T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 13615/2005

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE  SECONDA TER

composto dai signori Magistrati:

Consigliere Roberto SCOGNAMIGLIO   - Presidente

Consigliere Paolo RESTAINO                   - Correlatore

Primo Referendario Floriana RIZZETTO    - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. (…) proposto da FEDERTROTTO-FEDERAZIONE PROPRIETARI TROTTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, e dal Prof. Mario Matti, rappresentati e difesi dagli avv.ti Mauro Cimino e Giovanni De Luca, ed elettivamente domiciliati  presso lo studio del secondo in Roma, Via F.Cesi n. 72;

CONTRO

- il MINISTERO delle POLITICHE AGRICOLE e FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore;

- l’UNIONE NAZIONALE INCREMENTO RAZZE EQUINE, in persona del legale rappresentante pro tempore;

rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege;

e nei confronti

della FEDERNAT- FEDERAZIONE NAZIONALE AMATORI TROTTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio.

per l’annullamento

- del d.m. del 31.1.05 con cui è stato approvato il Regolamento in materia di elezione delle Consulte Tecniche e loro funzionamento, deliberato dal Consiglio di Amministrazione  dell’UNIRE in data 15.1.2.04, limitatamente a quanto previsto agli artt. 2,3, 4 del medesimo regolamento;

- nonché, degli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione  intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza odierna, i difensori delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 2.4.05 e depositato il 2.5.05, la ricorrente federazione, la quale, unendo a livello nazionale, assieme alla Unione Proprietari Trotto, i proprietari di cavalli trottatori, rientra tra le categorie rappresentate nelle Consulte tecniche la cui costituzione ed il cui funzionamento sono disciplinati dall’Unire  con il regolamento  indicato in epigrafe, impugna detto atto normativo  nella parte in cui prevede:

1) il divieto per i singoli soggetti di candidarsi per più di una categoria di appartenenza (art.2);

2) il divieto per i singoli soggetti di votare per più di una categoria di appartenenza (art.2);

3)  che le Consulte Tecniche esprimano un parere facoltativo (art. 4), anziché vincolante;

4) modalità per l’esercizio del diritto di voto che consentono il riconoscimento del votante (art.2);

5) modalità illogiche per l’esercizio del diritto di voto (art.2);

6) una separata categoria per i “gentlemen”;

Le predette disposizioni sono ritenute illegittime in quanto si pongono in contrasto, sotto vari profili con la disciplina dettata dal d.lvo n. 29.10.99 n. 449 (e succ.mod.) nonché dell’art. 9 dello Statuto UNIRE.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, con memoria scritta difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso; vinte le spese.

Non si è costituita in giudizio l’intimata Federazione nazionale amatori trotto.

Alla pubblica udienza odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la legittimità del Regolamento dell’UNIRE indicato in epigrafe, recante norme in materia di elezione delle Consulte Tecniche e loro funzionamento.

Com’è noto l'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE) è stato di recente riordinato, nell’ambito di un organico disegno di riforma dell’amministrazione statale introdotto dalla legge n. 59 del 15 marzo 1997, con il D.Lgs. 29-10-1999 n. 449.

Detto decreto legislativo ha disciplinato le modalità di “raccordo” di tale ente con le varie organizzazioni di categoria interessate, prescrivendo che lo Statuto dell’ente, di cui all’art. 6 co.2, disciplini la costituzione di un Consiglio consultivo Generale, composto, tra gli altri, anche dai rappresentanti delle associazioni degli operatori del settore, delle organizzazioni professionali del mondo agricolo, dell'Associazione italiana allevatori (A.I.A.) e della Federazione italiana sport equestri (F.I.S.E.).

In particolare, per quanto concerne gli organi consultivi in questione, l’art. 6 del d.lvo in parola - modificato dall'art. 8, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, come sostituito dalla relativa legge di conversione n. 200 del 1 agosto 2003–al  co. 2-bis precisa che “lo statuto dell'UNIRE prevede la costituzione di tre consulte tecniche (trotto, galoppo e sella) nominate dalle stesse categorie. Nelle materie indicate dal medesimo statuto, il consiglio di amministrazione acquisisce preventivamente il parere consultivo delle predette consulte”.

