T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 1780/2003

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione terza ter)

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3112/1988 proposto dal sig. OMISSIS , rappresentato e difeso dall’avv. Michele Costa ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Roma, Via Eleonora Pimentel, n.2;

contro

il C.O.N.I., Comitato olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’ avv. Alberto Angeletti ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Roma, Via Giuseppe Pisanelli, n. 2;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta Esecutiva del C.O.N.I. n. 188 adottata il 3/2/1988 e pervenuta il 17/2/1988, con cui è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della sospensione dalla qualifica per un mese, ai sensi degli artt.71, primo comma lett.c) e 72, secondo comma lett.a) del regolamento organico del personale dipendente dell’Ente pubblico;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ente  intimato;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 6 febbraio 2003 la relazione del Consigliere Lucia Tosti;

Uditi altresì l’avv. Costa per  il ricorrente, e l’avv. Angeletti per  l’ente;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente, Commendatore della Repubblica per meriti sportivi a seguito dei brillanti risultati mondiali olimpici ottenuti nella scherma, riferisce di aver svolto attività di collaboratore del CONI presso un circolo di Livorno, affiliato alla Federazione Italiana della Scherma .

Riferisce altresì che, in base al contratto di lavoro con l’Ente, aveva l’obbligo di prestare la propria attività ogni giorno feriale,  di pomeriggio, e che il Coni era abilitato ad effettuare controlli telefonici per verificare la sua presenza sul posto di lavoro.

Impugna ora il provvedimento con il quale, a conclusione del relativo procedimento, gli è stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dalla qualifica per un mese, per essersi in più occasioni assentato ingiustificatamente dal posto di lavoro durante l’orario di servizio.

Deducendo i motivi di violazione del regolamento organico ( artt. 71, 72, 79 e segg., 85 ed 86), di illegittimità della procedura seguita e di omesso esame delle giustificazioni, sostiene in sintesi che l’ente non avrebbe rispettato i termini fissati per le procedure disciplinari, che non sarebbero state indicate le ragioni di particolare gravità connotanti l’infrazione e che le giustificazioni presentate non sarebbero state prese in considerazione.

L’Ente si è costituito, eccependo in via preliminare il proprio intervenuto difetto di legittimazione passiva e contestando la fondatezza nel merito delle censure.

Con memoria conclusiva, la difesa dell’interessato ha specificato i motivi di ricorso, affermando che, a seguito delle lettere di contestazione degli addebiti, comunicate nei giorni 9 e 14 febbraio 1987, il ricorrente avrebbe comunicato le proprie controdeduzioni il 23 febbraio successivo. Il dirigente avrebbe dunque dovuto trasmettere gli atti alla commissione di disciplina entro 15 giorni, ovvero entro il 15 marzo 1987, ai sensi dell’art. 79 del regolamento. Sostiene inoltre che l’istruttoria non sarebbe stata conclusa nel termine di 90 giorni, come prescritto dall’art. 80 del regolamento, termine che nella specie, in mancanza di nomina del funzionario, dovrebbe farsi decorrere dalla data di ricevimento delle controdeduzioni del dipendente. Il procedimento nella specie si sarebbe illegittimamente concluso ad un anno di distanza, con delibera della giunta del CONI in data 3 febbraio 1988.

Osserva il collegio, in via preliminare,  che l’eccezione di sopravvenuto difetto di legittimazione è infondata, poiché nella specie non trova applicazione l’art. 110 del c.p.c., che presuppone il venir meno della parte processuale.

La disposizione dell’art. 8, punto 11, del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8/8/2002, n.178, secondo la quale “il personale alle dipendenze dell’Ente pubblico C.O.N.I. é dall’8/7/2002 alle dipendenze del C.O.N.I. Servizi s.p.a., la quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi…”, determina, infatti, una successione a titolo particolare tra enti, con trasferimento ex lege di una parte di beni e rapporti ad un’ente di nuova istituzione, senza estinzione dell’ente che si avvale della nuova struttura.

In applicazione dell’art. 111 c.p.c., il processo deve dunque proseguire tra le parti originarie, fatta salva la facoltà dell’ente subentrante di intervenire spontaneamente in causa (cfr. Cons. Stato, VI 9 maggio 2000, n.2678, Cass. Sez.I 29 maggio 2001, n.7258).

Nel merito il ricorso deve essere rigettato, poiché i motivi dedotti sono privi di fondamento.

Quanto al primo motivo, integrato nell’ultima memoria, la prospettazione della censura si basa in parte su di una errata ricostruzione dei fatti.

Il termine di 15 giorni per la trasmissione degli atti del procedimento alla Commissione previsto dall’art. 79 del regolamento non ha, in primo luogo, natura perentoria ed, in ogni caso, non doveva farsi decorrere dal febbraio 1987.

Con le note del 9 e del 14 febbraio, infatti, l’Ente non ha dato avvio al procedimento disciplinare, ma si è limitato a chiedere, al dipendente, chiarimenti sulle ragioni della sua assenza dal lavoro.

Gli atti non potevano dunque essere trasmessi alla commissione entro il 15 marzo, come prospettato dal ricorrente,  poiché a tale data il procedimento non era stato ancora attivato.

Acquisite le giustificazioni del professionista ed assunte notizie presso la Federazione, il procedimento ha preso ritualmente avvio con la contestazione degli addebiti, inviata al ricorrente con la nota in data 18 aprile 1987.

E’ priva di fondamento anche la censura, con cui l’interessato deduce la violazione dell’art. 80 del regolamento, che prevede il termine di 90 giorni dalla nomina del funzionario istruttore per la chiusura “dell’inchiesta”.

A parere dell’interessato, detto termine, nei casi di mancata nomina del funzionario istruttore, come nella specie, dovrebbe decorrere dalla data in cui sono pervenute all’ente le giustificazioni dell’incolpato. Ne trae la conclusione che il termine sarebbe stato violato, essendosi il procedimento “concluso” dopo un anno.

 Osserva il collegio che, in linea di diritto, nei casi in cui il procedimento non necessiti dell’avvio di un’istruttoria, la norma non dovrebbe trovare neanche applicazione.

In ogni caso, la disposizione regola la conclusione dell’istruttoria, per cui il termine in essa previsto non può essere invocato per contestare l’eccessiva durata di tutto il procedimento.

Tuttavia, anche a voler accedere alla tesi dell’interessato, non vi è stata la dedotta violazione.

Le giustificazioni, con le  quali il dipendente ha fatto presente anche di aver recuperato le ore di assenza, sono state infatti trasmesse, dopo la nota di contestazione, con atto in data 5/5/1987, pervenuto all’ente il successivo 13 maggio, mentre  la relazione è stata trasmessa al Segretario generale del CONI in data  26/5/1987, e gli atti del procedimento sono stati inviati alla Commissione di disciplina in data 5/8/1987. Nel pieno rispetto dei 90 giorni, si è dunque conclusa la fase preliminare del procedimento.

In merito agli altri motivi è sufficiente osservare che, sia le giustificazioni, sia la memoria difensiva fatta pervenire dal ricorrente sono state valutate in sede collegiale.

 La delibera della Commissione di disciplina e la delibera della Giunta esecutiva n. 138 del 3/2/1988 sono, inoltre, ampiamente motivate sul punto relativo alla gravità delle infrazioni e sulla congruità della sanzione inflitta.  L’applicazione della sospensione dalla qualifica per un mese è stata espressamente collegata, infatti, sia alle “particolari modalità di attestazione dell’attività di servizio ed al fatto che il dipendente non era sottoposto a controllo diretto” con conseguente necessità di “ massima scrupolosità nel dare preventivo avviso al dirigente in caso di assenza dal posto di lavoro”, sia alla circostanza che già in precedenza erano state contestate al ricorrente altre infrazioni per le stesse ragioni (assenza ingiustificata dal lavoro e fruizione di ferie non autorizzate).

Nei limiti della sindacabilità del potere sanzionatorio, il provvedimento, seppure ispirato a grande rigore, non appare dunque né illogico né irragionevole.

Sulla base del complesso delle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione terza ter, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, alla camera di consiglio del 6 febbraio 2003, con l'intervento dei sigg.

Francesco Corsaro                 - presidente;

Lucia Tosti                             - consigliere estensore;

Stefania Santoleri                    - consigliere.

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