T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9547/ 2008

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio

- Sezione Terza Ter -

composto dai Magistrati:

Italo Riggio                    Presidente

Giulia Ferrari                            Consigliere – relatore

Diego Sabatino               Primo referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. (…), proposto dal dott. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Verde presso il cui studio in Roma, viale Giulio Cesare n, 145, è elettivamente domiciliato,

contro

la Federazione Italiana Gioco Calcio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dapprima dall’avv. Guido Valori presso il cui studio in Roma, viale delle Milizie n. 206, era elettivamente domiciliata e successivamente, a seguito di rinuncia al mandato, dall’avv. Massimo Colarizi presso il cui studio in Roma, via Panama n. 12, è elettivamente domiciliata,

la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del Coni, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonché

il Comitato olimpico italiano (Coni), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio,

per l'annullamento, previa sospensiva,

della delibera del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Gioco Calcio (per la parte relativa al ricorrente), di ogni atto preordinato, connesso e consequenziale, tra i quali assumono rilievo la decisione del Collegio arbitrale presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni dell’8 novembre 2006 (prot. n. 1925) e la determinazione del Presidente della predetta Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del 22 novembre 2006 per la parte in cui hanno resa definitiva, per gli organi di giustizia sportiva, la sanzione dell’ammenda di € 80.000,00 irrogata dalla Corte Federale.

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Gioco Calcio;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 30 ottobre 2008 il Consigliere Giulia  Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 8 gennaio 2007 e depositato il successivo 22 gennaio il dott. OMISSIS impugna, per quanto di interesse, la delibera del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Italiana Gioco Calcio (per la parte relativa al ricorrente), nonché la decisione del Collegio arbitrale presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni dell’8 novembre 2006 (prot. n. 1925) e la determinazione del Presidente della predetta Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del 22 novembre 2006 per la parte in cui hanno resa definitiva, per gli organi di giustizia sportiva, la sanzione dell’ammenda di € 80.000,00 irrogata dalla Corte Federale.

Espone, in fatto, che in data 23 giugno 2006 il Procuratore Federale della Federazione Italiana Gioco Calcio (d’ora in poi, F.I.G.C.) lo ha deferito, nella sua qualità di Presidente della  F.I.G.C., “per aver esercitato pressioni sul designatore arbitrale OMISSIS affinché questi a sua volta intervenisse nei confronti dell’arbitro designato per la gara [Lazio – Brescia], al fine di ottenere un vantaggio per la S.S. Lazio s.p.a. conseguente all’alterazione del risultato e, comunque, dello svolgimento della gara in esame per il tramite della designazione di un arbitro favorevole alla Lazio e di una conseguente direzione di gara da parte dello stesso che concretizzasse tale atteggiamento di favore in violazione dei commi 1 e 2 del C.G.S.”.

La Corte di appello Federale (CAF), con decisone del 14 luglio 2006 (comunicato ufficiale n. 1/c), pur avendo accertato che il dott. OMISSIS non aveva preso parte alla designazione dell’arbitro della predetta partita, ha ritenuto di dover sanzionare, ex art. 6 del Codice di giustizia sportiva (C.G.S.), l’intervento dello stesso dott. OMISSIS nei confronti del designatore Bergamo con l’inibizione per anni 4 e mesi 6. Con l’impugnata decisione del 24-25 luglio/4 agosto 2006 la Corte Federale presso la Federazione Italiana Gioco Calcio, adita dal dott. OMISSIS come organo di appello, lo ha ritenuto  punibile ex art. 1, primo comma, del C.G.S. e lo ha sanzionato con l’ammenda di € 80.000,00 e con una diffida. Fallito il tentativo di conciliazione previsto dalla Corte Federale presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport il dott. OMISSIS ha presentato istanza arbitrale presso la stessa Camera che, con decisione n. 1925 dell’8 novembre 2006, ha dichiarato la propria incompetenza a pronunciare sul ricorso proposto dal dott. OMISSIS per la parte relativa alla sanzione pecuniaria. Ha invece ritenuto la propria competenza per la parte relativa alla sanzione della diffida  e, in parziale riforma della decisione della Corte Federale del 25 luglio 2006, l’ha annullata.

In data 15 novembre 2006 il dott. OMISSIS ha presentato una nuova istanza di conciliazione in relazione alla controversia insorta dopo la decisione del collegio arbitrale e relativa alla possibilità di tenere ferma la sanzione pecuniaria dopo che era stato escluso qualsiasi illecito disciplinare. Con determinazione presidenziale del 22 novembre 2006 il Presidente della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport ha dichiarato inammissibile l’istanza per “assenza di una nuova controversia”.

