T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 2315/ 2017

Pubblicato il 13/02/2017

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Alessandrini, Raffaello Alessandrini, Luca Alessandrini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Raffaello Alessandrini in Roma, via del Corso, 160;

contro

Federazione Italiana Nuoto - FIN, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Chiara Palumbo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittorio Arminjon, 5; Coni Servizi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Luigi Condemi Morabito, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tazzoli, 6;

per l'accertamento

della natura subordinata ed a tempo indeterminato del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente ed il CONI (ora Coni Servizi S.p.a.) e la Federazione Italiana Nuoto — FIN, dal 1967 al febbraio 1990.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della FIN, di Coni Servizi S.p.a. e del CONI;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2016 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 16.11.1995, Ugo Rossi ha convenuto in giudizio il CONI e la Federazione Italiana Nuoto (FIN) per sentir dichiarare l'esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato dal 1967 al febbraio 1990 e condannare i convenuti, pro quota o in solido fra loro, a titolo di differenze retributive, al pagamento in suo favore della somma complessiva di £. 143.961.352 (€ 74.349,83).

Il CONI si è ritualmente costituito in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 6, 3° comma, L. n. 70/75, il proprio difetto di legittimazione passiva, la prescrizione estintiva delle pretese fatte valere nei propri confronti e l'infondatezza, nel merito, di tutte le domande.

La FIN si è costituita eccependo il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, l'inammissibilità del ricorso ai sensi della Legge n. 70/75 e l'infondatezza, nel merito, di tutte le domande attrici, mancando, nella fattispecie, gli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato.

All'esito dell'udienza del 7.12.2000, fissata per la discussione delle questioni preliminari, sono state ammesse e successivamente espletate le prove testimoniali; quindi il Giudice di primo grado, in data 8 maggio 2003, ha pronunciato sentenza con cui ha accolto la domanda, dichiarato l'esistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato e condannato il CONI e la FIN in solido fra loro al pagamento in favore di OMISSISd ella somma di euro 69.110,14, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulle somme rivalutate, oltre alle spese del giudizio di primo grado.

Avverso tale pronuncia la FIN e, con autonomo ricorso, la CONI Servizi s.p.a., subentrata al CONI ai sensi della legge 8 agosto 2002 n. 178, hanno proposto appello.

Riuniti i due giudizi di appello, la Corte d'Appello di Roma, con ordinanza del 15.6.2007, ha ammesso una consulenza tecnica contabile sulla determinazione della somma eventualmente spettante alla parte appellata per differenze retributive, indennità sostitutiva di ferie non godute e TFR per il periodo intercorrente dal 1.1.1974 fino alla fine del rapporto.

Con sentenza n. 8396 del 2008 la Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Roma ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

A seguito dell’impugnazione di tale pronuncia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 4846/2013 hanno affermato la giurisdizione del Giudice Amministrativo, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

Il ricorrente ha quindi riassunto il giudizio innanzi a questo Tribunale, al fine di ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze del Coni (ora Coni Servizi S.p.a.) o, in subordine e prosieguo, della FIN — Federazione Nazionale Nuoto con decorrenza dal 1967 al febbraio 1990, al fine di ottenere la conseguente condanna, ex art. 2126 c.c. al pagamento in suo favore dell'importo di euro 79.349,83, o della diversa somma ritenuta di giustizia, con la rivalutazione monetaria e gli interessi sulle somme rivalutate.

A sostegno del ricorso sono stati formulati i seguenti motivi:

I. Violazione di legge con riferimento all'art. 2094 c.c., in quanto la prestazione lavorativa resa dal  OMISSIS in favore del Coni e della Fin doveva essere qualificata come rapporto di lavoro subordinato.

In particolare, in un caso analogo riguardante il rapporto di lavoro di un istruttore di nuoto, la Suprema Corte aveva ritenuto sussistente la natura di lavoro subordinato sulla base dei poteri di direzione e di controllo da parte del datore di lavoro, della costante presenza pomeridiana, per tutti i giorni feriali, del lavoratore, dell'osservanza di un orario predeterminato, del versamento, a cadenze fisse, di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dato all'impresa dal datore di lavoro.

Nel caso di specie sussistevano tutti gli elementi citati, come dimostrato dalle risultanze istruttorie della fase avanti al Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma conclusasi con sentenza n. 11250 del 15.5.2003, che potevano essere utilizzate in questa sede in applicazione del principio della translatio iudicii, oggi affermato dall'art. 59 della L. n. 69 del 2009 e, per il periodo anteriore all'entrata in vigore della detta legge, dalla sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2007.

