T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 1834/2003

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO,

(SEZ. 3^ TER),

ha pronunciato la seguente                             

SENTENZA

sul ricorso n. 16905/1999 proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Diego Perucca e Francesco Rivellini, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Via Simone di Saint Bon, n. 61;                      

CONTRO

il C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Angeletti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato a Roma, Via Giuseppe Pisanelli, n. 2;

PER L'ANNULLAMENTO

del provvedimento adottato in data 1 settembre 1999, con il quale la ricorrente è stata licenziata verbalmente in tronco;

di ogni altro atto presupposto e comunque connesso;

PREVIO

accertamento e declaratoria dell'esistenza del rapporto di pubblico impiego alle dipendenze del CONI (Comitato Provinciale di Roma), a decorrere dal 4 ottobre 1993;

PER

la ricostruzione della carriera della ricorrente mediante l'applicazione della disciplina attinente al rapporto di pubblico impiego dell'ENTE, con condanna dello stesso al pagamento di tutti gli emolumenti e differenze retributive connesse all'esatta qualificazione del rapporto di lavoro, con interessi e rivalutazione, a decorrere dal 4 ottobre 1993;

PER LA DECLARATORIA

dell'obbligo del CONI di costituzione di una posizione contributiva a favore della ricorrente ai fini della percezione di una rendita pensionistica, a decorrere dal 4 ottobre 1993;

OVVERO

in subordine, per l'accertamento e la declaratoria dell'esistenza di un rapporto di lavoro di fatto avente natura subordinata e a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 2126 c.c., a decorrere dal 4 ottobre 1993, ad ogni effetto di legge;

  VISTO il ricorso con i relativi allegati;  

  VISTO l'atto di costituzione in giudizio del CONI;    

  VISTE le memorie prodotte dal CONI a sostegno della propria difesa;

  VISTI gli atti tutti della causa;  

  NOMINATO relatore per la pubblica udienza del 14 novembre 2002, il Consigliere Pellicanò ed uditi,  altresì, gli Avvocati indicati nel verbale d’udienza;

  RITENUTO in fatto e CONSIDERATO in diritto quanto segue:                       

FATTO

La ricorrente sostiene di aver prestato la sua attività lavorativa, formalmente, con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, ma sostanzialmente con rapporto di lavoro subordinato, sussistendone tutti gli elementi che caratterizzano quest'ultimo rapporto.

Secondo la ricorrente, gli elementi del rapporto di pubblico impiego si desumono dalle ricevute dei pagamenti effettuati mensilmente dal Comitato olimpico provinciale di Roma, dalle lettere di incarico che simulano, ictu oculi, per il loro ripetersi senza soluzione di continuità, - il rapporto  di lavoro subordinato, in un rapporto  di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa, dai modelli 101 e 740  presentati per la dichiarazione dei redditi e da tutti gli altri documenti, comunque riferibili agli organi centrali o periferici del CONI.

Secondo la ricorrente, la durata del rapporto di lavoro di circa sei anni, lo svolgimento di mansioni di carattere esecutivo e la natura pubblica degli organi centrali e periferici del CONI, dimostrano la natura subordinata del rapporto d'impiego.

Il rapporto di lavoro subordinato, inoltre, sarebbe stato costituito, ai sensi dell'articolo 43 della legge n. 70 del 1975,  degli artt. 35, comma 2, 39, comma 2, 41, 42 e 47, comma 1 e comma 2  del D.P.R. n. 411 del 1976.

Il licenziamento, a parere della ricorrente, sarebbe inesistente, perché comunicato verbalmente.

In via subordinata, secondo la ricorrente, sussisterebbe il suo diritto ad ottenere il riconoscimento di un rapporto di fatto delle mansioni svolte, con gli effetti previsti dall'articolo 2126 del cod. civ.

Con memorie depositate, rispettivamente il 28 dicembre 1999 ed il    

4 dicembre 2002, il CONI ha sostenuto che il ricorso è infondato ed ha concluso per il suo rigetto.

DIRITTO

In via preliminare va delimitato l'ambito temporale della giurisdizione del giudice amministrativo per quanto concerne la questione per la quale si controverte.

A tale ambito temporale ha fatto riferimento anche il difensore della ricorrente durante la discussione del ricorso, all'udienza del 14 novembre 2002, limitandolo al 30 giugno 1998.

In proposito va evidenziato che l'art. 45, comma 17, del d.lg. n. 80 del 1998 nel trasferire al giudice ordinario le controversie di pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale fra giurisdizione   ordinaria ed amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a base della pretesa avanzata. Pertanto, se la lesione del diritto del lavoratore è prodotta da un atto provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all'epoca della sua emanazione, mentre laddove la pretesa abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve avere riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e quindi, al momento di cessazione della permanenza (Cass. Civ., Sez. Un., 7 marzo 2001, n. 89, 7 novembre 2000, n. 1154, Cons. St., Sez. IV, 2 marzo 2001, n. 1167).

