T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9144/2017

Pubblicato il 01/08/2017

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3515 del 2013, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avvocati Paolo Scaparone, Jacopo Gendre, Davide Gatti e Luca Di Raimondo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Luca Di Raimondo in Roma, via della Consulta n. 50;

contro

la F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Panama n. 58;

per la condanna

della Federazione Italiana Giuoco Calcio al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente per l’illegittima irrogazione della sanzione disciplinare della squalifica di tre anni e sei mesi inflitta al medesimo con C.U. n. 101/CDN del 18.6.2012 della Commissione Disciplinare Nazionale, poi annullata con lodo del Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport del 19.11.2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2017, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il Sig. OMISSIS, odierno ricorrente, è un ex calciatore professionista, con il ruolo di portiere, che ha militato principalmente nella squadra del OMISSIS e in ultimo in quella del OMISSIS.

Nell’ambito dell’indagine sportiva denominata “Calcioscommesse” e, in particolare, del filone del 2012 attivato dalla Procura federale sulla scorta della documentazione acquisita dal procedimento penale a quel tempo pendente presso la Procura di Cremona (R.G. n. 3628/2010), lo stesso è stato deferito in data 8.5.2012 in relazione all’incontro di Coppa Italia Chievo-Novara tenutosi il 30.11.2010.

Alla base del suo deferimento vi è una dichiarazione dell’imputato OMISSIS, calciatore di altra squadra. Questi inizialmente dinanzi al GIP di Cremona, in data 23.12.2011, aveva solo detto di essersi ricordato di un episodio di manipolazione di risultato per la suddetta partita di Coppa Italia, nel quale lo stesso non era presente, avendo agito come referente OMISSIS, giocatore del OMISSIS e suo amico, il quale gli avrebbe detto che un tale OMISSIS sarebbe stato disposto a pagare i giocatori del OMISSIS, tra cui OMISSIS presumeva essere “coinvolto” il calciatore OMISSIS “e forse qualcun altro”. Solo successivamente, in data 27.12.2011, dinanzi al PM, OMISSIS ha riferito testualmente: “Quanto alla partita Chievo-Novara…ho appreso da OMISSIS che gli slavi offrirono 150.000 € ai giocatori del OMISSIS perché perdessero con il Chievo con un Over, risultato che venne effettivamente conseguito. Ricordo di aver appreso che gli slavi si incontrarono con OMISSIS nell’albergo e consegnarono ad un albanese che giocava nel OMISSIS”- tale OMISSIS – “la somma di circa 150.000 € che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere OMISSIS”.

Nei confronti del Sig. OMISSIS è stata comminata la sanzione disciplinare della squalifica per 3 anni e 6 mesi per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6, del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione al predetto incontro sportivo, con delibera della Commissione Disciplinare Nazionale di cui al C.U. n. 101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Giustizia federale con C.U. n. 002/CGF (2012/2013), pubblicato in data 6.7.2012.

La sanzione de qua è stata del tutto annullata con lodo del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport deliberato il 19.12.2012.

Nelle more, in data 19.7.2012, è stata sottoscritta la risoluzione del contratto in essere tra il ricorrente ed il OMISSIS, che legava il primo a detta squadra sino al 30.6.2015. L’atto di risoluzione contrattuale rinviava alle scritture private sottoscritte tra le parti in data 12.7.2012.

Con il presente ricorso il Sig. OMISSIS chiede la condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al risarcimento dei danni subiti per effetto della richiamata sanzione disciplinare, sottolineando in primis il comportamento colposo tenuto dalla stessa, così come si desume dalla motivazione contenuta nel lodo suindicato che l’ha annullata, da cui si evincerebbe che essa è stata inflitta in assenza di prova a suo carico.

Il danno dedotto è innanzi tutto patrimoniale.

Segnatamente la sanzione disciplinare de qua avrebbe in primo luogo determinato la rescissione del contratto quinquennale – 2010/2015 - che il ricorrente aveva in corso con il OMISSIS Calcio. Essa richiamerebbe, infatti, un altro accordo sottoscritto tra le parti dinanzi alla Commissione provinciale di Conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro di OMISSIS. Si chiede, pertanto, che sia quantificato negli emolumenti spettanti in base al contratto in parola e non corrisposti per effetto della rescissione, detratta la buonuscita al medesimo già versata.

Altra voce di danno patrimoniale, di cui si chiede il risarcimento, è la somma che il Sig. OMISSIS avrebbe ottenuto in futuro quale dirigente del OMISSIS Calcio, col prolungamento del contratto di altri quattro anni.

Si deduce altresì il danno non patrimoniale, quale danno all’immagine ed alla reputazione, sottolineandosi il ruolo di cd. “calciatore pulito” che il ricorrente aveva conquistato sul campo, compromesso dalla sanzione disciplinare, ed evidenziandosi in proposito che il discredito nell’ambiente calcistico e nei rapporti sociali, senz’altro gravissimo, sarebbe indelebile, permanendo anche dopo l’annullamento della sanzione disciplinare, che erroneamente lo avrebbe indicato come colpevole di aver “venduto” una partita di calcio.

Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Successivamente quest’ultima ha prodotto documentazione e poi anche una memoria defensionale.

In tale memoria la F.I.G.C. ha in primo luogo assunto che l’attività descritta come fonte di danno ingiusto avrebbe natura decisoria, caratterizzata dalla celerità e speditezza e perciò dalla possibilità di fondarsi anche su elementi indiziari, non sussistendo il principio della tipicità delle prove.

Nella specie essa avrebbe fatto riferimento alle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal calciatore OMISSIS nel corso di due interrogatori dinanzi al G.I.P. ed al P.M. presso il Tribunale di Cremona, nell’ambito del parallelo procedimento penale.

Il Collegio arbitrale avrebbe sostenuto la totale inattenbilità di OMISSIS, ma sulla base di un proprio libero convincimento, speculare rispetto a quello dei “giudici” interni alla Federazione. Peraltro altro Collegio arbitrale, sempre con riferimento alla gara Chievo Verona – Novara, ne avrebbe affermato l’attendibilità.

La resistente Federazione contesta la non immediata ed agevole rilevazione del vizio, tenuto conto che il Tribunale arbitrale avrebbe omesso di pronunciarsi sull’istanza cautelare proposta dal ricorrente, attendendo circa quattro mesi prima di definire il giudizio nel merito.

In questo caso “l’error in iudicando riscontrato dal lodo” non sarebbe ex se“rivelatore di una condotta trasgressiva perseguibile ai sensi dell’art. 2043 c.c.”.

Mancherebbe anche l’elemento soggettivo.

Inoltre, riguardato il procedimento disciplinare nella sua unitarietà, si dovrebbe qui avere riguardo al lodo arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, conclusivo delle impugnazioni.

Quando il sistema giustiziale sportivo ha assicurato una tutela pienamente ripristinatoria prima che siano maturate le condizioni di procedibilità per adire la giurisdizione esclusiva del T.a.r., non sarebbe possibile pretendere il risarcimento degli effetti pregiudizievoli ai quali il sistema stesso avrebbe già ovviato.

In questo caso con il ricorso proposto dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport il Sig. OMISSIS ha avuto modo di avvalersi del rimedio demolitorio, avanzando anche la domanda cautelare, poi non coltivata, avendo raggiunto con il OMISSIS Calcio un accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

In ogni caso la sanzione è stata annullata e la Federazione ha dato immediata esecuzione al lodo arbitrale.

La F.I.G.C. contesta anche la misura del risarcimento del danno richiesta.

In particolare, quanto al danno patrimoniale, essa sostiene che non sarebbe riconducibile alla sanzione, bensì ad una risoluzione consensuale, che prescinderebbe dalla stessa. Evidenzia altresì che il ricorrente dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport non ha chiesto le misure cautelari presidenziali né ha insistito sulla domanda cautelare o sollecitato una più rapida calendarizzazione.

La Federazione rileva infine che, dopo la risoluzione del contratto lavorativo con il OMISSIS, il Sig. OMISSIS ha intrapreso l’attività di agente di calciatori, oggi procuratore sportivo, che gli sarebbe stata invece preclusa, ove avesse continuato ad avere rapporti professionali con il OMISSIS, in tal modo conseguendo una nuova fonte di reddito.

Per quanto concerne la perdita di chances, la resistente preliminarmente fa notare che spetta a colui che assume di aver subito un pregiudizio fornire la prova dinanzi al Giudice amministrativo e conclude, affermando che nella specie non sarebbe stata fornita alcuna prova dal ricorrente.

Con riguardo al danno all’immagine, mancherebbe la prova ed anzi la circostanza che il OMISSIS ha continuato ad operare nel ondo del calcio dimostrerebbe il contrario.

In ogni caso l’annullamento della sanzione avrebbe del tutto riparato l’eventuale danno.

Il ricorrente ha depositato una memoria di replica.

Nella pubblica udienza del 4.7.2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1 - Con il presente ricorso il Sig. OMISSIS, ex calciatore, nel ruolo di portiere in ultimo del OMISSIS Calcio, chiede il risarcimento dei danni – patrimoniali e non - patiti per effetto della sanzione disciplinare della squalifica per 3 anni e 6 mesi, comminata, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6, del Codice di Giustizia Sportiva in relazione all’incontro di Coppa Italia Chievo-Novara tenutosi in data 30.11.2010, a seguito di deferimento del Procuratore federale dell’8.5.2012, con delibera della Commissione Disciplinare Nazionale di cui al C.U. n. 101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Giustizia federale con C.U. n. 002/CGF (2012/2013) pubblicato in data 6.7.2012, ed infine annullata con lodo del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport deliberato il 19.12.2012.

2 - Occorre pregiudizialmente fare un breve inquadramento del caso che ci occupa nell’intero sistema approntato per la tutela dei soggetti inseriti nell’ordinamento sportivo rispetto alle sanzioni disciplinari ritenute illegittime ed ingiuste.

