T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 6624/2017
Pubblicato il 06/06/2017
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6246 del 2015, proposto da: IAFA - Italian Association of Football Agents, in persona del legale rappresentante pro tempore, e OMISSIS, entrambi rappresentati e difesi dagli Avvocati Antonio Conte, Gabriele Zuccheretti, Giuseppe Bosco e Marco Giustiniani, con domicilio eletto presso lo studio degli Avvocati Antonio Conte e Gabriele Zuccheretti in Roma, via Carlo Poma n. 4; OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Antonio Conte, Gabriele Zuccheretti e Giuseppe Bosco, con domicilio eletto presso lo studio degli Avocati Antonio Conte e Gabriele Zuccheretti in Roma, via Carlo Poma n. 4; OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Antonio Conte, Gabriele Zuccheretti, Giuseppe Bosco e Marco Giustiniani, con domicilio eletto presso lo studio degli Avvocati Antonio Conte e Gabriele Zuccheretti in Roma, via Carlo Poma n. 4;
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio – F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avvocati Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli e Mario Gallavotti, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due in Roma, via Panama n. 58; il Comitato Olimpico Sportivo – C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Associazione Italiana Calciatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum: Associazione Federsupporter, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giovanni Falci, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Gianzi in Roma, via della Conciliazione n. 44;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del Nuovo Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo approvato dal Consiglio Federale della FIGC e reso noto con Comunicato Ufficiale n. 190/A, pubblicato il 26.3.2015 ed entrato in vigore il 1°.4.2015;
- di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e/o consequenziali, antecedenti e/o successivi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio – F.I.G.C.;
Visto l’intervento ad adjuvandum dell’Associazione Federsupporter;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2017, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Col presente ricorso la IAFA – Italian Association of football agents -, il suo Presidente, anche in proprio, e gli ex agenti di calciatori indicati in epigrafe impugnano il Nuovo Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo approvato dal Consiglio Federale della FIGC e reso noto con Comunicato Ufficiale n. 190/A, pubblicato il 26.3.2015 ed entrato in vigore il 1°.4.2015.
Questi i motivi di diritto dedotti:
1) Illegittimità dell’abrogazione del sistema delle licenze e sostituzione con il registro dei procuratori - illegittimità dell’intero regolamento e comunque dell’art. 1, comma 1, punto 7, dell’art. 2, comma 2, dell’art. 4, nonché delle norme transitorie del nuovo Regolamento FIGC: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 41 Cost. - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 ss., nonché dell’art. 21 quinquies della legge 7.8.1990, n. 241, qualora si ritenga la natura pubblicistica dell’attività regolamentare posta in essere dalla FIGC - violazione e/o falsa applicazione della legge 23.10.1960, n. 1369, del d.lgs. 10.9.2003, n. 276, del D.M. 20.9.2011, del d.l. n. 13.8.2011, n. 138, e della legge 23.3.1981, n. 91 - eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, ingiustizia manifesta, difetto e contraddittorietà della motivazione e carenza di istruttoria, perplessità dell’atto, violazione dei principi di proporzionalità, della certezza del diritto e dei rapporti giuridici e della conservazione dei diritti quesiti, del legittimo affidamento, disparità di trattamento.
Mentre, sotto la vigenza dei Regolamenti FIGC del 2001, del 2006 e del 2010, l’accesso alla qualifica ed all’attività di agente di calciatori era subordinata all’ottenimento di una specifica licenza rilasciata dalla stessa FIGC, previo superamento di una prova di esame, che garantiva la valutazione preventiva della preparazione professionale dell’aspirante agente, nonché alla sottoscrizione di una polizza assicurativa per responsabilità professionale, col sistema introdotto col Regolamento del 2015, qui censurato, si richiede l’iscrizione in un apposito registro tenuto sempre dalla FIGC, subordinata al versamento dei diritti di segreteria e con validità di un anno, con caducazione immediata - e con solo cinque giorni di preavviso - di tutte le licenze dei procuratori operativi in Italia alla data del 1°.4.2015.
Conseguentemente gli agenti titolari di licenza sarebbero stati costretti a sospendere la propria attività, non essendo certi di poter continuare ad operare prima dell’eventuale iscrizione nel nuovo registro, senza incorrere in sanzioni.
Il Nuovo Regolamento FIGC sarebbe viziato da difetto di motivazione e di istruttoria, atteso che non sarebbe possibile riscontrare, né nella delibera di approvazione del Consiglio Federale, né nel corpo del Regolamento medesimo, le ragioni poste alla base delle previsioni ivi contenute ed anche la motivazione rinvenibile dal Comunicato Ufficiale resterebbe comunque incongrua, contraddittoria e illogica, non risultando che con il sistema della registrazione sia garantito il fine prefissato dalla FIFA - un controllo più ampio sui soggetti che rappresentano giocatori e/o club nella negoziazione dei contratti di lavoro e di accordi di trasferimento ed una maggiore trasparenza.
Inoltre non vi sarebbe stato il coinvolgimento dei soggetti colpiti da tale innovazione regolamentare - o delle loro rappresentanze esponenziali - nella fase genetica e nel suo iter formativo.
Secondo i ricorrenti, la licenza, rilasciata previo superamento di un esame, avrebbe garantito maggiormente la trasparenza dell’accesso e favorito la professionalità e la moralizzazione dell’attività degli agenti di calciatori, senza che tale sistema fosse restrittivo della concorrenza nel correlato mercato.
D’altronde il Regolamento FIFA ha fatto salvi i singoli ordinamenti nazionali, tant’è che in Francia sarebbe stato mantenuto il sistema delle licenze, scelta non eseguita dalla FIGC, che pure sarebbe stata consapevole di tale possibilità, ritenendo, in caso di divergenza, prevalente il proprio Regolamento rispetto a quello FIFA (art. 2, comma 2, del Nuovo Regolamento FIGC).