In attuazione della disposizione in parola, l’art. 9 dello Statuto UNIRE, approvato con D.M. 2-7-2004, prevede che  “Il Consiglio di amministrazione costituisce tre Consulte tecniche (trotto, galoppo e sella ) i cui componenti sono designati dalle categorie interessate.

La composizione, le modalità di designazione dei membri delle Consulte e il relativo funzionamento sono definiti con apposito Regolamento deliberato dal Consiglio di amministrazione ed approvato con decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali.

Il Consiglio di amministrazione acquisisce preventivamente il parere delle Consulte tecniche nelle materie di seguito indicate:

  • regolamenti di carattere tecnico e disciplinare connessi alle corse dei cavalli;
  • criteri generali di programmazione delle corse e manifestazioni ippiche;
  • piani e programmi allevatori.

La partecipazione alle Consulte tecniche non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese da parte dell’UNIRE.”

La disposizione statutaria sopra richiamata prevede pertanto che i membri delle Consulte Tecniche siano nominati su designazione delle rispettive categorie operanti nel settore, essendo demandata ad un apposito regolamento la disciplina dei vari aspetti concernenti la composizione, le modalità di designazione dei membri delle cd.Consulte Tecniche.

In proposito, l’art. 6 comma 2-ter del decreto legislativo n. 449/1999 predetto, prevede termini e limiti di contenuto al potere regolamentare attribuito all’UNIRE, prescrivendo che il regolamento recante disposizioni relative all'elezione dei componenti delle consulte tecniche ed al loro funzionamento sia adottato dal consiglio di amministrazione dell'UNIRE entro il termine di quattro mesi e precisando che, nel disciplinare detto oggetto, il regolamento si debba informare “al principio secondo cui le delibere dell'UNIRE in materia di programmazione tecnica delle corse e delle manifestazioni e di piani e programmi allevatori sono emanate sentito il parere delle consulte

L’ente in parola ha esercitato il potere regolamentare predetto  adottando il regolamento, approvato con decreto del Ministro delle Politiche Agricole del 31.1.2005, impugnato con il ricorso in esame.

Con il primo ed il secondo motivo di ricorso si impugna l’art. 2 del regolamento, che prevede il divieto per i singoli soggetti di candidarsi e/o votare per più di una categoria di appartenenza (proprietari, allenatori, allevatori, etc.) in quanto limita arbitrariamente il diritto di elettorato attivo e passivo.

I motivi di ricorso in parola, che possono essere esaminati congiuntamente, attesa l’analogia delle questioni poste, esplicitamente ammessa dagli stessi ricorrenti (vedi p.2 del gravame) sono entrambi infondati.

I ricorrenti lamentano che la disposizione impugnata imponga al soggetto che appartenga contemporaneamente a due categorie -  come, ad es.nel caso, del “proprietario” del cavallo che sia anche, al tempo stesso, un “guidatore” – di dover scegliere una sola categoria in cui esprimere il suo voto o la sua candidatura, con conseguente “violazione dei principi relativi al diritto di elettorato attivo e passivo”.

Teme inoltre che la disposizione in esame possa in pratica determinare “un dirottamento dei voti da un settore all’altro” in quanto consentirebbe comunque agli appartenenti a più categorie di mettersi d’accordo per far confluire i voti su una sola determinata categoria (ad es.i guidatori che siano anche proprietari potrebbero far convergere i voti su quest’ultima categoria).

Per quanto concerne la prima doglianza, ritiene il Collegio che la disposizione contestata non può essere ritenuta “arbitrariamente lesiva” del diritto elettorale attivo e passivo di chi rivesta nello stesso tempo la qualità di rappresentante di diverse categorie.

La “limitazione” in parola non appare affatto arbitraria ove si consideri il ruolo rivestito dalle Consulte Tecniche nei confronti dell’UNIRE,

La partecipazione dei componenti delle varie categorie (proprietari, allevatori etc.) alle tre Consulte tecniche (trotto, galoppo e sella ) è infatti prevista, per espressa previsione del decreto legislativo istitutivo delle stesse, in funzione di rappresentanza degli interessi di ciascuna categoria, sicchè ciascun componente ha il compito di rappresentare e difendere gli interessi della categoria che l’ha designato.

