T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9286/2011

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. (…), proposto dalla Federazione Italiana Karting, in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carmine Bencivenga e Mario Sanino e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via S. Ilaria n. 2, presso l’avv. Maria Federica Della Valle,

contro

l’Automobile Club d’Italia, in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Guarino, Luca Majorano e Aureliana Pera, e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via Marsala, n. 8, presso lo studio dell’avv. Luca Majorano; la Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (Csai), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Zito presso il cui studio in Roma, viale del Vignola, n. 11, è elettivamente domiciliata, l’Aci Sport s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Teresa Felicetti, presso il cui studio in Roma, via Albalonga, n. 13, è elettivamente domiciliata,

per l'annullamento, previa sospensiva,

della delibera n. 132, adottata dal Comitato esecutivo della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana il 16 dicembre 2010, con la quale è stato affidato all’Aci Sport s.p.a. l’incarico di promozione e sviluppo dell’attività del Karting nel 2011, per un impegno di spesa di € 465.000,00, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente ivi compresa, per la parte d’interesse, la convenzione intervenuta tra l’Automobile Club Italia e l’Aci Sport s.p.a., nonché

per la declaratoria di inefficacia del contratto di affidamento del servizio.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Automobile Club d’Italia;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (Csai);

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Aci Sport s.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 23 novembre 2011 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 4 marzo 2011 e depositato il successivo 18 marzo la Federazione Italiana Karting ha impugnato la delibera n. 132, adottata dal Comitato esecutivo della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (Csai) il 16 dicembre 2010, con la quale è stato affidato all’Aci Sport s.p.a. l’incarico di promozione e sviluppo dell’attività del Karting nel 2011, per un impegno di spesa di € 465.000,00. Ha altresì chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto di affidamento del servizio.

Espone, in fatto, che la Csai – organo dell’Automobile Club Italia – ha affidato direttamente, senza gara, alla società mista Aci Sport s.p.a. l’incarico di promozione e sviluppo dell’attività del Karting nel 2011, servizio dalla stessa ricorrente svolto dal 1966 sino al febbraio 2011.

2. Avverso il predetto provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:

a) Illegittimità della delibera impugnata per vizio di composizione dell’organo deliberante. Incompatibilità del Presidente della Csai ai sensi dell’art. 25 dello Statuto dell’Aci vigente, ex D.P.R. n. 881 del 1950.

Ai sensi dell’art. 25, comma 1, dello Statuto dell’Aci la carica di Presidente della Csai è incompatibile con qualsiasi altra carica o incarico nell’ambito dello sport automobilistico italiano. L’attuale Presidente della Csai ricopre la carica di componente del Comitato esecutivo e del Consiglio generale dell’Aci, che è la Federazione Sportiva Nazionale per lo Sport Automobilistico Italiano riconosciuta dalla F.I.A. e dal CONI. Ricopre dunque un’altra carica all’interno dello Sport Automobilistico Italiano che è incompatibile con quella di Presidente della Csai.

b) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione dei principi generali in materia di affidamento dei servizi pubblici. Mancata inclusione delle materie oggetto dell’affidamento nell’oggetto sociale dell’Aci Sport s.p.a., affidataria diretta. Inottemperanza e violazione della deliberazione dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato dell’11 giugno 2009.

Oggetto dell’affidamento sono i “servizi tecnici” attinenti all’attività sportiva Karting, funzionali all’organizzazione di gare, servizi che prima erano svolti in regime di convenzione dalla ricorrente, che non possono rientrare nell’oggetto sociale dell’Aci Sport s.p.a..

c) Società mista. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione – Possibilità prevista dallo Statuto dell’Aci Sport s.p.a. d’ ingresso di soci privati. Violazione dei principi generali, individuati dalla giurisprudenza anche comunitaria, in materia di affidamento diretto dei servizi a società miste.

La controinteressata affidataria del servizio ha natura di società mista. Non può dunque esserle affidato un servizio direttamente, senza gara.

d) Società strumentali. Violazione dei principi generali, elaborati dalla giurisprudenza in materia di società cd. strumentali e di affidamento in house providing.