Non sarebbe stato rispettato il principio di proporzionalità, giacché l’abbandono del sistema delle licenze ed il passaggio ad un sistema a iscrizione non sarebbero idonei allo scopo di tutelare la trasparenza e la professionalità del settore, tale intervento non sarebbe necessitato ed infine la mancata conservazione del titolo di agente come qualifica professionale e l’assenza di un serio periodo transitorio sarebbero ingiustificate.
Inoltre l’intervento della FIGC sarebbe illogico, in quanto l’eliminazione dell’esame all’ingresso non garantirebbe la professionalità del settore.
Il Regolamento, neutralizzando la licenza, titolo selettivo conseguito dagli agenti professionisti, porrebbe gli stessi sullo stesso piano di operatori occasionali.
In tal modo il Regolamento sarebbe affetto da ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e violazione del principio della certezza del diritto e dei rapporti giuridici, nonché di quello del legittimo affidamento.
Revocando le licenze di agente professionista precedentemente rilasciate, la FIGC rischierebbe altresì di esporre i titolari al divieto di intermediazione delle prestazioni di manodopera, sancito nel nostro ordinamento e sanzionato anche penalmente.
La nuova regolamentazione, se valutata nella sua formulazione letterale, disciplinerebbe un’attività diversa e più limitata rispetto a quella dell’intermediario/agente.
2) Sull’illegittimità di singole disposizioni regolamentari: illegittimità dell’art. 4, commi 1 e 3, del nuovo regolamento FIGC (residenza legale in Italia come requisito per l’iscrizione nel registro anche per cittadini italiani): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 16 e 41 Cost. - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del Nuovo Regolamento FIFA - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 ss. della legge 7.8.1990, n. 241, qualora si ritenga la natura pubblicistica dell’attività regolamentare posta in essere dalla FIGC - eccesso di potere per ingiustizia, irragionevolezza ed illogicità manifeste, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti in diritto, violazione del principio di proporzionalità.
Il Nuovo Regolamento, all’art. 4, comma 1, prescrive che “coloro che intendono svolgere, anche occasionalmente, l’attività di procuratore sportivo e risiedano legalmente in Italia sono tenuti a registrarsi...” e, al successivo comma 3, prevede che “la domanda di iscrizione nel Registro è accompagnata dalla Dichiarazione delle Persone Fisiche con la quale il Procuratore Sportivo...dichiara di essere legalmente residente in Italia...”.
Tale disposizione violerebbe il principio costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione di condizioni personali e sociali, sancito dall’art. 3 Cost., la libertà di circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale, sancita dall’art. 16 Cost., e la libertà di iniziativa economica stabilita dall’art. 41 Cost..
3) Illegittimità dell’art. 4, comma 3, punto 3, del Nuovo Regolamento FIGC (requisiti penalistici per l’iscrizione nel registro): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 27, 41, 79, 87 e 111 Cost. - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 151, 163, 164, 165, 166, 167, 174, 178 e 179 c.p. - violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del Nuovo Regolamento FIFA - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 ss. della legge 7.8.1990, n. 241, qualora si ritenga la natura pubblicistica dell’attività regolamentare posta in essere dalla FIGC - eccesso di potere per ingiustizia, irragionevolezza e illogicità manifeste, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti in diritto, violazione del principio di proporzionalità.
L’art. 4, comma 3, punto 3, del Nuovo Regolamento FIGC richiederebbe, ai fini della registrazione nel nuovo registro dei procuratori, il non “avere riportato condanne definitive per il reato di frode sportiva di cui alla legge 401/1989 ovvero per delitti non colposi puniti con la pena edittale della reclusione superiore, nel massimo, a cinque anni”, senza, tuttavia, considerare i casi in cui, dopo la condanna, sia intervenuta una dichiarazione di estinzione del reato ovvero una pronuncia di riabilitazione, differentemente da quanto contenuto nel previgente regolamento, che invece faceva “salvi gli effetti della riabilitazione e della dichiarazione di estinzione del reato”.
Ciò sarebbe in contrasto con una serie di disposizioni costituzionali - gli artt. 3, 27, 41, 79, 87 e 111 Cost. – e porrebbe inoltre limiti all’esercizio di una attività economica privata, introducendo una sorta di sanzione/pena accessoria, non prevista dalla legislazione vigente.
Inoltre violerebbe tutte le disposizioni in materia di estinzione del reato, amnistia, indulto, grazia, sospensione della pena, riabilitazione del reo, ecc..
Infine contrasterebbe con l’art. 4, comma 1, del Regolamento FIFA, il quale, prevedendo come requisito per la registrazione l’essere “meritevole di impeccabile reputazione”, rimetterebbe comunque alle Federazioni nazionali l’individuazione dei parametri, conformi ai principi ed alle norme del diritto nazionale, per la valutazione della sussistenza del requisito.
Diversamente, nel settore degli appalti pubblici, per la conclusione di contratti con le P.A., l’ordinamento, nel prevedere requisiti di moralità, stabilisce che il divieto non opera quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione o quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima.
Sussisterebbe, quindi, carenza di motivazione e di correlata istruttoria (non avendo nemmeno coinvolto nel relativo procedimento approvativo i diretti interessati, ossia i procuratori), nonché una violazione degli artt. 3 e 7 ss. della legge n. 241/1990.
4) Illegittimità dell’art. 4, comma 3, punti 4 e 5, del Nuovo Regolamento FIGC (requisiti disciplinari per l’iscrizione nel registro): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 41 Cost. - violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del Nuovo Regolamento FIFA - Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 ss. della legge n. 241/1990, qualora si ritenga la natura pubblicistica dell’attività regolamentare posta in essere dalla FIGC - eccesso di potere per ingiustizia, irragionevolezza ed illogicità manifeste, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti in diritto, violazione del principio di proporzionalità.