2.1 - Ciò va fatto sulla base di un preliminare esame dei rapporti tra autonomia dell’ordinamento sportivo ed ordinamento giuridico statale italiano.

Le norme costituzionali di cui all’art. 18 Cost., concernente la tutela della libertà associativa, ed all’art. 2 Cost., relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo, costituiscono il fondamento dell’autonomia sportiva.

Il fenomeno associazionistico sportivo rientra a pieno titolo nella categoria degli ordinamenti settoriali e in Italia è costituito dal complesso sistema organizzativo che fa capo al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), a sua volta affiliato al CIO (Comitato Internazionale Olimpico).

In questo quadro, si inserisce il sistema della cosiddetta giustizia sportiva, che rappresenta l’insieme di tutti quegli istituti previsti dagli statuti e dai regolamenti di ogni federazione, preposti a dirimere le controversie che nascono tra federazioni, associazioni di appartenenza e singoli atleti, tutti soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo.

In particolare, la Federazione Italiana Gioco Calcio, all’articolo 27, comma 1, del proprio Statuto, prevede che “i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, hanno l’obbligo di osservare il presente Statuto e ogni altra norma federale” e, al successivo comma 2, fissa il principio secondo cui essi “in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla F.I.G.C., dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico”.

2.2 - Si tratta del cd. “vincolo di giustizia sportiva”.

2.3 - Tuttavia si è posto il problema della sua tenuta rispetto alle norme della Costituzione e, in particolare, rispetto all’art. 24, I comma, 103, I comma, e 113, commi I e II.

2.4 - È noto che il decreto legge 19.8.2003, n. 220 - cd. “decreto salvacalcio”, convertito in legge 17.10.2003, n. 280, ha normato l’istituto in esame.

La legge n. 280/2003, apportando alcune modifiche al testo del decreto legge, ha ampliato l’area di intervento del Giudice statale a tutti i casi di “rilevanza” per l’ordinamento statale degli interessi lesi, sopprimendo il termine “effettiva”, previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legge, che limitava fortemente l’intervento del giudice statale soltanto ai casi estremi di notevole rilevanza giuridico-economica degli stessi.

Ed infatti l’art. 1, comma 2, del suddetto decreto legge, come modificato dalla legge di conversione, ha stabilito: “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

2.5 - Con specifico riguardo alle sanzioni disciplinari, l’art. 2, comma 1, lett. b), e comma 2, del suindicato decreto-legge ha, tuttavia, previsto: “È riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.

2.6 - Si è quindi posto il problema della compatibilità del suindicato sistema previsto dall’ordinamento sportivo rispetto ai principi costituzionali sanciti dalle richiamate norme e, in particolare, rispetto al diritto ad “agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, diritto qualificato come inviolabile dallo stesso art. 24 Cost., ed al diritto di adire gli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa contro gli atti della Pubblica Amministrazione per la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi.

2.7 - In proposito va incidentalmente evidenziata la natura di provvedimenti amministrativi degli atti emessi dagli organi di giustizia sportiva, così come sarà meglio esplicitato nel prosieguo della presente disamina.

Ciò rileva sotto un duplice profilo: a) la norma sul vincolo di giustizia sportiva deve conciliarsi con quella sovraordinata, di rango costituzionale, che assicura una tutela giurisdizionale dinanzi agli organi giurisdizionali statali nei confronti di atti della Pubblica Amministrazione; b) nel determinare l’an del risarcimento del danno, deve aversi riguardo alla fattispecie aquiliana e la responsabilità degli organi di giustizia sportiva va parametrata all’elemento soggettivo della colpa, alla stregua degli organi della Pubblica Amministrazione, e non già della colpa grave, alla stessa maniera dei Giudici.

2.8 - Tornando alla legittimità o meno del vincolo di giustizia sportiva sancito relativamente agli atti che irrogano sanzioni disciplinari rispetto ai paradigmi costituzionali sopra indicati, a seguito di rimessione della questione di legittimità costituzionale da parte di questo Tribunale, se ne è occupata la Corte costituzionale, la quale, con la sentenza 11.2.2011, n. 49, ha ritenuto la norma di cui all’art. 2, comma 2, lett. b), del decreto-legge n. 220/2003, come modificato dalla legge n. 280/2003, non viziata da illegittimità costituzionale, precisando però che la riserva in favore della giustizia sportiva in materia disciplinare si deve intendere solo nel senso dell’esclusione di una giurisdizione demolitoria, in capo al Giudice amministrativo, ferma restando la sussistenza comunque di una giurisdizione meramente risarcitoria in capo allo stesso.

La norma in questione deve essere interpretata, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che, laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal CONI abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere, non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al Giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Il Giudice delle leggi ha qualificato la tutela risarcitoria, configurata in materia, come “una forma di tutela per equivalente” e come una “diversificata modalità di tutela giurisdizionale”.

Lo stesso ha quindi individuato in tale sistema il ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze proprie dei due portatori di interessi che si contrappongono - ovvero l’autonomia dell’ordinamento sportivo e l’esigenza di tutela giurisdizionale dei relativi tesserati - ed ha ritenuto che, in tale modo, il legislatore ha operato un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco.

