T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 33428/2010
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 5397/10, proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso dall’ avv. Riccardo Tuccini, presso il cui studio in Roma, via Vincenzo Picardi n.4/b, è elettivamente domiciliato,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli presso il cui studio in Roma, via Panama n. 58, è elettivamente domiciliata, nonché
nei confronti di
Associazione italiana Calciatori – A.I.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
per l'annullamento, previa sospensiva,
del Regolamento degli Agenti Calciatori della Federazione Italiana Giuoco Calcio, pubblicato con Comunicato Ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio n. 100/A dell’8 aprile 2010, nella parte in cui stabilisce limitazioni allo svolgimento dell’attività degli Agenti di calciatori e delle Società di Agenti (art. 4, comma 2, lett. f).
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.);
Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2010 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 8 giugno 2010 e depositato il successivo 17 giugno il signor OMISSIS ha impugnato il Regolamento degli agenti calciatori della Federazione Italiana Giuoco Calcio, pubblicato con Comunicato Ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio n. 100/A dell’8 aprile 2010, nella parte in cui stabilisce limitazioni allo svolgimento dell’attività degli agenti di calciatori e delle Società di agenti (art. 4, comma 2, lett. f).
Dichiara di essere agente di calciatori e che l’attività da lui professionalmente svolta a tale titolo è disciplinata dal relativo regolamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio, il cui testo vigente è stato adottato con il provvedimento impugnato. Di detto Regolamento contesta la legittimità con specifico riferimento all’art. 4, secondo comma, lett. f), nella parte in cui stabilisce le condizioni a cui è subordinata la facoltà degli agenti di organizzare la propria attività imprenditoriale attribuendo ad una società, costituita ai sensi della legislazione civilistica vigente, i diritti economici derivanti dagli incarichi ricevuti. Assume che illegittimamente è stato previsto dalla norma regolamentare impugnata che gli agenti possono costituire una società solo a condizione che nessuno dei soci sia legato da rapporto di coniugio, di parentela o di affinità fino al secondo grado, con agenti non soci o con soggetti comunque aventi un‘influenza rilevante su società di calcio italiane o estere.
2. Avverso il predetto provvedimento il ricorrente insorge deducendo, nei limiti dell’interesse, le seguenti censure:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 35, 41 e 97 Cost., disparità di trattamento e illegittima limitazione dell’attività professionale dell’agente dei calciatori e delle società sportive, sia nella limitazione dell’attività mediante la previsione di incompatibilità professionali implicite e atipiche e, comunque, non previste dall’ordinamento statale, sia nelle forme di esplicazione dell’attività di agente.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 54 (ex art. 48), 56 (ex art. 49), 57 (ex art. 50), 59 (ex art. 52), 60 (ex art. 53) e 61 (ex art. 54) del Trattato C.E. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del regolamento F.I.F.A. per agenti, disparità di trattamento con agenti operanti in altre federazioni aderenti alla F.I.F.A.
Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.
L’art. 4, comma 2, lett. f) dell’impugnato regolamento, vietando agli agenti di far parte di una società di agenti ove legati da rapporto di coniugio, parentela o affinità fino al secondo grado con agenti non soci o con soggetti comunque aventi un’influenza rilevante su una società di calcio italiana e o estere, introduce una limitazione del diritto di lavoro che non trova riscontro o conferma nel diritto comunitario e nazionale e si pone anche in contrasto con il Regolamento F.I.F.A. degli agenti, che non fissa alcun limite all’organizzazione imprenditoriale dell’attività di agente.
3. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio, F.I.G.C., che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e nel merito la sua infondatezza.
4. L’Associazione Italiana Calciatori – A.I.C. non si è costituita in giudizio.
5. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
6. Alla Camera di consiglio dell’1 luglio 2010, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza di sospensione cautelare è stato abbinato al merito.
7. All’udienza del 4 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Come si è detto in narrativa la resistente F.I.G.C., nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo.
Innanzi tutto perché proposto avverso un regolamento, le cui prescrizioni assumono carattere di lesività solo a seguito dell’adozione di successivi provvedimenti che di esse facciano applicazione nei confronti dei singoli destinatari. L’eccezione deve essere disattesa in quanto le prescrizioni regolamentari, di cui il ricorrente si duole e di cui chiede l’annullamento, sono immediatamente lesive. Ed invero, quando si prescrive che non può assumere la qualità di socio l’agente che sia legato da un rapporto di coniugio, di parentela o affinità fino al secondo grado con un agente non socio (art. 4, comma 2, lett. f) del regolamento), senza che siano fatte salve situazioni pregresse contrastanti con il “nuovo” codificato, è evidente che si dettano regole di condotta di immediata applicazione, che comportano un obbligo conformativo implicante la subitanea revisione degli assetti societari in atto, e alle quali gli unici provvedimenti che possono ragionevolmente seguire sono quelli sanzionatori per riscontrata inadempienza.
2. L’inammissibilità del ricorso è stata eccepita dalla resistente F.I.G.C. anche sotto il profilo del difetto d’interesse. La tesi svolta è che, per quanto attiene agli assetti societari, il nuovo regolamento introdurrebbe una disciplina migliorativa rispetto a quella pregressa, che il ricorrente avrebbe interesse a conservare, laddove l’eventuale annullamento del nuovo regolamento comporterebbe la reviviscenza della disciplina precedente.