L’art. 4, comma 3, ai punti 4 e 5, dispone che, per iscriversi al registro, occorre “non avere riportato nell’ambito dell’ordinamento sportivo la sanzione della preclusione” (punto 4) e “[...] non avere procedimenti e/o sanzioni disciplinari in essere nell’ambito della FIGC”, mentre il Regolamento FIGC del 2010 si limitava a prevedere come causa ostativa per il rilascio della licenza come agente l’essere stato destinatario di sanzioni sportive che comportino la preclusione, ovvero procedimenti disciplinari volti all’irrogazione di queste ultime.
Sarebbe privo di una qualsiasi logica precludere ad un operatore che sia incorso in lievi sanzioni disciplinari di esercitare per sempre l’attività di procuratore, non potendosi iscrivere o restare iscritto nel nuovo registro; ciò comporterebbe anche la violazione degli artt. 3 e 41 Cost., nonché dell’art. 4 del Nuovo Regolamento FIFA.
L’illegittimità denunciata risulterebbe ancora più grave, considerando che la carenza di requisito sarebbe anticipata alla semplice apertura del relativo procedimento disciplinare e che non sarebbe neppure prevista alcuna forma di riabilitazione per sanzioni molto datate nel tempo.
La FIGC non avrebbe neanche fornito alcuna motivazione ovvero giustificazione ragionevole circa la scelta operata.
5) Illegittimità dell’art. 5, commi 4, 5 e 6, dell’art. 6, commi 3 e 4, dell’art. 1, comma 1, punto 3, dell’art. 8 e degli allegati A E C del Nuovo Regolamento FIGC (limitazioni alla libertà contrattuale e violazione della privacy): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 41 Cost. - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321 e ss. e degli artt. 1341 e 1342 c.c. - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56, 57, 59, 101 e 102 del TFUE - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 167 del d.lgs. 30.6.2003, n. 196 - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 7 del Nuovo Regolamento FIFA - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 ss. della legge n. 241/1990, qualora si ritenga la natura pubblicistica dell’attività regolamentare posta in essere dalla FIGC - eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti in diritto, violazione del principio di proporzionalità e di libera concorrenza - sviamento di potere - incompetenza.
Sarebbero stabilite limitazioni alla libertà contrattuale degli agenti, sotto forma di tetti imposti ai compensi da pattuire tra le parti, di introduzione di cause atipiche di cessazione degli effetti dei contratti, ovvero di condizioni di efficacia degli stessi, nonché di rinuncia alla riservatezza delle condizioni contrattuali pattuite tra le parti.
Con gli Allegati A e B del Nuovo Regolamento FIGC sarebbero addirittura imposti modelli di contratto.
Segnatamente la FIGC imporrebbe tetti ai compensi dei procuratori, limitati al 3% della retribuzione base lorda del calciatore, ovvero del valore del trasferimento del calciatore, l’esclusione di qualsiasi compenso in caso di contratto di ingaggio di un calciatore ai minimi federali, ovvero in relazione ad un tesseramento a favore di una società professionistica di un calciatore non professionista, una causa di risoluzione automatica del contratto di rappresentanza Club-procuratore qualora il calciatore in questione non fosse più tesserato del Club, cause di inefficacia dei contratti (o delle revoche o risoluzioni degli stessi), in caso di mancato deposito entro 20 giorni presso la FIGC, rinuncia alla riservatezza (e alla correlata protezione dei dati personali) rispetto ai contratti stipulati ed alle relative condizioni economiche pattuite.
La FIGC introdurrebbe così una serie di clausole vessatorie per i procuratori (e favorevoli alle società sportive) dirette a connotare i futuri contratti.
Si è costituita in giudizio la FIGC, la quale ha depositato documentazione ed una memoria difensiva.
Essa ha eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso, per mancato esaurimento dei gradi di giustizia sportiva e, perciò, per mancato rispetto della pregiudiziale sportiva.
La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha sollevato altresì un’ulteriore eccezione di inammissibilità, sostenendo che il presente ricorso sarebbe illegittimo in quanto teso all’annullamento di un regolamento, come tale, privo di portata lesiva.
Infine detta Federazione ha puntualmente controdedotto alle censure avversarie.
Con ordinanza n. 2698 del 26.6.2015, è stata respinta la domanda cautelare proposta in via incidentale.
Detta ordinanza è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato – sezione V, con ordinanza n. 4183 del 15.9.2015.
Con ulteriore memoria, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha eccepito anche l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad alcun controinteressato, individuando i controinteressati stessi negli iscritti al registro, i quali, in caso di suo accoglimento, ne sarebbero danneggiati, e ha ribadito le difese precedentemente svolte.
È intervenuta ad adjuvandum l’Associazione Federsupporter.
La parte ricorrente ha depositato memorie, anche di replica rispetto a quanto dedotto dalla FIGC, in vista della pubblica udienza del 9.5.2017.
Nel corso della suddetta pubblica udienza il difensore della Federazione ha evidenziato che, per effetto delle modifiche apportate al Regolamento impugnato col comunicato ufficiale del Consiglio federale n. 122/A del 31.8.2015, alcuni profili denunciati in ricorso sarebbero superati.
Il difensore dei ricorrenti ha dichiarato a verbale le asserite criticità che sarebbero state risolte dalla predetta modifica.
Nella suindicata pubblica udienza del 9.5.2017 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
I - Col ricorso all’esame del Collegio, proposto dalla IAFA – Italian Association of football agents - dal suo Presidente, anche in proprio, e dagli ex agenti di calciatori indicati in epigrafe, si impugna il Nuovo Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo approvato dal Consiglio Federale della FIGC e reso noto con Comunicato Ufficiale n. 190/A, pubblicato il 26.3.2015 ed entrato in vigore il 1°.4.2015.
I.1 - Vanno preliminarmente vagliate le eccezioni mosse dalla FIGC.
II - In primo luogo viene eccepita l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso, per mancato esaurimento dei gradi di giustizia sportiva e, perciò, per mancato rispetto della pregiudiziale sportiva, così come prescritto dall’art. 3 del d.l. n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003.
II.1 - Detta disposizione recita così: “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”.