2.9 - È evidente che la tutela risarcitoria dinanzi al Giudice amministrativo, che può essere proposta anche autonomamente nel nostro ordinamento, perciò prescindendo da quella demolitoria, non può porsi su un piano derivato, né su un uno subordinato rispetto a quello della tutela apprestata dall’ordinamento sportivo.

In altre parole, non può attribuirsi carattere superiore e condizionante alla tutela garantita all’interno di un ordinamento autonomo, quale quello sportivo, la cui sussistenza, secondo la Corte costituzionale, risulta ammissibile, non scontrandosi con il basilare diritto di difesa costituzionalmente garantito, solo in quanto è consentito al soggetto che si reputi leso dagli atti di tale ordinamento presentare la domanda risarcitoria dinanzi agli organi della giustizia dello Stato, in presenza di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo aventi anche rilevanza per l’ordinamento sportivo statuale.

La giurisprudenza li ha rinvenuti ogniqualvolta fossero implicati interessi economici, come nel caso di sanzioni determinanti aventi appunto riflessi di tipo economico, ipotesi ricorrente nel caso in esame.

2.10 - Non può, perciò, condividersi la prospettazione della parte resistente, secondo cui nella specie, essendo intervenuto nel terzo grado del giudizio tenutosi nel sistema di giustizia sportiva l’annullamento della sanzione, all’interessato non sarebbe dato di adire questo Giudice, avendo comunque conseguito una tutela di tipo demolitorio, rispetto alla quale quella risarcitoria presenterebbe carattere subordinato.

Deve ribadirsi che si tratta di domanda nuova ed ulteriore, che il Collegio deve esaminare, eventualmente incidentalmente pronunciandosi anche sui provvedimenti di giustizia sportiva di I e II grado, senza annullarli, ma eventualmente dichiarandone l’illegittimità incidenter tantum, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 1), e lett. z), c.p.a..

3 - L’azione risarcitoria proposta col presente ricorso è riconducibile entro lo statuto della responsabilità aquiliana della P.A., come già affermato da questa stessa Sezione (cfr.: 23.1.2017, n. 1163; 10.11.2016, n. 1146).

3.1 - Lo statuto della responsabilità civile dei magistrati non è applicabile, nella specie, per il semplice rilievo che gli organi di giustizia federali non hanno natura giurisdizionale (cfr. anche: T.a.r. Lazio, Roma, sez. I ter, 18.1.2017, n. 869).

3.2 - La legge n. 117/1988, in materia di “risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati”, nel prevedere, all’art. 1, che “le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature, ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciale, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria”, ha inteso estendere la relativa disciplina ai soli esercenti funzioni giudiziarie, sia inquirenti che giudicanti, nel senso tipico e rigoroso del termine (in tal senso, Cass. civ., sez. III, 5.8.2010, n. 18170).

Stante la natura eccezionale delle norme poste dalla l. 117/1988, deve escludersi, dunque, la possibilità della loro applicazione analogica nei confronti di soggetti che non svolgono funzioni giudiziarie.

3.3 - Posto che gli organi di giustizia federale non esercitano funzioni giudiziarie, occorre definire la loro natura e le funzioni dagli stessi svolte.

Dalla loro natura di organi delle Federazioni sportive discende necessariamente che essi partecipano della stessa natura di quelle Federazioni sportive entro le quali sono costituiti e sono destinati ad operare.

Le Federazioni sportive nazionali, secondo lo schema delineato dal d. lgs. n. 242/1999, partecipano di una duplice natura: privatistica e pubblicistica, a seconda dell’attività dalle medesime espletata; esse sono associazioni con personalità giuridica di diritto privato, in quanto tali, svolgenti attività regolata dai principi civilistici, ma, nel momento in cui giungono ad operare in qualità di organi del CONI, svolgono altresì attività di valenza pubblicistica, rispetto alla quale non può che essere loro riconosciuta natura pubblica.

Gli organi di giustizia costituiti presso le Federazioni sportive sono organi giustiziali rispetto alle decisioni aventi rilevanza interna per l’ordinamento sportivo, mentre debbono considerarsi partecipare della medesima natura pubblicistica delle Federazioni cui appartengono ogni qualvolta le loro decisioni rivestano rilevanza giuridica esterna per l’ordinamento statale. È quanto deve affermarsi alla luce del principio di cui all’art.1, comma 2, del decreto-legge n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, a norma del quale “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

3.4 - Le decisioni degli organi di giustizia federale devono conseguentemente considerarsi alla stregua di provvedimenti amministrativi ogniqualvolta, seppure in materia disciplinare riservata, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a, del decreto-legge n. 220/2003 citato, all’ordinamento sportivo, vengano ad incidere su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale, che, come tali, non possono sottrarsi alla tutela giurisdizionale statale, altrimenti determinandosi la lesione del fondamentale diritto di difesa, espressamente qualificato come inviolabile dall’art. 24 Cost..