Risulta pertanto evidente che ove sia ammessa la partecipazione alla Consulta di un medesimo soggetto in rappresentanza di diverse categorie cui appartenga e da cui venga eventualmente designato, ne deriverebbe una diminuzione del numero dei componenti  di questa – in quanto in una singola persona verrebbero cumulate più cariche rappresentative – nonché la preclusione dell’effettiva rappresentanza di una o più categorie, atteso che il componente cui fosse affidato un mandato “plurimo”, nel caso di conflitto di interessi, sarebbe costretto a privilegiare quello di maggiore interesse personale, sacrificando quello della categoria alternativa, di pari interesse “generale”, ma di suo minor interesse personale.    

Ne consegue che la limitazione del diritto di elettorato passivo in contestazione contestata risulta, nella logica del sistema della rappresentanza di interessi delle categorie implicita nella legislazione in materia, tutt’altro che arbitraria, in quanto, ove il regolamento avesse diversamente disposto, sarebbe risultato minato l’equilibrio delle categorie fra gli eletti in seno alle Consulte Tecniche in quanto, ove fosse ammesso tale cumulo, verrebbe meno la rappresentanza degli interessi categoriali delle distinte organizzazioni in quanto il “rappresentante di più categorie” potrebbe difendere o trascurare degli interessi di categoria piuttosto che di un’altra in base ad interessi suoi personali e non in base agli interessi della categoria che lo ha designato (cioè alla provenienza dei voti). 

Per quanto concerne la seconda doglianza, ritiene il Collegio che il timore di “un dirottamento dei voti da un settore all’altro”, espresso dalla ricorrente, sia del tutto infondato.

Per le ragioni sopra esposte, la logica del sistema della rappresentanza di interessi delle categorie, implicita nella legislazione in materia,  impone che sia resa esplicita e trasparente la relazione rappresentante/rappresentato, non solo al fine di evitare che il primo possa perseguire interessi suoi propri in contrasto con l’interesse generale della categoria che lo ha designato, come sopra ricordato, ma altresì al fine di evitare che lo stesso “interesse generale della categoria” venga a perdere autonomia e definizione per effetto della “trasversalità” consentita dal voto “plurimo” degli appartenenti a più categorie.

In altri termini, questi ultimi debbono, al momento dell’esercizio del diritto di voto, selezionare, tra i diversi interessi di cui sono portatori, quale interesse intendono privilegiare in modo di evitare una “proliferazione” di voti che non consenta più di ricostruire i rispettivi “rapporti di forza”  tra i diversi gruppi di interesse espressi dalle varie categorie rappresentate in seno alle Consulte nonché in modo da assicurare che l’individuo da essi designato sia effettivamente portatore dell’interesse di quella categoria e non di altri, occulti e condivisi tra più categorie trasversali.

Ne consegue che la disposizione impugnata ha pertanto proprio la finalità di assicurare la “trasparenza” dei rapporti tra rappresentante e rappresentati e pertanto di prevenire il rischio, paventato dai ricorrenti, di “cordate” tra votanti in più categorie volte a condizionare l’effettiva rappresentatività della Consulta.

I motivi di ricorso in esame risultano pertanto infondati.

Con il terzo motivo di ricorso viene censurata la disposizione di cui all’art. 4 del regolamento in parola, nella parte in cui prevede che le Consulte Tecniche esprimano un parere facoltativo, anziché vincolante, come sancito dal  d.lvo n. 29.10.99 n. 449 (e succ.mod.) nonché dell’art. 9 dello Statuto UNIRE.

La censura risulta inconferente.

La disposizione censurata infatti si limita a prescrivere che “Le Consulte Tecniche sono tenute a fornire al consiglio d’amministrazione UNIRE il proprio parere ogni volta che questo sia richiesto nelle seguenti materie: a) regolamenti di carattere tecnico e disciplinare connessi alle corse dei cavalli; b) criteri generali di programmazione delle corse e manifestazioni ippiche; c) piani e programmi allevatori.