Come si argomenterà di seguito, nel caso che ci occupa, per ragioni di ordine oggettivo e soggettivo, non si richiedeva, tuttavia, che fossero preventivamente aditi tutti i gradi di giustizia sportiva.
II.2 - Per quanto concerne il profilo oggettivo, occorre rimarcare che l’atto censurato ha natura regolamentare; oggetto dell’impugnativa è, infatti, non già la delibera del Consiglio federale con cui il regolamento è stato approvato, bensì il regolamento stesso.
Non è possibile impugnare la norma sportiva innanzi alla giustizia sportiva, in quanto il giudice dell’ordinamento sportivo non ha il potere di sindacare la legittimità delle norme dell’ordinamento, del quale fanno parte, essendo anzi il suo compito quello di applicare e di fare rispettare le norme dell’ordinamento sportivo.
Tali norme vanno impugnate direttamente innanzi al giudice statale – giudice amministrativo, che ha invece il potere di sindacarne la legittimità, in quanto soltanto detto giudice può annullare gli atti regolamentari degli ordinamenti settoriali, in genere, e dell’ordinamento settoriale sportivo, in particolare, avendo essi il carattere, per quanto riguarda il livello normativo, di fonte regolamentare e, per quanto riguarda la natura giuridica, di atto amministrativo.
II.3 - Per quanto concerne il profilo soggettivo, deve evidenziarsi che la pregiudiziale sportiva non può che riguardare i soggetti sottoposti alle regole dell’ordinamento sportivo.
Il fondamento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo o comunque della sua preferenza, quando non vi sia una vera e propria riserva in suo favore, può essere rinvenuto nelle norme costituzionali di cui all’art. 18 Cost., concernente la tutela della libertà associativa, ed all’art. 2 Cost., relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo.
Sulla base di tali norme costituzionali, i soggetti, al momento della loro affiliazione e tesseramento, accettano la clausola compromissoria contenuta nello Statuto.
In proposito lo stesso art. 30 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio, da questa erroneamente richiamata per supportare la propria tesi, stabilisce:
“1. I tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, hanno l’obbligo di osservare il presente Statuto e ogni altra norma federale e degli organismi internazionali a cui la FIGC è affiliata.
2. I soggetti di cui al comma precedente, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico.
3. Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli stessi e la FIGC, per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto dallo Statuto del CONI, sono devolute, su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, in conformità con quanto disposto dallo Statuto e dai relativi regolamenti e atti attuativi, nonché dalle norme federali.”.
Il punto è che né gli agenti di calcio né tanto meno l’associazione che li rappresenta possono inquadrarsi nei soggetti suindicati, non potendo essi considerarsi come “soggetti comunque rilevanti per l’ordinamento sportivo” solo perché tenuti ad una serie di adempimenti nei confronti della FIGC per svolgere la loro attività e perché soggetti a sanzioni in caso di violazione di tali obblighi.
Lo stesso Regolamento che qui si impugna dà la seguente definizione di procuratore sportivo: “il soggetto che per il tramite di una persona giuridica o una società di persone o altro ente associativo, professionalmente o anche occasionalmente, rappresenta o assiste una Società sportiva e/o un calciatore per le finalità di cui al successivo art. 2” - vale a dire per la “conclusione o risoluzione di un contratto di prestazione sportiva tra un calciatore e una Società sportiva” e per la “conclusione di un trasferimento di un calciatore tra due Società Sportive” – “in forza di uno specifico rapporto contrattuale, senza alcun riguardo alla sua effettiva qualifica professionale e anche se legato da vincoli di coniugio o di parentela con gli atleti rappresentati”.
Perciò l’agente di calciatori – ora procuratore sportivo - non è affiliato né è legato da alcun rapporto associativo o di altra natura alla FIGC, ma è un libero professionista.
Deve poi aggiungersi, sempre sul piano soggettivo, che, per effetto dell’entrata in vigore del Regolamento censurato col ricorso in esame, in data 1°.4.2015, in virtù della norma transitoria che dalla stessa data ha stabilito l’abolizione della licenza già prevista per gli agenti di calciatori, questi automaticamente perdono qualsivoglia tipologia di contatto con la Federazione, essendo poi richiesto, per lo svolgimento della propria attività, l’iscrizione in un apposito Registro tenuto dalla Federazione stessa.
II.4 - In conclusione l’eccezione in esame va disattesa.
III - La Federazione Italiana Giuoco Calcio solleva un’ulteriore eccezione di inammissibilità, sostenendo che il presente ricorso sarebbe illegittimo in quanto teso all’annullamento di un regolamento, come tale, privo di portata lesiva.
III.1 - Tuttavia basta esaminare le cesure dedotte per comprendere che, secondo la prospettazione di parte attorea – salvo poi vagliare tali profili nel merito -, il regolamento gravato ha immediata portata lesiva.
In primo luogo esso comporta una modifica radicale dell’intero sistema di legittimazione dei procuratori sportivi nell’ambito calcistico: si passa, infatti, da un sistema basato sull’acquisizione di una licenza, previo superamento di una prova di esame, che presuppone il possesso dei requisiti morali, nonché produzione di una polizza assicurativa per rischi professionali, ad uno che, liberalizzando l’accesso alla professione, prevede solo l’iscrizione in un registro tenuto dalla FIGC, previa dichiarazione della sussistenza dei requisiti morali.
Tale nuovo sistema tendenzialmente potrebbe ampliare la platea dei procuratori sportivi, con nocumento immediato per quanti, in virtù del possesso della suindicata licenza, già vi facevano parte in ragione del possesso della licenza.
La lesione è legata all’entrata di sua entrata in vigore – 1°.4.2015 – data dalla quale le licenze in precedenza rilasciate cessano immediatamente di efficacia.
Anche le limitazioni poste ed i requisiti morali prescritti per l’iscrizione all’apposito registro hanno immediata portata lesiva. Occorre peraltro considerare al riguardo che il presente ricorso è stato proposto, oltre che da determinati agenti di calciatori già titolari di licenze, altresì dall’Italian Association of football agents, che tutela gli interessi di tali procuratori.
