T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4091/2012

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…) , proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Buonomini e Alessandra Bianco, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, situato in Roma, via Cunfida n. 35;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.;

Questura della Provincia di Roma, in persona del Questore p.t.;

rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento,

previa sospensione,

- del provvedimento del Questore della Provincia di Roma n. 2011/121 dell’8 marzo 2011, notificato in data 12 marzo 2011, con il quale, ai sensi dell'art.6 Legge 13.12.1989 n.401, e successive modifiche, veniva vietato al ricorrente, per anni tre, di accedere all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio "Lega Pro" a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati nonchè di accedere durante lo svolgimento delle citate manifestazioni sportive, da due ore prima a due ore dopo la conclusione delle stesse, agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi per una distanza di 500 metri, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, transito o al trasporto di coloro che partecipano alle medesime competizioni;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Questura di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 11 maggio 2011 e depositato il successivo 10 giugno 2011, il ricorrente impugna il provvedimento con cui, in data 8 marzo 2011, il Questore della Provincia di Roma gli ha negato, per anni tre, l’accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale “ove si disputano incontri di calcio Lega Pro a qualsiasi livello”, estendendo, altresì, detto divieto “agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi per una distanza di 500 metri, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni”.

In particolare, il ricorrente espone quanto segue:

- di essere calciatore dilettante non professionista che, in tutti gli anni in cui si è dedicato a tale pratica sportiva, non è mai incorso in alcun episodio di violenza;

- in data 27 febbraio 2011, al termine di una partita di calcio del campionato di 1^ divisione dilettanti tra OMISSIS e OMISSIS, mentre si trovava chiuso negli spogliatoi veniva in contrasto con un giocatore della squadra avversaria, il quale riportava una ferita dovuta al colpo di uno scarpino;

- a seguito di tale episodio, il Questore della Provincia di Roma adottava il provvedimento impugnato.

Avverso tale provvedimento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

1) ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI ED INGIUSTIZIA MANIFESTA E VIOLAZIONE DI LEGGE PER VIOLAZIONE ED ERRATA APPLICAZIONE DELL’ART. 6, COMMA 1, L. 13.12.1989 N. 401 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI SOTTO IL PROFILO DELLA NON RICONDUCIBILITA’ DELLA CONDOTTA ATTRIBUITA AL PREVENUTO NELLA RATIO NORMATIVA. La ricostruzione dei fatti – come emerge dalle annotazioni della p.g. – non rispecchia la realtà. Il ricorrente è stato, infatti, vittima di un’aggressione alle spalle dalle quali si è difeso in modo istintivo e, forse, con eccesso d’impeto. In ogni caso, l’episodio non assume una gravità tale da giustificare il provvedimento adottato ed è caratterizzato da modalità di luogo e di tempo che inducono ad escluderne la riconducibilità fra quelli elencati al citato art. 6, posto che “in alcun modo sono stati messi in pericolo nemmeno in astratto i beni giuridici tutelati dalla normativa in questione”. Del resto, agenti di PS hanno attestato che la situazione era tranquilla e la partita si era svolta regolarmente. Una diversa interpretazione della norma si presterebbe, tra l’altro, ad introdurre questioni di legittimità costituzionale.

2) VIOLAZIONE DI LEGGE. IN PARTICOLARE VIOLAZIONE DELL’ART. 6 DELLA LEGGE N. 401 DEL 1989 ED ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DEL QUESTORE IN ORDINE ALLA DURATA DEL PROVVEDIMENTO ED AL PREGIUDIZIO CHE IL RICORRENTE ARRECHEREBBE ALLA PUBBLICA SICUREZZA ACCEDENDO ALLE MANIFESTAZIONI SPORTIVE, atteso che non si comprende in base a quale ragionamento logico l’Amministrazione sia pervenuta ad affermare che “l’accesso ai predetti luoghi … è da ritenersi pregiudizievole per la sicurezza pubblica”. Non è stato, poi, svolto un minimo di istruttoria “magari provvedendo all’ascolto degli unici due soggetti coinvolti nella vicenda”. Il provvedimento è, altresì, viziato da una totale assenza di motivazione in ordine alla durata del divieto comminato.

3) VIOLAZIONE DI LEGGE ED IN PARTICOLARE DELL’ART. 6 DELLA LEGGE N. 401 DEL 1989 E VIOLAZIONE DELL’ART. 16 DELLA COSTITUZIONE ED ECCESSO DI POTERE PER INDETERMINATEZZA DELLE MANIFESTAZIONI SPORTIVE A CUI E’ VIETATO L’ACCESSO, IN QUANTO IL DIVIETO IMPOSTO E’ GENERICO E TROPPO ESTESO E PER INDETERMINATEZZA IN MERITO AI LUOGHI D’ACCESSO/TRANSITO/TRASPORTO DA E PER GLI IMPIANTI SPORTIVI.

4) VIOLAZIONE DI LEGGE ED IN PARTICOLARE VIOLAZIONE DELL’ART. 7 DELLA LEGGE N. 241/1990.

5) ECCESSO DI POTERE PER INADEGUATEZZA E SPROPORZIONE DELLA SANZIONE.

Con atto depositato in data 16 giugno 2011 si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, astenendosi – nel prosieguo – dal produrre memorie e/o documenti.

Con ordinanza n. 2491 dell’8 luglio 2011 la Sezione ha accolto la domanda cautelare “con riguardo alla sola parte del provvedimento avversato …. che estende l’imposto divieto agli spazi antistanti agli stadi fino ad una distanza di 500 metri e a tutti i luoghi interessati alla sosta, transito e trasporto di coloro che partecipino od assistano alle manifestazioni calcistiche”.

All’udienza pubblica del 3 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con il quale, in data 8 marzo 2011, il Questore della Provincia di Roma gli ha interdetto l’accesso agli stati ed ai luoghi antistanti e limitrofi a quest’ultimi, per la durata di anni tre.

A tale fine il ricorrente contesta, tra l’altro, la riconducibilità dell’episodio da cui il provvedimento ha tratto origine – consistente in una “aggressione”, avvenuta negli spogliatoi, di un giocatore del Rocca Priora ad opera del medesimo, in veste di “atleta della squadra avversaria” - fra quelli elencati all’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989.

Tale censura è meritevole di condivisione.

1.2. Ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, “nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 16 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all’art. 6 bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6 ter della presente legge, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni sportive….”.

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, si tratta di un’ipotesi restrittiva della libertà personale che necessariamente presuppone una relazione con eventi sportivi, in quanto diretta ad eliminare non una generica pericolosità sociale del soggetto ma quella specifica che deriva dal verificarsi di determinate condotte in un ambito specifico, ed esse sole è destinata a contrastare (cfr., tra le altre, TAR Campania, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403).

In altri termini, il divieto di cui sopra presenta natura interdittiva atipica, nel senso che deve fondarsi su una situazione di pericolosità sociale specifica, ossia sulla pericolosità che deriva dal verificarsi di ben individuate condotte in occasione di manifestazioni sportive, generatrici di tumulto, allarme e/o di pericolo, in carenza delle quali il divieto non può essere disposto (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7552; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 567; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 dicembre 2009, n. 8303).

E’, dunque, evidente che l’adozione di provvedimenti di tal genere, riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia e, quindi, comminabili “ante delictum”, deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, tali da ingenerare nelle tifoserie sentimenti di odio e vendetta o, comunque, condotte di incitamento alla violenza durante una manifestazione sportiva (cfr., tra le altre, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I. 4 marzo 2011, n. 301).

Orbene, nel caso in esame la sussistenza di un tale comportamento risulta carente.

La disamina del provvedimento impugnato rivela, infatti, che:

- l’evento contestato si è verificato “al termine dell’incontro sportivo, nei pressi degli spogliatoi” e, dunque, in un luogo che non risulta esposto alla visibilità del pubblico e, comunque, comunemente accessibile a tutti e, in particolare, accessibile alle tifoserie;

- lo stesso evento ha visto coinvolti non soggetti comuni bensì due giocatori, rispettivamente appartenenti alle squadre che – nella giornata – avevano disputato la partita;

- le annotazioni di servizio, redatte da agenti del Commissariato P.S. Frascati e dalla Legione Carabinieri Lazio – Stazione di Grottaferrata, danno conto che “giunti sul posto, la situazione appariva abbastanza tranquilla”, tanto da dover chiedere “ai responsabili delle società sportive interessate cosa fosse accaduto”;

- dalle stesse annotazioni risulta “che la partita si era svolta regolarmente sia in campo che fuori senza scontri degni di nota”.

Ciò detto, appare evidente che l’episodio contestato presenta peculiarità tali che lo rendono estraneo alle ipotesi di cui all’art. 6 in argomento, essendo chiaramente inidoneo a rivelare pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica.

Si tratta, in definitiva, di una ipotesi differente che – in genere – determina l’intervento della giustizia sportiva, atteso lo specifico coinvolgimento di “giocatori” in un luogo, tra l’altro, sottratto ad altri soggetti, ma non l’adozione di provvedimenti ai sensi dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989.

2. In conclusione, il ricorso va accolto, con assorbimento degli ulteriori motivi sollevati.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 2.000,00, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5015/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2012 con l'intervento dei Magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 07/05/2012

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