Le Consulte esprimono i loro pareri entro 30 giorni dalla richiesta effettuata dal Consiglio di Amministrazione”.

Il Collegio ritiene che detta disposizione, nonostante la sua ambigua formulazione letterale,  non si presti all’interpretazione datane dalla ricorrente, secondo la quale la norma regolamentare in esame avrebbe mutato la natura dei pareri in parola, prescritti come obbligatori nella normativa primaria e statutaria invocata, trasformandoli in meri pareri facoltativi.

Tale sfavorevole interpretazione infatti non può essere fondata né sulla norma contenuta nel primo comma dell’impugnato art. 4, che si limita a ribadire l’obbligatorietà, per le Consulte Tecniche, di esprimere il parere richiesto dal c.d.a., né in quella contenuta nel secondo comma, ove viene imposto un preciso termine per adempiere detto obbligo, sicchè l’intera disposizione non può che essere interpretata nel senso di una precisazione dei tempi e dei modi in cui detto parere debba essere espresso, ma non può essere letta nel senso (paventato dalla ricorrente) di un “declassamento” della natura di detto parere.

Né la formulazione della disposizione impugnata, ove precisa che le Consulte sono tenute a fornire al consiglio d’amministrazione UNIRE il proprio parere ogni volta che questo sia richiesto nelle seguenti materie”, può autorizzare un’interpretazione – in base all’inciso “ogni volta che” – della disposizione in parola come contenente una norma avente valore innovativo, che, in contrasto con l’art. 6 del d.lvo n. 499/99 e l’art. 9 dello Statuto, tenti, nonostante il livello subordinato della fonte in cui è collocata, di sopprimere il ruolo obbligatoriamente consultivo delle Consulte tecniche, trasformandole in meri organi facoltativi, designati ad esprimere il proprio parere solo ove il  c.d.a. eventualmente ne ravvisi la necessità.

La prospettiva ermeneutica indicata (e temuta) dalla ricorrente va disattesa, in quanto l’unica interpretazione legittimamente possibile della disposizione in esame è quella compatibile con la normativa  primaria e secondaria soprarichiamata ed in particolare con il principio espressamente enunciato dall’art. 6 comma 2 ter, del d.lvo n.499 in parola, il quale prescrive che il regolamento recante disposizioni relative all'elezione dei componenti delle consulte tecniche ed al loro funzionamento “si informa al principio secondo cui le delibere dell'UNIRE in materia di programmazione tecnica delle corse e delle manifestazioni e di piani e programmi allevatori sono emanate sentito il parere delle consulte” nonché con l’art. 9 dello Statuto UNIRE, il quale, prevede la costituzione, da parte del Consiglio di amministrazione di tre Consulte tecniche (trotto, galoppo e sella- costituite da componenti sono designati dalle rispettive categorie), cui lo stesso articolo, al terzo comma,  attribuisce le funzioni consultive obbligatorie in contestazione, sancendo espressamente che “Il Consiglio di amministrazione acquisisce preventivamente il parere delle Consulte tecniche nelle materie di seguito indicate:- regolamenti di carattere tecnico e disciplinare connessi alle corse dei cavalli; - criteri generali di programmazione delle corse e manifestazioni ippiche; - piani e programmi allevatori”.

La normativa primaria e statutaria in parola pertanto, nel prevede l’istituzione dell’organo consultivo in parola, ne definisce incontestabilmente le attribuzioni, demandando alla normativa di livello regolamentare esclusivamente la disciplina – di carattere necessariamente “secondario” - concernente l’organizzazione ed il funzionamento delle Consulte tecniche.