Nel caso in esame, la lesione della pretesa della ricorrente al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, non dipende da un mero comportamento "illecito" dell'Amministrazione, ma eventualmente dagli atti, sia pure impliciti, come si vedrà in seguito, con i quali, di volta in volta sono stati costituti i singoli rapporti di lavoro.

Secondo la ricorrente, il suo rapporto di lavoro avrebbe il carattere della subordinazione, perché tale natura si desumerebbe dalle mansioni esecutive cui afferma di essere stata preposta.

Per quanto riguarda la documentazione concernente il rapporto di lavoro, non sono stati depositati in giudizio atti inerenti alla nomina o al conferimento dell'incarico, tranne che per il periodo successivo al 30 giugno 1998, in relazione al quale sono stati depositati delle domande con cui la ricorrente richiede il conferimento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa e dei provvedimenti con i quali sono stati conferiti degli incarichi di collaborazione anzidetta.

La ricorrente, ad ogni modo, ha depositato in giudizio le ricevute degli importi della retribuzione che le è stata corrisposta per le sue prestazioni lavorative, per gli anni 1997 e per il primo semestre del 1998.

La posizione lavorativa della ricorrente, comunque, è conseguita ad un'espressione di volontà dell'Amministrazione, anche se non esternata attraverso un provvedimento formale, ma per fatti concludenti, di avvalersi della stessa attività lavorativa.

Ai fini della costituzione di un rapporto di lavoro, sia subordinato, sia di collaborazione coordinata, non ha rilievo la mancanza di un atto formale di nomina o di incarico, essendo rilevante l'intenzione dell'Amministrazione di avvalersi della relativa attività lavorativa.

Tale comportamento configura un atto amministrativo implicito, che la giurisprudenza equipara a quello formale (C.S., V, 16 gennaio 1992, n. 47, VI, 10 giugno 1992, n. 469, 17 ottobre 1988, n. 1152, IV, 9 novembre 1985, n. 505).

Inquadrata, in tali termini la questione, la giurisdizione del giudice Amministrativo va delimitata alla data del 30 giugno 1998, mentre per il restante periodo è devoluta al giudice ordinario. 

In proposito va chiarito che l'asserita lesione dell'interesse della ricorrente deriva dalle singole determinazioni per fatti concludenti con cui l'Amministrazione si è avvalsa delle prestazioni lavorative della medesima ricorrente.

Per quanto concerne la questione di merito proposta con il ricorso, va chiarito che il rapporto di lavoro intercorso con il Comitato Provinciale di Roma del CONI, secondo la ricorrente ha carattere di lavoro subordinato, mentre l'Amministrazione resistente replica che trattasi di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e, quindi di un rapporto di lavoro autonomo. 

A questo riguardo va evidenziato che il rapporto di collaborazione coordinata si distingue dal rapporto di lavoro subordinato.

Il primo rappresenta una particolare figura di lavoro autonomo, che viene anche denominata "rapporto di lavoro parasubordinato".

La presenza di un collegamento funzionale di quest'ultima attività con l'interesse del datore di lavoro - tipica di detti rapporti di lavoro ai quali fa riferimento l'art. 409 n. 3 c.p.c., non fa venire meno il requisito dell'autonomia, che caratterizza detto rapporto (Cass. civ., Sez. lav., 16 maggio 1981, n. 3239).

In proposito occorre osservare che l’elemento che distingue il rapporto di lavoro subordinato da quello di collaborazione continuativa e coordinata è costituito dalla subordinazione gerarchica del lavoratore al datore di lavoro (Cass., Sez. UU. Civ, 16 febbraio 1984, n.1155, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 21 febbraio 1996, n. 40).

Ne consegue che in mancanza di tale subordinazione, possono sussistere tutti gli altri indici che caratterizzano il rapporto d’impiego, senza che lo stesso possa qualificarsi di lavoro subordinato.

In particolare, il semplice inserimento nell’organizzazione aziendale dell'attività lavorativa, non è sufficiente a dimostrare il vincolo di subordinazione, essendo il primo compatibile con la coordinazione, che è un elemento tipico del rapporto di lavoro parasubordinato (Cass. Civ., Sez. Lavoro, 2 maggio 1994, n. 4204).