3.5 - Dall’assunta natura amministrativa degli organi delle Federazioni sportive, allorquando l’attività dagli stessi espletata giunga ad investire posizioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento statale, discende la sottoposizione della loro responsabilità al paradigma della responsabilità aquiliana della P.A.

4 - In concreto occorre ora accertare se ricorrono tutti gli elementi della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., vale a dire la riconducibilità del danno dedotto ad un comportamento della P.A. qualificato contra jus, connotato altresì dall’elemento della colpa, così come individuato dalla giurisprudenza.

5 - Ai fini della configurabilità della responsabilità della P.A., la giurisprudenza è costante nell’affermare che “non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo ”, il quale vale solo ad individuare un comportamento contra jus, integrante l’elemento oggettivo della fattispecie, “ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, dovendosi verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi; da ciò deriva che, in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati, il Giudice amministrativo, in conformità ai principi enunciati nella materia anche dal Giudice comunitario, può affermare tale responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato; il Giudice può negarla, invece, quando l’indagine conduca al riconoscimento dell’errore scusabile con la conseguenza che, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana (ex art. 2043 cod. civ.) della Pubblica amministrazione per danno, devono ricorrere i presupposti del comportamento colposo, del danno ingiusto e del nesso di conseguenzialità” (Cons. St., sez. IV, 1°.8.2016, n. 3464; sez. V, 18.1.2016, n. 125).

5.1 - La riscontrata illegittimità dell’atto rappresenta, tuttavia, nella normalità dei casi, l’indice della colpa dell’Amministrazione - indice tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa e non spiegata sia l’illegittimità in cui l’apparato amministrativo sia incorso, spettando alla P.A. provare l’assenza di colpa, attraverso la dimostrazione, in ipotesi, della sussistenza di cause di giustificazione legalmente tipizzate (T.a.r. Lazio, Roma, sez. I, 20.5.2016, n. 5967).

5.2 - L’apprezzamento della colpa deve essere effettuato alla luce delle motivazioni che, in sede giurisdizionale, hanno condotto all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento e al suo annullamento, motivazioni che costituiscono l’unico parametro obiettivo per valutare, ai fini della loro eventuale qualificazione come colpose ex art. 2043 c.c., le modalità di condotta dell’amministrazione.

6 - L’esame va qui condotto, avuto riguardo al lodo del Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport del 19.11.2012, che ha annullato in toto la sanzione disciplinare della squalifica per 3 anni e 6 mesi inflitta al Sig. OMISSIS dalla Commissione Disciplinare Nazionale con delibera di cui al C.U. n. 101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Giustizia federale con C.U. n. 002/CGF (2012/2013) pubblicato in data 6.7.2012.

7 - In primo luogo dall’illegittimità della sanzione de qua, riscontrata dal Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport, si desume la sussistenza in concreto dell’elemento oggettivo dell’antigiuridicità del comportamento tenuto in concreto nel comminarla dagli organi della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

8 - Dalla lettura del provvedimento del Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport si evince altresì il ricorrere dell’elemento soggettivo della colpa, così come individuata dalla giurisprudenza.

8.1 - Detto provvedimento ripercorre l’iter che ha condotto all’irrogazione della sanzione de qua ed i “fatti” posti a suo fondamento.

Secondo quanto affermato dalla Commissione Disciplinare Nazionale, il Sig. OMISSIS, quale portiere della OMISSIS Calcio, avrebbe eseguito un accordo per alterare il risultato della partita di Coppa Italia Chievo –Novara del 30.11.2010, conclusasi in favore della prima col risultato di 3-0.

Allo stesso è stata altresì contestata l’alterazione del regolare svolgimento e del risultato finale di tale gara, nell’ambito dell’attività fraudolenta posta in essere dal cd. “gruppo degli zingari”, i quali, secondo l’accusa e l’organo disciplinare, avrebbero “messo a disposizione di OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, all’epoca calciatori del OMISSIS, la somma di 150.000 euro, consegnandola materialmente agli stessi”.

Le predette circostanze troverebbero “riscontro nelle dichiarazioni rese in varie occasioni da OMISSIS” ai giudici penali, ritenute dalla stessa “credibili e attendibili anche perché autoaccusatorie…e perché caratterizzate per la dovizia di particolari descrittivi e per il riferimento preciso ad una serie, nominativamente individuata, di calciatori del OMISSIS”. La Commissione Disciplinare Nazionale ha assunto che “la narrazione di OMISSIS trova riscontro in ulteriori elementi, quale l’effettivo raggiungimento del risultato concordato e la circostanza che i calciatori del OMISSIS deferiti sono risultati accomunati da rapporti di particolare confidenza…”.

