T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 246/2017

Pubblicato il 09/01/2017

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: Federazione Italiana Badminton - Fiba, Federazione Italiano Judo Lotta Karate Arti Marziali -Fijlkam, Federazione Italiana Pesistica - Fipe, Federazione Italiana Scherma - Fis, Federazione Italiana Motonautica - Fim, Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio - Fihp, Federazione Ginnastica D'Italia - Fgi, Federazione Italiana Canoa e Kayak - Fick, Federazione Italiana Baseball Softball - Fibs, Federazione Italiana Hockey - Fih, Federazione Italiana Taekwondo - Fita, Federazione Italiana Sci Nautico e Wakeboard - Fisw, Federazione Italiana Tiro A Volo - Fitav, Federazione Italiana Discipline Armi Sportive Da Caccia - Fidasc, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Gianluigi Pellegrino (C.F. PLLGLG67T12H501S), Giancarlo Guarino (C.F. GRNGCR64L27H501M) e Massimo Ranieri (C.F. RNRMSM57H02H501X), con domicilio eletto presso lo stesso avv. Gianluigi Pellegrino in Roma, corso Rinascimento, 11;

contro

ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Ministero dell'Economia e delle Finanze e Presidenza del Consiglio dei Ministri non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato prof. Mario Sanino (C.F. SNNMRA38E03H501M), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le Parioli, 180;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

dell’ “Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm.” emanato dall’ISTAT e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 227 del 30.9.2015, nella parte in cui sono state inserite le Federazioni Sportive in epigrafe

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istat - Istituto Nazionale di Statistica e del Coni - Comitato Olimpico Nazionale Italiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso notificato all’ISTAT in data 3 dicembre 2015 e depositato l’11 dicembre successivo, le Federazioni sportive in epigrafe specificate adivano questo TAR, chiedendo l’annullamento, per quanto ad esse riferibile, dell’“Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato” come individuate dall’Istituto di statistica, con riguardo all’anno 2016, come prevede l’art. 1, commi 2 e 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm., in base al quale:

“2. Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. (4)

“3. La ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre”.

Le Federazioni ricorrenti, per quanto di rispettivo interesse, a sostegno della propria domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità ed al conseguente annullamento della loro inclusione nell’elenco ISTAT di cui all’art. 1, commi 2 e 3, Legge n. 196 cit., hanno dedotto che:

- nell’ambito della funzione pubblica che l’ordinamento riconosce all’ISTAT, l’art. 1, comma 3, della legge 196 cit. attribuisce al medesimo Ente il compito di determinare l’elenco annuale sopra menzionato in attuazione della normativa comunitaria, che affida agli Istituti nazionali di statistica dei diversi Paesi UE l’onere di predisporre annualmente l’elenco delle unità istituzionali, che rientrano nel settore delle amministrazioni pubbliche (c.d. S13), la cui contabilità concorre alla formazione del conto economico consolidato;

- al tal fine l’Unione Europea, per poter ricevere dati omogenei, ha fissato attraverso appositi regolamenti (quello vigente è il Regolamento n. 549/2014, c.d. SEC 2010) i criteri in base ai quali gli Stati membri individuano i settori e i macro-settori dell’economia, tra i quali, per quanto oggi interessa, il settore delle pubbliche Amministrazioni (S13), il cui perimetro soggiace a regole diverse da quelle del resto dell'economia "perché i poteri, le funzioni e le finalità delle amministrazioni pubbliche differiscono da quelli degli altri settori" (paragrafo 20.01 del SEC 2010);

- sulla base alle coordinate fornite dal regolamento europeo in argomento, le principali funzioni economiche delle amministrazioni pubbliche, da declinare, quindi, necessariamente al plurale, sono:

"a) fornire beni e servizi alla comunità sia per consumi collettivi quali amministrazione pubblica, difesa, ordine pubblico e sicurezza, sia per consumi individuali quali istruzione, sanità, servizi ricreativi e culturali, e finanziarne l'erogazione con il gettito fiscale o altre fonti di reddito;

b) ridistribuire il reddito e la ricchezza mediante trasferimenti quali imposte e prestazioni sociali;

c) svolgere altre attività di produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita" (paragrafo 20.02 del SEC 2010);

- rientrano, dunque, nella nozione di unità istituzionali pubbliche: le unità che in forza di disposizioni normative esercitano un potere giuridico su altre unità nel territorio economico e gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; le istituzioni senza scopo di lucro, controllate da un'amministrazione pubblica, la cui produzione consista prevalentemente in beni e servizi non destinabili alla vendita nonché le società riconosciute come entità giuridiche indipendenti che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, che siano controllate da amministrazioni pubbliche;

- nell’ambito di questa vasta categoria le Federazioni sportive oggi ricorrenti, secondo l’ISTAT, tenuto conto delle loro oggettive e concrete caratteristiche organizzative e delle modalità di svolgimento delle loro attività, rispondono alla definizione di “istituzioni senza scopo di lucro riconosciute come entità giuridiche indipendenti che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita e che sono controllate da amministrazioni pubbliche”;

- è compito dell’Istituto resistente accertare se in concreto l’ente considerato possegga i due essenziali requisiti, necessari alla sua qualificazione come Pubblica Amministrazione onde ricondurlo nel perimetro del settore S 13, i quali ai sensi dei paragrafi 1.36 e 20.15 del SEC 2010 sono rinvenibili:

a) nella sussistenza di una situazione di controllo/indirizzo sull’ente oggetto di esame da parte di una pubblica Amministrazione, da accertare sulla base di una serie di indici sintomatici quali la nomina di funzionari da parte dell’ente di controllo e/o il livello del finanziamento pubblico e/o il grado di esposizione al rischio dell’amministrazione pubblica);

b) nello svolgere attività di produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita, attività alla cui definizione nei casi concreti contribuisce in modo essenziale il test market / non market, diretto a verificare se l’organismo indagato sia in grado di coprire più del 50 % dei propri costi di produzione mediante i corrispettivi conseguiti dalla cessione dei beni (o dei servizi) mediante libere contrattazioni di mercato;

- le Federazioni sportive sono soggetti aventi forma e organizzazione di diritto privato a cui è garantito “l’autogoverno” e che si finanziano, a dire delle ricorrenti, attraverso i contributi degli associati;