Inconferente è il richiamo, operato dall’Aci a giustificazione dell’affidamento diretto, alla natura di “società strumentale” dell’Aci Sport s.p.a.. L’affidamento diretto è infatti consentito solo se sull’affidataria l’ente pubblico affidante esercita un controllo analogo a quello che effettua sui propri servizi.

e) Eccesso di potere per motivazione illogica e contraddittoria, difetto di adeguata istruttoria – Irrazionalità dell’azione amministrativa – Sviamento di potere e violazione dei principi di eguaglianza, trasparenza e convenienza.

L’affidamento impugnato, oltre a violare i principi comunitari in materia di evidenza pubblica, è anche antieconomico per l’Amministrazione atteso che la ricorrente per il 2011, per gli stessi servizi, aveva presentato un’offerta di € 250.000,00, mentre l’affidamento alla controinteressata comporta un impegno di spesa di € 465.000,00.

3. Si è costituito in giudizio l’Automobile Club d’Italia, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione della clausola compromissoria, mentre nel merito ha sostenuto la sua infondatezza.

4. Si è costituita in giudizio la Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (Csai), che ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso, mentre nel merito ha sostenuto la sua infondatezza.

5. Si è costituita in giudizio l’Aci Sport s.p.a. che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di interesse, mentre nel merito ne ha sostenuto l'infondatezza.

6. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

7. Con ordinanza n. 1442 del 21 aprile 2011 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva.

8. All’udienza del 23 novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, la Federazione Italiana Karting ha impugnato la delibera n. 132, adottata dal Comitato esecutivo della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (Csai) il 16 dicembre 2010, con la quale è stato affidato all’Aci Sport s.p.a. l’incarico di promozione e sviluppo dell’attività del Karting nel 2011, per un impegno di spesa di € 465.000,00. Ha altresì chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto di affidamento del servizio.

Priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata sia dall’Automobile Club d’Italia che dalla Commissione Sportiva Automobilistica Italiana sul rilievo che la ricorrente avrebbe violato la clausola compromissoria prevista dall’art. 150 del Regolamento Nazionale Sportivo.

Come già chiarito dalla Sezione in occasione dell’esame dell’istanza di sospensione cautelare del provvedimento di affidamento del servizio, nel momento in cui il ricorso è stato proposto (4 marzo 2011) la Federazione Italiana Karting non era più “licenziata”, avendo rinunciato al rinnovo della licenza sportiva il 18 gennaio 2011. Tale circostanza legittima la Federazione ad adire il giudice dello Stato, non essendo più legata dal vincolo della pregiudiziale sportiva. Segue da ciò che, pur ammettendo che l’art. 150 del Regolamento Nazionale Sportivo della Csai si applica anche alla controversia avente ad oggetto l’affidamento dell’incarico di promozione e sviluppo delle attività del Karting, nel caso in esame il problema non si pone stante l’assenza del vincolo sportivo alla data di proposizione del ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale.

2. Con una seconda eccezione la Commissione Sportiva Automobilistica Italiana afferma che il ricorso è inammissibile perchè proposto da un organo del FIK, il suo Presidente, privo del potere di agire in giudizio, potere che l’art. 30 dello Statuto della Federazione attribuisce al Consiglio Nazionale.

Tale eccezione è infondata in punto di fatto, atteso che il Consiglio Nazionale, con delibera dell’1 marzo 2011, ha votato all’unanimità di “conferire incarico al Presidente di proporre impugnativa con ogni facoltà connessa dinanzi agli organi competenti avverso la delibera del C.E. della Csai in data 16 dicembre 2010 e di ogni atto, presupposto, connesso, collegato e conseguente nonché di intraprendere ogni necessaria azione giudiziaria ed extragiudiziaria diretta a tutelare gli interessi sportivi ed economici della Federazione per attività od atti pregiudizievoli provenienti dalla Csai”.

3. Priva di pregio è anche l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata ancora una volta dalla Commissione Sportiva Automobilistica Italiana sul rilievo che la Federazione Italiana Karting aveva conosciuto la delibera di affidamento dell’incarico sin dal 18 gennaio 2011, come si evince dalla lettera aperta del Presidente Nolè al Presidente Sticchi Damiani, nella quale il primo, riferendosi all’Aci Sport s.p.a., osserva che “pare abbiate affidato quanto sin d’ora gestito dalla Fik, con procedura di dubbia legittimità”.