La Corte di Giustizia Federale ha ritenuto sussistente la responsabilità del Sig. OMISSIS, indicando una breve motivazione, nella quale ha affermato: “la posizione del…OMISSIS emerge…in modo inequivoco dalla dichiarazione del OMISSIS resa in sede di interrogatorio del PM di Cremona in data 27.12.2011”“è acquisita agli atti, con sufficiente grado di attendibilità, la circostanza che il OMISSIS abbia partecipato alla spartizione delle somme di denaro a corrispettivo del losco affare”“l’articolazione della complessa vicenda…fornisce…indici…di una finalità illecita alla quale non appare difficoltoso immaginare il coinvolgimento di tutti i soggetti che appaiono menzionati nel corso degli interrogatori…”; il quadro complessivo sarebbe “reso ancor più credibile…dal ruolo decisivo rivestito dall’odierno ricorrente”, quale portiere che ha subito tre reti, “in puntuale adempimento dell’accordo illecito”.

8.2 - I fatti, ripresi anche dal Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport nel lodo annullatorio della sanzione disciplinare, tolgono ogni grado di certezza all’attendibilità delle dichiarazioni rese da OMISSIS sul conto di OMISSIS e poste a fondamento della sanzione stessa.

8.3 - In proposito va preliminarmente evidenziato che, sebbene il giudizio dinanzi agli organi di giustizia amministrativa sia caratterizzato da speditezza, ragione per la quale non può pretendersi che le prove di condotte sanzionate siano solo quelle tipiche, essendo ammesso il ricorso a quelle indiziare, tuttavia è necessario che anche queste ultime presentino un certo grado di attendibilità ed elementi oggettivi di riscontro.

8.4 - Come ben rimarcato con un’articolata motivazione dal Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport, gli indizi appaiono invece del tutto generici e privi di alcun elemento di riscontro oggettivo.

In primo luogo non risponde al vero che OMISSIS avrebbe dichiarato più volte dinanzi ai giudici penali il coinvolgimento di OMISSIS nell’accordo fraudolento concernente la gara di Coppa Italia Verona Chievo-Novara del 30.11.2010.

Questi infatti in data 23.12.2011 dinanzi al GIP di Cremona ha detto di essersi ricordato di un episodio di manipolazione di risultato per la suddetta partita di Coppa Italia, nel quale lo stesso non era presente, avendo agito come referente OMISSIS, giocatore del Novara e suo amico, il quale gli avrebbe riferito che un tale OMISSIS sarebbe stato disposto a pagare i giocatori del OMISSIS, tra cui OMISSIS presumeva essere “coinvolto” il calciatore OMISSIS “e forse qualcun altro”. Perciò è evidente che in questa prima accusa manca alcun riferimento al Sig. OMISSIS.

Solo nel secondo interrogatorio, nel successivo 27.12.2011, dinanzi al PM, OMISSIS ha riferito testualmente: “Quanto alla partita Chievo-Novara…ho appreso da OMISSIS che gli slavi offrirono 150.000 € ai giocatori del OMISSIS perché perdessero con il Chievo con un Over, risultato che venne effettivamente conseguito. Ricordo di aver appreso che gli slavi si incontrarono con OMISSIS nell’albergo e consegnarono ad un albanese che giocava nel OMISSIS”- tale OMISSIS – “la somma di circa 150.000 € che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere OMISSIS”.

In primo luogo non si comprendono le ragioni di questa “dimenticanza” riscontrata nella dichiarazione resa il 23.12.2011 dinanzi al GIP.

Se OMISSIS e OMISSIS sono stati posti sullo stesso piano partecipativo all’accordo fraudolento, non si capisce perché in un primo momento il OMISSIS ha nominato solo OMISSIS, facendo riferimento “forse [a] qualcun altro”, e solo successivamente ha nominato anche OMISSIS.

Inoltre va rimarcato che la seconda dichiarazione, nella quale figura il nome di OMISSIS, è una dichiarazione testimoniale de relato, in quanto il OMISSIS avrebbe solo ricordato di aver appreso la notizia in questione.

Essa, non solo è appunto una dichiarazione de relato, ma è anche del tutto generica e priva di riscontri concreti oggettivi: non sono riferiti il luogo e la data almeno indicativa della spartizione della cifra, gli altri giocatori partecipanti a tale spartizione, la fonte della conoscenza.

È stato fatto un collegamento con OMISSIS, in quanto portiere della squadra sconfitta. Tuttavia ciò non dimostra alcunché.

Le ragioni di una sconfitta calcistica possono, infatti, essere molteplici e non necessariamente riferibili al portiere della squadra che l’ha subita.

Nella specie la cd. “pagella” della prestazione resa da OMISSIS nell’incontro calcistico in parola, redatta dai giornalisti sportivi, è positiva. Il ricorrente ha anche prodotto commenti giornalistici di tale partita, dai quali risulta che lo stesso ha fatto anche diverse parate importanti.

8.5 - Da quanto illustrato emerge l’imperizia e/o negligenza degli organi che hanno inflitto la sanzione a carico dell’odierno ricorrente.

Ne deriva che anche l’elemento soggettivo della colpa risulta qui sussistente.

8.6 - La difesa della F.I.GC. si sofferma sulla natura accelerata del sistema di giustizia sportiva, rilevando qui in concreto che non vi sarebbero state ragioni per minare l’attendibilità delle dichiarazioni in ordine al coinvolgimento del Sig. OMISSIS rese più volte dal OMISSIS.