- il CONI - che è invece ente pubblico nazionale, inserito nell’organizzazione mondiale dello sport olimpico facente capo al CIO – sempre secondo le ricorrenti, svolgerebbe una mera attività di vigilanza sulle Federazioni ad esso aderenti, attività che quindi non assurgerebbe affatto al controllo di tipo operativo/gestionale che, secondo i principi di derivazione europea, dovrebbe comportare, non un controllo “ab externo” sulle singole attività federali, ma una vera e propria capacità di indirizzarle e condizionarle, quanto meno nelle scelte di maggior rilievo;

- ciò nonostante con l’atto impugnato, in linea peraltro con le determinazioni assunte negli anni antecedenti, l’ISTAT ha ritenuto di inserire tutte le Federazioni odierne ricorrenti sportive nell’elenco S 13 valido per il 2016;

- parte ricorrente rileva che in passato questo TAR aveva accolto “in parte qua” i ricorsi presentati da alcune Federazioni sportive avverso Elenchi ISTAT relativi ad anni passati (in particolare 2007 e 2010), non ritenendo sussistenti nei loro confronti gli elementi dettati dalla normativa comunitaria (si citano le sentenze della Sezione III quater nn. 6195, 6197 e da 6199 a 6213 del 12.7.2011): nelle more degli appelli interposti dinnanzi al Consiglio di Stato, l’ISTAT non le ha inserite nell’elenco, ritenendo opportuno attendere l’esito dei gravami;

- tuttavia, proprio in questa fase, sopravveniva il comma 169 dell’art. 1 della Legge n. 228 del 2012 che modificava radicalmente l’assetto vigente in punto di giurisdizione (mentre era pacificamente ammesso, fino a quel momento, secondo il diritto vivente che, sulla base degli ordinari criteri di riparto, la giurisdizione in materia di impugnazione delle determinazioni dell’ISTAT di approvazione degli elenchi delle pp.AA. soggette al SEC, spettasse al G.A., venendo in rilievo la possibile lesione di interessi legittimi dei soggetti indebitamente inseriti in detti elenchi) ed introduceva in modo innovativo la giurisdizione della Corte dei Conti in materia, così disponendo: “169. Avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione”;

- le odierne ricorrenti, prima del presente ricorso, hanno rivolto le loro doglianze avverso l’inserimento nell’elenco pubblicato nel 2014 (e valido per il 2015) alla Corte dei conti in speciale composizione, la quale ha ritenuto, preliminarmente, di non rimettere alla Corte costituzionale la verifica della legittimità della disposizione legislativa istitutiva della giurisdizione del Giudice contabile nella materia in considerazione e, nel merito, ha rigettato i ricorsi delle Federazioni oggi deducenti;

- queste ultime, dunque, con il ricorso all’odierno esame, impugnano dinnanzi all’intestato TAR l’elenco pubblicato nella G.U.R.I. del 30.9.2015 (elenco valido per l’anno 2016) nel quale le medesime sono state nuovamente inserite, con determinazione che si contesta come illegittima oltre che viziata sul piano del difetto di istruttoria e della carenza di motivazione, non ritenendo le ricorrenti che possano configurarsi nei loro confronti i requisiti per la loro qualificazione come pubbliche amministrazioni ai sensi del SEC 2010;

- in via pregiudiziale, le stesse chiedono a questo Giudice di voler rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 169, della Legge n. 228 del 2012: questione da ritenersi – oltre che rilevante nella fattispecie (dipendendo dalla stessa la possibilità di riconoscere la “potestas judicandi” a questo Giudice amministrativo) – anche non manifestamente infondata.

2. In ordine alle ragioni di non manifesta infondatezza articolate nel ricorso, le Federazioni ricorrenti deducono il possibile contrasto dell’art. 1, comma 169, Legge n. 228 del 2012 rispetto a norme e principi di rango costituzionale, riferibili ai quattro distinti aspetti di seguito esaminati, riconducibili ad altrettanti parametri costituzionali.

a)Violazione dell’art. 103, comma 1, Cost. per sottrazione al Giudice amministrativo di una “tipica giurisdizione di annullamento” (par. 2 ric.).

Ad avviso delle ricorrenti la sottrazione, operata dalla norma denunciata, alla giurisdizione amministrativa delle impugnative avverso le determinazioni dell’ISTAT di inserimento delle unità istituzionali (qualificate come appartenenti al settore pubblico) nell’elenco di cui all’art. 1, commi 2 e 3, L. 196 del 2009, non potrebbe trovare giustificazione nell’art. 103, comma 2, Cost. a mente del quale spetta alla Corte dei conti la “giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”. Il perimetro di detta giurisdizione dovrebbe farsi coincidere, tendenzialmente, con le materie già attribuite alle sezioni giurisdizionali delle Corte dei Conti all’epoca dell’entrata in vigore della Carta costituzionale, materie che possono certamente essere aggiornate ma non stravolte. Per tradizione, parte ricorrente individua i seguenti ambiti materiali con sicurezza riferibili alle funzioni giurisdizionali proprie del Giudice contabile:

- la giurisdizione sui conti dei tesorieri e, più in generale, degli agenti incaricati di pagare, riscuotere, custodire e, in generale, “maneggiare” denaro pubblico e valori di pertinenza dello Stato e di altri enti pubblici;

- il sindacato ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa (cd. erariale) e dell’eventuale condanna degli impiegati delle Amministrazioni pubbliche ai fini del risarcimento delle Amministrazioni stesse per i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio (vedi art. 28 Cost.; art. 52 R.D. 12/07/1934, n. 1214; artt. 18 – 20 D.P.R. 10/01/1957, n. 3).

In questi contesti il giudice contabile conoscerebbe dell’illegittimità dell’atto ai soli fini del giudizio sul danno erariale e, dunque, ai soli fini di accertare la responsabilità dell’agente contabile e, più in generale, dell’impiegato alle dipendenze di una p.A.. In tal modo la giurisdizione contabile non esclude quella amministrativa - cui spetta la verifica dell’illegittimità del provvedimento amministrativo ai fini del suo annullamento – ma convive con essa. Trattasi infatti di sindacati giurisdizionali autonomi, con esclusione in capo al Giudice contabile del potere di annullare gli atti, tipicamente attribuito al G.A. nell’ambito della sua generale giurisdizione di legittimità a tutela delle posizioni di interesse legittimo: la norma della cui costituzionalità si dubita attribuirebbe così al Giudice contabile (in una non meglio definita “composizione speciale”) una cognizione in funzione demolitoria su provvedimenti di pacifica natura amministrativa, che sarebbe invece tipica del G.A. per scelta costituzionale.