E’ agevole infatti opporre, richiamando pacifici principi di diritto, che il “nuovo” presuppone sempre un giudizio di disvalore del “pregresso” da parte dell’Autorità emanante, che il ricorrente condivide appieno e che non intende affatto mettere in discussione, a meno che il suo dichiarato interesse non sia quello di recuperarlo in ragione del vantaggio che dallo stesso riceveva e che assume essergli stato illegittimamente sottratto. Ma non è questa la situazione che ricorre nel caso in esame, atteso che l’obiettivo al quale il ricorrente tende è che gli sia garantita la possibilità di fruire, in sede di determinazione dell’assetto societario, della stessa libertà di azione di cui fruisce ogni altra associazione professionale, libera di dare alla struttura societaria le dimensioni e le possibilità operative più confacenti agli obiettivi perseguiti, alle opportunità che offre il mercato nel quale opera, alle potenziali economiche di cui dispone, alla propria capacità organizzativa.
3. Alcune precisazioni, in punto di diritto, appaiono necessarie prima di affrontare il merito del ricorso.
L’agente di calciatori non è affiliato né è legato da alcun rapporto associativo o di altra natura alla F.I.G.C. ma, come dichiarato anche dall’art. 1 del Regolamento della suddetta Federazione, è un libero professionista che, avendo ricevuto, a titolo oneroso, l’incarico, cura e promuove i rapporti fra un calciatore e una società in vista della stipula di un contratto di prestazione sportiva ovvero fra due società per la conclusione del trasferimento o la cessione del contratto di un calciatore. Svolge quindi un’attività inquadrabile nella prestazione d’opera professionale (art. 2229 cod. civ.), che ha come presupposto l’avvenuto rilascio di un mandato senza rappresentanza e come oggetto un’obbligazione di mezzi, e non di risultato.
Non è affiliato né tesserato né legato da alcun rapporto associativo o di altra natura alla F.I.G.C. (art. 1, comma 2, del regolamento), ma svolge un’attività che il giudice comunitario (Corte giust. CE, ord. 23 febbraio 2006; Trib. di prima istanza 26 gennaio 2005) ha definito solo “periferica all’attività sportiva, e non peculiare al mondo dello sport”, come tale soggetta non solo alla disciplina civilistica dettata dall’ordinamento dello Stato di appartenenza per le prestazioni d’opera intellettuale, ma anche a quella comunitaria e nazionale in tema di concorrenza e di antitrust.
Segue da ciò il diritto dell’agente al rispetto delle libertà civili ed economiche riconosciute ad ogni operatore e, quindi, anche delle sue libere scelte in ordine allo svolgimento della propria attività, nella stessa misura in cui le stesse sono riconosciute ad ogni altra associazione professionale e ai suoi componenti, e senza limiti e condizioni che si pongano in irragionevole contrasto con i principi innanzi richiamati di libertà di concorrenza, di iniziativa economica e di associazione.
Sulla necessità di assicurare anche all’agente di calciatori tutti i diritti di cui fruiscono i medesimi operatori in ambito comunitario è intervenuta l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Delibera IC27 del 21 dicembre 2008) la quale, a conclusione di una ampia ed articolata indagine conoscitiva, avente ad oggetto il “settore del calcio professionistico”, ha individuato le parti del pregresso regolamento da rivedere perché invasive di competenze riservate al legislatore nazionale e limitative dei diritti che questo riconosce ad ogni prestatore d’opera intellettuale.
4. Ciò premesso, è fondata la censura proposta avverso l’art. 4, comma 2, lett. f) del Regolamento, nella parte in cui esclude che possa essere socio di una società la persona fisica che risulti legata da un rapporto di coniugio, parentela o affinità fino al secondo grado “con agenti non soci”, con conseguente divieto per il soggetto che abbia detto rapporto con altro agente che ha optato per l’esercizio a titolo individuale.
Si tratta di limite di cui è taciuta la ratio sottostante, che non spiega perché esso si riferisce solo agli agenti non soci e non anche a quelli che sono soci anche di altra società, che introduce un divieto assolutamente immotivato e sconosciuto nel nostro ordinamento e in quello comunitario per ogni altra associazione di professionisti e che si traduce in un’ingiusta, irragionevole penalizzazione per l’agente che abbia un congiunto che ha liberamente scelto di esercitare la medesima professione in forma individuale.
Se la ragione del divieto fosse individuabile nell’esigenza di evitare situazioni di incompatibilità, ma si tratta di mera supposizione non sorretta da alcun elemento testuale o logico, la censura sarebbe egualmente fondata atteso che le situazioni di incompatibilità con l’esercizio dell’attività di agente, eventualmente derivante dai succitati rapporti di coniugio, parentela e affinità entro il secondo grado, sono compiutamente disciplinate dall’art. 11 del regolamento, che per queste situazioni prevede l’applicazione delle sanzioni di cui al successivo art. 25, cioè misure disciplinari che trovano il loro presupposto logico in un legame societario in atto che, a seconda della gravità dell’infrazione accertata, può portare anche alla revoca della licenza ma che, in mancanza di un’espressa previsione regolamentare, non può da solo incidere sul legame societario.
In effetti nello stesso senso aveva già concluso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato che nella delibera innanzi citata aveva affermato che “le restrizioni alla concorrenza fra agenti derivanti dall’esistenza di legami di parentela con soggetti operanti nel mondo del calcio …. dovrebbero essere risolti sulla falsariga delle previsioni del regolamento in tema di incompatibilità”.
Né può essere seguita la resistente F.I.G.C. allorché, a difesa del proprio operato e in assenza di altre giustificazioni, fa richiamo all’autonomia dell’ordinamento sportivo, atteso che anche questo è tenuto al rispetto dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza.
5. La causa del divieto resta pertanto priva di qualsiasi giustificazione, con la conseguenza che il ricorso deve essere accolto.
La novità e la complessità delle questioni oggetto della controversia giustificano peraltro l’integrale compensazione fra le parti in causa costituite delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’art. 4, comma 2, lett. f) dell’impugnato regolamento.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Maria Luisa De Leoni, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2010