T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 11146/ 2016

Pubblicato il 10/11/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Lubrano ed Enrico Lubrano, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia, 79;

contro

Federazione Ginnastica d'Italia (FGI), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Avagliano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cesare Ferrero di Cambiano, 82;

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Tobia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale G. Mazzini, 11;

per il risarcimento

del danno patito dal ricorrente per non avere potuto partecipare dal 16 gennaio 2014 al 26 giugno 2014 alle attività ufficiali programmate dalla Federazione Ginnastica d'Italia, tra cui soprattutto gli eventi agonistici (gare ufficiali), a causa della prima illegittima sanzione disciplinare di squalifica per dodici mesi - per asserita violazione dell'art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia della F.G.I. (c.d. "principio di lealtà sportiva") - irrogata, inizialmente, dalla Commissione di Giustizia di primo grado della Federazione Ginnastica d'Italia in data 26 gennaio 2014, poi confermata dalla Commissione di Giustizia di secondo grado della Federazione Ginnastica d'Italia e, infine, annullata integralmente dal lodo del TNAS (Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport presso il CONI) in data 24 settembre 2014;

nonché, per il risarcimento del danno per equivalente,

previo annullamento e/o accertamento della illegittimità della decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 8/2015 (che ha "ridotto" la seconda sanzione disciplinare irrogata al sig.  OMISSIS dalla F.G.I. da otto a quattro mesi di squalifica), anche ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a.,

per il danno patito dal ricorrente a causa della seconda illegittima sanzione di squalifica irrogata dalla F.G.I. (ulteriori otto mesi di squalifica, poi ridotti a quattro mesi dal Collegio di Garanzia del CONI) di sospensione dalle attività ufficiali organizzate dalla Federazione dal 26 giugno 2014 al 25 settembre 2014 — irrogata inizialmente dalla Commissione di Giustizia di primo grado della F.G.I. (nella misura di sei mesi), in data 26 giugno 2014 e, poi, sospesa dalla Commissione di Giustizia di secondo grado della F.G.I., in data 25 settembre 2014, poi aumentata dalla stessa Commissione di secondo grado in otto mesi e, infine, ridotta a quattro mesi dal Collegio di Garanzia del CONI - previo accertamento della illegittimità della Decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, 30 marzo 2015, n. 8, nella parte in cui non ha annullato in toto la sanzione disciplinare, ma ha solamente riformato tale sanzione riducendola da otto mesi totali a quattro mesi;

nonché per l'annullamento e/o la declaratoria di illegittimità di tutte le decisioni assunte dalla Giustizia Federale della F.G.I., che avevano irrogato la seconda sanzione disciplinare della squalifica del sig.  OMISSIS prima in sei mesi (decisione della Commissione di Giustizia della F.G.I. di primo grado in data 26 giugno 2014), poi aumentata in otto mesi (decisione della Commissione di Giustizia della F.G.I. di secondo grado in data 10 novembre 2014) e, infine, ridotta a sei mesi (decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 8/2015);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Ginnastica d'Italia (FGI) e del CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2016 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe OMISSIS  ha adito questo Tribunale per sentir condannare la FGI e il CONI al risarcimento in suo favore del danno patito per essere rimasto sospeso dall'attività agonistica e da ogni attività federale per la durata di complessivi otto mesi e dieci giorni (ovvero dal 16 gennaio 2014 al 25 settembre 2014) a fronte di una sanzione disciplinare finale, all’esito delle impugnazioni proposte in sede sportiva, di complessivi quattro mesi di squalifica.

Il ricorrente ha esposto di avere subito una prima squalifica di dodici mesi, per violazione dei principi di "lealtà sportiva" e del "vincolo di giustizia", per avere proposto un'azione innanzi al TAR Lazio, sanzione irrogata dalla Giustizia Federale della F.G.I., poi annullata dal TNAS per illegittimità sostanziale della stessa; e una seconda squalifica di otto mesi, per avere proposto un'ulteriore azione innanzi al TAR Lazio, sanzione irrogata dalla Giustizia Federale della F.G.I., poi ridotta a quattro mesi di squalifica dal Collegio di Garanzia per lo Sport presso il CONI.

Di conseguenza, avendo il ricorrente subito una sospensione disciplinare della durata di otto mesi e dieci giorni, a fronte di una sanzione complessiva confermata di quattro mesi (peraltro, oggetto di contestazione con il presente ricorso), questi ha chiesto il risarcimento del danno subito per i primi quattro mesi di squalifica, oggetto della sanzione disciplinare annullata, e per gli ulteriori quattro mesi, attualmente "coperti" dalla decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 8/2015 (conclusivo del secondo procedimento disciplinare), previo accertamento dell'illegittimità di tale decisione (nonché delle due decisioni emanate nel relativo secondo procedimento disciplinare dagli organismi di Giustizia Federale F.G.I. di primo e secondo grado).

A tal fine il ricorrente ha dedotto, in particolare, che in data 15 dicembre 2012 si era tenuta la 95esima Assemblea Elettiva della Federazione Ginnastica d'Italia, alla quale egli aveva partecipato in qualità di grande elettore rappresentante la categoria atleti del Comitato Regionale del Veneto (con rilevanza del voto per la sola categoria in questione), esprimendo le proprie preferenze (con riferimento ad entrambe le posizioni da lui rivestite) e, poi, allontanandosi dall'Assemblea; che nel corso della medesima Assemblea, successivamente all'allontanamento del ricorrente, era stata invalidata la prima votazione per problemi di ordine informatico e, quindi, si era proceduto ad una seconda votazione, alla quale il sig.  OMISSIS, in quanto assente, non aveva potuto partecipare.