L’intervento del legislatore in funzione ampliativa della giurisdizione contabile, certamente possibile ex art. 103, comma 2, Cost., incontrerebbe tuttavia dei limiti (che nella materia di specie sarebbero stati travalicati), rinvenibili nella necessità che le categorie di controversie devolute ex novo alla Corte dei conti, riguardino “attività aventi ad oggetto beni entrati nella disponibilità del soggetto pubblico” e che diano luogo a rapporti di servizio tra il soggetto pubblico e i titolari di obblighi, legati o meno al primo da rapporti definibili “di pubblico impiego”.

La tipologia di controversia di cui si discute nel caso in esame (nella quale si deve valutare la legittimità – alla luce dei regolamenti comunitari e della legge generale sul procedimento amministrativo - del provvedimento di inserimento di determinati enti nell’elenco dei soggetti che concorrono alla formazione del bilancio pubblico consolidato) non sarebbe riconducibile all’ambito delle fattispecie delineate dall’art. 103, comma 2, Cost., trattandosi di controversie che nulla hanno a che vedere né con i giudizi di conto, né con i giudizi finalizzati all’accertamento della responsabilità amministrativo-contabile dell’impiegato pubblico e dei soggetti ad esso equiparabili, ai fini della configurabilità del “danno erariale”. Non si potrebbe neanche parlare, ad avviso di parte ricorrente, di una più generale attinenza delle controversie in discorso alle materie della “contabilità pubblica”, avendo tali controversie ad oggetto la formazione dell’elenco ISTAT sulla base di criteri (controllo sull’ente da parte di una pubblica amministrazione; sua capacità di coprire almeno il 50 % dei costi mediante ricavi derivanti dalla vendita di beni e servizi in libera contrattazione di mercato) che sono autonomi e ben distinti dalle regole di contabilità pubblica. Ciò troverebbe conferma, con riguardo alla funzione di controllo, nella disciplina concernente l’individuazione del perimetro dei soggetti sottoposti al controllo della Corte dei conti, il quale è affidato a un provvedimento amministrativo (nella forma del d.P.R.), che è certamente assoggettato alla ordinaria cognizione del G.A., fermo restando il “proprium” della funzione di controllo del Giudice contabile.

Anche sul piano dei mezzi di tutela, che la Corte dei conti può garantire, non sarebbe possibile comprendere quale tipo di pronuncia dovrebbe adottare il Giudice contabile: non l’annullamento dell’atto, potere riservato al G.A. (e, in ogni caso, potere non attribuito alla Corte dei conti); non la disapplicazione, riservata al G.O..

Infine, in base ai criteri comunitari sopra richiamati, l’unità istituzionale da includere nell’elenco di cui all’art. 1 della Legge n. 196 del 2009, potrebbe essere un organismo che non ha alcuna forma di contatto con le risorse pubbliche, giacché in base a detti criteri l’utilizzo di risorse pubbliche è soltanto uno dei possibili criteri (di qui un ulteriore argomento, secondo parte ricorrente, della lontananza delle controversie in esame rispetto alle materie comunque connesse con la contabilità pubblica).

b) Violazione dell’art. 113, comma 2, Cost..

Secondo le prime pronunce della Corte dei conti a sezioni riunite in argomento (vedi sentenze n. 12/2015/RIS; n. 13/2015/RIS) la norma di legge in contestazione non si sarebbe limitata a trasferire un ambito di competenza dal plesso giurisdizionale amministrativo alla giurisdizione della Corte dei conti (mantenendo inalterati poteri cognitivi e forme del rimedio giustiziale) ma, al contrario, attraverso l’esplicito richiamo all’art. 103, comma 2, Cost., avrebbe riconosciuto l’attinenza alle “materie di contabilità pubblica” delle tematiche concernenti l’elenco delle amministrazioni pubbliche tenuto dall’ISTAT. Per questa ragione, la Corte dei conti, per la specificità della sua giurisdizione in materia, deve valutare la regolarità dell’attività ricognitiva effettuata annualmente dall’ISTAT, valutando la rispondenza di essa ai presupposti e ai requisiti fissati dalla legge ai fini dell’inclusione di un dato ente nell’elenco “de quo” (cfr. Corte dei conti, sezioni riunite, nn. 3/2013/RIS e n. 7/2013/RIS). L’apprezzamento del Giudice contabile, pertanto, non si focalizza sui vizi del procedimento che conducono all’adozione del provvedimento dell’ISTAT o ai vizi del provvedimento stesso, ma si concretizza nell’accertamento diretto della sussistenza o meno dei requisiti di legge.

Già nelle affermazioni che precedono sarebbe insita la violazione dell’art. 113, comma 2, Cost. laddove prevede che la tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per particolari categorie di atti. Vi sarebbe inoltre violazione della riserva di amministrazione in quanto, contrariamente a quanto accade per l’annullamento conformativo, quale effetto proprio delle sentenze del G.A. - che lasciano aperti margini più o meno ampi di manovra all’Amministrazione nella riedizione del potere, emendato dai vizi accertati in sede di giudizio di legittimità - la Corte dei conti, quale giudice della legittimità dell’atto sarebbe autorizzato, in caso di accoglimento del ricorso, a sostituire il provvedimento impugnato con il proprio “dictum” giurisdizionale. Oltre a ciò l’elenco formato dall’ISTAT costituirebbe un “unicum” ordinamentale di provvedimento amministrativo sottoposto al controllo di legittimità del Giudice contabile in unico grado di giudizio.

c) Violazione dell’art. 111, comma 1 e 25, comma 1, Cost..

L’art. 1, comma 169, della Legge n. 228 del 2012 assegna le competenze in discorso alle sezioni riunite in speciale composizione. Senza chiarie quali siano regole e criteri disciplinanti la formazione dell’organo giudicante. Contestano i ricorrenti che si tratterebbe di norma “in bianco” che lascia alla totale discrezionalità del Presidente delle Corte dei conti la scelta dei componenti tra magistrati assegnati alle sezioni giurisdizionali e/o alle sezioni di controllo. Di qui il dubbio di costituzionalità ai sensi del primo comma dell’art. 111 Cost. e del primo comma dell’art. 25 Cost. che sancisce il principio del giudice naturale precostituito per legge; verrebbe in considerazione, altresì, secondo le Federazioni ricorrenti, l’art. 102, comma 2, Cost. il quale vieta la costituzione di giudici speciali consentendo soltanto sezioni specializzate con esperti esterni, solo ove necessario e in rapporto a materie determinate. Non sarebbe ammissibile, alla luce delle norme costituzionali appena menzionate, che il legislatore lasci alla “sede applicativa”, non solo la scelta dei giudici persone fisiche, ma anche i “criteri e le modalità idonei in concreto a conformare tale specialità”.

d) Violazione dell’art. 111 Cost. (giusto processo) e dell’art. 24 Cost..