Dalle dichiarazioni dei testimoni e dalla documentazione prodotta avanti al Giudice del Lavoro risultava la nomina del  OMISSIS da parte del CONI quale istruttore nell'ambito del servizio tecnico sportivo, l'affidamento al  OMISSIS di tutte le attività di coordinamento e gestione degli istruttori e dei corsi di nuoto tenuti dalla Federazione Italiana Nuoto, la sua designazione quale rappresentante della FIN nell'ambito dell'attività di coordinamento ed istruzione dei corsi nuoto della FIN, l'inserimento del  OMISSIS nell'organizzazione dell'attività del Centro FIN di Roma dal 1973 in poi, il numero e la durata dei corsi e, conseguentemente, la quantità dell'attività lavorativa del  OMISSIS, la percezione di compensi continuativi e rilevanti a far data dal 1969 al 1990.

Inoltre la stessa Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 8396 del 2008, era pervenuta all'affermazione della giurisdizione del Giudice Amministrativo proprio sul presupposto di un inserimento stabile e continuativo del  OMISSIS nell'organizzazione di Coni e Fin in mansioni non solo tecniche, ma anche amministrative.

II. Violazione di legge, con riferimento all'art. 2126 c.c. che sancisce il diritto del prestatore di lavoro anche in base a contratto nullo o in esecuzione di una mera prestazione di fatto, a percepire la relativa retribuzione; nel caso di specie Coni e Fin avevano riconosciuto al  OMISSIS solo i corrispettivi per le prestazioni via via svolte in misura inferiore ai minimi sindacabili applicabili e gli avevano negato tutte le ulteriori indennità connesse allo svolgimento di una prestazione lavorativa di tipo subordinato ed alla sua risoluzione, in violazione della norma citata.

Si sono costituiti il CONI e la FIN resistendo al ricorso ed eccependone, in primo luogo, l’inammissibilità o irricevibilità per la tardività della riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 59 L. 69/2009 e dell’art. 11 c.p.a.., con conseguente estinzione del giudizio e prescrizione dei diritti rivendicati; in secondo luogo l’inammissibilità per l’omesso rispetto del termine di decadenza previsto dall’art. 45, comma 17, d.lgs. 80/98 per la proposizione del ricorso innanzi al giudice amministrativo; infine la nullità per l’omessa precisa indicazione della parte convenuta (indicata a volte nel CONI, a volte nella FIN); entrambe le parti resistenti hanno eccepito altresì il proprio difetto di legittimazione passiva.

Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Deve preliminarmente essere esaminata, in quanto fondata, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività rispetto al termine per la riassunzione a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione.

Deve osservarsi, al riguardo, che alla declaratoria del difetto di giurisdizione, e alla conseguente affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo da parte del giudice ordinario (nel caso di specie la Cassazione), può conseguire la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda solo ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al giudice competente, nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell'art. 11 comma 2, d.lg. 2 luglio 2010 n. 104, che regola la fattispecie sulla scorta dell'orientamento espresso dalla Corte costituzionale n. 77 del 2007 e Cassazione, Sezioni Unite, n. 4109 del 2007 e poi recepito dal previgente art. 59 della l. n. 69 del 2009.

Nel caso di specie la causa è stata riassunta innanzi a questo Tribunale ben oltre il termine previsto dalla legge ai fini della conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda: la sentenza della Corte di Cassazione, infatti, è stata depositata il 27 febbraio 2013, e la comunicazione del deposito notificata il 5 marzo 2013.

L’art. 59 della l. 69/2009 prevede che “Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1 [la sentenza che ha declinato la giurisdizione], la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile”.

Allo stesso modo, l’art. 11 c.p.a. stabilisce che “Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”.

Nel caso di specie, pertanto, non può trovare applicazione la regola della translatio iudicii, in quanto il ricorso è stato riassunto con atto notificato il 7 agosto 2013 e, pertanto, oltre il termine previsto dalle norme citate.

Per queste ragioni la tardiva riassunzione della controversia non è idonea a far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, e comporta l'estinzione del processo ai sensi dell'art. 59, comma 4, della legge citata.

Anche ove si volesse, poi, qualificare come azione autonoma proposta ex novo il ricorso presentato innanzi a questo Tribunale, sarebbe decorso il termine di prescrizione in quanto, ai sensi dell’art. 2945 c.c., l’estinzione del giudizio comporta il permanere dell’effetto interruttivo dell’atto introduttivo del giudizio, ma da quella data il termine prescrizionale ricomincia a decorrere, sicché, risalendo il ricorso al 16.11.1995, tale termine è ormai decorso.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Sussistono comunque le ragioni che giustificano la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile;

compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere

Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore

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