Ne consegue che, tale essendo l’ambito oggettivo che l’emanando regolamento doveva disciplinare,  il contestato art. 4 del regolamento impugnato, va interpretato nel senso autorizzato dalla norma attributiva del potere regolamentare, e cioè come volto a disciplinare la composizione e la modalità di funzionamento delle Consulte Tecniche. A tanto ha provveduto l’impugnato regolamento, sancendo innanzitutto la doverosità dell’attività consultiva che le Consulte Tecniche sono tenute a svolgere (dovendosi intendere in tal senso la locuzione “le Consulte sono tenute a fornire al consiglio d’amministrazione UNIRE il proprio parere ogni volta che questo sia richiesto nelle seguenti materie”) e prescrivendo termini precisi entro i quali il parere (necessariamente obbligatorio) delle stesse debba essere reso.

Tale essendo il significato che deve essere attribuito alla contestata disposizione regolamentare in base ai criteri dell’interpretazione logica e sistematica – non essendo il mero criterio letterale sufficiente a chiarire l’esatta portata di una formulazione testuale invero piuttosto “trasandata” se non addirittura ambigua – ed al cd.principio d'interpretazione conforme (secondo il quale, nel caso in cui siano possibili più interpretazioni di uno stesso atto, va preferita, disattendendo le contrarie interpretazioni,  l’interpretazione alla stregua della quale l’atto risulti legittimo e compatibile con l’ordinamento in generale, ed in particolare con le norme che ne disciplinano la produzione), la censura in esame risulta pertanto infondata.

Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti impugnano il regolamento altresì nella parte in cui prevede, in violazione dell’art. 48 della Costituzione,  modalità per l’espressione del voto che non rispettano il principio di segretezza e personalità del voto.

Anche tale censura va disattesa.

L’art. 2 del regolamento prescrive che “il voto verrà espresso dall’avente diritto mediante l’invio all’UNIRE, per via postale ed in apposita busta chiusa, di un plico (farà fede il protocollo in entrata dell’UNIRE medesimo) contenente:

-il certificato elettorale dell’interessato;

- una busta chiusa, sigillata ed anonima con l’espressione del voto.

Anche tale motivo risulta palesemente infondato.

Le modalità di espressione di voto prescritte dalla disposizione contestata, infatti, sono chiaramente finalizzate ad assicurare tanto la personalità quanto la segretezza del voto.

Per quanto concerne la personalità del voto, essa è congruamente assicurata dalle cautele prescritte nel primo trattino dell’art.2 e cioè dall’aver previsto la trasmissione, congiuntamente alla scheda elettorale in cui è riportata l’espressione di voto, del certificato elettorale dell’interessato, in modo da evitare che altri, se non lui, possano esprimere la preferenza tra le candidature proposte.

Per quanto concerne la segretezza del voto, essa è congruamente assicurata dalle cautele prescritte nel secondo trattino dell’art.2 e cioè dall’onere di inserire, all’interno del plico contenente  il certificato elettorale del votante, la scheda elettorale inserendola in una busta chiusa, sigillata ed anonima, all’evidente fine evitare che la stessa possa essere aperta dagli scrutatori.

La disposizione in parola, presupponendo una separazione tra le operazioni di recezione dei plichi da quelle di scrutinio delle schede in essi contenute, risulta pertanto finalizzata a garantire la segretezza del voto che i ricorrenti temono poter essere violata.

Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti impugnano il predetto art. 2 del regolamento anche nella parte in cui prevede la possibilità per l’elettore di esprimere, nell’ambito della lista votata, ulteriori due preferenze, in modo illogico ed in violazione del principio di segretezza del voto.

Il motivo è infondato.

Alla luce di quanto sopra esposto in merito alla separazione tra le operazioni di recezione dei plichi da quelle di scrutinio delle schede in essi contenute, presupposta dalla disposizione impugnata, non si comprende in che modo lo scrutatore possa identificare il votante in base al mero dato dei nominativi dallo stesso aggiunti ad una scheda anonima, inserita in busta chiusa e sigillata, dalla quale risulta ovviamente impossibile risalire al suo compilatore.

Per quanto concerne la lamentata “illogicità” dell’impugnato art. 2, la censura risulta inammissibile per difetto di interesse, atteso che la disposizione contestata più che da illogicità del contenuto, risulta affetta da un’apparente contraddittorietà di formulazione.