Rileva il Collegio che l’uso del termine “pare” rende evidente che alcuna comunicazione formale era stata fatta dell’affidamento, dalla quale la Federazione potesse dedurre una sicura lesione della propria sfera giuridica, con il grado di certezza tale da concretizzare la “piena conoscenza” necessaria per far decorrere il termine per l’impugnazione. Né la Commissione Sportiva Automobilistica Italiana ha dimostrato una piena conoscenza aliunde dell’affidamento, da parte della ricorrente, come sarebbe stato suo onere per supportare l’eccezione di tardività sollevata.

4. Priva di pregio è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sollevata dall’Aci Sport s.p.a. sul rilievo che la ricorrente non avrebbe mai svolto l’attività oggetto dell’impugnato affidamento. E’ assorbente la considerazione che, anche se in punto di fatto fosse comprovata tale circostanza, non si potrebbe escludere la possibilità per la ricorrente di espletarla a conclusione di una procedura ad evidenza pubblica. L’art. 2 dello Statuto della Federazione prevede, infatti, tra i suoi scopi l’espletamento delle attività oggetto dell’affidamento.

E tale ultima considerazione porta a superare anche la seconda eccezione, anch’essa sollevata dall’Aci Sport s.p.a sul rilievo che la Federazione Italiana Karting s.p.a. non avrebbe impugnato la decisione, conosciuta sin dal settembre 2010, di non rinnovare la convenzione anche per il 2011. Ed invero, tale circostanza non esclude l’interesse della ricorrente ad un nuovo affidamento non più in via diretta, ma a seguito della partecipazione vittoriosa ad una gara pubblica, il cui mancato espletamento ha puntualmente censurato. La concreta possibilità di partecipare alla gara, e di avere chance di essere aggiudicataria dell’appalto, dipende poi dai requisiti richiesti dalla stazione appaltante per la partecipazione e dalla competitività degli altri concorrenti.

5. Infine, prima di passare al merito della causa occorre esaminare l’eccezione di nullità e/o inesistenza della costituzione in giudizio della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana, dedotta questa volta dalla ricorrente Federazione sul rilievo che la stessa è un organo dell’Aci, con la conseguenza che non può avere un’autonoma capacità processuale distinta da quella dell’entità da cui promana.

L’eccezione non è suscettibile di positiva definizione, ma non perché è stata la stessa ricorrente a notificare il gravame alla Commissione (come osservato dai resistenti), ben potendo lo stesso giudice rilevare anche d’ufficio il difetto di legittimazione di un soggetto al quale il ricorrente abbia notificato l’atto introduttivo del giudizio. Ed invero, non è il ricorrente che determina la legittimazione passiva mediante la scelta processuale dei soggetti ai quali notificare il proprio gravame, anche se indubbiamente è anomala la circostanza che sollevi l’eccezione di difetto di legittimazione del soggetto che interviene in giudizio proprio perché destinatario della notifica.

L’infondatezza dell’eccezione è invece da ricondurre alla circostanza che l’art. 25, comma 1, dello Statuto dell’ACI assegna alla suddetta Commissione l’esercizio “in via permanente ed esclusivo” del potere sportivo, garantendo alla stessa “piena autonomia normativa e finanziaria”, poteri ai quali si accompagna secondo pacifici principi di diritto la sua legittimazione attiva e passiva (id est a ricorrere e a resistere) in sede giudiziaria nel caso in cui oggetto del contendere siano provvedimenti da essa adottati ovvero provvedimenti di soggetti terzi lesivi della propria sfera giuridica e, quindi, anche in questa sede.

6. Passando al merito del ricorso, con il primo motivo la Federazione afferma che l’attuale Presidente della Csai ricopre la carica di componente del Comitato esecutivo e del Consiglio generale dell’Aci, che è la Federazione Sportiva Nazionale per lo Sport Automobilistico Italiano riconosciuta dalla F.I.A. e dal CONI. Ricopre dunque un’altra carica all’interno dello Sport Automobilistico Italiano che – ai sensi dell’art. 25, comma 1, dello Statuto dell’Aci – è incompatibile con quella di Presidente della Csai, che è organo dell’Aci.

Preliminarmente il Collegio riconosce l’interesse della Federazione a dedurre il vizio in questione atteso che la sua eventuale fondatezza porterebbe all’annullamento dell’affidamento per vizio di incompetenza e alla possibilità, non trattandosi di attività vincolata, che l’organo competente decida di non assegnare il servizio all’Aci Sport s.p.a.