Le menzionate norme costituzionali sarebbero violate in quanto non è previsto il doppio grado di giudizio, atteso che si tratta di giurisdizione in unico grado nell’ambito della quale le sentenze del giudice contabile non sono impugnabili in Cassazione per violazione di legge. Ciò chiamerebbe in causa anche l’art. 3 Cost. per l’irragionevole (in quanto non giustificata da esigenze oggettive) disparità di trattamento creata nei confronti degli altri soggetti titolari di interessi legittimo, trattandosi di una giurisdizione singolare in cui il sindacato di legittimità non vede assicurato il doppio grado di giustizia, sempre garantito in tutte le altre ipotesi di lesione di interessi legittimi dal plesso TAR – Consiglio di Stato.

Lamentano inoltre le ricorrenti l’assenza di una disciplina processuale riferibile alla tipologia di controversie in esame, a partire dalla mancanza di un termine decadenziale (caratteristico dell’azione di annullamento avverso gli atti illegittimi impugnabili dinnanzi al G.A.), entro il quale adire il Giudice contabile avverso le determinazioni dell’ISTAT.

Non sarebbe stato garantito, pertanto, un “giusto processo” dalla legge istitutiva della nuova giurisdizione.

Alla luce delle censure di costituzionalità passate in rassegna, parte ricorrente articola domanda pregiudiziale di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 23 della Legge 11 marzo 1953, avente ad oggetto l’art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.

3. Si è costituito l’ISTAT che, con dettagliata memoria, contesta puntualmente le deduzioni avversarie, opponendosi in particolare alla rimessione della questione di l.c. al Giudice delle leggi, da considerare a suo avviso manifestamente infondata per le ragioni che verranno meglio riprese nella successiva parte in diritto.

4. Alla pubblica udienza del giorno 8 giugno 2016, in vista della quale parte ricorrente ha prodotto apposita memoria illustrativa, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. E’ sottoposta all’esame del Collegio – in via preliminare ed assorbente – una questione di costituzionalità, riferita all’art. 1, comma 169, della legge n. 228 del 2012, il quale prevede che “Avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione”.

L’art. 1, comma 3, della L. 3 dicembre 2009, n. 196 (nel testo modificato dall' art. 10, comma 16, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella L. 15 luglio 2011, n. 111), menzionato dalla disposizione della cui legittimità costituzionale dubitano le parti ricorrenti, prevede che "la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre".

2. Per poter meglio affrontare i profili di rilevanza costituzionale prospettati, appaiono opportuni alcuni cenni descrittivi della funzione e della disciplina dell'elenco ISTAT di cui si discute. Detto elenco è imposto dalla normativa comunitaria, recante il Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali (Reg. n. 223/96 - SEC 95 e Reg. n. 549/2013 - SEC 2010 - entrato in vigore il primo settembre 2014).

Le disposizioni europee contenute nel Regolamento SEC 2010 (al pari di quelle in precedenza introdotte dal SEC 95) comportano vincoli di conformazione che scaturiscono dal Trattato sull'Unione e dagli altri accordi stipulati in materia e che sono riconducibili, quanto all'ordinamento giuridico interno, al "coordinamento della finanza pubblica" e ai parametri di cui agli artt. 11 e 117 primo comma, della Costituzione italiana. Detti obblighi hanno origine nel momento in cui il Patto di Stabilità ha assunto valore cogente nei confronti delle amministrazioni pubbliche che partecipano al bilancio nazionale consolidato. Quest'ultimo deve corrispondere ai canoni stabiliti dall’Unione Europea, mentre le componenti aggregate, costituite dai bilanci degli enti del settore allargato, sono soggette alla disciplina statale, che ne coordina il concorso al raggiungimento dell'obiettivo stabilito in sede comunitaria (cfr. Corte Cost., sent. n. 36 del 2004).

Il giudice e le amministrazioni pubbliche sono obbligati, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, ad assicurare, anche nell'applicazione del diritto interno, il risultato obiettivamente perseguito dalla regolamentazione comunitaria recepita dalla legislazione nazionale. In sostanza vi è un "obbligo di rispetto", che costituisce il nucleo minimo essenziale e irriducibile del più ampio concetto dell'obbligo di cd. interpretazione "conforme" al diritto Europeo (cfr. Corte dei conti, Sez. riunite, Sent. 1 luglio 2015, n. 34). Inoltre, la metodologia contabilistica regolata dal SEC 2010 è obbligatoriamente ed indefettibilmente "comune", perché solo questa uniformità nella rilevazione contabile effettuata dai singoli Stati soddisfa e garantisce le esigenze dell'Unione, permettendo in concreto di ottenere risultati comparabili fra gli Stati membri.

In altre parole, “la modellistica contabile-classificatoria non lascia a un libero "riempimento" dei singoli Stati (e meno che mai all'Istat), lo spazio per includere dati contabili secondo criteri non conformi a Sec 2010, in questo senso facendo perfettamente corrispondere ai dati formali la "sostanza" (quanto al reale rispetto del Patto di stabilità), di cui sono espressione i flussi finanziari annualmente registrati.

Diversamente, si potrebbe configurare una "infrazione" del diritto comunitario, suscettibile di appositi rimedi giustiziali. In ambito Europeo, il Sec consente, dunque, di disporre di conti economici omogenei e comparabili sulla base di principi unici e non diversamente interpretabili (cfr. n. 14 dei considerata del Reg. n. 549/2013 )” (Corte dei conti, sezioni riunite sent. n. 34/2015 cit.)

Costituisce, dunque, indefettibile esigenza dell’Unione, ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità europeo da parte dei singoli Stati membri, quella di poter disporre di informazioni aggiornate e dati affidabili provenienti dai diversi Paesi UE, da impostare sulla base delle indicazioni contenute nel "Manuale sul disavanzo e debito pubblico" di Eurostat, ai fini della corretta conformazione del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni e della definizione dei saldi di finanza pubblica.

L'Italia, al pari degli altri Stati Europei, procede - periodicamente (entro il 31 marzo e il 30 settembre di ciascun anno) - alla notifica all'Unione Europea dei dati sull'indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni Pubbliche (AP) in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Deficit Eccessivi, annesso al Trattato di Maastricht. I dati relativi all'indebitamento netto e al debito delle AP costituiscono le principali grandezze di riferimento per le politiche di convergenza per l'Unione Monetaria Europea e sono stimati rispettivamente dall'Istat e dalla Banca d'Italia.

L’inclusione nell’elenco di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 196 del 2009 delle Federazioni ricorrenti deriva dal loro inquadramento all’interno del settore delle Pubbliche Amministrazioni (S13) (come delineato dal Regolamento SEC 10), il cui perimetro soggiace a regole diverse da quelle del resto dell'economia "perché i poteri, le funzioni e le finalità delle amministrazioni pubbliche differiscono da quelli degli altri settori" (paragrafo 20.01 del SEC 2010). Sulla base delle coordinate fornite dal regolamento europeo in argomento, le principali funzioni economiche delle amministrazioni pubbliche sono le seguenti:

"a) fornire beni e servizi alla comunità sia per consumi collettivi quali amministrazione pubblica, difesa, ordine pubblico e sicurezza, sia per consumi individuali quali istruzione, sanità, servizi ricreativi e culturali, e finanziarne l'erogazione con il gettito fiscale o altre fonti di reddito;

b) ridistribuire il reddito e la ricchezza mediante trasferimenti quali imposte e prestazioni sociali;

c) svolgere altre attività di produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita" (paragrafo 20.02 del SEC 2010)

Rientrano, dunque, nella nozione di unità istituzionali pubbliche:

- le unità che in forza di disposizioni normative esercitano un potere giuridico su altre unità nel territorio economico e gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita;

- le istituzioni senza scopo di lucro, controllate da un'amministrazione pubblica, la cui produzione consista prevalentemente in beni e servizi non destinabili alla vendita

- le società riconosciute come entità giuridiche indipendenti che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, che siano controllate da amministrazioni pubbliche;

Secondo l’ISTAT, alla seconda delle categorie sopracitate vanno ascritte le Federazioni sportive oggi ricorrenti, tenuto conto delle loro oggettive e concrete caratteristiche organizzative e delle modalità di svolgimento delle loro attività, che consentono di riferire ad esse la definizione di “istituzioni senza scopo di lucro riconosciute come entità giuridiche indipendenti che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita e che sono controllate da amministrazioni pubbliche”.

3. Le ricorrenti evidenziano il forte impatto sulla loro vita istituzionale che deriva dall’essere assoggettate ad obblighi, limitazioni ed oneri che, in forza di numerose disposizioni di legge, conseguono al loro inquadramento all’interno del settore S13.

Tra i principali e senza pretesa di esaustività vengono in rilievo:

- la fatturazione elettronica (art. 1, commi 209-214 Legge 24.12.2007, n. 244);

- i criteri e le modalità di predisposizione del budget economico delle amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica (decreto ministeriale 27 marzo 2013);

- gli obblighi di trasparenza (d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33);

- la pubblicazione dei procedimenti di scelta del contraente (art. 1, comma 32, legge n. 190 del 2012);

- il protocollo informatico (art. 53 d.P.R. 28.12.2000, n. 445);

- la piattaforma per la certificazione dei crediti (dd.mm. 22.5.2012 e 25.6.2012);

- le disposizioni sulla “spending review” (art. 6 del D.L. n. 78/2010 convertito con legge n. 122 del 30.7.2010).

E’ quindi necessario chiarire le modalità e la natura giuridica dell’inserimento negli elenchi Istat di quelle, che ai fini di cui trattasi vengono definite “amministrazioni pubbliche” (da intendere in senso non univoco, ma da ricondurre di volta in volta a normative diverse e alle relative finalità, in armonia con quella nozione funzionale di Stato, che risulta recepita dalla giurisprudenza comunitaria: cfr. causa 31/87 – Beentjes – del 20 settembre 1988).

Dette amministrazioni sono individuate – in base all’articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 – con rinvio all’elenco predisposto dall’Istat in data 30 settembre 2011 ed agli aggiornamenti, di cui al comma 3 del medesimo articolo Per tali aggiornamenti era stata in precedenza avallata la tesi della natura recettizia del rinvio, visto che in particolare l’elenco, comunicato dall’ISTAT nel 2011, sembrava assunto come termine di riferimento per gli anni futuri – salvo aggiornamenti – “a decorrere” dal 2012, come se lo stesso facesse ormai parte del testo legislativo e ne avesse assunto la natura (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III, n. 05635/2013). Un’interpretazione logica e sistematica, tuttavia, ha indotto a ravvisare piuttosto il carattere dinamico di tale rinvio (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. VI, nn. 6014/2012 del 28 novembre 2012 e 5617/15 del 10 dicembre 2015 ), essendo prevista al successivo terzo comma del medesimo articolo 1 della legge n. 196/2009 la “ricognizione” (e non il mero, eventuale aggiornamento) delle amministrazioni pubbliche, di cui al precedente comma 2, con un “provvedimento” da pubblicare, annualmente, entro il 30 settembre.

In tale ottica è stato riconosciuto che la predisposizione annuale dell’elenco di cui trattasi costituisca accertamento costitutivo – non senza margini di discrezionalità tecnica, come più avanti meglio illustrato – cui si contrappongono interessi legittimi, per quanto riguarda la qualificazione degli enti in esso compresi come amministrazioni pubbliche, chiamate a concorrere agli equilibri finanziari fissati dall’Unione Europea per gli Stati membri, con gli effetti giuridici determinati dalla legge e, ove ritenuti lesivi, meritevoli di tutela in sede giurisdizionale (Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 5617/15 cit.).