Nonostante il trasandato tenore testuale della disposizione, la norma è chiara nella parte in cui prescrive un numero massimo di nominativi che possono essere predefiniti in ciascuna lista espressa dalle categorie interessate: la conseguente impossibilità per i singoli elettori di esprimere ulteriori due preferenze di voto nell’ambito della medesima lista rende meramente inoperante tale previsione, nei confronti della generalità dei votanti e quindi di tutte le categorie chiamate ad esprimere i propri rappresentanti, con la conseguenza che tale proposizione, risultando inapplicabile e priva di effetti per tutti, non ha alcuna capacità lesiva ed è priva di alcun effetto viziante sul complesso normativo in cui è inserita.

La censura in esame risulta pertanto inammissibile per difetto di interesse. 

Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, si contesta l’ articolazione delle categorie rappresentate nel regolamento, nella parte concernente individuazione del “gentleman” come categoria a sé, accanto alle distinte categorie degli allevatori, dei proprietari, degli allenatori-guidatori.

I ricorrenti rappresentano che la figura del “gentleman” (cioè “guidatore dilettante”) non merita un’autonoma rappresentanza in quanto la qualifica può essere solo temporanea (nel caso in cui il gentleman perda i requisiti successivamente alla qualificazione)  e comunque richiede la proprietà del cavallo che guida, sicchè il gentleman appartiene necessariamente, ed esclusivamente, alla categoria dei proprietari.

Anche tale motivo va disatteso.

La possibilità che il “gentleman” possa perdere la qualifica per effetto del venir meno dei requisiti prescritti non implica che, finchè detti requisiti persistano, lo stesso soggetto non possa essere considerato come esponente di una categoria caratterizzata da una sua autonomia e quindi capace di esprimere una propria rappresentanza in seno alla Consulta di appartenenza, al pari delle altre categorie interessate, anch’esse soggette alla perdita delle qualità prescritte per l’appartenenza alla categoria (es.moria di cavalli per i proprietari, perdita della capacità fisica per i guidatori etc.).

Del pari, dal fatto che per essere qualificati come gentlemen è prescritta la proprietà del cavallo, deriva solo che il cavaliere appartiene necessariamente alla categoria dei proprietari, ma non che lo stesso possa appartenere esclusivamente ad essa. In altri termini la necessità di appartenenza ad una categoria non può comporta necessariamente l’esclusività dell’appartenenza, trattandosi di due concetti tra loro distinti. 

Il Collegio ritiene infatti di condividere quanto rappresentato dalla difesa della resistente, in merito alla configurabilità per i “cavalieri” di una categoria di autonoma e distinta rispetto a quella dei proprietari, nella propria memoria difensiva ove rileva che “è vero che chi è gentleman deve essere necessariamente anche proprietario, ma non è vero il contrario; ciò perché uno dei requisiti per ottenere la licenza di gentleman è proprio quello di essere proprietari la cui scuderia abbia conseguito, dal primo gennaio al 31 dicembre dell’anno solare precedente la data del bando del  corso di formazione, vincite non inferiori ad un importo determinato ogni triennio dal c.d.a.UNIRE”..

Ritiene il Collegio che proprio la specificità sopra richiamata, consente di caratterizzare la categoria quale “scuderia vincente” grazie all’apporto “amatoriale” del gentleman, che, in quanto tale, rappresenta, considerata la particolarità dell’ambiente dell’ippica, una figura distinta sia rispetto a quelle che si occupano professionalmente della conduzione dei cavalli, sia rispetto agli imprenditori che si occupano esclusivamente dell’allevamento di tali animali, sia, ancor più, di quelli che ne detengono solo la proprietà.

La pretesa dei ricorrenti di ricondurre i gentlemen nella categoria dei proprietari va pertanto respinta in quanto se è vero che è necessario possedere un cavallo per essere cavalieri (gentlemen), tuttavia non è sufficiente possedere cavalli per essere cavalieri.

Anche tale motivo di ricorso s’appalesa pertanto infondato.

Alla luce della considerazioni sopra esposte, il provvedimento normativo impugnato risulta immune dalle censure dedotte.

Il ricorso deve pertanto essere respinto  in quanto infondato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.    

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II Ter, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2005.

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