T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 392/2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Renato Magaldi, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi, 5;

contro

Unire;

per l'annullamento

sospensione dalla qualifica di allenatore e da ogni altra rivestita dal ricorrente per mesi sei - irrogazione sanzione pecuniaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il dott. Carlo Taglienti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 12 gennaio 2011 e depositato il 20 successivo OMISSIS ha impugnato: la decisione della commissione di appello UNIRE area trotto del 15.11.2010 di conferma della decisione di primo grado del giorno 8.7.2010, pure qui impugnata, con la quale è stata disposta la sospensione da ogni qualifica per mesi sei e multa per € 1.500; il decreto d’incolpazione della procura disciplinare; i verbali dell’UNIRE LAB relativi all’esito delle prime analisi e seconde analisi svoltesi il 9.10.2008 sui campioni biologici del cavallo “OMISSIS”. Viene altresì richiesto il risarcimento del danno.

Vengono svolte le seguenti censure:

a) violazione del principio di partecipazione dell’interessato al procedimento e violazione del diritto di difesa;

b) mancanza del parere della Commissione scientifica;

c) violazione delle norme sul controllo delle sostanze proibite; controanalisi eseguite presso lo stesso laboratorio delle prime analisi;

d) illegittima sospensione di tutte le qualifiche;

e) difetto di motivazione.

1-Il Collegio ritiene che la fattispecie, nella parte in cui si propone azione di annullamento, non rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo.

L’art. 2 comma 1 lett b) del decreto legge n.220 del 19 agosto 2003 convertito in legge con modificazioni dalla legge 17 ottobre 2003 n.280, riserva all’ordinamento sportivo, nell’ambito del principio di autonomia tra ordinamento sportivo ed ordinamento della Repubblica di cui all’art.1 comma 2 stessa legge, la disciplina dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Il successivo art. 3, dedicato alla giurisdizione, affermata quella del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI e delle federazioni sportive, con esclusione di quelle riservate agli organi di giustizia sportiva ai sensi dell’art. 2.

Come noto il Consiglio di Stato sez. VI con sentenza del 25 novembre 2008 n.5782, in riforma della sentenza di questo TAR n.5645/07, ha declinato la propria giurisdizione in materia di sanzioni disciplinari sportive, affermando invece la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di risarcimento del danno conseguente alla sanzione, in quanto incidente anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale.

Il TAR Lazio quindi, recependo tale impostazione, ha però sollevato questione di costituzionalità dell’art.2 comma 1 lett. b) cit per contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nella parte in cui riserva al giudice sportivo la competenza a decidere in via definitiva tali controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari sportive.

La Corte Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 2011 n.49 ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità.

Con sentenza del Consiglio di Stato sez, VI n.302/2012 è stata quindi ribadita la suddetta posizione ed è stata esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo proprio in relazione ad una sanzione disciplinare consistente in pena pecuniaria nonché nella inibitoria a ricoprire cariche federali ed a svolgere attività di tecnico per un certo periodo.

In detta sede il Consiglio di Stato ha ricordato, in particolare, quanto segue:

“Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:

• una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;

• una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;

• una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

La stessa Corte costituzionale -nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003 n. 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione sollevata con ordinanza del Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 11 febbraio 2010, n. 241)- ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria.

Nel condividere l’impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che - laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

La Corte costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività della tutela, previsto dall’art. 24 Cost., essendo comunque consentita una diversificata modalità di tutela giurisdizionale. “

. Alla stregua dell’illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale, ritiene il Collegio che l’impugnazione della sanzione disciplinare inflitta al ricorrente non possa essere conosciuta dal giudice amministrativo, nella cui sfera di giurisdizione rientra la sola domanda di tipo risarcitorio.

2-In ordine a tale domanda il Collegio ritiene che la stessa sia formulata in maniera generica e con formula di stile, talchè non possa essere funditus esaminata.

In ogni caso, anche a voler esaminare in via incidentale la legittimità dell’atto dal quale il danno deriverebbe, deve richiamarsi sempre la sentenza del Consiglio di Stato sez. VI n. 5782/07, che individua tale atto sulla base del principio contenuto nell’art. 3 del d.l. 220/2003, e cioè previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, ed in buona sostanza nella decisione che esaurisce i gradi della giustizia sportiva.

Ebbene nella fattispecie si tratta della decisione della commissione di appello area trotto 1316/A/T del 15.11.2010.

Ora tale decisione può essere censurata limitatamente agli aspetti sottoposti a detto giudice sportivo dall’appellante: nel caso in esame quindi limitatamente alla mancata notifica del provvedimento di apertura del procedimento disciplinare e delle comunicazioni dell’udienza fissata innanzi alla commissione di prima istanza; infatti nell’atto di appello l’unica questione che viene posta è quella della irregolarità delle comunicazioni fatte presso la sua abitazioni in OMISSIS.

Devono quindi ritenersi inammissibili tutte le altre censure contenute nel ricorso qui in esame.

In ordine a detta censura ammissibile il Collegio rileva come la decisone della Commissione d’appello non possa essere legittimamente criticata.

Infatti come emerge dagli atti depositati dall’Amministrazione in data 19 settembre 2012, in base all’art. 3 del Regolamento corse, il provvedimento s’intende comunque regolarmente notificato, anche se non pervenuto all’interessato, ove esso risulti correttamente inviato all’indirizzo effettivo dell’incolpato. Nel caso in esame tutte le numerose comunicazioni che si rinvengono allegate al rapporto dell’Amministrazione del 19 settembre 2012, peraltro effettuate con raccomandata con ricevuta di ritorno, seppure con erronea indicazione del messo notificatore “sconosciuto”, recano il giusto indirizzo di OMISSIS.

Inoltre anche nel Regolamento di disciplina si rintracciano disposizioni che consentono di ritenere correttamente effettuate le comunicazioni, ove indirizzate nella sede indicata dall’interessato.

Tali norme regolamentari non risultano contestate.

Deve altresì considerarsi che nel procedimento d’appello, al quale il ricorrente ha regolarmente partecipato, non vengono minimamente poste tutte quelle questioni di merito che egli lamenta non aver potuto effettuare in primo grado, producendo una limitata, ma corretta, pronuncia del giudice d’appello.

Anche sotto tale profilo il ricorso non può quindi essere accolto.

Considerata comunque la complessità della questione, con particolare riguardo agli aspetti della giurisdizione, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e per il resto lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Carlo Taglienti, Consigliere, Estensore

Giampiero Lo Presti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 16/01/2013

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