Il ricorrente ha quindi impugnato le deliberazioni assunte in seno all'Assemblea Elettiva in questione chiedendo, in via subordinata, l'annullamento della sola votazione in cui avrebbe dovuto esprimere la sua posizione di grande elettore per l'elezione dei rappresentanti della sola categoria atleti; il Consiglio Direttivo Federale, investito dell'impugnazione proposta dal sig.  OMISSIS, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ma l'Alta Corte di Giustizia del CONI, adita dal ricorrente, con sentenza n. 15/2013, ha accolto l'impugnazione nella sua parte subordinata, ovvero nella parte in cui era stata richiesta la ripetizione della sola votazione in cui lo  OMISSIS avrebbe dovuto esprimere la sua posizione di grande elettore per l'elezione dei rappresentanti della sola categoria atleti.

In data 2 agosto 2013, il ricorrente ha depositato al TAR Lazio (r.g. n. 7721/2013) ricorso per l'annullamento, previa sospensiva, della sentenza n. 15/2013 dell'Alta Corte di Giustizia, nella parte in cui non aveva accolto la sua richiesta principale (ovvero l'annullamento dell'Assemblea in toto); pochi giorni prima la Procura Federale aveva notificato al ricorrente un avviso di apertura di procedimento disciplinare fondato proprio sulla proposizione del ricorso di fronte al TAR Lazio, poiché tale condotta sarebbe stata violativa della lealtà sportiva (art. 2 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I.) e della clausola compromissoria (art. 27 del medesimo Regolamento).

All’esito del primo grado del giudizio disciplinare, in data 16 gennaio — 13 febbraio 2014, il ricorrente è stato condannato alla sospensione per mesi dodici dalla partecipazione a qualunque attività ufficiale programmata dalla Federazione e, a decorrere dal 16 gennaio 2014, ha iniziato a scontare tale sanzione, che, pertanto, avrebbe avuto termine il successivo 16 gennaio 2015; in data 20 maggio 2014, a seguito degli appelli proposti sia dal sig.  OMISSIS, che dalla Procura Federale, la decisione di primo grado è stata confermata; in data 24 settembre 2014 è stato emanato il lodo del TNAS di annullamento integrale e retroattivo della sanzione irrogata.

Nel frattempo, in esecuzione della sentenza n. 15/2013 dell'Alta Corte di Giustizia (impugnata dal sig.  OMISSIS di fronte al TAR Lazio), la Federazione aveva indetto una Assemblea Elettiva straordinaria per la ripetizione delle operazioni di voto con riferimento esclusivo ai rappresentanti della categoria atleti; il sig.  OMISSIS, per evitare la formazione di acquiescenza in relazione allo svolgimento dell'Assemblea Elettiva "parziale" del 7 settembre 2013, aveva comunicato alla Federazione, mediante fax in pari data, di volere evitare di presenziare personalmente.

Il ricorrente ha quindi proposto due ricorsi di fronte all'Alta Corte di Giustizia per ottenere, rispettivamente, l'annullamento della delibera della FGI di convocazione dell'assemblea straordinaria per il 7.9.2013, per l'elezione di due atleti, e l'annullamento di tale assemblea.

L'Alta Corte ha rigettato il primo ricorso con sentenza n. 31/2013, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del secondo ricorso con provvedimento del 20 dicembre 2013.

In data 27 gennaio 2014, il sig.  OMISSIS ha depositato di fronte al TAR Lazio un secondo ricorso avente ad oggetto l'impugnativa della sentenza n. 31/2013 dell'Alta Corte (r.g. n. 962/2014).

In data 20 marzo 2014, a seguito della proposizione di tale secondo ricorso di fronte al TAR Lazio, è stata comunicata al sig.  OMISSIS l'apertura di un secondo procedimento disciplinare per la asserita reiterata violazione del principio di lealtà sportiva (art. 2 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I.) e della clausola compromissoria, giudizio concluso in primo grado con una sanzione di sospensione di mesi sei, mentre in secondo grado, alla luce dell'annullamento della prima sanzione disposto dal lodo del TNAS, in data 24 settembre 2014, è stata dapprima concessa la sospensione della seconda sanzione irrogata in primo grado (dispositivo 26 giugno 2014); quindi, in data 10 novembre 2014, al termine del giudizio di secondo grado, il ricorrente è stato condannato alla sospensione per mesi otto, in quanto ritenuto erroneamente colpevole sia per c.d. slealtà sportiva che per la violazione della c.d. clausola compromissoria, nonché recidivo con riferimento alla sanzione del primo procedimento disciplinare, in realtà già annullato il precedente 24 settembre 2014 dal lodo del TNAS.

Infine, in data 9 febbraio — 30 marzo 2015, è stata emanata la Decisione n. 8/2015 (impugnata nel presente giudizio) del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, che ha ridotto la sanzione alla sospensione per mesi quattro, sia per insussistenza della violazione della c.d. clausola compromissoria, sia per insussistenza della recidiva, dato l'annullamento integrale della prima sanzione disposto dal lodo del TNAS in data 24 settembre 2014.