2. Avverso i predetti provvedimenti l’interessato è insorto deducendo violazione di legge perché è stata irrogata al ricorrente una sanzione per un fatto accertato dallo stesso giudice sportivo come inesistente, nonché eccesso di potere per ingiustizia manifesta, per contraddittorietà, per errore sui presupposti fattuali e per altri figure sintomatiche. Illegittimamente il Collegio arbitrale, pur ritenendo il comportamento del dott. OMISSIS corretto e non sanzionabile, ha annullato la sola diffida, affermando di non essere competente, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., sulla sanzione pecuniaria. Ha dunque fatto venir meno la diffida ed il presupposto in virtù del quale la stessa era stata comminata ma ha, al contempo, reso definitiva la sanzione pecuniaria (ormai priva di fondamento), così ritenendo possibile l’accesso alla giustizia statale e, prima ancora, facendo emergere l’interesse del dott. OMISSIS ad impugnare il provvedimento sanzionatorio della Corte Federale ed i provvedimenti successivi nella parte in cui, sulla premessa dell’incompetenza dell’organo adito, lo hanno implicitamente confermato.

3. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Gioco Calcio, che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili e la sua tardività in quanto volto all’annullamento, per la parte di interesse, della delibera del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Italiana Gioco Calcio. Nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.

4. La Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport del Coni non si è costituita in giudizio.

5. Il Comitato olimpico italiano (Coni) non si è costituito in giudizio.

6. All’udienza del 30 ottobre 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.  Nell’esame delle diverse eccezioni sollevate dalla Federazione Italiana Gioco Calcio (d’ora in poi, F.I.G.C.) occorre principiare da quella di inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione del giudice adito, sollevata sull’assunto che oggetto del gravame è una sanzione disciplinare sportiva, destinata ad esaurire i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento settoriale, con conseguente irrilevanza per l’ordinamento statale alla stregua anche di quanto disposto dall’art. 2, primo comma, lett. b), D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni dall’art. 1 L. 17 ottobre 2003 n. 280.

La questione relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice adito va infatti esaminata prioritariamente, a prescindere dall’ordine delle eccezioni dato dalla Federazione, e ciò in quanto la carenza di giurisdizione inibisce al giudice anche di verificare l’interesse a ricorrere e la tempestività del gravame. Infatti, le statuizioni sul rito costituiscono manifestazione di potere giurisdizionale, di pertinenza esclusiva del giudice dichiarato competente a conoscere della controversia (Cons.Stato, IV Sez., 22 maggio 2006 n. 3026; T.A.R. Lazio,  Sez. III ter, 20 luglio 2006 n. 6180).

Il Collegio ritiene di dover confermare le conclusioni cui è giunto in recenti pronunce intervenute su fattispecie analoghe, che hanno visto coinvolti tesserati o società sportive nella cd. vicenda calciopoli (19 marzo 2008 n. 2472; 21 giugno 2007 n. 5645; 8 giugno 2007 n. 5280) e di trattenere, quindi, la giurisdizione in considerazione della rilevanza esterna della sanzione inflitta al dott. OMISSIS (basti pensare  al discredito di cui potrebbe soffrire nell’ambito del CIO, di cui è componente, per aver subito una sanzione disciplinare, qualunque essa sia) e della necessità di dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 D.L. n. 220 del 2003.

La Sezione ha di recente (sent. 19 marzo 2008 n. 2472) ricordato che costituisce principio ricorrente nella giurisprudenza del giudice delle leggi che, dinanzi ad un dubbio interpretativo di una norma o ad un’aporia del sistema, prima di dubitare della legittimità costituzionale della norma stessa occorre verificare la possibilità di darne un’interpretazione secondo Costituzione (Corte cost. 22 ottobre 1996 n. 356). Ha chiarito la Corte (30 novembre 2007 n. 403) che il giudice (specie in assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale) ha il dovere di adottare, tra più possibili interpretazioni di una disposizione, quella idonea a fugare ogni dubbio di legittimità costituzionale, dovendo sollevare la questione dinanzi al giudice delle leggi solo quando la lettera della norma sia tale da precludere ogni possibilità ermeneutica idonea a offrirne una lettura conforme a Costituzione.

