T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 7049/2012

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Soccorso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Cappelli, situato in Roma, viale di Trastevere n. 152;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.;

 Questura di Roma, in persona del Questore p.t.;

rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento,

previa sospensione,

del provvedimento nr. 2011 000040 del Questore della Provincia di Roma emesso in data 20.01.2011 con il quale veniva ordinato ex art.6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 di fare divieto al signor OMISSIS di accedere per un periodo di tre anni all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevole e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati. Il divieto, durante lo svolgimento delle citate manifestazioni sportive, da due ore prima e sino a due ore dopo la conclusione delle stesse, è altresì esteso agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo. In particolare il divieto veniva esteso per zone adiacenti lo Stadio Olimpico e zone adiacenti lo stadio Flaminio specificamente indicate;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Questura di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 21 marzo 2011 e depositato il successivo 13 aprile 2011, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale, in data 20 gennaio 2011, il Questore della Provincia di Roma gli ha imposto il divieto, per anni tre, di “accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati”, estendendo lo stesso divieto, “da due ore prima a due ore dopo la conclusione” delle competizioni sportive, “agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti i luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale”.

In particolare, il ricorrente espone quanto segue:

- nella serata del 19 gennaio 2011, verso le ore 23,15, dopo aver assistito all’incontro di calcio OMISSIS - OMISSIS dagli schermi del OMISSIS, sito in Lungotevere Diaz, si trovava con altri tifosi nei pressi di detto bar, dove erano posizionati nuclei di polizia per controllare la situazione;

- improvvisamente altri tifosi si dirigevano contro tali nuclei;

- per non essere coinvolto nello scontro, si accingeva ad attraversare il Ponte Duca d’Aosta ma veniva fermato dalle Forze di Polizia “in ragione di una sua presunta partecipazione agli scontri e in fase di allontanamento dal luogo degli stessi”;

- in data 20 gennaio 2011, alle ore 3.00, veniva accompagnato in Questura, identificato ed invitato a dichiarare o a eleggere il domicilio ai sensi dell’art. 161 c.p.p., “in relazione alla contestazione dei reati 6 bis e 6 ter della legge n. 401/89 nonché degli artt. 110, 112, 337 e 339 c.p.”;

- il medesimo giorno il Questore della Provincia di Roma adottava il provvedimento impugnato.

Avverso tale provvedimento il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di impugnativa:

- violazione dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 24 della Costituzione in quanto al ricorrente non è stata data la comunicazione dell’avvio del procedimento;

- non è intervenuto alcun accertamento da parte dell’Autorità giudiziaria;

- non sussistono “gli elementi indiziari sufficienti a corroborare l’attribuibilità” al ricorrente della condotta pericolosa;

- non è rispettato il principio di determinatezza imposto dall’art. 13 Cost., con conseguente difficoltà del soggetto sottoposto al DASPO ad adempiere al provvedimento;

- “la misura interdittiva appare estremamente generica e sfornita di doverosa precisazione laddove, con riferimento agli stadi diversi da quelli denominati “Olimpico” e “Flaminio”, estende genericamente il divieto a tutti i luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni”.

Con atto depositato in data 20 aprile 2011 si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, astenendosi – nel prosieguo – dal produrre memorie e/o documenti.

Con ordinanza n. 1771 del 13 maggio 2011 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare “con riguardo a quella parte del provvedimento avversato che estende, con riferimento agli stadi diversi da quello denominato “Olimpico” della Capitale, il divieto di accesso a tutti i luoghi interessati alla sosta, transito e trasporto di coloro che partecipino od assistano alle manifestazioni calcistiche”.

All’udienza pubblica del 14 giugno 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei termini e nei limiti di seguito indicati.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente denuncia l’illegittimità del provvedimento impugnato adducendo, tra l’altro, la carenza di elementi indiziari “sufficienti a corroborare l’attribuibilità” al predetto della condotta pericolosa, anche in ragione della circostanza che alcun accertamento in tal senso è intervenuto od opera dell’“autorità giudiziaria”.

Tale censura è infondata.

Al riguardo, appare opportuno ricordare che l’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, prevede che:

“Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 16 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all’art. 6 bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6 ter della presente legge, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni sportive….”.

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, si tratta di un’ipotesi restrittiva della libertà personale che necessariamente presuppone una relazione con eventi sportivi, in quanto diretta ad eliminare non una generica pericolosità sociale del soggetto ma quella specifica che deriva dal verificarsi di determinate condotte in un ambito specifico, ed esse sole è destinata a contrastare (cfr., tra le altre, TAR Campania, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403).