In questo quadro, il ricorrente ha scontato una sospensione dalla partecipazione alle attività ufficiali organizzate dalla Federazione, con particolare riferimento alle gare agonistiche, a causa della sanzione originariamente disposta in relazione al primo procedimento disciplinare.

Infatti, il ricorrente è stato sospeso dal 16 gennaio 2014 (dispositivo della decisione relativa al primo procedimento disciplinare, in primo grado, di condanna a mesi dodici) al 25 settembre 2014 (sospensione della sanzione disposta nel secondo procedimento disciplinare, in secondo grado).

La prima parte del danno lamentato conseguirebbe alla prima sospensione subita dal 16 gennaio 2014 al 26 giugno 2014 (data della decisione relativa al secondo procedimento disciplinare, in primo grado, di condanna a mesi sei), in relazione al primo provvedimento disciplinare, che è stato poi integralmente annullato con efficacia retroattiva con lodo dello TNAS in data 24 settembre 2014; la seconda parte del danno sarebbe invece legata alla seconda sanzione subita dal 26 giugno 2014 fino al 25 settembre 2014, nell’ipotesi in cui fosse accertata l'illegittimità della Decisione del Collegio di Garanzia n. 8/2015, nella parte in cui non ha annullato integralmente, ma solo ridotto da mesi otto a mesi quattro, la sanzione di sospensione, poiché, in tal caso, anche per tale periodo il ricorrente avrebbe "scontato" una sanzione illegittima.

Si sono costituiti la FGI e il CONI resistendo al ricorso.

Alla pubblica udienza del 18 luglio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.

Preliminarmente si rileva, quanto alla sussistenza della giurisdizione amministrativa, che, secondo l’interpretazione condivisa dalla Corte Costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 del d.l. 220/2003, laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, va proposta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando una riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere (Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49; Consiglio di Stato, VI, 25 novembre 2008, n. 5782; da ultimo T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 9 marzo 2016, n. 3055); a tal fine il giudice amministrativo che può incidentalmente pronunciarsi sui provvedimenti di giustizia sportiva, senza annullarli ma dichiarandone l'illegittimità incidenter tantum ai sensi dell'art. 133 comma 1, lett. a), n. 1), e lett. z), c.p.a..

Nel merito, va innanzitutto esaminata la domanda risarcitoria proposta con riferimento alla prima sanzione disciplinare irrogata, oggetto di definitivo annullamento all’esito delle impugnazioni proposte dal ricorrente innanzi agli organi di giustizia sportiva.

Sotto tale profilo, pertanto, non è necessario indagare incidentalmente la legittimità dell’irrogazione della sanzione, già accertata in tale sede.

In particolare lo stesso Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, adito dallo  OMISSIS per la riforma della decisione della Commissione di Giustizia di Secondo grado del 19 giugno 2014 che aveva confermato la squalifica di 12 mesi irrogata in primo grado, ha affermato che “i comportamenti e le iniziative giudiziarie poste in essere dal sig.  OMISSIS e contestate nei provvedimenti della Federazione non configurano in concreto alcuna violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva, pur potendosi ammettere che l’esercizio di una pluralità di azioni, in sé lecite e finanche espressive di diritti personali, possa venir riguardato e apprezzato in una complessiva logica di censurabilità associativa; …. Nel caso di specie, proprio dalla valutazione complessiva dei comportamenti ascritti al sig.  OMISSIS e dall’esame di ciascuno di essi emerge che, se indubbiamente l’interessato ha fatto valere le proprie ragioni con ostinazione, pur tuttavia non ha valicato i limiti preposti dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti, che in parte hanno trovato riconoscimento giudiziale in ordine alla meritevolezza di tutela.

In particolare, la proposizione da parte dell’istante dell’azione dinanzi al Giudice Amministrativo appare come iniziativa legittima, oltre che espressione di un diritto riconosciuto e garantito dalla Costituzione”.

Allo stesso modo, il TNAS ha affermato che la mancata partecipazione del sig.  OMISSIS alle nuove elezioni indette dalla F.G.I. per il 7 settembre 2013, così come la mancata comparizione innanzi ai vari organi di giustizia federale aditi, sono scelte che rientrano nell’esercizio legittimo delle sue facoltà e che non integrano alcun illecito.

Anche nell’ambito della giustizia sportiva, quindi, è stata appurata l’illegittimità della prima sanzione disciplinare irrogata.

Alla prima sospensione disciplinare consegue la prima parte del danno lamentato, relativo all’inattività subita dal 16 gennaio 2014 al 26 giugno 2014, data della decisione relativa al secondo procedimento disciplinare, in primo grado, di condanna a mesi sei, dalla quale può considerarsi scontata la seconda sospensione disciplinare.

Quanto a tale secondo profilo, deve rilevarsi che con riferimento alla seconda sanzione, applicata dal 26 giugno 2014 fino al 25 settembre 2014, la risarcibilità del danno lamentato postula l’accertamento incidentale della illegittimità della stessa e della Decisione del Collegio di Garanzia n. 8/2015, nella parte in cui non ha annullato integralmente, ma solo ridotto da mesi otto a mesi quattro, la sanzione di sospensione, al fine di accertare se anche per tale periodo la sospensione dell’attività agonistica possa qualificarsi ingiusta.

