle posizioni giuridiche soggettive deve essere ricercata nel “tipo” di potere esercitato, ad identità - così definita - di posizioni non può che corrispondere, specularmente, “identità” di atti impugnati); infine, la identità dei motivi di censura rivolti avverso gli atti impugnati, che rappresenta una evidente conseguenza di quanto ora esposto.
L’identità di posizione giuridica sostanziale, per la quale si richiede la tutela giurisdizionale è data dalla identità del momento genetico, di modo che tutte le situazioni giuridiche possono richiedere tutela attraverso lo stesso (ed unico) strumento processuale, ferma la necessaria presenza degli altri requisiti richiesti, il che – lo si ribadisce – comporta identità del provvedimento richiesto al giudice, identità degli atti lesivi impugnati e medesimi motivi di ricorso.
Ed infatti l’eventuale esistenza di atti non lesivi della sfera giuridica di tutti i ricorrenti ovvero di motivi di doglianza non comuni a tutti, costituisce evidente dimostrazione della presenza di diversificazione delle posizioni giuridiche sostanziali per le quali ciascuno di essi chiede tutela in giudizio.
Nel caso di specie, le censure formulate dai reclamanti hanno carattere non omogeneo (come emerge dal diverso articolare della prova di resistenza per ognuno di loro),
sono espressione di interessi non necessariamente omogenei tra i vari reclamanti, riguardano atti differenti (in quanto l’interesse a ricorrere di ognuno dei ricorrenti nasce dall’elezione di un altro tesserato con riferimento a una specifica posizione e richiede, quindi, l’annullamento di atti differenti).
Ne discende, prescindendo quindi dall’esame dell’altro motivo di inammissibilità del ricorso, il rigetto del reclamo.
P.Q.M.
respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la trasmissione della decisione alla Segreteria generale della Federazione per richiedere il pagamento del contributo per l'accesso alla giustizia sportiva ai reclamanti che non abbiamo provveduto al relativo versamento.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.
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