Si è appena evidenziato che la dichiarazione in tal senso è una sola e per giunta una testimonianza de relato, priva di elementi oggettivi di riscontro, che anche in un sistema caratterizzato da speditezza non può ritenersi sufficiente per comminare una sanzione disciplinare così pensante, quale è la squalifica per tre anni e sei mesi.

9 - Accertata la sussistenza in concreto di una condotta antigiuridica connotata da colpa, in capo agli organi federali, si tratta ora di verificare se vi sia un danno alla stessa ricollegabile attraverso il nesso etiologico.

9.1 - Va in proposito rilevato che la circostanza che la Federazione Italiana Giuoco Calcio si sia immediatamente adeguata alla decisione del Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport, facendo venir meno la squalifica e riammettendo il ricorrente quale calciatore, non vale ad escludere il danno e la sua imputabilità alla sanzione in questione.

Devono, infatti, considerarsi in primo luogo i danni prodotti nelle more tra l’inflizione della squalifica ed il suo venir meno, nella specie in concreto sussistenti.

9.2 - Va anzi rilevato in proposito che i danni accertati non possono qui circoscriversi a tale breve lasso temporale, dal momento che essi si estendono anche ad un periodo successivo, come meglio si espliciterà di seguito.

9.3 - È un dato risultante per tabulas che la squalifica abbia determinato la risoluzione del rapporto contrattuale in corso tra il OMISSIS Calcio e l’odierno ricorrente, avente quale scadenza naturale il 30.6.2015.

La risoluzione del rapporto contrattuale è datata 19.7.2012, ma con decorrenza dalla data di deposito del dispositivo del lodo emesso dal Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport nel procedimento azionato dal Sig. OMISSIS con istanza depositata l’11.7.2012.

Essa fa riferimento a due scritture private sottoscritte tra le parti in data 12.7.2012.

Nella scrittura privata datata 12.7.2012 depositata in giudizio dal ricorrente si legge, al punto 9), che il comportamento allo stesso ascritto integra il presupposto che “legittima la Società titolare del rapporto di lavoro a disporre in via provvisoria il provvedimento disciplinare dell’esclusione del calciatore dalla preparazione e dagli allenamenti con la prima squadra nonché ad adire contestualmente il Collegio arbitrale presso la LNP B affinché tale provvedimento venga ratificato e disposto in via definitiva per l’intera durata del periodo di squalifica ed al fine di ottenere la risoluzione del contratto in essere ovvero, in via subordinata, la riduzione della retribuzione”. Al successivo punto 10), la Società ha dichiarato di voler “esercitare le facoltà di cui al punto 9 che precede”, facendo poi presente, al punto 11, di aver “formalmente contestato gli addebiti risultanti a carico del calciatore dai provvedimenti” della Commissione Disciplinare Nazionale e della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C., mentre il Sig. OMISSIS ha dichiarato “la propria innocenza rispetto alle violazioni ascritte”, comunicando di non voler ammettere la propria colpevolezza, seppure riconoscendo la sussistenza del presupposto che legittimerebbe la Società ad irrogare la sanzione dell’esclusione dalla preparazione e dagli allenamenti della Prima Squadra nonché ad adire contestualmente il Collegio Arbitrale per ottenere la risoluzione del contratto.

L’atto di risoluzione contrattuale richiama ulteriore scrittura privata sempre del 12.7.2012, nella quale le parti avrebbero manifestato l’intenzione di addivenire a risoluzione del contratto di lavoro.

9.4 - Nonostante il carattere bilaterale dell’atto che pone fine al rapporto contrattuale, è evidente che esso risulta motivato e giustificato unicamente con riguardo alla sanzione disciplinare de qua, senza la quale avrebbe continuato ad essere valido ed efficace.

In altre parole, anche se formalmente il Sig. OMISSIS ha dichiarato il proprio consenso alla risoluzione contrattuale, in realtà ha dovuto subire il venir meno del rapporto in essere con il OMISSIS Calcio per l’unica ragione rappresentata dalla squalifica come calciatore.

9.5 - È quindi evidente il nesso causale che lega lo scioglimento del vincolo contrattuale al comportamento colpevole degli organi federali, costituito dall’inflizione e conferma in secondo grado della sanzione disciplinare in parola.

10 - Tale danno patrimoniale deve essere risarcito.

10.1 - In proposito non può riconoscersi in capo al ricorrente alcun concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 c.c., come invece dedotto dalla resistente F.I.G.C..

Lo stesso, avendo immediatamente adito il Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport per impugnare il dispositivo della decisione dalla Corte di Giustizia Federale, ha proposto motivi aggiunti avverso il provvedimento recante la motivazione pubblicato il 27.7.2017.

Le sue esigenze cautelari, seppure non valutate subito, nella stessa sede cautelare, sono state comunque soddisfatte mediante la fissazione a breve dell’udienza e la pubblicazione immediata del dispositivo. Il ricorrente ha, infatti, rinunciato alla domanda cautelare solo dietro rassicurazione di una decisione tempestiva e della sua immediata conoscenza e non si può certamente sostenere di avere con tale suo comportamento colpevolmente concorso a causare il danno di che trattasi.