Ha infine aggiunto il giudice delle leggi che in linea di principio le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile dare di esse interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile dare delle stesse interpretazioni costituzionali. Ora, nel caso di specie non mancano argomenti e precedenti giurisprudenziali a dimostrazione che il Legislatore del 2003 ha inteso solo garantire il previo esperimento, nella materia della disciplina sportiva, di tutti i rimedi interni, senza peraltro elidere la possibilità, per le parti del rapporto, di adire il giudice dello Stato se la sanzione comminata non esaurisce la sua rilevanza all’interno del solo ordinamento sportivo.

2. Priva di pregio è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sollevata sul rilievo che, essendosi il dott. OMISSIS dimesso dall’incarico Federale, potrebbe non versare la somma richiestagli a titolo di sanzione  pecuniaria, senza che nei suoi confronti la Federazione possa adire le vie giudiziarie per ottenerne il pagamento. Come già chiarito sub 1 è la comminatoria in sé di una sanzione per violazione delle regole interne al mondo del calcio (e cioè di quel mondo che per anni il ricorrente ha rappresentato in Italia e all’estero) e, quindi, il giudizio di disvalore che la stessa sottende ad essere lesivi dell’onorabilità del ricorrente, al quale deve quindi essere riconosciuto l’interesse a far accertare dal giudice sportivo prima e poi, eventualmente, da quello statale l’illegittimità della sanzione.

3. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non essere stati dedotti in sede giurisdizionale motivi avverso l’unica parte del lodo, depositato l’8 novembre 2006, sfavorevole al dott. OMISSIS, e cioè la parte in cui è dichiarato il difetto di competenza del collegio arbitrale a pronunciare sulla sanzione pecuniaria inflitta.

Ed invero, riprendendo una giurisprudenza costante del giudice amministrativo (Cons. Stato, VI Sez., 98 febbraio 2006 n. 527; T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 21 giugno 2007 n. 5645), può dirsi, in applicazione  analogica della disciplina concernente i ricorsi amministrativi, che seppure “la decisione del ricorso gerarchico (proprio od improprio), specialmente quando è confermativa del provvedimento impugnato, sostituisce ed assorbe il provvedimento stesso, va anche rilevato che, nella giurisprudenza amministrativa si è sempre ritenuto che, nel caso di successivo esperimento della tutela giurisdizionale, si determinano effetti devolutivi che consentono al giudice non solo di pronunciarsi sulla decisione gerarchica, ma altresì di sindacare il provvedimento sottostante (con conseguente carenza di interesse alla contestazione dei vizi propri della decisione giustiziale quando siano dedotti, con effetto devolutivo, vizi in astratto risolutivi per la soddisfazione dell’interesse del ricorrente, che affettano il provvedimento sottostante)”.

4. Le argomentazioni fin qui svolte per superare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non essere stati dedotti in sede giurisdizionale motivi avverso l’unica parte del lodo, depositato l’8 novembre 2006, sfavorevole al dott. OMISSIS, portano anche alla reiezione dell’ulteriore eccezione di inammissibilità, questa volta dedotta per assoluta indeterminatezza della causa petendi. E’ sufficiente sul punto rilevare come l’intero gravame sia rivolto all’annullamento della sanzione pecuniaria per carenza di presupposti, avendo l’organo arbitrale fatto cadere il supporto motivazionale sul quale si fondava l’impianto accusatorio.

5. Non è condivisibile neanche l’eccezione di tardività del ricorso nella parte rivolta all’annullamento della delibera del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Gioco Calcio. La necessità, per il ricorrente, di adire il giudice statale solo dopo aver esaurito tutti i gradi della giustizia sportiva è logica e coerente conseguenza dell’impostazione che ha dato alla difesa delle proprie ragioni. Ritenendo, infatti, che la sanzione della diffida fosse un unicum con quella pecuniaria (e non due sanzioni autonome, come ha invece sostenuto il Collegio arbitrale, ma non rileva in questa sede accertare se correttamente o non, essendo l’indagine di questo giudice focalizzata sulla legittimità della delibera della Corte Federale), non poteva che farne conseguire l’onere di adire prima la camera di conciliazione e poi il Collegio arbitrale per poter, infine, sottoporre al vaglio del giudice amministrativo la legittimità della sanzione pecuniaria non annullata in sede arbitrale.

6. Nel merito il ricorso è fondato.

Come esposto in narrativa, il collegio arbitrale – dinanzi al quale il dott. OMISSIS, fallito il tentativo di conciliazione, ha impugnato la delibera della Corte Federale – pur ritenendo il comportamento del ricorrente corretto e non sanzionabile, ha annullato la sola diffida, affermando di non essere competente, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., a decidere sulla sanzione pecuniaria. Ha dunque fatto venir meno la diffida ed il presupposto in virtù del quale la stessa era stata comminata ma ha, al contempo, reso definitiva la sanzione pecuniaria (pur essendo questa ormai priva di fondamento).

La C.A.F. aveva sanzionato OMISSIS per violazione dell’art. 6 del Codice di giustizia sportiva in relazione alla telefonata fatta al designatore arbitrale sig. Bergamo il giorno precedente la partita Lazio – Brescia, sull’assunto che la stessa fosse volta ad assicurare un trattamento di favore alla prima squadra. Tale intento sarebbe comprovato anche da telefonate intervenute dopo la partita, tra cui quella tra OMISSIS e OMISSIS, arbitro della partita in questione, nella quale il primo incolpava il secondo di non aver saputo approfittare delle occasioni che si erano presentate per far vincere la Lazio.

La Corte Federale ha invece dato dei predetti elementi fattuali una diversa interpretazione, soprattutto dopo aver letto le dichiarazioni rese dall’arbitro OMISSIS il 12 luglio 2006 all’Ufficio indagini della F.I.G.C. proprio in relazione alla partita Lazio - Brescia. Aveva  affermato in quell’occasione l’arbitro di aver sempre inteso l’interessamento del designatore arbitrale (nulla sapendo della telefonata del dott. OMISSIS) come mere raccomandazioni di carattere tecnico, essendo la partita Lazio – Brescia molto delicata e difficile. Ha concluso la Corte Federale che dagli elementi in suo possesso emergeva l’assoluta estraneità dell’arbitro a qualunque disegno illecito, avendo egli commesso solo un errore tecnico nel non assegnare alla Lazio un rigore, e non essendo invece venuto meno ad un impegno (non dedotto né tantomeno provato dall’accusa) a falsare l’andamento della gara a vantaggio della squadra romana. Logica conseguenza dell’assoluta mancata partecipazione arbitrale al disegno illecito prefigurato dalla C.A.F. è “l’impossibilità di ritenere provata la commissione di un illecito ex art. 6 C.G.S., monco, sin dall’origine, del suo essenziale segmento conclusivo”. La telefonata intervenuta tra il dott. OMISSIS ed il sig. OMISSIS non era quindi volta ad alterare il risultato della gara ma solo a raccomandare la massima attenzione da parte dell’arbitro già designato, trattandosi di una partita particolarmente difficile ed avendo la Lazio in un recente passato lamentato frequenti errori arbitrali a suo danno. Prova della correttezza di tale conclusione è, ad avviso della Corte Federale, non solo nella circostanza che il difetto del segmento arbitrale esclude efficacia causale a qualunque accordo in ipotesi fraudolento, ma anche nella mancanza di prove che il dott. OMISSIS agisse per scopi diversi da quelli istituzionali di garantire il regolare andamento del campionato. La Corte conclude affermando che ciò non esclude che i comportamenti tenuti dal dott. OMISSIS, “in quanto posti in essere attraverso un canale informale e non trasparente presso uno solo dei designatori piuttosto che per il doveroso tramite dei competenti organi federali preposti ad una ufficiale valutazione tecnica dell’operatore arbitrale e suscettibile di ingenerare la convinzione  (che di fatto sembra essere maturata) in Bergamo che alla telefonata del Presidente Federale occorresse dare un qualche seguito effettuale di irrobustimento della posizione della Lazio nella considerazione arbitrale, ricadono pienamente nel dominio dell’art. 1 CGS”.

Tutto ciò chiarito la Corte ha riformato la decisione della C.A.F. ed ha comminato al dott. OMISSIS la sanzione dell’ammenda (di euro 80.000,00), gravata da diffida quale monito ad attenersi, per il futuro, ad una più oculata osservanza dei doveri deontologici.

Il Collegio arbitrale, adito dopo l’inutile tentativo di conciliazione, ha annullato la sanzione della diffida (ritenuta autonoma rispetto alla sanzione pecuniaria, in relazione alla quale ha affermato la propria incompetenza a decidere) sul rilievo che non è possibile imputare, “facendone oggetto di un monito verso condotte future, all’allora Presidente Federale, cui competeva in ultima istanza garantire la regolarità delle competizioni sportive, l’attivazione a tal fine di procedure informali di richiamo della categoria arbitrale all’osservanza di scrupolose direzioni di gara, anche in relazione a circostanze particolarmente delicate secondo il suo prudente apprezzamento”.