L’unico requisito che appare quindi suscettibile di accertamento, ai sensi e per gli effetti di legge, è dunque quello della produzione e offerta al pubblico, da parte delle società interessate, di beni e servizi “non destinabili alla vendita”. Quest’ultima espressione, come chiarito dal regolamento SEC 95 e dal relativo Manuale esplicativo (rispettivamente, nei paragrafi 3.33 e 5.2) implica una ricognizione del carattere economicamente significativo, o meno, del prezzo di vendita, dovendo ritenersi “non destinabile alla vendita” un bene o un servizio, il cui prezzo influisce in maniera scarsa sia sulla domanda che sull’offerta: convenzionalmente, è stato scelto al riguardo – come riportato dal citato Manuale – il “criterio del 50%”, in base al quale deve essere accertato se i ricavi realizzati, in condizioni di mercato, coprano o meno una quota superiore alla metà dei costi di produzione (fermo restando che, per la rilevanza dell’interesse pubblico sotteso, l’attività viene comunque espletata, anche ove non sfruttabile economicamente in modo produttivo). Appare rilevante, inoltre, che il SEC 95 (par. 3.33 b) imponga non un mero riscontro contabile, ma un vero e proprio giudizio prognostico, formulato nei seguenti termini: “Il criterio del 50% va applicato in un’ottica pluriennale, ossia solo se vale per diversi anni, oppure se vale per l’anno in corso e si attende che varrà per il prossimo futuro. Le fluttuazioni secondarie del volume delle vendite da un anno all’altro non richiedono una riclassificazione delle Unità Istituzionali….”: quanto sopra, all’evidente fine di riconoscere o meno all’Ente – con relativa stabilità – carattere imprenditoriale in un sistema di mercato, ovvero più marcato perseguimento di interessi pubblici non economici, con mezzi prevalentemente a carico dello Stato. In tale contesto è stata ravvisata la sussistenza di margini di discrezionalità tecnica, richiedente il “possesso di conoscenze specialistiche”, contestabili non con mere argomentazioni difensive o ricostruzioni soggettive dei fatti, ma solo per erronea rappresentazione della realtà, palese incongruenza o inosservanza di regole tecnico-scientifiche di inequivoca lettura (come riconosciuto da giurisprudenza ormai consolidata, per il sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali). Data la complessità dei parametri di riscontro, appare pertanto rafforzata la tesi della natura provvedimentale – e non di mero strumento contabile, come talvolta ritenuto dalla giurisprudenza (senza tuttavia che sussista, al riguardo, un orientamento consolidato) – dell’elenco di cui trattasi, da formare in base ad un apprezzamento sistematico e ad una proiezione anche futura dei dati stessi e da cui discende una qualificazione, produttiva per gli enti interessati di effetti giuridici.

4. Premesso quanto sopra, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle parti ricorrente – benchè rilevante e in qualche misura suggestiva, in base ai principi basilari del riparto di giurisdizione (cfr. Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204) – non supera ad avviso del Collegio il vaglio di non manifesta infondatezza. Va rilevato in primo luogo, al riguardo, che la giurisdizione attribuita dal articolo 1, comma 169, della L. n. 228 del 24 dicembre 2012 alle Sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti, sui ricorsi proponibili in unica istanza avverso gli elenchi annuali Istat, trova fondamento, per espressa previsione di legge, nell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione. Attraverso l’espressa menzione della norma costituzionale la norma primaria opera un collegamento dell’elenco ISTAT al contesto delle "materie di contabilità pubblica". Quest’ultima, in realtà, è nozione di non agevole definizione, la quale ha subito una notevole evoluzione rispetto all’assetto normativo esistente alla data di entrata in vigore della Carta costituzionale, quando la giurisdizione contabile, cui faceva rinvio l'art. 103 Cost., trovava i suoi oggetti e contenuti, fondamentalmente, nell'art. 52 e ss. del r.d. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei Conti); negli art.18, 19 e 20 del d.p.r. 3/1957 (T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato); nell' art. 83, ult. co., del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 recante norme in materia di contabilità generale dello Stato. La giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica, dunque, concerneva essenzialmente, all’epoca, i “giudizi di conto” e quelli relativi alla responsabilità patrimoniale (erariale) dei pubblici dipendenti.

Il quadro legislativo richiamato subiva però, in epoca più recente, incisive modifiche, a seguito di successivi interventi del legislatore, che hanno introdotto innovazioni profonde: un primo intervento di rilievo si ebbe con la l. 142/1990 che estendeva la giurisdizione della Corte dei Conti anche ai dipendenti degli enti locali ed ampliava quella sugli amministratori. Di grande rilievo sono state poi le leggi 19 e 20 del 1994, nonché la serie di decreti-legge successivamente emanati e definitivamente convertiti nella legge n. 639/1996 con cui sono state apportate ulteriori modifiche. Si è osservato in dottrina che tutta l’evoluzione legislativa cui si fa cenno depone per l'interpretazione della nozione costituzionale di contabilità pubblica secondo la valenza moderna di “finanza pubblica”, quale è venuta a configurarsi nello Stato moderno caratterizzato dalla crescente espansione di interessi pubblici e collettivi e conseguente dilatarsi delle risorse tributarie prelevate ai cittadini. Secondo la moderna nozione di contabilità o, meglio, finanza pubblica, le garanzie non si limitano alla procedimentalizzazione della spesa pubblica, ma riguardano la complessiva gestione delle risorse prelevate nell'interesse della comunità amministrata.

Si è anche osservato che, secondo un certo orientamento dottrinario, seguendo una interpretazione evolutiva ed espansiva della norma costituzionale, lo stesso contenzioso pensionistico attinente ai dipendenti pubblici (altra materia appartenente alle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti), rientri anch’esso nell'ambito della giurisdizione contabile ex art. 103 Cost. in quanto il sistema previdenziale pubblico costituisce componente rilevante della finanza pubblica. A ben riflettere, pertanto, tutte le materie assegnate alla giurisdizione contabile potrebbero rientrare nella più moderna nozione di finanza pubblica. E’ certamente insita nell’espressione usata dal Costituente – circa le altre materie “previste dalla legge” – una “vis expansiva”, tale da attribuire valenza generale alla materia della contabilità pubblica, ovvero da intendere come riconoscimento alla potestà del legislatore ordinario di realizzarne, nei termini sopra chiariti, la naturale espansione.

I dubbi di costituzionalità avanzati dalle ricorrenti debbono quindi porsi a raffronto, da un lato, con una nozione di contabilità pubblica che nel corso degli anni si è notevolmente evoluta, fino a coincidere con quella di finanza pubblica – su cui (come anche si è visto trattando del SEC) oggi notevolmente incidono i vincoli europei, che finiscono per conformare fortemente le discipline anche nazionali in materia – e, dall’altro, con la clausola di apertura che l’art. 103, comma 2, Cost. contiene e che rimette alle scelte, per definizione discrezionali, del legislatore, la possibilità di individuare le “altre materie” su cui il Giudice contabile può esercitare la propria potestas judicandi.

Si tratta pertanto di verificare se la scelta legislativa compiuta con l’introduzione dell’art. 1, comma 169, Legge nl 228 del 2012, sia riconducibile alla fisiologica dinamica espansiva insita nel riferimento alle “altre (materie) specificate dalla legge” di cui all’art. 103, comma 2, Cost. ovvero se incontri, nei parametri costituzionali invocati da parte ricorrente dei limiti, travalicati dalla norma denunciata, che non siano manifestamente infondati sul piano del rispetto delle disposizioni costituzionali.