Peraltro la risoluzione contrattuale sopra richiamata era stata nelle more già sottoscritta.

10.2 - Nella quantificazione del danno patrimoniale, derivante dalla risoluzione contrattuale, deve considerarsi che la durata del contratto poi risolto era fissata fino al 30.6.2015, mentre gli emolumenti sono stati corrisposti solo sino al 5.7.2012.

Perciò il danno va quantificato computando i compensi netti ancora dovuti sino alla scadenza naturale del contratto, applicando i parametri riportati nello stesso contratto di prestazione sportiva.

Tuttavia dall’importo così ottenuto va decurtata la somma in concreto corrisposta al Sig. OMISSIS, a titolo di incentivo all’esodo, pari a complessivi € 195.000,00 (centonovantacinquemila/00).

10.3 - La Federazione ha rilevato che, dopo la risoluzione del contratto lavorativo con il OMISSIS, il ricorrente ha intrapreso l’attività di agente di calciatori, oggi procuratore sportivo, che gli sarebbe stata invece preclusa, ove avesse continuato ad avere rapporti professionali con il OMISSIS, in tal modo conseguendo una nuova fonte di reddito.

10.4 - Evidentemente la nuova e diversa attività lavorativa non vale a cancellare il danno determinato dalla risoluzione contrattuale riferibile alla sanzione disciplinare annullata; tuttavia essa influenza l’entità del danno stesso risarcibile.

In altre parole, nel quantificare il danno patrimoniale risarcibile, non può del tutto prescindersi dal reddito netto conseguito nel medesimo periodo (6.7.2012-30.6.2015) nella qualità di agente di calciatori e poi di procuratore sportivo, risultante dai contratti di rappresentanza depositati presso la F.I.G.C..

10.5 - È anche vero, tuttavia, che l’operatività del ricorrente, che, anziché rimanere inerte ad attendere il risarcimento del danno, ha cercato di ricominciare, esercitando tale nuova attività, non può andare completamente a suo discapito nella quantificazione del risarcimento da riconoscere.

Pertanto, secondo un criterio equitativo, dalla somma ottenuta facendo riferimento ai compensi netti non versati contemplati nel contratto col OMISSIS Calcio, risolto, deve scomputarsi il reddito percepito nell’esercizio dell’attività di agente di calciatori e poi di procuratore sportivo, risultante come sopra, abbattuto del 30% (perciò va detratto il 70% del reddito derivante dall’attività in ultimo considerata).

11 - Il Sig. OMISSIS ha chiesto in questa sede anche il risarcimento del danno derivante da perdita di chances, asserendo che, ove non fosse stata comminata la sanzione qui in esame, lo stesso avrebbe sicuramente ottenuto un rinnovo contrattuale, in qualità di dirigente sportivo.

11.1 - Tale danno risulta solo asserito, ma non adeguatamente dimostrato dal ricorrente, sul quale grava l’onere probatorio, per cui il relativo risarcimento non può essere accordato.

12 - Infine lo stesso lamenta altresì un danno non patrimoniale, sotto forma di danno all’immagine ed alla reputazione, causato dalla squalifica.

Detta sanzione disciplinare avrebbe compromesso la sua immagine di cd. “calciatore pulito” che il ricorrente aveva conquistato sul campo. Questi era diventato uomo-squadra, tant’è che erano stati fondati alcuni fan clubs recanti il suo nome.

12.1 - È evidente che la squalifica, con l’eco mediatica che ne è derivata, ha comportato un gravissimo discredito nell’ambiente calcistico e nei rapporti sociali, avendo cancellato la sua immagine di “calciatore pulito” e di “persona pulita”, come sempre avviene in casi come quello qui in rilievo.

Si tratta di un discredito che nell’opinione pubblica non viene immediatamente obliterato con la cancellazione della sanzione.

Il ricorrente nell’anno successivo a quello in cui è stato colpito dalla sanzion e- vale a dire nel 2013 -ha intrapreso una nuova attività, operando in modo anche da rimuovere il discredito gettato su di lui e da riacquisire la buona reputazione che si era consolidata in passato.

Stante questa sua non inerzia, in altre parole la sua capacità di reazione non può affatto ragionevolmente ritenersi che non vi sia stata, quanto meno, fino all’ufficializzazione dell’annullamento della sanzione, una lesione alla sua immagine.

12.2 - Deve quindi riconoscersi in via equitativa un risarcimento per la voce di danno in esame, pari al 5% di quanto deve essere corrisposto a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.

13 - In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto, nei modi di cui sopra.

14 - Le spese di lite seguono la soccombenza, ponendosi a carico della F.I.G.C., e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:

- accoglie, nei modi di cui in motivazione, il ricorso come in epigrafe proposto;

- condanna la F.I.G.C. alla rifusione delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre oneri di legge, in favore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2017, con l’intervento dei Magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

Francesca Petrucciani, Consigliere

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