Peraltro, seppure ammissibile, il motivo non è suscettibile di positiva valutazione atteso che l’art. 25 dello Statuto Aci deve essere interpretato nel senso di escludere la presenza del Presidente della Csai in enti esterni all’Aci, come dimostra la circostanza che l’art. 12 dello stesso Statuto impone che detto Presidente faccia parte del Consiglio generale dell’Aci.

7. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che nell’oggetto sociale dell’Aci Sport s.p.a. non sono ricompresi i servizi oggetto dell’affidamento.

Anche questo motivo non è suscettibile di positiva valutazione perché infondato in punto di fatto.

L’art. 3 dello Statuto dell’Aci Sport chiarisce che la società “ha ad oggetto la promozione e lo sviluppo di eventi e attività sportive, in particolare nel settore dell’automobilismo, nel rispetto delle finalità e con l’osservanza delle norme e delle direttive dell’Automobile Club d’Italia, nonché dei programmi deliberati dal suo organo Csai“. In particolare: “a) promuove gare in circuito e su strada, nonché manifestazioni e spettacoli attinenti agli sport automobilistici, utilizzando all’uopo sia impianti di proprietà sociale, sia impianti di terzi; b) promuove e coordina tutte le iniziative, anche di carattere pubblicitario e commerciale, atte a diffondere, favorire e incrementare l’attività sportiva automobilistica; c) commercializza i diritti televisivi e di immagine inerenti le gare nonché i diritti derivanti dalla produzione e dalla commercializzazione di videogames e ogni altro tipo di diffusione degli stessi; d) cura la gestione degli impianti sportivi (autodromi e servizi annessi; e) cura le relazioni pubbliche, le comunicazioni e la promozione dell’immagine e dell’attività federale come Federazione Nazionale Sportiva Nazionale dell’Automobile Club d’Italia e del suo organo Csai”.

Oggetto dell’affidamento ad Aci Sport, disposto il 16 dicembre 2011, è “l’incarico di promozione e sviluppo delle attività di katering nel 2011”; nel preambolo della deliberazione viene richiamata la convenzione, stipulata tra Aci e Aci Sport s.p.a., il 23 dicembre 2009 ed avente durata triennale, che affidava alla seconda, quale società strumentale del primo, tali tipologie di attività. In particolare, l’art. 2 di detta convenzione prevede la realizzazione, in favore dell’Aci, dei servizi e delle attività preordinate alla migliore e più proficua progettazione, promozione e sviluppo delle attività sportive realizzate sotto l’egida ed il controllo della Csai, nonché delle attività di Aci nel mondo dello sport. Le funzioni istituzionali proprie della Federazione sportiva sono invece svolte direttamente dalla Csai ed unì’interferenza sul punto dell’Aci Sport s.p.a. è sanzionata con la risoluzione per inadempimento del rapporto.

E’ dunque di palese evidenza, anche in considerazione del programma annuale delle attività illustrato dall’art. 5 della convenzione, che l’Aci Sport s.p.a. ha piena competenza ad espletare il servizio che le è stato affidato.

Né, al fine di confutare tale conclusione, è utile il richiamo della ricorrente all’offerta presentata dall’Aci Sport il 18 novembre 2010, essendo la stessa superata dalla successiva proposta contrattuale del 9 dicembre 2010, nella quale vengono dettagliatamente elencate le attività che l’Aci Sport s.p.a. si sarebbe impegnata a svolgere, tutte rientranti nella convenzione stipulata il 23 dicembre 2009.

8. Con il terzo motivo la ricorrente afferma che illegittimamente alla controinteressata Aci-Sport sarebbe stato affidato il servizio senza l’espletamento di una gara pubblica, avendo la stessa natura di società mista, e non di organo strumentale dell’ente pubblico operante in house providing, come erroneamente affermato dall’Aci.

Preliminarmente il Collegio osserva che è quanto meno singolare che si faccia difensore e patrocinatore delle procedure di evidenza pubblica un soggetto che per circa cinquanta anni ha operato sulla base di affidamenti diretti, liberamente concordando con l’affidante il corrispettivo preteso per il servizio svolto e che, non potendo più fare affidamento sul vantaggio che sul piano economico gli avevano assicurato, per un ampio arco temporale, i periodici rinnovi del contratto, forzosamente ripiega su un obiettivo subordinato, partecipare cioè ad una gara pubblica per ottenere l’assegnazione dello stesso servizio.