III.2 - Alla luce di quanto rilevato anche quest’eccezione è priva di fondamento.
IV - La FIGC, con una memoria depositata il 28.4.2017, ha infine eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad alcun controinteressato, individuando i controinteressati stessi negli iscritti al registro, i quali, in caso di suo accoglimento, ne sarebbero danneggiati.
IV.1 - Deve sottolinearsi al riguardo che l’atto emanato ha natura regolamentare ed è, perciò, atto generale, rispetto al quale non è possibile individuare specifici soggetti controinteressati.
IV.2 - Ne deriva l’ammissibilità del ricorso anche sotto il profilo in ultimo esaminato.
V - Passando al merito, bisogna considerare che, col Comunicato Ufficiale del Consiglio federale della FIGC n. 122/A del 31.8.2015, sono state apportate alcune modifiche al Regolamento impugnato.
Pertanto occorre vagliare se ed in quale misura residui l’interesse ad una pronuncia nel merito in ordine al presente ricorso.
VI - Esso è in primo luogo teso a contestare l’intero impianto organizzativo dell’attività di procuratore sportivo, così come previsto nell’atto regolamentare oggetto di impugnazione, su cui le modifiche menzionate non hanno inciso affatto.
I ricorrenti, in particolare, si dolgono dell’intervenuta soppressione del previgente regime delle licenze, sostituito con quello del Registro dei procuratori.
VI.1 - Va preliminarmente tenuto presente in proposito che, acquisendo la licenza in base al previgente regolamento del 2010, così come modificato poi col C.U. del 3.3.2011, gli agenti, nella cui preesistente qualità i ricorrenti propongono il presente gravame, si sono obbligati a rispettare le norme emanate dalla FIFA – Fédération Internationale de Footbal Association, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 3, di detto Regolamento.
VI.2 - Occorre poi rimarcare che sulle norme emanate dalla FIFA, che è un’organizzazione internazionale avente sede a Zurigo, è inibito il sindacato di questo giudice nazionale.
Tutto il regolamento FIFA è vincolante per le associazioni membro, salva - ovviamente- la contrarietà dei principi in esso sanciti a norme di legge delle singole nazioni, nel qual caso non possono che prevalere queste ultime. In proposito l’art. 1, comma 2, di tale regolamento recita: “alle associazioni nazionali è richiesto di prendere atto di tali standard minimi e implementarli e rafforzarli in base a quanto richiestogli in questo regolamento, rispettando tutte le normative e le legislazioni nazionali applicabili: le associazioni dovranno cioè redigere un proprio regolamento che ingloberà i principi stabiliti in questo regolamento”.
VI.3 - Il fondamento della riforma è rappresentato proprio dall’abbandono del sistema delle licenze e dalla sua sostituzione con la creazione di un sistema di registrazione, alla cui adozione sono state, perciò, obbligate tutte le associazioni nazionali – per l’Italia la FIGC.
VI.4 - La soluzione organizzativa incardinata sul sistema dell’iscrizione a registro è idonea a semplificare il sistema, risponde alle pressanti richieste di liberalizzazione del relativo mercato ed appare conforme alle previsioni dell’ordinamento comunitario, stimolando il confronto concorrenziale ed in tal modo consentendo a coloro che fruiscono dei servizi indicati all’art. 2 del nuovo Regolamento di scegliere liberamente da chi farsi assistere, sempreché in possesso di requisiti minimi, la cui sussistenza è rimessa alla individuazione e verifica della FIGC, senza necessità che detti soggetti siano in possesso di apposita licenza, così come invece stabilito nel previgente sistema.
VII - Peraltro è evidente che il Regolamento qui censurato non preclude affatto agli ex agenti di esercitare l’attività che erano abilitati a svolgere in quanto titolari della licenza, giacché è sufficiente che essi richiedano l’iscrizione annuale nel neo istituito registro, pagando i diritti di segreteria dovuti.
VII.1 - Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la cessazione di efficacia delle licenze possedute dai ricorrenti in data 1°.4.2015 non è stata disposta con un mero preavviso di 5 giorni.
In primo luogo il regolamento FIFA, pubblicato sul suo sito ufficiale, è stato approvato nel marzo 2014. Sin dall’origine era nota la data di entrata in vigore, fissata appunto al 1° aprile 2015, proprio al fine di consentire l’adeguamento delle Federazioni nazionali alla nuova normativa.
A ciò si aggiunga che, con comunicazione del 19.11.2014, la Commissione Agenti di calciatori ha ufficialmente informato tutti i suoi iscritti che, a decorrere appunto dal 1°.4.2015, l’attività sarebbe stata liberalizzata, in conformità a quanto stabilito dalla FIFA, con conseguente decadenza delle licenze in essere.
Ne deriva che gli odierni ricorrenti hanno avuto conoscenza legale dell’introduzione del regime di iscrizione nel registro dei procuratori sportivi, con cessazione di efficacia delle licenze in loro possesso, con un anno di anticipo, e non già solo 5 giorni prima, così come, invece, affermato nel ricorso.
VII.2 - Quanto, poi, ai dubbi manifestati dai ricorrenti che non sarebbero certi di potere legittimamente portare a termine gli incarichi relativi a contratti già sottoscritti e depositati alla data dell’1.4. 2015, le norme transitorie chiariscono in modo inequivocabile che “tali contratti mantengono la loro efficacia sino alla loro naturale scadenza”.
VIII - Occorre poi puntualizzare che l’attività dei procuratori sportivi, così come viene riportata nel regolamento de quo, non potrebbe mai qualificarsi come intermediazione di manodopera, come sembra adombrarsi in ricorso, laddove si denunciano i possibili effetti pregiudizievoli per il suo svolgimento, stante il divieto nel nostro ordinamento.
Infatti il procuratore sportivo presta la propria attività in favore di Società sportive e di calciatori per la “conclusione o risoluzione di un contratto di prestazione sportiva tra un calciatore e una Società sportiva” e/o per la “conclusione di un trasferimento di un calciatore tra due Società sportive”.