In pari modo, è compatibile con la coordinazione, la predisposizione di un orario di lavoro, anche a tempo pieno, essendo lo stesso connesso con le esigenze organizzative dell’Amministrazione e non incidente sulle modalità di svolgimento dell’attività coordinata e continuativa (Cass. Civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3234 citata, Cons. di St., Sez. VI,   18 luglio 1997, n. 1136) e la corresponsione di una retribuzione pattuita con parametri predeterminati (Cass. Civ., Sez. Lavoro, Sez. n. 3234 citata).

Anche il periodo in cui il titolare di un rapporto di collaborazione continuativa e coordinata usufruisce delle ferie deve essere compatibile con le esigenze organizzative del datore di lavoro, mentre le modalità concernenti tale fruizione, non sono idonee a dimostrare la sussistenza di una dipendenza gerarchica.

Per quanto concerne eventuali direttive, va rilevato che le stesse non sono di per sé decisive per dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, perché si tratta di un vincolo dettato nell’interesse del committente che non incide sulle modalità di svolgimento dell’ attività professionale (Cass. Civ, Sez., III, 19 ottobre 1983, n. 6148).

L'Ente, inoltre, può imporre prescrizioni dirette ad armonizzare l'attività dei collaboratori con le proprie esigenze organizzative o a stabilire modalità procedurali strettamente connesse con le proprie esigenze e finalità e, comunque, con l'organizzazione dello stesso.

Tali prescrizioni e modalità sono dirette a salvaguardare interessi dell'Amministrazione committente e non incidono sulle caratteristiche della prestazione professionale.

Il rapporto di lavoro subordinato e, quindi, la dipendenza gerarchica, implicano, invece, un potere più penetrante che include anche quello disciplinare.

Dalla documentazione depositata in giudizio dalla ricorrente a sostegno del ricorso, si desume che la stessa ha prestato la propria attività lavorativa per la predisposizione di atti e documenti riguardanti la segreteria dell'ufficio coordinamento tecnico ... e del settore C.A.S. con l'ausilio di supporti video terminali ed attività di supporto scuola (All. n. 3 al ricorso) e raccolta ed inserimento dati nel computer (All. n. 2 al ricorso).

La predisposizione di atti e documenti, contrariamente a quanto sostenuto con il ricorso, può rientrare nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo, quando le modalità dell'incarico e la prestazione lavorativa abbia i connotati di tale rapporto e non si caratterizza, invece, per una subordinazione gerarchica.

Tale carattere di subordinazione, nel caso di specie, è stato meramente desunto dalle mansioni esecutive dalla stessa svolte e dalla dedotta continuità del rapporto di lavoro e non è stato dimostrato con alcun atto.

Dalle ricevute rilasciate dalla ricorrente al momento della corresponsione della retribuzione, non si desume la copertura dell'intero periodo anzidetto.

Tali ricevute, invece, non confermano, ma smentiscono l'assunto della ricorrente, perché dalle stesse si desume che la posizione lavorativa della medesima ricorrente è qualificata come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

In pari modo, le denuncie dei redditi allegate al ricorso, si riferiscono ad un lavoro autonomo e non ad uno subordinato.

Né si può sostenere che la durata della collaborazione di circa sei anni sia di per sé idonea a dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro, perché ciò che assume importanza è, invece, la sussistenza di un rapporto gerarchico.

Per le ragioni anzidette, l'assunto della ricorrente, secondo cui il rapporto di lavoro intercorso con il CONI sarebbe di tipo subordinato, non è fondato.

Dagli atti prodotti in giudizio dalla stessa ricorrente si desume, invece, che trattasi di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (cosiddetto rapporto parasubordinato), che in quanto tale, ha carattere di lavoro autonomo.

A questo scopo va, inoltre, chiarito che il rapporto di lavoro parasubordinato resta soggetto alla disciplina sostanziale dettata per il lavoro autonomo, essendo la parasubordinazione rilevante esclusivamente ai fini processuali ex art. 409, n. 3 c.p.c., onde devono ritenersi eccezioni ai principi generali eventuali leggi estensive delle garanzie tipiche del lavoro subordinato a quello parasubordinato (Cass. Civ., Sez. lav., 18 febbraio 1997, n. 1459).

Alla stregua delle argomentazioni svolte, il ricorso è infondato e va respinto per il periodo ricadente entro il 30 giugno 1998, mentre per il periodo successivo va dichiarata la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.

Sussistono giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese e gli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. III TER, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, lo respinge per quanto concerne il periodo anteriore al 1° luglio 1998 e dichiara il proprio difetto di giurisdizione per il periodo successivo.

Compensa, tra le parti, le spese e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso a Roma, nella Camera di Consiglio del 14 novembre 2002, con l'intervento dei Sigg.

Francesco          Corsaro                           Presidente

Carmelo             Pellicanò                         Consigliere

Silvestro             Maria Russo                   Consigliere

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