5. Ad avviso del Collegio ostano alla rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalità, escludendone il requisito di “non manifesta infondatezza”, gli argomenti di seguito esposti.

5.1. Depone in senso favorevole all’inquadramento degli aggiornamenti Istat «nelle materie di contabilità pubblica» (o, comunque, ad esse contigue) la circostanza che l’elenco ISTAT è stato assunto dal legislatore nazionale quale ambito soggettivo di riferimento delle misure economico-finanziarie, di volta in volta stabilite sia dalla legge finanziaria di ciascun anno, sia da altri atti legislativi, volti a raggiungere gli obiettivi della armonizzazione e del coordinamento della finanza pubblica, nonché del contenimento della spesa pubblica.

In tal senso, oltre a quanto previsto con disposizioni di carattere generale dalla legge n. 196 del 2009, giova rammentare le norme recate dall’art. 6 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 (in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) ovvero, più di recente, dal decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135 (sulla cosiddetta spending review). Segnatamente e a mero titolo esemplificativo - con riguardo a quest’ultimo complesso normativo – vengono in evidenza i commi 2, 7, 8 e 9 dell’art. 5, il comma 1 dell’art. 6, il comma 3 dell’art. 8, le cui disposizioni fanno riferimento, per l’ambito di applicazione, oltre che alle Autorità indipendenti, alle «amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196» e, in talune ipotesi, alle «società dalle stesse amministrazioni controllate».

In sostanza le disposizioni delle leggi finanziarie hanno ormai, in prevalenza, un’estensione applicativa individuata mediante il rinvio dinamico all’elenco delle amministrazioni pubbliche formato annualmente dall’ISTAT in esito all’attività di ricognizione, condotta dall’Istituto secondo i criteri stabiliti dai regolamenti comunitari (in atto il SEC95).

Ed è proprio nel rapporto di stretta connessione che intercorre tra le leggi finanziarie e l’elenco ISTAT che risiede la ragione dell’affidamento alla giurisdizione del giudice contabile dei ricorsi «avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall’ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 …», dovendosi anche rilevare che la previsione di un giudizio in unico grado dinanzi alle Sezioni Riunite in speciale composizione risponde alla esigenza che la certezza delle situazioni giuridiche ed economico-finanziarie fondate sul rinvio dinamico all’elenco annuale ISTAT non sia compromessa dal protrarsi nel tempo delle eventuali controversie.

Secondo Corte dei conti, sentenza n. 34/2015/RIS: “in sostanza, la giustiziabilità delle questioni inerenti l'individuazione delle pubbliche amministrazioni viene così ad ampliare l'ambito di giurisdizione del giudice contabile, onde "prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette, suscettibili di alterare l'equilibrio del bilancio ( art. 81 Cost. ) e di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento dello Stato, finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari" (cfr. Corte Costituzionale n. 40/2013).

Per giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, il sindacato della Corte dei conti è volto a verificare il rispetto dei limiti e degli equilibri complessivi di finanza pubblica e, come tale, è incomprimibile. Alla Corte dei Conti in tutte le sue articolazioni il legislatore costituzionale e statale riconosce il compito di garante dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, anche nel rispetto degli obblighi assunti in sede comunitaria.

Il conto consolidato delle pubbliche amministrazioni va annualmente a registrare le spese e le entrate delle unità istituzionali, corrispondenti ai centri elementari di decisione economica, specie in relazione ai flussi di trasferimento di risorse finanziarie, che periodicamente vengono trasferiti dal bilancio di soggetti pubblici in senso stretto (a partire dallo Stato, dagli enti territoriali e locali, ad altre entità pubbliche) al bilancio di soggetti anche di diritto privato.

Tale processo è fondamentale, affinché possano essere, poi, determinati i saldi di finanza pubblica e, in particolare, l'indebitamento netto, quale parametro essenziale di riferimento per il coordina­mento e la sorveglianza delle politiche di bilancio, realizzate in ambito Europeo ed in tutti gli Stati membri.

A tal fine, assumono spiccata rilevanza, sia pure indiretta, anche le disposizioni di cui alla L. 24 dicembre 2012, n. 243 , recante norme per l'attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, di cui al novellato articolo 81, sesto comma, della Costituzione, e la cui osservanza è rimessa, sotto vari profili, alla Corte dei conti.

Tutte le pubbliche amministrazioni sono, dunque, chiamate a concorrere al perseguimento degli equilibri finanziari e di bilancio, in una dimensione corre­sponsabile per il rispetto dei vincoli assunti in sede comunitaria e dei vincoli derivanti, a livello nazionale, dal patto di stabilità interno.

Va anche considerato - quale aspetto di non secondario rilievo per riscontrare e ribadire il carattere cogente della classificazione SEC - che il legislatore italiano, pur approntando una normazione che perimetra gli ambiti di autonomia decisionale delle unità istituzionali, solo in taluni eccezionali casi, tassativamente indicati e senza alcuna possibilità di estensione analogica, ne ha espressamente attenuato l'incidenza vincolistica, attraverso "scelte" di politica economica che, ovviamente, sono riservate alle decisioni parlamentari.

5.2. Non sussiste inoltre, a livello costituzionale, un monopolio in capo al Giudice amministrativo del potere di annullamento degli atti della p.a. se è vero che l’art. 113, comma 3, Cost. rimette alla legge il potere di determinare “quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. Peraltro si rinvengono nell’ordinamento esempi (seppur non frequenti), della cui legittimità costituzionale non si dubita, di giudici speciali diversi da quello amministrativo, competenti a sindacare in via principale la legittimità di atti amministrativi nell’ambito di materie ben definite: si pensi, in particolare, al sindacato riservato al tribunale superiore delle acque pubbliche.

5.3. Il criterio di riparto di giurisdizione previsto a livello costituzionale per le materie devolute alla Corte dei conti non si basa sulla dicotomia diritti – soggettivi interessi legittimi (come avviene tra G.A. e G.O.); al contrario il potere giurisdizionale della Corte dei conti è perimetrato su controversie che coinvolgano determinate materie individuate dalla legge, la cui definizione, per quanto sopra esposto, è rimessa a scelte discrezionali riservate al legislatore nei limiti della razionalità della scelta compiuta, che nella specie non sembra revocabile in dubbio, stante l’evidente attinenza delle determinazioni conformative dell’elenco ISTAT alla materia della contabilità/finanza pubblica nel senso lato ed evolutivo sopra riferito. Il legislatore, come si è visto, ha assunto l’elenco ISTAT ad ambito di riferimento delle misure economico finanziarie stabilite annualmente dalla legge finanziaria nonché dagli atti legislativi diretti a raggiungere gli obiettivi di coordinamento della finanza pubblica, nonchè del contenimento della spesa pubblica anche, se non soprattutto, in funzione del rispetto del Patto di stabilità. Sussiste pertanto una indubbia correlazione tra elenco ISTAT e leggi finanziarie che la stessa Corte dei conti deve applicare, sia nella tradizionale funzione di Giudice contabile che quale titolare della funzione di controllo ex art. 100 Cost..