L’assistenza è limitata alla fase contrattuale e precontrattuale (trattative), nella determinazione delle condizioni e delle caratteristiche dell’attività di prestazione sportiva. Perciò è evidente che si esula dall’ambito dell’intermediazione, vietata quando essa si riferisca alla manodopera.
VIII.1 - In ciò, perciò, il regolamento della FIGC si distingue da quello tipo emanato dalla FIFA, che invece fa riferimento alla più ampia attività di intermediazione.
Tale divergenza è stata resa possibile grazie alla clausola su citata, contenuta nell’art. 1, comma 2, del regolamento FIFA, che fa salvo il rispetto di “tutte le normative e le legislazioni nazionali applicabili”.
Proprio in ragione di ciò, l’art. 2 del Regolamento qui impugnato prevede testualmente: “Il presente regolamento è adottato dalla FIGC in conformità ai principi emanati dal vigente Regolamento FIFA sugli intermediari, di cui costituisce diretta applicazione.
In caso di divergenza tra il Regolamento FIFA e il presente regolamento, quest’ultimo prevale”.
VIII.2 - Deve poi precisarsi che, differentemente da quanto prospettato dalla parte ricorrente, neppure in vigenza del precedente regolamento sugli agenti di calciatori l’attività di costoro era inquadrabile come intermediazione di manodopera.
Tale attività era sempre svolta nell’ambito delle trattative conducenti alla stipula di un contratto di prestazione sportiva tra un calciatore ed una società Sportiva o del trasferimento o cessione di contratto di un calciatore tra due Società sportive.
Nessun intervento dell’agente si prevedeva in una fase precedente, tesa a determinare un avvicinamento, quindi un incontro tra le parti.
IX - Va poi rimarcata l’infondatezza del vizio di difetto di motivazione e di violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, che viene dedotto sistematicamente in ricorso unitamente ad altre specifiche censure.
Al riguardo basta leggere lo stesso art. 3 citato per comprendere che esso, al comma 2, esclude dal suo ambito applicativo proprio gli atti normativi.
X - Altrettanto è a dirsi per la dedotta violazione del principio di partecipazione procedimentale; segnatamente la parte ricorrente lamenta la circostanza che gli operatori del settore non siano stati coinvolti nella stesura dell’atto regolamentare qui censurato, ma non si avvede che gli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990, di cui denuncia la mancata applicazione nella specie, non si applicano “nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi”, secondo quanto espressamente stabilito dall’art. 13 della stessa legge.
XI - Passando all’esame degli ulteriori vizi dedotti in ricorso, si rileva che col secondo motivo si assume l’illegittimità dell’art. 4, commi 1 e 3, del Regolamento in questione, laddove si prescrive la legale residenza in Italia come condizione necessaria per l’iscrizione presso il Registro tenuto dalla FIGC, sostenendo che tale previsione sarebbe violativa del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, sancito dall’art. 3 Cost., nonché della libertà per ogni cittadino di circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale stabilita dall'art. 16 Cost. e della libertà di iniziativa economica prevista dall’art. 41 Cost..
La ratio sottesa alla contestata previsione è quella di consentire alla FIGC di esercitare controlli sul possesso dei requisiti minimi da parte dei procuratori, altrimenti inattuabili.
XI.1 - Evidenziata la ratio, in primo luogo deve farsi notare che nel previgente regolamento, all’art. 6, ai fini dell’ottenimento della licenza, si richiedeva che il soggetto fosse “cittadino italiano o di uno degli Stati membri dell’Unione europea” e fosse “residente in Italia ovvero” fosse “cittadino non comunitario legalmente e ininterrottamente residente in Italia da almeno due anni”.
XI.2 - In ogni caso deve evidenziarsi che ai procuratori non residenti in Italia non è preclusa la propria attività in favore di club e/o calciatori tesserati in Italia. Segnatamente, in base al testo risultante dalla modifica introdotta con il C.U. n. 122/A, è consentito ai club italiani ed ai calciatori tesserati in Italia “conferire Mandati a Procuratori Sportivi non residenti in Italia a condizione che gli stessi comprovino l’iscrizione presso altra Federazione affiliata alla FIFA e che i relativi Contratti di Rappresentanza siano ritualmente depositati presso la FIGC”.
XI.3 - Conseguentemente non si rinvengono i profili di illegittimità dedotti.
XII - Ulteriori doglianze attengono ai requisiti morali di cui i richiedenti l’iscrizione al registro de quo devono dichiarare il possesso, requisiti la cui sussistenza in concreto naturalmente la FIGC può verificare.
XII.1 - In proposito deve preliminarmente precisarsi che il regolamento FIFA, all’art. 4, prescrive che la Federazione sia tenuta ad accertare che l’intermediario – in Italia il procuratore – abbia una reputazione impeccabile.
La Federazione italiana ha individuato i requisiti, in presenza dei quali, appunto, la reputazione possa qualificarsi come impeccabile.
XII.2 - In particolare, secondo la previsione dell’art. 4, comma 3, del regolamento della FIGC, nel testo originariamente adottato, si prescriveva al procuratore sportivo che richiedeva l’iscrizione nel registro in parola di dichiarare:
“di non avere riportato condanne definitive per il reato di frode sportiva di cui alla legge 401/1989 ovvero per delitti non colposi puniti con la pena edittale della reclusione superiore, nel massimo, a cinque anni;
di non aver riportato nell’ambito dell’ordinamento sportivo la sanzione della preclusione;
di non trovarsi in nessuna situazione di incompatibilità prevista dal presente regolamento e di non avere procedimenti e/o sanzioni disciplinari in essere nell’ambito della FIGC”.
XII.3 - Il C.U. ha modificato al riguardo la prescrizione in ultimo richiamata, punto sul quale si tornerà di seguito, lasciando invece inalterati gli altri richiamati requisiti.