Al riguardo il ricorrente ha dedotto che la decisione del Collegio di Garanzia sarebbe illegittima, in primo luogo, nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso, con il quale è stata contestata la violazione del principio di lealtà sportiva da parte del ricorrente e la sussistenza della violazione dell'art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. (c.d. principio di lealtà sportiva).

In particolare, il Collegio ha affermato "che i comportamenti e le iniziative giudiziarie poste in essere dal Sig.  OMISSIS e contestate nei provvedimenti della Federazione non configuravano in concreto alcuna violazione dei citati principi ... tuttavia ... [sarebbe] possibile che, pur in assenza di una violazione in senso formale, il comportamento complessivo del tesserato possa essere censurato sul piano disciplinare", ponendo in luce il fatto che  OMISSIS - a seguito dell'annullamento parziale delle elezioni e della reindizione dell'Assemblea Elettiva limitatamente per operazioni elettive dei rappresentanti della categoria atleti - non partecipando a tale Assemblea si sarebbe comportato in modo contraddittorio (poiché, una volta ottenuto quanto richiesto, seppure in via subordinata, vi avrebbe rinunciato), sarebbe venuto meno al proprio impegno di grande elettore per la categoria atleti del Comitato Regionale del Veneto e avrebbe mostrato un atteggiamento ostile nei confronti della Federazione, incompatibile con la sussistenza di un vincolo associativo.

Quindi le condotte tenute, seppure astrattamente lecite, considerate complessivamente andrebbero ad integrare una violazione del principio di lealtà sportiva, perpetrata a seguito della mancata partecipazione alla Assemblea Elettiva Straordinaria per la votazione dei rappresentanti della categoria degli atleti, indetta a seguito dell'accoglimento di tale richiesta, formulata in via subordinata dal sig.  OMISSIS, dalla sentenza dell'Alta Corte di Giustizia n. 15/2013, incompatibile con la precedente richiesta di annullamento parziale delle operazioni elettorali, il conseguente venire meno ai propri doveri di grande elettore rappresentante della categoria atleti del Comitato Regionale del Veneto, e la tenuta complessiva di un atteggiamento ostile nei confronti della Federazione.

Il ricorrente ha rimarcato, di contro, la liceità anche sotto il profilo disciplinare di tali condotte, evidenziando che, come rilevato dal TNAS, in assenza di ogni definitivo accertamento di soccombenza tale da indurre sanzioni di temerarietà, la condotta tenuta non integra alcuna infrazione delle regole di lealtà sportiva.

Tale assunto si palesa fondato.

Il ricorrente, infatti, ha ottenuto soddisfazione solo parziale dall’esito del primo ricorso proposto in sede sportiva, con l’accoglimento parziale, da parte dell'Alta Corte di Giustizia del CONI, con sentenza n. 15/2013, della domanda proposta in via subordinata, ovvero nella parte in cui era stata richiesta la ripetizione della sola votazione, che aveva avuto luogo nell’assemblea del 15.12.12, in cui lo  OMISSIS avrebbe dovuto esprimere la sua posizione di grande elettore per l'elezione dei rappresentanti della sola categoria atleti.

Avverso tale pronuncia il ricorrente ha depositato il primo ricorso al TAR Lazio (r.g. n. 7721/2013) per ottenerne l'annullamento nella parte in cui non ha accolto la richiesta principale di annullamento dell'Assemblea in toto.

Tale azione è stata quindi pienamente giustificata dalla parziale soccombenza, avverso la quale il ricorrente legittimamente ha reagito, nell’ambito di una normale esplicazione del proprio diritto di difesa, per ottenere l’accoglimento del gravame anche nella richiesta principale.

Allo stesso modo, a seguito della sentenza dell'Alta Corte di Giustizia n. 31/2013, che ha confermato la regolarità della successiva Assemblea Elettiva straordinaria del 7 settembre 2013, nella quale è stata solo in parte ripetuta la votazione dell’assemblea precedente, il ricorrente ha proposto un secondo ricorso al TAR Lazio, facendo valere ancora una volta l’illegittimità della ripetizione parziale delle operazioni.

Con riferimento alla mancata partecipazione all'Assemblea Straordinaria in questione, stigmatizzata in sede disciplinare quale comportamento sanzionabile, il ricorrente ha preannunciato alla Federazione la sua assenza evidenziando, con un fax del 7 settembre 2013, di volere evitare che la propria partecipazione potesse essere intesa quale forma di acquiescenza alla sentenza dell'Alta Corte impugnata di fronte al TAR Lazio, ai sensi dell'art. 329 c.p.c..

In particolare il ricorrente ha chiarito, con tale nota, di non volere “accreditarsi né partecipare alle votazioni fissate il giorno 7 settembre 2013, ritenendo che le modalità di convocazione e di previsto espletamento siano illegittime per le ragioni già evidenziate nei procedimenti promossi innanzi al T.A.R. Lazio e all’Alta Corte di Giustizia del CONI”.

La condotta di  OMISSIS non può quindi essere valutata come mera non partecipazione all’assemblea, dovendo essere apprezzata alla luce della comunicazione appositamente inviata alla Federazione come espressione della sua reazione rispetto alle assemblee la cui legittimità aveva contestato, e collegata alle iniziative giurisdizionali intraprese al fine di non depotenziarne l’esito.