In ogni caso il motivo è privo di pregio atteso che la società mista è un soggetto formalmente e sostanzialmente distinto rispetto all’ente pubblico. A differenza dell’in house providing, che è modello di organizzazione interno all’amministrazione, la società mista si pone in rapporto di terzietà con la stessa (Cons. St., sez. VI, 1 giugno 2007, n. 2932). In altri termini, mentre la società in house agisce come un vero e proprio organo dell’amministrazione “dal punto di vista sostantivo” (in ragione del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione stessa), la società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza (Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603).

A questo riguardo è utile, al fine del decidere, chiarire la compagine sociale di Aci Sport. Si tratta di una società per azioni, il cui capitale sociale è per il 99,90% di Aci e per lo 0,10% di Aci Vallelunga s.p.a.. Quest’ultima, a sua volta, è una società per azioni con capitale sociale per il 99,98% di Aci e per lo 0,02% di Automobile Club di Roma. Aci Sport è dunque una società a totale capitale pubblico e non certo una società mista. Il che soddisfa completamente il requisito sul quale ripetutamente insiste la ricorrente, e cioè che la proprietà del capitale sia nelle mani esclusive di enti pubblici, mentre è del tutto indifferente la natura giuridica, pubblica o privata, del soggetto che con detto capitale è stato costituito.

La stessa Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture nella deliberazione n. 53 del 18 maggio 2011 – che la ricorrente richiama a supporto delle proprie tesi - ha confermato che l’Aci Sport possiede il primo requisito individuato dalla giurisprudenza comunitaria per qualificare una società in house, ovvero la partecipazione totalitaria dell’ente pubblico al capitale della società affidataria.

9. E’ indubbio che tale requisito non è da solo sufficiente a legittimare l’affidamento in house di un servizio pubblico, richiedendosi a tale fine anche il requisito del “controllo analogo” il quale, se correttamente inteso secondo una logica non “dominicale”, ma “funzionale”, postula comunque un rapporto fra gli organi della Società affidataria e quelli dell'Ente pubblico affidante, che consenta a quest'ultimo di indirizzare, non importa se con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, tutta l'attività sociale della prima con gli strumenti previsti dall'ordinamento. In sostanza ciò che si chiede, secondo una giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo, è la sussistenza fra i due soggetti di una relazione equivalente agli effetti pratici - pur se non identica in ragione della diversità del modulo organizzatorio - a quella di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'Ente pubblico su soggetto societario (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8970).

Affinché possa ritenersi sussistente il controllo analogo, non è dunque sufficiente ed assorbente la partecipazione pubblica totalitaria al capitale della società affidataria, ma è necessario che l'Ente pubblico si sia riservato strumenti di controllo su di essa superori a quelli previsti dalla normativa civilistica, da individuarsi sulla base di determinati parametri, fissati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 3 marzo 2008 n. 1, sostanzialmente confermativa delle indicazioni già date dalla Sez. VI, 3 aprile 2007 n. 1514, che anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici richiama nella deliberazione 18 maggio 2011, n. 53, unitamente ad altre pronunce non pertinenti rispetto al thema decidendum.

In sostanza si richiede che a) lo Statuto della società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati; b) il Consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all'Ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale; c) l'impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che renda precario il controllo dell'Ente pubblico e che risulterebbe, tra l'altro: dall'ampliamento dell'oggetto sociale; dall'apertura della società, a breve termine, ad altri capitali; dall'espansione territoriale dell'attività della società a tutta l'Italia e all'estero; d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell'Ente affidante (Tar Lazio, sez. I, 17 febbraio 2011, n. 1523).

In estrema sintesi, l’in house esclude la terzietà, poiché l’affidamento avviene a favore di un soggetto che, pur dotato di autonoma personalità giuridica, si trova in condizione di soggezione nei confronti dell’Ente affidante, che è in grado di determinarne le scelte.

10. Un esame obiettivo della documentazione in atti, scevro da inutili formalismi e da capziose interpretazioni del suo testo letterale, conferma la sussistenza nel caso in esame di tutti i requisiti necessari perché possa ritenersi sussistente un controllo analogo su Aci-Sport da parte di Aci e, per essa, da Csai.