5.4. Neppure appaiono violati dalla norma attributiva della giurisdizione alla Corte dei conti gli artt. 113, comma 2 e 102 della Costituzione, non sussistendo limiti alle contestazioni impugnatorie, deducibili da parte dell’ente che si ritenga leso e sia interessato alla declaratoria di illegittimità della propria inclusione nell’elenco ISTAT.

Sebbene non di tipo impugnatorio, il giudizio della Corte dei conti attiene al rapporto sottoposto alla sua cognizione e si estende al vaglio dell’intera gamma dei vizi sostanziali e procedimentali che possono rendere illegittima la determinazione adottata. Anche i vizi procedimentali, qualora sussistenti, potranno essere vagliati dalla Corte dei conti, con la precisazione che essi non rilevano in sé ai fini dell’accertamento dell’illegittimità, ma in quanto sia stato dimostrato che da essi derivi un’alterazione dell’esito finale del procedimento di inclusione dell’ente nell’elenco ISTAT (con una verifica che si avvicina a quella imposta dall’art. 21-octies, in caso di atti vincolati o a “discrezionalità esaurita”).

Non a caso le deduzioni in precedenza svolte dinnanzi alla Corte dei conti in analogo contenzioso promosso da Federazioni sportive sono del tutto sovrapponibili a quelle oggi reiterate dinnanzi a questo Giudice, il che è sintomatico dell’esclusione di una minorazione dei diritti e delle possibilità di difesa che gli enti interessati possono esplicare dinnanzi alla prima, rispetto a quanto potrebbe accadere innanzi al plesso TAR-Consiglio di Stato.

Anche sotto questo aspetto sembra palesemente infondato ogni dubbio su un possibile vulnus al diritto di difesa, considerato che la discrezionalità di cui dispone l’ISTAT nella formazione dell’elenco di cui all’art. 1, comma 3, Legge n. 196 del 2009 è di tipo eminentemente tecnico, trattandosi di applicare criteri, oltre che tecnico-giuridici, economico-contabili, ai fini della verifica di esistenza dei presupposti previsti dalla legge per la qualificazione di una certe unità istituzionale come pubblica Amministrazione in senso comunitario. In ciò la valutazione dell’Istituto si esaurisce tutta nell’esame del “fatto” (in definitiva coincidente con le concrete modalità di svolgimento dell’attività istituzionale dell’ente esaminato), senza spendita di potere amministrativo-discrezionale inteso, in modo proprio, come scelta della soluzione che maggiormente possa soddisfare l’interesse pubblico, col minimo possibile sacrificio degli interessi privati coinvolti.

A quest’ultimo riguardo, in particolare, le peculiari competenze della Corte dei conti in materia di finanza pubblica – intesa, come in precedenza sottolineato, in termini dinamici ed espansivi – rendono l’Organo giurisdizionale in questione in effetti specializzato, per valutare la congruità del giudizio prognostico dell’Istat, circa le potenzialità imprenditoriali delle imprese interessate, che potrebbero sottrarsi ai vincoli, imposti dalla cosiddetta “spending review”, solo ove in condizione di operare senza oneri aggiuntivi per la collettività, o alterazione degli equilibri del bilancio statale.

5.5. Quanto al dubbio di legittimità, concernente l’esaurirsi del giudizio in unico grado, si rileva che, notoriamente, il doppio grado di giudizio di merito non è garantito a livello costituzionale mentre la razionalità/ragionevolezza della scelta della concentrazione del giudizio in un unico grado si spiega agevolmente per l’esigenza di definire entro tempi brevi e relativamente certi ogni contenzioso che possa incidere sull’ambito soggettivo degli enti che concorrono alla formazione del bilancio pubblico consolidato ed alla definizione di un quadro certo sul livello di indebitamento dei conti pubblici, stanti gli stringenti vincoli sostanziali e procedimentali che derivano, in materia di finanza pubblica, dal patto di stabilità europeo e dal Regolamento SEC 10.

5.6. Più che infondate appaiono, infine, irrilevanti le censure residue, relative alle modalità di formazione delle sezioni riunite in speciale composizione ed all’inadeguatezza delle norme processuali ad assicurare il “giusto processo”, aspetti sui quali si deve comunque tenere in debito conto, in termini risolutivi rispetto ai dubbi avanzati, della disciplina recata dal recentissimo Codice della giustizia contabile (d.lgs. 26/08/2016, n. 174), nel quale, oltre ad essere puntualmente disciplinati i distinti riti dinnanzi al Giudice contabile, si rinviene oggi una specifica disposizione sulla composizione delle sezioni riunite in speciale composizione (art. 11, commi 6 e 7).

In ogni caso trattasi di questioni non rilevanti ai fini dell’affermazione/negazione della legittimità costituzionale della giurisdizione ex art. 1, comma 196, L. n. 228/2012, in quanto presuppongono risolta in senso affermativo la questione del legittimo radicamento di tale giurisdizione in capo alla Corte dei conti, indipendentemente da eventuali contestazioni, che possano investire la successiva disciplina processuale.

6. In conclusione, non sussistendo tutte le condizioni prescritte dall’art. 23, comma 3, Legge 11 marzo 1953, n. 87, per poter rimettere la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle ricorrenti alla Corte costituzionale, non resta al Collegio che dichiarare inammissibile il ricorso proposto per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo sulla presente controversia, appartenente alla giurisdizione della Corte dei conti (sezioni riunite in speciale composizione) ai sensi dell’art. 1, comma 169, Legge nl 228 del 2012.

Le spese di causa, stante la novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo. Indica quale Giudice nazionale fornito della giurisdizione sulla materia in controversia, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione.

Spese di causa integralmente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 8 giugno 2016, 5 ottobre 2016 e 1 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Gabriella De Michele, Presidente

Silvio Lomazzi, Consigliere

Claudio Vallorani, Referendario, Estensore

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