T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 393/2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Pavoni, Stefano Mattii, con domicilio eletto presso Domenico Pavoni in Roma, via Riboty 28;

contro

Agenzia Per Lo Sviluppo del Settore Ippico - Assi;

per l'annullamento

rigetto dell'appello proposto avverso irrogazione della sanzione disciplinare di mesi sei di sospensione dalla qualifica di allenatore e di ogni altra qualifica ippica rivestita e multa di euro 1500,00 - risarcimento danni;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il dott. Carlo Taglienti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 19 novembre 2011 e depositato il 22 successivo OMISSIS, allenatore e guidatore di cavalli da corsa al trotto, ha impugnato la decisione della commissione di disciplina d’appello di ASSSI (ex UNIRE) n.1355/a/t del 10.10.2010 che ha respinto il ricorso avverso la commissione di prima istanza, la quale ha inflitto al ricorrente la sanzione della sospensione dalla qualifica di allenatore e di ogni altra qualifica per mesi sei e la multa di € 1.500,00 in relazione alla positività a benzoilecgonina del prelievo sul cavallo OMISSIS; ha impugnato altresì tutti gli atti connessi ed ha chiesto il risarcimento del danno.

Deduce:

illegittimità del procedimento accertativo della positività perché lo stesso agente ha effettuato le prime e le seconde analisi; sviluppa poi il motivo in diversi profili;

eccesso di potere per difetto di motivazione scientifica: mancanza del parere della Commissione scientifica; violazione delle linee guida e mancanza analisi quantitativa;

errore tecnico ed illogicità per aver ritenuto irrilevante la ricerca di altro metabolita della cocaina;

eccesso di potere per irragionevolezza per non aver considerato che la soglia punibile è stata fissata a più di 20ng/ml;

violazione del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite che prevede la sospensione solo nella qualifica di allenatore

I^-Tanto premesso, il Collegio ritiene che il ricorso, nella sua parte impugnatoria, sia inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’art. 2 comma 1 lett b) del decreto legge n.220 del 19 agosto 2003 convertito in legge con modificazioni dalla legge 17 ottobre 2003 n.280, riserva all’ordinamento sportivo, nell’ambito del principio di autonomia tra ordinamento sportivo ed ordinamento della Repubblica di cui all’art.1 comma 2 stessa legge, la disciplina dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Il successivo art. 3, dedicato alla giurisdizione, affermata quella del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI e delle federazioni sportive, con esclusione di quelle riservate agli organi di giustizia sportiva ai sensi dell’art. 2.

Come noto il Consiglio di Stato sez. VI con sentenza del 25 novembre 2008 n.5782, in riforma della sentenza di questo TAR n.5645/07, ha declinato la propria giurisdizione in materia di sanzioni disciplinari sportive, affermando invece la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di risarcimento del danno conseguente alla sanzione, in quanto incidente anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale.

Il TAR Lazio quindi, recependo tale impostazione, ha però sollevato questione di costituzionalità dell’art.2 comma 1 lett. b) cit per contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nella parte in cui riserva al giudice sportivo la competenza a decidere in via definitiva tali controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari sportive.

La Corte Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 2011 n.49 ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità.

Con sentenza del Consiglio di Stato sez, VI n.302/2012 è stata quindi ribadita la suddetta posizione ed è stata esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo proprio in relazione ad una sanzione disciplinare consistente in pena pecuniaria nonché nella inibitoria a ricoprire cariche federali ed a svolgere attività di tecnico per un certo periodo.

In detta sede il Consiglio di Stato ha ricordato, in particolare, quanto segue:

“Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:

• una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;

• una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;

• una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

La stessa Corte costituzionale -nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003 n. 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione sollevata con ordinanza del Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 11 febbraio 2010, n. 241)- ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria.

Nel condividere l’impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che - laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

La Corte costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività della tutela, previsto dall’art. 24 Cost., essendo comunque consentita una diversificata modalità di tutela giurisdizionale. “

. Alla stregua dell’illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale, ritiene il Collegio che l’impugnazione della sanzione disciplinare inflitta al ricorrente non possa essere conosciuta dal giudice amministrativo, nella cui sfera di giurisdizione rientra la sola domanda di tipo risarcitorio.

2-In ordine a tale domanda il Collegio ritiene che la stessa sia formulata in maniera generica e con formula di stile, talchè non possa essere funditus esaminata, dovendosi ritenere inammissibile.

In ogni caso, anche a voler esaminare in via incidentale la legittimità dell’atto dal quale il danno deriverebbe, deve richiamarsi sempre la sentenza del Consiglio di Stato sez. VI n. 5782/07, che individua tale atto sulla base del principio contenuto nell’art. 3 del d.l. 220/2003, e cioè previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, ed in buona sostanza nella decisione che esaurisce i gradi della giustizia sportiva.

Nel caso in esame quindi la decisione della commissione di disciplina d’appello, che il Collegio, seppure con un giudizio sintetico in via incidentale, non ritiene affetta dai vizi evidenziati nel ricorso.

Sulla prima questione questa Sezione si è già pronunciata con sentenza n. 360/2012, aderendo peraltro a sentenza del Consiglio di Stato (sez, VI n.5525/2011) che ha escluso l’illegittimità dell’effettuazione delle prime e seconde analisi nello stesso laboratorio.

Il ricorrente contesta anche l’affidabilità tecnica delle analisi.

Al riguardo deve preliminarmente affermarsi che il controllo di legittimità del giudice amministrativo non può sindacare valutazioni tecnico discrezionali, se non per palese irragionevolezza; circostanza che qui non si verifica, né risulta dimostrata.

Inoltre, come affermato dall’Amministrazione, l’art. 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite afferma che è proibita la presenza di una qualsiasi quantità di una sostanza o di un suo isomero o metabolita, e la benzoilecgonina è un metabolita della cocaina, come non è contestato tra le parti; che poi detta presenza possa essere frutto di inquinamento ambientale è circostanza che doveva essere provata dal ricorrente.

Peraltro per la sostanza in questione non è prevista una soglia minima al di sotto della quale essa sarebbe irrilevante, per cui anche la minima presenza è rilevante a fini disciplinare; l’ipotesi della soglia minima di rilevanza di 20 ng/ml prevista nella deliberazione 16 marzo 2009 non risulta applicabile in quanto, come riferito dall’Amministrazione senza smentita sul punto da parte del ricorrente, detta delibera non risulta approvata dal Ministero vigilante; peraltro la positività è relativa ad un prelievo effettuato nel 2007; la norma di riferimento rimane l’art. 2 del Regolamento per il controllo sulle sostanze proibite, approvato con D.M. n. 797 del 16 ottobre 2002.

Lo stesso ricorso dà poi conto dell’esistenza del parere della Commissione scientifica, ma ne contesta il contenuto, circostanza questa non ammissibile per la preponderanza dei profili tecnici del documento.

La circostanza infine che la sanzione riguardi oltre la qualifica di allenatore anche quella di guidatore deriva dall’applicazione dell’art. 98 del Regolamento delle corse al trotto, che risulta allo stato in vigore.

Per le ragioni sopra esposte il ricorso non può essere accolto.

Sussistono tuttavia giusti motivi, considerata la complessità della questione con particolare riferimento agli aspetti riguardanti la giurisdizione, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile e comunque, in via incidentale, infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Carlo Taglienti, Consigliere, Estensore

Giampiero Lo Presti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 16/01/2013

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