Tale comportamento, in quest’ottica, è suscettibile di rientrare comunque nell’ambito di una esplicazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

Sotto tale profilo si rivela quindi la illegittimità delle pronunce che hanno confermato la sanzione disciplinare facendo leva sulle condotte descritte, qualificate come violazione del principio di lealtà sportiva, laddove invece a tale conclusione non poteva addivenirsi, coincidendo i comportamenti assunti con la scelta di far valere la ritenuta illegittimità delle adunanze che, in assenza di una valutazione di temerarietà da parte del giudice competente, non può essere stigmatizzata quale condotta di rilievo disciplinare.

Non solo, ma la pronuncia dell’Alta Corte ha anche ritenuto che, nel caso di specie, l’irrogazione della seconda sanzione non avrebbe integrato una violazione del principio del ne bis in idem, in quanto i “comportamenti oggetto di valutazione disciplinare da parte della decisione qui impugnata, pur relativi alla medesima complessiva vicenda già oggetto di valutazione disciplinare, [sarebbero] ulteriori e diversi” rispetto a quelli che il TNAS, nel precedente procedimento, aveva ritenuto che non configurassero in concreto violazione dei principi di lealtà.

Anche tale conclusione appare censurabile, se si considera, come evidenziato dal ricorrente, che il primo procedimento disciplinare è stato avviato per la prima impugnazione di fronte al TAR Lazio della sentenza dell'Alta Corte di Giustizia n. 15/2013, la quale ha rigettato la richiesta principale del ricorrente di ripetizione di tutte le operazioni elettorali ed ha accolto solo la richiesta subordinata di ripetizione della operazione elettorale relativa ai soli rappresentanti per la categoria atleti, ed il secondo procedimento disciplinare è scaturito dalla seconda impugnazione di fronte al TAR Lazio della sentenza dell'Alta Corte di Giustizia n. 31/2013, di rigetto della domanda di annullamento dell’Assemblea Straordinaria indetta in esecuzione della sentenza dell'Alta Corte di Giustizia n. 15/2013, oggetto del primo ricorso, al fine della ripetizione dell'operazione elettorale relativa ai soli rappresentanti per la categoria atleti, onde ottenere, di contro, la ripetizione in toto delle elezioni.

Il secondo procedimento è stato quindi avviato a seguito della proposizione da parte del ricorrente del secondo ricorso al TAR Lazio per l’impugnazione dei provvedimenti esecutivi della sentenza impugnata con il primo ricorso, di tal che le due condotte rimproverate allo  OMISSIS risultano collegate tra loro e scaturite entrambe dal medesimo fatto originario, ovvero la contestata invalidità del primo scrutinio, solo parzialmente accertata all’esito del primo giudizio, al quale è conseguita una ripetizione solo parziale delle operazioni elettorali, contrastata dal ricorrente al fine di ottenere il risultato di annullamento totale invocato in via principale fin dal primo gravame proposto.

I comportamenti che sono stati oggetto di sanzione sono quindi espressione della medesima determinazione, in quanto il secondo è conseguito al primo solo in considerazione dell’accoglimento parziale della prima domanda.

Sulla base di tali considerazioni va dunque accertata l’illegittimità della irrogazione e della conferma giudiziale della seconda sanzione emessa nei confronti dell’atleta.

Va quindi esaminata la sussistenza del profilo soggettivo della colpa.

In merito si osserva innanzitutto che il Collegio non ritiene applicabile, nel caso di specie, la disciplina speciale prevista per le magistrature dalla L. 117/88, richiamata dalle Amministrazioni resistenti, e la conseguente limitazione della responsabilità ai casi di dolo o colpa grave nell’esercizio delle funzioni.

Sul punto è sufficiente rilevare che, secondo l’art. 1 di tale legge, rubricato “Ambito di applicazione”, e rimasto invariato anche a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 18/2015, “Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali.

3. Nelle disposizioni che seguono il termine «magistrato» comprende tutti i soggetti indicati nei commi 1 e 2”.

Come risulta evidente dalla lettura del testo, si tratta di disposizioni che delineano un particolare regime di responsabilità per l’esercizio dell’attività giurisdizionale, come tali non suscettibili di applicazione analogica al di fuori dell’ambito indicato.

Sul punto deve invece rilevarsi che i provvedimenti disciplinari federali costituiscono esplicazione di attività amministrativa, così come le decisioni rese dal Collegio di Garanzia del CONI, che svolge in piena autonomia una funzione giustiziale che si concretizza comunque in provvedimenti amministrativi.

Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza, già con riferimento alla disciplina previgente, e, in particolare, ai giudizi della Camera di Conciliazione, svolti in forma arbitrale a seguito della legge n. 280/2003, agli atti conclusivi di tali giudizi deve essere ascritta natura amministrativa, e ciò in ragione, essenzialmente, della natura di interesse legittimo della posizione giuridica azionata e della incompromettibilità in arbitri di tali posizioni giuridiche soggettive (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, n. 5025/2004, n. 527/2006).