In altri termini, il divieto di cui sopra presenta natura interdittiva atipica, nel senso che deve fondarsi su una situazione di pericolosità sociale specifica, ossia sulla pericolosità che deriva dal verificarsi di ben individuate condotte in occasione di manifestazioni sportive, generatrici di tumulto, allarme e/o di pericolo, in carenza delle quali il divieto non può essere disposto (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7552; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 567; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 2 dicembre 2009, n. 8303).

E’, dunque, evidente che l’adozione di provvedimenti di tal genere, riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia e, quindi, comminabili “ante delictum”, deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, tali da ingenerare nelle tifoserie sentimenti di odio e vendetta o, comunque, condotte di incitamento alla violenza durante una manifestazione sportiva (cfr., tra le altre, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I. 4 marzo 2011, n. 301).

Orbene, nel caso di specie non emergono elementi utili per affermare che l’Amministrazione avrebbe dovuto astenersi dall’adottare il provvedimento impugnato, atteso che:

- sulla base del disposto della legge ma anche in conformità dell’orientamento della giurisprudenza, per l’applicazione della misura di prevenzione in argomento “non occorre sia intervenuta una condanna in sede penale” (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2573). In altri termini, non è necessario – a differenza di quanto affermato nel ricorso - che sopravvenga alcun accertamento da parte dell’autorità giudiziaria;

- in base ai documenti prodotti in allegato al ricorso ed, in particolare, alla comunicazione di notizia di reato ex art. 370 c.p.p., il ricorrente – pur se “non riconosciuto con responsabilità particolari” - figura come facente parte “del gruppo che aveva fronteggiato e lanciato oggetti contro le Forze di Polizia”;

- tale circostanza è sufficiente ad integrare una delle ipotesi contemplate all’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989;

- la stessa circostanza non è adeguatamente confutata dal ricorrente, tanto più ove si consideri che il predetto – nonostante si fosse riservato nell’atto introduttivo del presente giudizio di depositare copia del “provvedimento di archiviazione” rilasciato dalla Procura della Repubblica, indicato come già “predisposto” - si è poi astenuto dal fornire notizie in ordine all’esito del processo penale.

In definitiva, le ragioni addotte dal ricorrente non valgono ad inficiare l’applicazione della misura di prevenzione in esame.

3. Il ricorrente lamenta, ancora, la violazione dell’art. 10 della legge n. 241/90 e dell’art. 24 della Cost., in quanto afferma che non ha ricevuto comunicazione di avvio del procedimento ed è stato completamente escluso dal diritto di difesa.

Anche tale motivo non è meritevole di condivisione.

Al riguardo, appare sufficiente evidenziare che il provvedimento impugnato – adottato nel corso del medesimo giorno in cui il ricorrente è stato accompagnato in Questura per essere identificato – rappresenta esplicitamente “le particolari esigenze connesse alla celerità del provvedimento amministrativo e la necessità e l’urgenza” dello stesso, le quali – oltre a ben valere per l’esonero dell’Amministrazione dal rispetto dell’obbligo di cui all’art. 7 della legge n. 241/90 - non risultano affatto confutate.

4. Permane da valutare il motivo di ricorso afferente l’indeterminatezza del divieto imposto.

Tale motivo non può essere condiviso in relazione al divieto di “accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio”, posto che le competizioni dallo stesso interessate risultano determinabili in modo certo sulla base di precisi elementi di identificazione indicati nel provvedimento, quali i calendari ufficiali e pubblicizzati (cfr., tra le altre, sent. 3 maggio 2011, n. 3774).

In tal senso – del resto – ha avuto modo di pronunciarsi anche la Corte di Cassazione, (cfr., tra le altre, sent. n. 8435 del 2011; n. 12127 del 2009 e n. 11151 del 2008).

Permane la valutare l’estensione del divieto.

Al riguardo, il motivo in esame è fondato, con eccezione della prescrizione riguardante gli stadi Olimpico e Flaminio, posto che – rispetto a quest’ultimi - l’Amministrazione ha provveduto a specificare – seppure in “nota” – le zone limitrofe.

In proposito, è opportuno ricordare che, ai sensi del già richiamato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare luoghi “interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime” “specificamente indicati”.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).

Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, tenuto conto della genericità che caratterizza - nonostante le specifiche riportate in “nota” – l’individuazione dei luoghi interessati dall’estensione del divieto, la quale – con l’unica eccezione dei riferimenti allo stadio Olimpico ed allo stadio Flaminio - è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso, con conseguente illegittimità della relativa prescrizione provvedimentale.

5. In conclusione, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra indicati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3139 del 2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui – fatta eccezione per gli stadi Olimpico e Flaminio di Roma – estende il divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché “alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipino o assistono alle medesime competizioni”.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2012 con l'intervento dei Magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Roberto Proietti, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 31/07/2012

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