Poiché nell’ordinamento federale tali (legittime) procedure non sono codificate, non è possibile sanzionare il dott. OMISSIS per l’utilizzo di uno strumento (nella specie, il telefono) anziché di un altro.

Il Collegio ritiene di dover partire proprio da tale ultima, condivisibile affermazione per dimostrare l’illegittimità, in parte qua, dell’impugnata delibera della Corte Federale. Come si è detto quest’ultima aveva sanzionato il ricorrente non per aver accertato nel suo comportamento un intento criminoso, id est chiedere (o costringere l’) all’arbitro designato alla conduzione della partita Lazio - Brescia di far vincere la prima squadra, quanto piuttosto per aver utilizzato strumenti non ordinari per assicurare una conduzione tecnicamente ottimale della partita in questione, e cioè per pervenire ad un risultato che ben rientrava nei doveri della carica ricoperta.

Ma se ciò è vero – e la mancanza di prove contrarie deve necessariamente far concludere in tal senso (e ciò anche a prescindere dalla completa assoluzione da parte del Gup di Napoli dei fatti ascritti al dott. OMISSIS) – è illegittimo, in assenza di norme interne alla Federazione che disciplinino la fattispecie,  sanzionare il Presidente della Federazione solo perché si è assicurato, telefonando al designatore arbitrale, che l’arbitro già designato prestasse massima attenzione per evitare di commettere errori in una partita particolarmente delicata quale era Lazio – Brescia. E ciò soprattutto ove si consideri che, come già detto, il comportamento sanzionato perché considerato contrario ai principi di lealtà, correttezza e proibità ex art. 1, primo comma, del CGS, non è il fatto in sé di “aver raccomandato  la massima attenzione” ma lo strumento attraverso il quale tale legittima raccomandazione è stata fatta (il telefono in luogo di altro, peraltro neanche indicato).

Di qui la palese irragionevolezza dell’impianto accusatorio. Osserva infatti il Collegio che nel caso in esame l’uso del telefono rispondeva ad intuibili ragioni di riservatezza atteso che qualsiasi altro mezzo di comunicazione, ad es. un comunicato scritto inevitabilmente destinato ad essere divulgato anche se segretato, avrebbe offerto l’occasione per maliziose ed interessate interpretazioni dell’intervento presidenziale, cioè come implicito atto di accusa nei confronti della classe arbitrale e di riconoscimento della fondatezza delle doglianze della soc. Lazio, con il risultato di inasprire una situazione di conflittualità che il ricorrente, nella sua qualità, aveva invece il dovere di neutralizzare. Di qui la conclusione, dettata anche dal comune buon senso, che l’uso del telefono – una volta ricostruita nei suoi esatti contenuti la conversazione svolta a mezzo di esso – non solo non  era sanzionabile ma costituiva scelta ragionevole e responsabile del ricorrente.

Detta conclusione non può ritenersi invasiva di spazi preclusi al sindacato giurisdizionale, atteso che il giudizio espresso dal Collegio  si fonda sull’accertamento che del comportamento del ricorrente è stato effettuato – sul piano fattuale – dalla Corte Federale ed investe la ragionevolezza delle argomentazioni da questa svolte per ravvisare in detto comportamento profili di illegittimità/illiceità sanzionabili, che invece risultano palesemente inesistenti.

7. Per le ragioni che precedono il ricorso, nella parte in cui è volto all’annullamento, in parte qua, della deliberazione del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Gioco Calcio, deve essere accolto.

Il ricorso è invece improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse nella parte in cui è volto all’annullamento della decisione del Collegio arbitrale presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni dell’8 novembre 2006 (prot. n. 1925) e della determinazione del Presidente della predetta Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del 22 novembre 2006, per la parte in cui hanno resa definitiva, per gli organi di giustizia sportiva, la sanzione dell’ammenda di € 80.000,00 irrogata dalla Corte Federale, essendo stata detta sanzione, comminata con la deliberazione del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Gioco Calcio, già annullata.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale  Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III Ter,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie, e per l’effetto annulla, nei limiti dell’interesse, la deliberazione del 24-25 luglio/4 agosto 2006 della Corte Federale presso la Federazione Gioco Calcio, e in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 30 ottobre 2008.

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