La qualificazione della posizione azionata in termini di interesse legittimo è costante nella giurisprudenza, che ha rimarcato che le Federazioni Nazionali Sportive sono soggetti giuridici non soltanto privati, ma altresì, pubblici, in virtù della natura dei poteri ad esse attribuiti, quale il potere di controllo sulle società sportive affiliate e sulla loro attività gestionale, secondo modalità approvate dal CONI nell’esercizio di una potestà amministrativa attribuita da una norma di legge statale e tendente alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell’attività sportiva.

Di conseguenza, gli atti posti in essere dalle Federazioni in qualità di organi del C.O.N.I., e da quest’ultimo ente, sono esplicazioni di poteri pubblici e partecipano alla natura pubblica dello stesso C.O.N.I., ed hanno natura di atti amministrativi, soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo allorché incidano su posizioni di interesse legittimo.

La natura amministrativa delle decisioni degli organi di giustizia sportiva è stata poi affermata anche da questo Tribunale, che ha in più occasioni ribadito che “le decisioni degli organi di giustizia sportiva… sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiate dalle garanzie del processo. In particolare, alla "giustizia sportiva" si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi” (TAR Lazio – Roma, nn. 4391/2016, 5280/2007).

Il caso in esame va quindi ricondotto alla disciplina generale della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c., con conseguente attribuzione della responsabilità secondo il criterio della colpa.

Com’è noto, e ribadito anche nelle più recenti pronunce in materia, "ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, dovendosi verificare se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi; da ciò deriva che, in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati, il giudice amministrativo, in conformità ai principi enunciati nella materia anche dal giudice comunitario, può affermare tale responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato; il giudice può negarla, invece, quando l'indagine conduca al riconoscimento dell'errore scusabile con la conseguenza che, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana (ex art. 2043 cod. civ.) della Pubblica amministrazione per danno, devono ricorrere i presupposti del comportamento colposo, del danno ingiusto e del nesso di conseguenzialità" (Consiglio di Stato, sez. IV, 1/8/2016, n. 3464; sez. V, 18/01/2016, n. 125).

La riscontrata illegittimità dell'atto rappresenta tuttavia, nella normalità dei casi, l'indice della colpa dell'Amministrazione - indice tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa e non spiegata sia l'illegittimità in cui l'apparato amministrativo sia incorso, spettando alla P.A. provare l'assenza di colpa, attraverso la dimostrazione, in ipotesi, della sussistenza di cause di giustificazione legalmente tipizzate (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 20 maggio 2016, n. 5967).

L’apprezzamento della colpa deve essere effettuato alla luce delle motivazioni che, in sede giurisdizionale, hanno condotto all'accertamento della illegittimità del provvedimento e al suo annullamento, motivazioni che costituiscono l'unico parametro obiettivo per valutare, ai fini della loro eventuale qualificazione come colpose ex art. 2043 c.c., le modalità di condotta dell'amministrazione.

Quanto al regime della prova, la giurisprudenza ha chiarito che il rinvio al sistema delle presunzioni semplici, di cui agli artt. 2727 e 2729, c.c., induce a ritenere che l'illegittimità del provvedimento annullato costituisce soltanto uno degli indici presuntivi della colpevolezza dell'Amministrazione; e in virtù di tale configurazione, qualora si annulli un provvedimento illegittimo, grava su di essa l'onere di provare l'assenza di colpa, mediante la deduzione di circostanze integranti gli estremi dell'errore scusabile (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1356).

Nel caso di specie deve osservarsi che le argomentazioni sopra riportate in ordine alla illegittimità della prima sanzione (già accertata in sede sportiva) e della seconda sanzione (incidentalmente valutata in questa sede) conducono a ravvisare in capo alle Amministrazioni intimate gli estremi della colpa rilevante ai sensi dell’art. 2043 c.c., tenuto conto del fatto che è stata ritenuta rilevante a fini disciplinari una condotta consistita, essenzialmente, nell’adire la giustizia amministrativa per far valere le istanze non accolte in sede sportiva, all’esito dei giudizi proposti in tale sede, portando avanti le proprie tesi ed esercitando la facoltà di non partecipare ad un’assemblea ritenuta illegittima.

Ma deve anche considerarsi, in proposito, che il primo procedimento disciplinare si è concluso con un lodo del TNAS in data 24 settembre 2014 di annullamento integrale e retroattivo della sanzione irrogata nel primo grado di giudizio, per fatti analoghi e inscindibilmente collegati, quali presupposti, a quello oggetto del secondo procedimento la cui sanzione è stata in parte confermata.

Il fatto che il TNAS avesse annullato integralmente la prima sanzione disciplinare di dodici mesi, irrogata al sig.  OMISSIS dalla FGI al termine del primo procedimento disciplinare, evidenziando la piena legittimità dell'operato del sig.  OMISSIS, consente di ravvisare un profilo di colpevolezza alla base dell'avvenuta irrogazione di una seconda sanzione disciplinare per fatti analoghi; essendo infatti già intervenuta la pronuncia caducatoria, tale circostanza avrebbe potuto suggerire una valutazione più ponderata dei profili di illegittimità riscontrati e condurre all’annullamento anche della seconda sanzione.

A fronte di tali elementi, la Federazione Ginnastica Italiana e il CONI, cui fa capo il Collegio di Garanzia, non hanno né in alcun modo dedotto la loro assenza di colpa, né apportato alcun elemento atto a supportare tale tesi.

Anche sotto tale profilo quindi va accertata la sussistenza dei presupposti per un’affermazione di responsabilità delle amministrazioni interessate.