XIII - In particolare, per quanto concerne le condanne, il previgente regolamento (del 2010) considerava, quale causa ostativa alla sottoposizione alla prova d’esame funzionale al conseguimento della licenza, genericamente qualsiasi condanna per delitti non colposi e, perciò, poneva un limite ben più restrittivo di quello attuale sopra visto.
XIV - Va poi detto che la scelta di ancorare l’entità della pena rilevante, ai fini della preclusione all’iscrizione nel registro di che trattasi, alla pena edittale per delitti non colposi, e non già a quella in concreto comminata, risponde alla volontà, tutt’altro che irragionevole, di consentire ai potenziali destinatari della prescrizione di conoscerne precisamente ex ante la portata in concreto.
XV - Si osserva in ricorso che, col nuovo Regolamento, sarebbe stata espunta la voce “fatti salvi gli effetti della riabilitazione e della dichiarazione di estinzione del reato”, già contenuta nel previgente regolamento (art. 6, comma 2), e si asserisce che ciò comporterebbe che, anche in caso di intervenuta riabilitazione del soggetto e di dichiarata estinzione del reato, la condanna continuerebbe a rilevare in senso ostativo all’iscrizione al registro in questione, in violazione degli artt. 3, 27, 41, 79, 87 e 111 Cost. e degli artt. 1, 151, 163, 164, 165, 166, 167, 174, 178 e 179 c.p..
XV.1 - In realtà l’interpretazione fornita al riguardo dalla parte ricorrente è del tutto erronea.
Infatti i due istituti della riabilitazione e dell’estinzione del reato, espressamente previsti da una fonte normativa sovraordinata, quale è la legge, operano a prescindere dall’espresso richiamo nel regolamento e, perciò, il loro richiamo espresso, come avveniva per il passato, non era comunque necessario, mentre l’attuale previsione regolamentare, per come è formulata, non può essere intesa nel senso che non se ne debba tener conto.
XV.2 - Ne deriva che la doglianza in esame è del tutto destituita di fondamento.
XVI - Per quanto concerne i requisiti di moralità rispetto all’ordinamento sportivo, s’individua innanzi tutto quello dell’assenza, in capo al soggetto richiedente, della sanzione della preclusione. Va rilevato che la sussistenza della sanzione della preclusione da ogni rango o categoria della FIGC costituisce una causa definitiva, ostativa all’iscrizione, già prevista come impeditiva della presentazione della richiesta di sottoposizione all’esame per ottenere la licenza.
XVI.1 - Perciò la doglianza avverso tale prescrizione è inammissibile.
XVII - In relazione ai requisiti morali, la modifica regolamentare intervenuta ha fatto venir meno la causa ostativa alla registrazione, rappresentata dall’aver procedimenti disciplinari in essere. Infatti la pendenza di procedimenti disciplinari non ne costituisce più impedimento.
XVII.1 - Conseguentemente, conformemente a quanto dichiarato dal difensore della parte ricorrente in udienza, la censura concernente l’illegittimità della clausola sulla pendenza di procedimenti penali è improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse.
XVIII - Riguardo poi alle sanzioni “in essere”, si è precisato nel nuovo testo risultante dalla modifica del 31.8.2015 quanto era stato già indicato in via interpretativa nel commentario fornito dalla FIGC: in sede di registrazione, va dichiarata l’assenza di “sanzioni disciplinari in essere e non ancora completamente scontate nell’ambito della FIGC, e di avere esaurito i pagamenti di eventuali sanzioni pecuniarie o essere comunque al corrente con eventuali rateizzazioni”.
XVIII.1 - La ratio sottesa a tale previsione è quella di evitare che possano operare in ambito federale soggetti che, già sanzionati dalla giustizia sportiva, stiano ancora espiando sanzioni interdittive ovvero che si rifiutino di pagare le sanzioni pecuniarie irrogate nei loro riguardi.
In tutti gli altri casi le sanzioni meno gravi della preclusione non assumono rilevanza al fine qui considerato.
XVIII.2 - Conseguentemente anche la censura appena esaminata è priva di fondamento.
XIX - Ulteriori profili di illegittimità denunziati attengono ad asserite ingerenze nell’autonomia contrattuale delle parti ed all’assunta violazione della riservatezza.
XX - Segnatamente, in primo luogo si assume l’illegittimità dell’art. 5, comma 4, del Regolamento de quo, secondo cui “gli effetti del Contratto di Rappresentanza sottoscritto tra un Club e un Procuratore Sportivo per il tesseramento di un Calciatore cessano automaticamente qualora quest’ultimo - per qualsiasi motivo - non sia più tesserato con il Club”, nonché del successivo comma 5, che fissa il seguente obbligo: “Il Contratto di Rappresentanza, previo versamento dei diritti di segreteria, deve essere depositato presso la FIGC, anche in via telematica, entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia”, ed infine del comma 6, il quale stabilisce: “Qualsiasi accordo di modifica del Contratto di Rappresentanza concordata tra le parti ovvero la risoluzione o la revoca dello stesso da parte di un contraente, deve essere depositato, anche in via telematica, entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia”.
XX.1 - Riguardo alla previsione contenuta nel comma 4 dell’art. 5 citato, va precisato che gli effetti interessati dalla cessazione del tesseramento del calciatore con il Club sono soltanto quelli non ancora maturati, non riguardando certamente il periodo anteriore a tale cessazione. Si tratta di previsione pensata per fornire una soluzione ex ante e così prevenire eventuali problematiche in ordine alle spettanze, in caso appunto di cessazione del tesseramento. Resta comunque salva l’autonomia negoziale tra le parti, le quali possono sempre prevedere nel contratto di rappresentanza che il compenso del procuratore sia interamente dovuto al mero verificarsi dell’evento del tesseramento del calciatore, a prescindere dalla sua permanenza nel club per tutte le stagioni contrattualmente indicate.