L’art. 3, comma 1, dell’atto costitutivo della s.p.a. Aci-Sport prevede che la società svolge la propria attività “nel rispetto delle finalità e con l’osservanza delle norme e delle direttive dell’Aci, nonché dei programmi deliberati dal suo organo Csai”, cioè un’attività meramente strumentale agli obiettivi perseguiti dall’Ente pubblico e, per logica conseguenzialità, sotto il controllo dello stesso.

Detta disciplina è completata da quella dettata dal “Regolamento di governance delle società controllate da Aci”, con il quale l’Ente pubblico ha dettato i principi generali e le regole di governo di tutte le società da esso controllate e, quindi, anche di Aci-Sport, all’evidente scopo di rendere uniformi le modalità di controllo che si riserva di esercitare sul loro operato.

L’art. 3.1. richiede che nello statuto delle società partecipate “l’oggetto sociale sia coerente con le finalità istituzionali dell’Aci”, al che Aci-Sport ha già provveduto, come si è dimostrato.

L’art. 4.4. assegna ai Consigli di amministrazione delle società partecipate il compito di: a) definire, sotto la propria responsabilità, le linee fondamentali dell’assetto organizzativo, amministrativo-contabile e di controllo interno, nonché le linee strategiche e gli obiettivi e i resoconti interni di gestione “in coerenza con le direttive emanate da Aci” e “in coerenza con le sue linee guida”; b) deliberare sulle designazioni dei componenti degli organi di amministrazione e controllo intero, ma “previa valutazione del Comitato esecutivo di Aci”, che conseguentemente potrebbe negare l’assenso.

L’art. 5.3, comma 2, riserva all’Aci il compito di emanare le linee-guida contenenti gli indirizzi strategici e le direttive cui “le società sono tenute ad attenersi” ai fini della pianificazione strategica e della programmazione pluriennale e annuale, e fa obbligo alle stesse di inviare il piano redatto al Presidente dell’Aci per l’esame da parte del Comitato esecutivo e di apportare allo stesso le correzioni e le modifiche da questo richieste.

L’art. 6.2 definisce le operazioni societarie di significativo rilievo strategico, economico, patrimoniale e finanziario “da compiersi nel rispetto delle direttive impartite dal Comitato esecutivo”; il successivo art. 6.3 prevede che il relativo deliberato del Consiglio di amministrazione sia “sottoposto al controllo dello stesso Comitato”, potendo quindi diventare esecutivo solo dopo l’esito positivo dello stesso.

L’art. 7.2. prevede che “il progetto di bilancio di esercizio” sia sottoposto, prima della sua approvazione, “all’esame dell’Aci”.

Nell’impugnata convenzione fra Aci e Aci-Sport si fa espresso richiamo (art.6, comma 3) sia alla “applicabilità del c.d. controllo analogo spettante alla proprietà della società in house”, che Aci rivendica, sia ai limiti funzionali, gestionali e organizzatori fissati dal sistema di governance delle società da essa controllate e ai quali, di conseguenza, soggiace anche Aci-Sport in quanto firmataria dell’accordo.

11. A fronte di un sistema così puntuale e pressante di controllo, che fa di Aci-Sport uno strumento in mano ad Aci e da questo utilizzabile secondo le proprie esigenze, non riesce agevole per il Collegio seguire l’Autorità di vigilanza nei rilievi che essa muove allo stesso. In effetti detta Autorità non contesta affatto che le prescrizioni fin qui esaminate siano espressive di “poteri incisivi di indirizzo, direzione, vigilanza e controllo”, ma sostiene che le stesse, “per essere considerate utili al fine dell’esistenza dei presupposti del controllo analogo, si sarebbero dovute inserire nello statuto”. L’unica criticità riscontrata nel sistema Aci è quindi nel fatto che dette prescrizioni non figurano nello statuto della società affidataria, che deve intendersi regola ineludibile.

In effetti a sostegno di tale affermazione l’Autorità non ha addotto argomentazioni suscettibili di esame ed eventualmente di condivisione, ma si è limitata a richiamare una sentenza del Tar Toscana, sez. I, n. 377 del 2011, che però non contiene un’affermazione di principio nel senso che l’Autorità le attribuisce, ma risolve una controversia con una pronuncia in punto di fatto.

Il Tribunale ha infatti ravvisato nel caso al suo esame l’insussistenza del c.d. controllo omologo sul rilievo che lo statuto della società affidataria in house riserverebbe al proprio Consiglio di amministrazione una libertà decisoria pressoché assoluta rispetto al vaglio dell’organo politico-amministrativo, limitato ad aspetti meramente formali, che non consentirebbero di ritenere sussistente il requisito di controllo richiesto. In particolare l’art. 10 di detto Statuto si limiterebbe a prevedere la competenza esclusiva dell’organo consiliare del comune di Piombino solo in materia di approvazione degli atti di indirizzo annuali per la gestione della società, di assunzione di partecipazioni e di autorizzazione all’alienazione di beni immobili non contemplati negli atti di indirizzo, lasciando ogni altra attività gestionale nella libertà operativa della società affidataria in house.

Cioè è partito nel suo argomentare da una situazione di fatto che non trova alcun riscontro in quella ora in esame, come innanzi dimostrato e riconosciuto anche dall’Autorità, la quale non ha messo in dubbio il carattere stringente delle prescrizioni dettate dall’Aci, ma le ha ritenute non utili “al fine dell’esistenza dei presupposti del controllo analogo” solo perché non contenute anche nello statuto.

Affermazione, questa, che avrebbe richiesto una puntuale motivazione perché la sua applicazione comporta conseguenze gravissime sul piano giuridico, e cioè l’inefficacia dei reciproci impegni assunti dalle parti contraenti in sede di convenzione; il tamquam non esset dell’espresso richiamo in essa contenuto al controllo omologo di cui l’ente pubblico si qualifica titolare e che si riserva di effettuare in tutte le sue applicazioni, trovando d’accordo sul punto l’altra contraente; l’irrilevanza delle prescrizioni con le quali l’Aci, nel Regolamento di governance, ha definito l’ambito del suo controllo, estendendolo a tutti i profili che una giurisprudenza univoca ritiene significativi a tale fine.

Ritiene il Collegio utile ricordare a questo riguardo che il giudice della legittimità è innanzi tutto giudice del fatto, che nel caso in esame è inequivoco nel comprovare che il controllo analogo è stato previsto e con l’ampiezza per esso richiesta.

13. Non è in grado di contrastare validamente le conclusioni alle quali il Collegio è pervenuto sull’esistenza di un effettivo controllo analogo la circostanza, evidenziata dalla ricorrente, secondo la quale lo statuto della controinteressata le consentirebbe (art. 9) di far entrare nella compagine societaria soci privati con il semplice trasferimento di azioni, che è operazione consentita solo alle società miste.

E’ sufficiente a questo riguardo il richiamo alla giurisprudenza del giudice comunitario, per la quale la mera possibilità per i privati di partecipare al capitale societario non è circostanza sufficiente a considerare insoddisfatta la condizione relativa al controllo omologo, occorrendo a questo riguardo che l’apertura al capitale privato avvenga successivamente all’affidamento diretto e durante il periodo di validità dell’appalto, sì da ingenerare un cambiamento di una condizione fondamentale dello stesso. Circostanza, questa, che nel caso in esame incontestabilmente non si è verificata.

Di qui l’infondatezza anche del quarto motivo di ricorso

14. L’infondatezza dei motivi terzo e quarto rende improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il quinto motivo di doglianza. Ed infatti, una volta accertata la legittimità dello strumento dell’affidamento in house, la ricorrente non ha titolo a censurare il costo di tale affidamento né tale legittimazione può derivare dalla volontà di preservare una posizione “quesita” dal 1969. La circostanza che la ricorrente abbia espletato un servizio analogo a quello oggetto dell’affidamento per circa 50 anni, seppure in punto di fatto rende comprensibile il suo tentativo di continuare a conservare tale rendita di posizione, non la legittima, questa volta in punto di diritto, a censurare la scelta dell’Aci di affidare in house lo stesso servizio.

15. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese di giudizio, tenuto della complessità delle problematiche sottoposte all’esame del Collegio e dell’ampio contributo offerto dalle parti in causa alla loro esatta individuazione e definizione, sia pure nell’ottica di una conclusione favorevole alle rispettive ragioni, può disporsene l'integrale compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Maria Luisa De Leoni, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 28/11/2011

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