Né sussistono dubbi in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la sanzione della sospensione dall’attività agonistica applicata al ricorrente e il danno dallo stesso lamentato sotto il profilo patrimoniale e non.

Con riferimento al primo periodo di sospensione la responsabilità è ravvisabile esclusivamente in capo alla FGI, avendo il TNAS del CONI, come eccepito da quest’ultimo ente, annullato la sanzione disciplinare.

In relazione al danno patrimoniale, il ricorrente ha richiesto, per il primo periodo, l’importo complessivo di euro 24.650,00, sommatoria degli esborsi per le spese legali, pari ad euro 15.000,00, per i tre gradi di Giustizia Sportiva relativi al primo procedimento disciplinare (due gradi di Giustizia Federale ed un grado innanzi al TNAS del CONI), per la redazione della valutazione psicopatologica, elaborata dai dottori Saul Piffer e Rubina Roan, pari ad euro 1.650,00, e per la retribuzione non percepita prevista dall'art. 4 del contratto con l'Associazione Corpo Libero, pari ad euro 8.000,00.

Quanto al danno non patrimoniale, è stato richiesto l’importo di euro 89.460,42 (pari ai 5/12 - visti i cinque mesi di squalifica ingiustamente patiti nel periodo gennaio-giugno 2014 - rispetto alla cifra di euro 214.705,00, indicata dal perito di parte in relazione danno subito dal ricorrente per il periodo di 12 mesi).

Sulla base della documentazione prodotta risulta provato, in primo luogo, il danno di euro 8.000, quale retribuzione prevista dal contratto con l’Associazione Corpo Libero per l’intera stagione, in atti, retribuzione non percepita per effetto della squalifica.

Non rileva la mancanza di data certa in calce al contratto, eccepita dalla FGI, risultando chiaramente dal contenuto dello stesso la sua riferibilità alla stagione 2013-2014 (dal settembre 2013 all’agosto 2014 secondo l’art. 2 del contratto).

Quanto alle spese legali, va evidenziato che, con riferimento ai due procedimenti disciplinari, sia la pronuncia definitiva di annullamento del TNAS che quella del Collegio di Garanzia dello Sport hanno disposto la compensazione integrale tra le parti delle spese di assistenza difensiva, con la conseguenza che la ripartizione delle stesse, oggetto di espressa pronuncia in sede sportiva, non può essere rivalutata in questa sede, traducendosi, in caso contrario, in un sindacato non incidentale ma diretto sulla stessa, volto a vanificarne le statuizioni, in violazione delle regole che ripartiscono la giurisdizione in materia.

Inoltre il ricorrente ha prodotto esclusivamente, a tal fine, una nota pro-forma dell’avv. Toma e due fatture dello Studio legale Lubrano intestate all’Associazione Corpo Libero, che, come tali, non dimostrano che l’esborso sia stato effettivamente da lui sostenuto.

Va invece riconosciuta la spesa sostenuta per la perizia psicopatologica, pari ad euro 1.650,00.

Il danno patrimoniale risarcibile ammonta quindi ad euro 9.650,00.

Quanto al danno non patrimoniale, in linea generale si osserva che, come affermato anche dal Consiglio di Stato (cfr. sez. IV, 9 gennaio 2013, n. 76, che accoglie integralmente le statuizioni della sentenza della Cassazione, Sezioni Unite civili, 11 novembre 2008, n. 26972), la risarcibilità dei danni non patrimoniali è subordinata alla sussistenza di tre condizioni, costituite dal rilievo costituzionale dell'interesse leso, dalla gravità della lesione lamentata (nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità, anche in ragione del dovere di solidarietà di cui all'art. 2 Cost.) e dalla rilevanza del danno (che non deve consistere "in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità").

La giurisprudenza recente in materia ha affermato che "l'art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme a Costituzione, prevede una categoria unitaria di danno non patrimoniale per lesione di interessi, inerenti la persona, non connotati da rilevanza economica, in cui rientrano sia il danno alla salute in senso stretto, cd. biologico, sia quello di tipo cd. esistenziale, intesi come tipologie descrittive e non strutturali; è indubbio che, ai fini della sua risarcibilità, tale danno deve essere allegato e provato tanto nella sussistenza che nel nesso eziologico. In particolare, si ammette, quanto al danno propriamente biologico, che il verificarsi della menomazione della integrità psico-fisica della persona possa essere accertato facendo ricorso alle presunzioni e che la sua quantificazione possa avvenire in via equitativa, occorrendo tuttavia che la motivazione indichi gli elementi di fatto i quali, nel caso concreto sono stati tenuti presenti e i criteri adottati nella liquidazione equitativa (Cons. Stato, Sez. III, 25 febbraio 2014, n. 906).

Nel caso di specie al fine di dimostrare il danno alla integrità psicofisica, sotto forma di danno psichico, il ricorrente ha prodotto apposita perizia tecnica di parte, dalla quale risulta un danno biologico permanente di natura psichica pari ad una percentuale del 15% di invalidità, ed una pari percentuale di danno esistenziale.

Tenuto conto di tale principio di prova in ordine alla verificazione di un danno psichico, deve addivenirsi ad una valutazione equitativa del danno che consenta di indennizzare il peggioramento delle condizioni di vita subito nel periodo di applicazione della sanzione, evitando però duplicazioni risarcitorie che conseguirebbero, nel caso di specie, alla considerazione in via autonoma del danno psichico e del danno esistenziale come voci distinte e concorrenti, a fronte di un unico pregiudizio di natura non patrimoniale sofferto per l’astensione dall’attività agonistica.

Tenuto conto, pertanto, della durata prima sanzione disciplinare (5 mesi da gennaio a giugno 2014), e del presumibile ristabilimento delle condizioni psichiche pregresse alla conclusione del periodo, deve essere liquidato a tale titolo in via equitativa l’importo di euro 5.000.

Con riferimento alla seconda sanzione disciplinare sofferta, la responsabilità si appunta in capo alla FGI e al CONI, al quale fa capo il Collegio di Garanzia dello Sport, istituito ai sensi dell’art. 12 dello Statuto dell’ente con i poteri di cui all’art. 12 bis.

In tal senso depone, in primo luogo, il fatto che il Collegio di Garanzia è previsto dallo Statuto dell’ente fra gli organi di cui si compone il sistema di giustizia sportiva istituito presso il CONI.

Il Titolo II dello Statuto del CONI, che ne disciplina l’ “Organizzazione centrale”, comprende infatti le disposizioni che delineano il sistema di giustizia sportiva (art. 12) e, al vertice di tale sistema, il Collegio di Garanzia dello Sport (art. 12 bis).

Tale ultima disposizione istituisce, al comma 1, “presso il CONI, in posizione di autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport, organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”; al comma 7, stabilisce che “Il Presidente e i componenti del Collegio di Garanzia dello Sport sono eletti dal Consiglio Nazionale del Coni, su proposta della Giunta del Coni, con la maggioranza dei due terzi degli aventi diritto al voto”.

Dunque, tale organismo è dotato di autonomia e indipendenza, ma istituito presso il CONI, e i membri del Collegio sono promanazione del Consiglio Nazionale e della Giunta dell’ente.

Infine, a norma dei commi 8 e 9 dell’art. 12 bis citato, “Le regole di organizzazione e di funzionamento del Collegio di Garanzia del Coni sono stabilite da un apposito Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport approvato dal Consiglio Nazionale del Coni a maggioranza assoluta dei suoi componenti” e, “per lo svolgimento delle sue funzioni, il Collegio della Garanzia dello Sport si avvale di uffici e di personale messi a disposizione dalla Coni Servizi SpA”.

L’analisi di tale disciplina conduce quindi a ritenere che il Collegio di Garanzia, per quanto dotato di una posizione di autonomia e indipendenza nello svolgimento delle sue funzioni, sia comunque incardinato nella struttura del CONI, che ne nomina i componenti, ne disciplina il funzionamento e assicura le dotazioni di uffici e personale a tal fine necessari, con conseguente riconducibilità all’ente in questione degli atti emessi da tale organismo.

Quanto alla ripartizione della responsabilità tra le Amministrazioni resistenti (FGI e CONI), avendo le stesse concorso entrambe alla produzione del danno, con l’irrogazione della sanzione e con la sua conferma parziale all’esito dei rimedi di giustizia sportiva, risponderanno solidalmente secondo quanto stabilito dall’art. 2055 c.c., applicabile anche nei casi solidarietà tra persone giuridiche di natura pubblica (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4786).

Per il secondo periodo, il ricorrente ha richiesto le spese legali, pari ad euro 10.000,00, per i tre gradi di giustizia sportiva relativi al primo procedimento disciplinare (due gradi di Giustizia Federale ed un grado innanzi al Collegio di Garanzia per lo Sport del CONI), e il danno non patrimoniale in proporzione dei tre mesi di sospensione ascrivibili alla seconda sanzione.

Con riferimento alla spese va ribadito che le stesse non possono essere riconosciute per le argomentazioni sopra svolte, mentre il danno non patrimoniale, sub specie di danno psichico, anche in questo caso tenuto conto della durata della sospensione deve essere equitativamente liquidato nell’importo di euro 4.000.

Conclusivamente a titolo di risarcimento dei danni la FGI deve essere condannata al pagamento in favore del ricorrente dell’importo di euro 14.650,00 per il primo periodo di sospensione disciplinare, mentre con riferimento al secondo periodo di sospensione le Amministrazioni intimate vanno condannate al pagamento di euro 4.000 complessivi, in moneta attuale; sulle somme così liquidate vanno poi computati, trattandosi di debito di valore, la rivalutazione monetaria e gli interessi nella misura legale, sul credito rivalutato anno per anno, secondo i criteri costantemente applicati dalla giurisprudenza (da ultimo Cassazione civile, sez. III, 6 ottobre 2016 n. 19987), dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,

condanna la FGI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni in favore del ricorrente, nei sensi di cui in motivazione, per l’importo di euro 14.650,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, computati sul credito rivalutato anno per anno, dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo;

condanna la FGI e il CONI, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore del ricorrente, nei sensi di cui in motivazione, per l’importo di euro 4.000 complessivi, oltre rivalutazione monetaria interessi legali, computati sul credito rivalutato anno per anno, dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo;

condanna la FGI e il CONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.000, oltre accessori di legge, a carico di ciascuna di dette parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 18 luglio 2016, 7 novembre 2016, con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere

Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
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