XX.2 - Va inoltre detto che, anche sotto la vigenza del preesistente regolamento, a mente del suo art. 16, comma 1, sussisteva l’obbligo di depositare o inviare il mandato entro 20 giorni dalla sottoscrizione presso la Segreteria della Commissione Agenti.
Il nuovo Regolamento individua nel mancato deposito, nel termine suindicato, del contratto di rappresentanza presso la FIGC, previo versamento dei diritti di segreteria, una condizione risolutiva dell’efficacia.
Il deposito in questione è coerente col sistema del registro introdotto con il regolamento qui impugnato.
Esso, da una parte, consente alla FIGC di eseguire la necessaria verifica in ordine al rispetto delle previsioni regolamentari, il che appare del tutto giustificato, tenuto conto del ruolo di garante dalla stessa assunto, in ragione della rilevanza dell’attività in esame per l’ordinamento sportivo e, sotto altro profilo, assicura la conoscenza del dato aggregato dei corrispettivi erogati in ciascun anno ai procuratori sportivi.
XXI - Ulteriore ingerenza nell’autonomia contrattuale segnalata in ricorso riguarderebbe la determinazione dei compensi.
In proposito occorre specificare adeguatamente i termini della questione in esame, inquadrandola nel più ampio ambito internazionale e confrontandola con la situazione esistente sotto la vigenza del preesistente regolamento.
XXI.1 - Nell’art. 7, comma 3, del regolamento della FIFA sono fissate le linee guida alle quali i calciatori ed i club devono attenersi nella determinazione del compenso. In particolare, viene stabilito il tetto massimo del 3% del reddito lordo percepito dal calciatore per l’intera durata del contratto o della cifra eventualmente corrisposta per il trasferimento del calciatore.
XXI.2 - In precedenza l’art. 17 del regolamento FIGC adottato nel 2010, con riferimento al compenso dovuto dal calciatore al procuratore, dopo aver precisato che esso “è liberamente convenuto fra le parti”, in assenza di tale accordo, fissava il parametro del 3% del reddito loro annuo del calciatore stesso.
XXI.3 - Nell’attuale testo vigente, risultante anche nella modifica dell’agosto 2015, avente più che altro una portata chiarificatrice, è evidente il carattere non vincolante dei tetti ai compensi espressi in termini percentuali. Segnatamente, prima di specificare detti tetti nella misura del “3% della retribuzione base complessiva lorda del Calciatore”, in caso di ingaggio di un calciatore, e del “3% del valore del trasferimento”, nell’ipotesi di suo trasferimento, è detto: “Le parti, nello stabilire l’entità del corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo, possono fare riferimento ai seguenti criteri per la sua determinazione”.
XXI.4 - Pertanto è evidente il venir meno dell’interesse della parte ricorrente rispetto a tale profilo.
XXII - Sempre sotto l’aspetto economico, il comma 4 dell’art. 6 del vigente regolamento, contestato in ricorso, prevede che “nessun corrispettivo è dovuto al Procuratore Sportivo da un Calciatore che sottoscriva un contratto ai minimi federali, né da un Club nel caso in cui il Contratto di Rappresentanza sia relativo al tesseramento di un calciatore non professionista”.
XXII.1 - Occorre puntualizzare che la mancata previsione di corrispettivo ai minimi da parte del calciatore non costituisce una novità introdotta dal Regolamento in esame, essendo già stabilita da quello previgente, all’art. 17, comma 6 su menzionato. Perciò la contestazione sul punto risulta inammissibile.
XXII.2 - Inoltre l’art. 6, comma 4, del Regolamento FIGC in esame si limita ad esentare dal pagamento il solo calciatore (in quanto ingaggiato ai minimi federali), ma non anche il club, che è invece tenuto a corrispondere il compenso pattuito con il procuratore sportivo.
XXIII - Quanto alla statuizione in ordine alla mancata corresponsione di alcun compenso per il tesseramento di un calciatore non professionista, va precisato che essa naturalmente concerne l’ingaggio come calciatore dilettantistico, e non già la diversa ipotesi in cui il calciatore non professionista sottoscriva il suo primo contratto di prestazione sportiva ai sensi della legge n. 91/1981, perciò come professionista, nel qual caso invece il compenso per la prestazione di rappresentanza è dovuto al procuratore sportivo.
XXIII.1 - D’altronde, la stessa nozione di calciatore, così come precisata dopo la modifica, fornisce elementi chiarificatori in tal senso: infatti per calciatore “si intende un calciatore professionista, tesserato o che intende tesserarsi come professionista con un Club” (art. 1).
XXIV - Infine si deduce una violazione della privacy ad opera dell’art. 8 del Regolamento in esame.
Detta disposizione recita così: “Entro il 31 dicembre di ogni anno Club e Calciatori sono tenuti a comunicare alla FIGC i corrispettivi erogati a Procuratori Sportivi in forza dei Contratti di Rappresentanza sottoscritti. Entro il 31 marzo di ogni anno la FIGC rende noti i nominativi dei Procuratori Sportivi che hanno svolto servizi per conto di Calciatori o Club nell’anno precedente e rende altresì noto il dato aggregato relativo ai corrispettivi erogati nell’anno precedente ai Procuratori Sportivi e i soggetti che li hanno corrisposti”.
XXIV.1 - Come si evince dal dato letterale, l’obbligo di comunicazione ivi stabilito è funzionale esclusivamente alla divulgazione di dati aggregati, già acquisiti in passato dalla Federazione e che oggi la FIFA chiede di rendere pubblici, per cui esso non comporta alcun problema di riservatezza.
XXIV.2 - Pertanto anche il vizio in esame è infondato.
XXV - Conclusivamente, alla luce della disamina svolta, il ricorso è in parte improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, ed in parte sfornito di fondamento e da rigettare.
XXVI - Per quanto concerne le spese del presente giudizio, in considerazione della peculiarità della questione esaminata, si ritengono sussistenti i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:
- in parte dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, ed in parte rigetta il ricorso in epigrafe;
- compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2017, con l’intervento dei Magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Alessandro Tomassetti, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore