T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 11124/2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto dalla Associazione Sportiva OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianfranco Passalacqua e Marika Miceli e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Vitelleschi, n. 26, presso lo studio dell’avv. Gianfranco Passalacqua,

contro

il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti, presso il cui studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n.2, è elettivamente domiciliato,

la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., in persona del legale rappresentate pro tempore, non costituita in giudizio, nonché,

nei confronti di

la Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Raffaele Guidolin e poi dall’avv. Sergio Fienga e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Battista De Rossi n. 30, presso lo studio Dewey & LeBoeuf,

per l'annullamento

del lodo arbitrale emesso dalla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del C.O.N.I. n. 1966/LS del 24 dicembre 2004, con il quale si conferma la sentenza della Commissione Federale d’appello e si rigettano le domande di riesame presentate, nonché dei provvedimenti sanzionatori emessi dal giudice federale di prima istanza e dalla Commissione federale d’appello, nonché per la condanna

delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. ai sensi del combinato disposto degli artt. 34 e 35, d.lgs. n. 80 del 1998 e dell’art. 3, l. n. 280 del 2003, a seguito dell’accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti adottati.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.);

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK);

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 28 febbraio 2005 e depositato il successivo 8 marzo 2005 l’Associazione Sportiva OMISSIS ha impugnato, tra gli altri, il lodo arbitrale emesso dalla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del C.O.N.I. n. 1966/LS del 24 dicembre 2004, con il quale è stata confermata la sentenza della Commissione Federale d’appello e sono state rigettate le domande di riesame da essa presentate. Ha altresì chiesto la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni subiti e subendi, a causa dell’illegittimo provvedimento adottato.

Espone, in fatto, che in occasione del Campionato Nazionale di Kung-Fu dell’1 e 2 giugno 2002 ha denunciato numerose irregolarità riscontrate durante lo svolgimento della gara. Il 5 novembre 2002 le è stato notificato l’inizio di un procedimento disciplinare per aver tenuto, in occasione di detta manifestazione, un comportamento antisportivo. Con provvedimento del 7 giugno 2003 il giudice sportivo l’ha condannata ad un anno e otto mesi di squalifica. Avverso detta decisione ha proposto appello alla Commissione federale d’appello, che ha confermato la sanzione. Il 2 febbraio 2004 ha depositato istanza di conciliazione, che è fallita. Ha poi depositato istanza di arbitrato, rigettata con lodo emesso in data 24 dicembre 2004.

2. Avverso il lodo arbitrale nonché i provvedimenti sanzionatori emessi dal giudice federale di prima istanza e dalla Commissione federale d’appello, la ricorrente è insorta deducendo:

a) Violazione artt. 3 e 111 Cost. e l. n. 241 del 1990, nonché del regolamento di giustizia sportiva (delibera Giunta del C.O.N.I. n. 921 del 2001).

Alla ricorrente non è stato garantito il diritto di difesa. Aggiungasi che il dispositivo della sanzione è stato inviato al domicilio reale e non a quello eletto, come invece impone il regolamento di giustizia sportiva del C.O.N.I. n. 921 del 2001.

b) Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta ed irragionevolezza.

Non sono state cercate prove a sostegno dell’asserita responsabilità della ricorrente, alla quale è stato attribuito un comportamento scorretto non dimostrato.

c) Eccesso di potere sub specie di carenza di istruttoria e difetto di motivazione.

L’istruttoria svolta dalla Camera arbitrale è viziata per l’assenza di qualsiasi ricostruzione in contraddittorio della vicenda sottoposta al suo esame.

3. La ricorrente chiede anche il risarcimento dei danni ingiustamente patiti in conseguenza dell’illegittima sanzione inflittale.

4. Si è costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), che ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed il difetto di giurisdizione del giudice adito, mentre nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

5. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK), che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito e l’irricevibilità del ricorso per tardività, mentre nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

6. La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. non si è costituita in giudizio.

7. Con memoria notificata il 19 giugno 2007 e depositata il successivo 3 luglio la ricorrente ha chiesto, per l’ipotesi in cui venisse ritenuta fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, di sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lett. a) e b), e 3, d.l. 19 agosto 2003, n. 220.

8. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

9. Con ordinanza n. 1842 del 7 aprile 2005, confermata dalla VI Sez. del Consiglio di Stato (ord. n. 3360 del 15 luglio 2005), è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva.

10. All’udienza del 17 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, l’Associazione Sportiva OMISSIS ha impugnato, tra gli altri, il lodo arbitrale emesso dalla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del C.O.N.I. n. 1966/LS del 24 dicembre 2004, con il quale è stata confermata la sentenza della Commissione Federale d’appello, che aveva respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso la sanzione sportiva della squalifica di un anno e otto mesi, comminata, a titolo di responsabilità oggettiva, per il grave comportamento antisportivo che avrebbero tenuto alcuni suoi tesserati nel corso del Campionato Nazionale di Kung-Fu dell’1 e 2 giugno 2002.

Preliminarmente deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), non essendo a questi imputabile alcuno degli atti impugnati. Ed invero, prima della novella introdotta nel 2008 - che ha sostituito alla Camera di Conciliazione e di Arbitrato del C.O.N.I. due organismi, l’Alta Corte di Giustizia Sportiva (art. 12 bis dello Statuto del C.O.N.I.) e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (art. 12 ter dello stesso Statuto) - l’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. configurava la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport come organo non amministrativo, ma arbitrale, rispettoso dei principi di terzietà, autonomia ed indipendenza di giudizio; a ciò si aggiunga che l’art. 20 del regolamento della Camera significativamente precisava che “il lodo è imputabile esclusivamente all’organo arbitrale. In nessun caso il lodo può essere considerato atto della Camera o del C.O.N.I.”.

2. Il ricorso, nella parte impugnatoria, è inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione, in conformità ai principi espressi dalla Corte costituzionale (11 febbraio 2011, n. 49) e recentemente ribaditi dal giudice amministrativo (Cons.St., sez. VI, 24 settembre 2012, n. 5065, 24 gennaio 2012, n. 302 e 14 novembre 2011, n. 6010; Tar Lazio, sez. III quater, 1 giugno 2012, n. 4981 e 9 febbraio 2012, n. 1282), avendo ad oggetto, come si è detto, la sanzione, comminata all’Associazione Sportiva  OMISSIS, ad un anno e otto mesi di squalifica.

Ed invero, come è stato chiarito dalla cit. sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2011, l’art. 2, d.l. 19 agosto 2002, n. 220, convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, prevede tre forme di tutela: una prima, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), che è demandata alla cognizione del giudice ordinario; una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, d.l. n. 220 del 2003 e non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento sportivo in cui le norme in questione hanno trovato collocazione secondo uno schema proprio della c.d. “giustizia associativa”; una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che, per un verso, non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – e, per altro verso, non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva. La stessa Corte costituzionale - nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e comma 2, d.l. 19 agosto 2003 n. 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo - ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria. Il giudice delle leggi ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che - laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

I principi espressi dal giudice delle leggi per affermare il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alle sanzioni sportive trovano applicazione, in ragione delle argomentazioni agli stessi sottese, qualunque sia la causa che ha portato alla comminazione di dette sanzioni, e quindi anche nell’ipotesi in cui le stesse non siano conseguenza unica e diretta del comportamento tenuto “nel corso di una competizione sportiva”. Aggiungasi che in ogni caso, nella specie, il comportamento addebitato a tesserati dell’Associazione OMISSIS sarebbe stato tenuto, se non “nel corso”, quanto meno “in occasione” di una competizione sportiva (Campionato Nazionale di Kung-Fu dell’1 e 2 giugno 2002).

Peraltro, alla luce dei principi dettati dalla Corte costituzionale il giudice amministrativo può conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

3. In applicazione dei principi dettati nella materia dal giudice delle leggi è dunque ammissibile la domanda di risarcimento danni, rispetto alla quale è sollevata dalla Federazione Italiana Wushu Kung Fu l’eccezione di tardività del ricorso, eccezione che è invece da ritenersi assorbita, in relazione all’azione annullatoria, dal riscontrato difetto assoluto di giurisdizione di questo giudice, che inibisce l’esame di qualsiasi altro profilo, in rito e nel merito.

Il Collegio ritiene in ogni caso di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di tardività - peraltro non supportata da prova, che deve essere allegata dalla parte che la solleva - riferita all’azione risarcitoria, non essendo questa suscettibile di positiva valutazione.

4. Al fine di accertare la spettanza o non del risarcimento per l’asserito danno patito va verificata la sussistenza delle condizioni imprescindibili, ossia l’illegittimità del provvedimento, l’elemento soggettivo, in capo alla Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK), del dolo o della colpa, l’effettivo danno subito per effetto dello stesso.

Con riferimento all’asserita illegittimità della sanzione comminata, occorre vagliare i vizi denunciati dalla ricorrente Associazione.

Rileva innanzitutto il Collegio che i vizi procedimentali dedotti con il primo motivo non avevano formato oggetto del ricorso dinanzi alla Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport, nel quale era stato fatto un mero cenno, in fatto, all’iter procedimentale che aveva dato luogo alla comminazione della sanzione, dalla fase della contestazione degli addebiti sino all’adozione della sentenza appellata, senza tradurre quanto esposto in motivo di doglianza avverso le decisioni gravate. In effetti il ricorso arbitrale era incentrato sulla denuncia dell’infondatezza, in fatto, delle accuse disciplinari mosse e su queste sole si è pronunciata la Camera di Conciliazione. Né il lodo è stato censurato dinanzi a questo giudice per omessa pronuncia su un motivo di ricorso, e ciò a riprova che dinanzi al giudice sportivo i vizi procedimentali non erano stati denunciati.

Sono dunque rimaste estranee alla fase amministrativa le censure, dedotte in questa sede, relative ai vizi procedimentali, con la conseguenza che sulle stesse il Collegio non può pronunciare. Il Consiglio di Stato (sez. VI, 19 giugno 2006, n. 3559), infatti, coerentemente con la premessa della natura di atto amministrativo del “lodo arbitrale”, ritiene inammissibili le censure dedotte per la prima volta in sede giurisdizionale. Ciò nella considerazione che l’art. 2, d.l. n. 220 del 2003 ha previsto che gli atti della Federazioni sportive possono essere impugnati in sede giurisdizionale solo dopo la preventiva impugnazione, quale condizione di procedibilità, innanzi alla Camera arbitrale, dovendo trovare contemperamento i principi sulla tutela giurisdizionale con quelli sull’autonomia dell’ordinamento sportivo (Tar Lazio, sez. III ter, 21 giugno 2007, n. 5645).

Non rileva in questa sede verificare se tale conclusione si estende anche all’azione meramente risarcitoria, nel senso che sia possibile anche dedurre per la prima volta dinanzi a questo giudice vizi di illegittimità del provvedimento asseritamente lesivo, che si afferma essere generatore del danno ingiusto. Certo è che se tali profili di illegittimità fossero stati sottoposti alla cognizione del giudice sportivo e questi li avesse giudicati fondati, la squalifica sarebbe stata annullata e quindi l’asserito danno non si sarebbe prodotto. In altri termini, per questa parte è configurabile quanto meno un concorso di colpa che impedisce la risarcibilità del(l’eventuale) danno. E’ noto infatti il principio, applicabile nel caso in esame, secondo cui il giudice può escludere la risarcibilità dei danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di tempestiva reazione nei confronti del provvedimento potenzialmente lesivo sia in via giudiziale (con l’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del provvedimento) che in via amministrativa (con la richiesta di autotutela) (Cons. St., sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983).

Rileva peraltro il Collegio che seppure potesse prescindersi dall’assorbente profilo di improcedibilità del primo motivo (per non essere stati esperiti, in relazione ai fatti con esso denunciati, tutti i gradi di giustizia sportiva), lo stesso non potrebbe trovare accoglimento, avendo la Federazione Italiana Wushu Kung versato in atti la prova che all’Associazione OMISSIS erano state garantite tutte le forme di difesa a cui aveva diritto. Al legale difensore dell’Associazione era stata tempestivamente comunicata la data dell’udienza (5 dicembre 2003) e su richiesta dello stesso difensore era stato accordato lo slittamento dell’orario di inizio (alle 11,30). Non è stato invece acconsentito il rinvio dell’udienza a metà gennaio perché la richiesta era pervenuta troppo tardi, quando ormai era stato tutto organizzato, e in ogni caso perché si sarebbe corso il rischio di far cadere in prescrizione il procedimento disciplinare. La decisione di celebrare l’udienza a Tirrenia anziché a Roma non comporta certo violazione del diritto di difesa, non essendovi alcuna regola scritta (né il ricorrente l’ha indicata) che prevede che le udienze devono necessariamente tenersi tutte a Roma.

Quanto al dispositivo, trasmesso alla sede legale dell’Associazione ricorrente e non al domicilio eletto, occorre considerare che il difensore dell’ OMISSIS era presente in aula durante la sua lettura, con la conseguenza che lo stesso ne aveva conosciuto in tempo reale il contenuto. Il testo integrale della sentenza è stato invece trasmesso all’avvocato difensore dell’Associazione il 4 luglio 2003 (nota protocollo n. 424/03).

Infine, non risponde al vero che il Procuratore Federale aveva fondato la propria accusa anche su dichiarazioni di atleti dell’ OMISSIS, senza considerare che gli stessi, con successive dichiarazioni dell’11 novembre 2002, avevano chiarito quanto in precedenza affermato, e cioè che quando avevano detto di volersi dissociare “dall’atteggiamento e dalle azioni maleducate tenute dal gruppo dell’A.S.  OMISSIS”, avevano in effetti inteso riferirsi esclusivamente “al tifo che proveniva dalle gradinate del Palazzetto di Zola Pedrosa, da parte di persone che tifavano per la squadra A.S.  OMISSIS”.

Ed invero, nella richiesta di rinvio a giudizio il Procuratore Federale ha infatti espressamente chiarito che non avrebbe per nulla utilizzato tali dichiarazioni quali argomenti di prova per supportare la colpa dell’Associazione  OMISSIS, temendo ripercussioni di quest’ultima nei confronti dei propri atleti. Il rinvio a giudizio è stato dunque disposto sulla base di ulteriori elementi di prova raccolti.

5. Passando agli altri motivi di ricorso, che per ragioni di ordine logico possono essere esaminati congiuntamente, occorre chiarire che la Camera di Conciliazione e di Arbitrato non ha escluso che ci siano state alcune deficienze nell’organizzazione dell’evento, in fase di riconoscimento di atleti sprovvisti del necessario documento e di operazioni di peso degli atleti effettuate senza che fosse possibile, per ragioni logistiche, consentire la presenza dei rappresentanti delle altre squadre. Possibili confusioni possono essere state ingenerate anche dall’accorpamento delle classifiche di discipline diverse (sebbene finalizzato alla sola attribuzione di una Coppa ulteriore), come stigmatizzato anche dal Procuratore Federale. Ha però affermato la Camera di Conciliazione che tali elementi fattuali non possono in ogni caso giustificare i comportamenti tenuti da alcuni tesserati all’Associazione  OMISSIS, molti dei quali correttamente non negati dalla stessa ricorrente, che afferma però che gli stessi erano in realtà una risposta all’atteggiamento quanto meno ostruzionistico della Federazione e degli organizzatori dell’evento. Aggiunge l’Associazione che proprio in considerazione delle mancanze della Federazione, la Camera di Conciliazione avrebbe dovuto scagionarla da ogni addebito.

Ritiene invece il Collegio che il lodo sia immune dai vizi denunciati. Non è necessario verificare se rispondono al vero tutte le accuse mosse nei confronti dell’ OMISSIS, alcune delle quali di notevole gravità, riportate nelle denunce che hanno dato luogo all’inizio del procedimento disciplinare. Atteggiamento che avrebbe indotto l’Amministrazione comunale di Zona Predosa a preavvertire che il Palazzetto non sarebbe stato più messo a disposizione della Federazione Italiana Wushu Kung, salvo a ripensarci dopo la notizia della lunga squalifica inflitta all’Associazione  OMISSIS. Non è neanche necessario verificare se risponde al vero che le reazioni addebitate alla ricorrente sarebbero state indotte da un atteggiamento provocatorio e ostruzionistico della stessa Federazione.

Certo è che a fronte della partecipazione alla gara di atleti sprovvisti di titolo di riconoscimento, dell’esclusione dei rappresentanti dell’Associazione  OMISSIS dalla stanza ove avveniva la pesatura degli atleti e della decisione di accorpare le classifiche di discipline diverse la ricorrente avrebbe dovuto presentare un esposto agli organi competenti e chiedere di verificare se sussistessero gli estremi per l’annullamento delle operazioni di gara, che da tali fatti potevano essere state irrimediabilmente inficiate. In altri termini, la reazione dell’Associazione ricorrente è stata valutata grave per il suo connotato altamente antisportivo e contrario alle regole che devono presiedere il mondo dello sport in generale e le gare agonistiche in particolare, nelle quali la sana competizione non deve mai degenerare e sfociare in atti di violenza, verbale o fisica. Neanche se queste reazioni fossero conseguenza diretta di provocazioni altrui. Il mondo dello sport è regolato da un proprio ordinamento e da norme scritte che disciplinano in tutte le varie fasi i ricorsi volti a verificare la correttezza delle attività agonistiche. Dunque, ove la ricorrente (e per essa i suoi tesserati) avesse riscontrato gravi violazioni delle regole che dovevano presiedere il Campionato Nazionale di Kung-Fu, avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti che l’ordinamento sportivo le metteva a disposizione, fare ricorso ed eventualmente chiedere l’annullamento delle gare i cui risultati riteneva essere stati falsati dalle denunciate irregolarità.

Sembra peraltro che l’Associazione  OMISSIS non sia nuova ai comportamenti irregolari ad essa ascritti. Ha affermato la dott.ssa  OMISSIS nella propria denuncia, versata in atti dalla Federazione Italiana Wushu Kung - e senza che sul punto ci sia stata smentita alcuna da parte della ricorrente - che quest’ultima era stata protagonista di una rissa con alcuni arbitri a Pontedera e di disordini a Ferrara. In entrambe le città, proprio per gli incidenti verificatisi, non è stato più possibile svolgere i campionati di Wushu Kung.

Questa situazione è stata giustamente stigmatizzata dalla Federazione non solo perché contraria alle regole sportive, ma anche perché rischia di mettere in cattiva luce lo sport, già non molto conosciuto, del Wushu Kung, che potrebbe essere inteso come una pratica violenta.

6. Il lodo impugnato motivatamente esclude quindi che l’asserito danno subito dall’Associazione  OMISSIS sia illegittimo.

Preme peraltro al Collegio precisare, per completezza di esame, che manca anche l’ulteriore requisito, necessario per ottenere il risarcimento. Non è stato infatti dimostrato che dalla sanzione inflitta la ricorrente ha effettivamente subito un danno.

L’Associazione  OMISSIS afferma di aver subito un danno morale oltre che patrimoniale, perché alcuni degli iscritti sono passati ad altre associazioni e perché i risultati agonistici hanno subito un forte calo. L’unica prova che ha versato in atti è una ricca documentazione fotografica che attesta i molti titoli vinti prima della squalifica. Afferma inoltre di aver chiesto, senza esito, alla Federazione di rilasciare i documenti attestanti i livelli di eccellenza sportiva che l’Associazione aveva raggiunto prima del 2003, al fine di dimostrare il declino successivo ai fatti oggetto di causa. Ha quindi sottoposto al Tar istanza istruttoria per ottenere quanto la Federazione non ha spontaneamente rilasciato.

Rileva il Collegio che tale documentazione non è utile al fine di comprovare i danni che la ricorrente assume di aver subito. La stessa avrebbe dovuto depositare in atti la rescissione di contratti di sponsorizzazione, documenti a riprova del netto calo di iscrizioni o del nocumento all’immagine dell’Associazione stessa. Non è certo prova del danno la circostanza che dopo la squalifica i risultati sportivi non sono stati più gli stessi, se non è stato nel contempo dimostrato l’abbandono di atleti di calibro tale che i risultati ottenuti fino al 2002 potevano essere ascritti solo alla loro presenza nell’Associazione. Da rilevare ancora che non costituisce una prova a sostegno del danno asseritamente patito la dichiarazione di alcuni atleti, rilasciata il 10 novembre 2002, che hanno chiesto il nulla osta per lasciare l’Associazione, atteso che nella stessa è precisato che la volontà di passare ad altra società era legata alla necessità di allenarsi in città diversa da quella ove l’ OMISSIS abitualmente opera e non dal discredito che avrebbe colpito l’Associazione stessa.

Infine, ritiene il Collegio di non poter accogliere l’istanza istruttoria atteso che, come si è detto, la documentazione che dovrebbe essere chiesta alla Federazione Italiana Wushu Kung non appare utile a provare il danno che la ricorrente afferma di aver subito mentre le prove atte a tale scopo erano, ove esistenti, nella piena disponibilità della stessa Associazione, che avrebbe dovuto versarle agli atti di causa.

7. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione ed in parte respinto.

Quanto alle spese di giudizio, considerata la complessità della questione controversa può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in parte lo dichiara inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione ed in parte lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Massimo Luciano Calveri, Presidente

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/12/2013

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