T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 10985/2019

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto daMP OMISSIS in Liquidazione S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Emilio De Giorgi e Stefania Casini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Lega Nazionale Professionisti Serie A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Libertini, Alberto Toffoletto, Luca Toffoletti, Giuliano Berruti, Alessandro De Stefano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuliano Berruti in Roma, via delle Quattro Fontane, 161;

per l'annullamento

i. del provvedimento dell'AGCM prot. 0024873 trasmesso a mezzo pec in data 19 marzo 2019, recante il rigetto dell'istanza di accesso agli atti formulata da MP OMISSIS in data 27 febbraio 2019 nell'ambito del procedimento I814;

ii. la conseguente condanna di AGCM all'esibizione dei documenti richiesti con l'Istanza, e

iii. l'annullamento di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato e di Lega Nazionale Professionisti Serie A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2019 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con provvedimento del 19 luglio 2017 l’AGCM avviava nei confronti della società ricorrente MP OMISSIS s.r.l. (in prosieguo indicata solo come “MPS”) e altre tre imprese un’istruttoria finalizzata all’accertamento di una intesa restrittiva della concorrenza, ai sensi dell’art. 101 TFUE, finalizzata all’assegnazione dei diritti audiovisivi internazionali per la trasmissione dei campionati di calcio di Serie A organizzati dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A (in prosieguo indicata solo come “LNPA”): nel provvedimento si ipotizzava che attraverso le Parti avrebbero coordinato le rispettive offerte per poi spartirsi lo sfruttamento commerciale dei diritti messi a gara.

2. Il 5 ottobre 2017 una delle società coinvolte presentava alla Commissione europea domanda di ammissione al programma di clemenza e, parallelamente, analoga domanda, in forma semplificata, presentava all’AGCM: tale seconda domanda veniva accolta con provvedimento della Autorità del 22 novembre 2017, limitatamente alla riduzione della sanzione.

3. Il 4 giugno 2018 l’Autorità comunicava alle società coinvolte la prima Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI), nella quale ipotizzava che le società in questione avessero partecipato a due distinte intese: una, esistita tra l’ottobre 2009 e l’ottobre 2014, avente ad oggetto le gare di Serie A; l’altra, esistita tra il luglio 2008 ed il giugno 2015, avente ad oggetto le gare di Coppa Italia. Della prima intesa la CRI affermava che aveva avuto l’effetto di svalutare il prezzo di aggiudicazione dei diritti, il cui effettivo valore doveva individuarsi in quello stabilito all’esito della Gara 2017, l’unica – secondo l’Autorità – a non esser stata influenzata dalla Intesa.

4. L’8 giugno 2018 la ricorrente effettuava un primo accesso al fascicolo istruttorio, constatando che parte della documentazione era stata classificata “riservata”.

5. L’istanza di accesso veniva reiterata il 12 giugno 2018, venendo accolta solo parzialmente, e poi il 13 e 26 luglio 2018, allorché veniva respinta.

6. Il 3 ottobre 2018 l’Autorità adottava un primo provvedimento, con il quale deliberava di verificare la posizione di due società, onde stabilire se facessero parte del medesimo gruppo, costituendo un’unica entità economica, dovendosi in caso contrario modificare la fattispecie oggetto di sanzione.

7. In data 17 dicembre 2018 MPS, oltre ad inviare alcune informazioni richieste dagli Uffici e ribadire le istanza di accesso già rigettate, depositava documentazione comprovante, secondo la ricorrente, l’esistenza di accordi tra la LNPA e altra società, secondo i quali in occasione della gara del 2017 (relativa ai diritti internazionali audiovisivi per la Serie A, campionati 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021) quest’ultima avrebbe pagato a LNPA un sovrapprezzo finalizzato a far uscire dal mercato la ricorrente e da impedirle di partecipare alle gare successive, peraltro ottenendo dalla LNPA, nell’ottobre 2018, uno sconto sui diritti acquisiti. Tale documentazione veniva ritenuta rilevante dalla ricorrente, in quanto idonea a dimostrare che il prezzo di aggiudicazione dei diritti della Gara 2017 era frutto di accordo e quindi non poteva essere considerato come benchmark, al fine di stabilire se negli anni precedenti il prezzo di aggiudicazione fosse stato depresso per effetto della intesa. MPS, pertanto, contestualmente chiedeva anche l’attivazione di poteri istruttori. Una successiva causa di risarcimento dei danni, intenta da quella impresa nei confronti di LNPA, riguardo alla Gara 2017, avrebbe confermato, secondo la ricorrente, l’esistenza di accordi.

8. Con comunicazione del 21 dicembre 2018, gli Uffici rigettavano l’istanza di accesso “in assenza di nuovi elementi di fatto e di diritto tali da modificare le valutazioni già svolte”.

9. Nel febbraio 2019 l’Autorità emetteva la seconda CRI, nella quale non veniva più contestata l’esistenza di due intese, ma solo di una, durata dall’agosto 2008 al giugno 2015, avente ad oggetto l’aggiudicazione di tutti i diritti audiovisivi.

10. Il 27 febbraio successivo MPS presentava una nuova istanza di accesso con riguardo ai documenti acquisiti dalla Autorità successivamente al 3 ottobre 2018, ribadendo la richiesta di accesso ad alcuni dei documenti richiesti in passato, necessari per la predisposizione delle difese in ragione delle nuove contestazioni contenute nella NCRI.

11. Con il provvedimento impugnato nella presente sede l’Autorità respingeva la indicata istanza di accesso. In particolare, quanto alla documentazione richiesta per la prima volta con l’istanza del 27 febbraio 2019, il diniego era giustificato in parte da motivi di riservatezza ed in parte in quanto la documentazione richiesta non sarebbe stata attinente all’oggetto del procedimento. Con riferimento invece a quei documenti rispetto a cui MP OMISSIS aveva già chiesto l’accesso con istanze tutte rigettate, gli Uffici si limitavano a ribadire il diniego asserendo “l’assenza di nuovi elementi di fatto e di diritto relativi a questi documenti tali da modificare le valutazioni già svolte”.

12. Tale provvedimento è stato impugnato da MPS, che ha chiesto, contestualmente, l’accertamento del di lei diritto ad ottenere l’ostensione di tutta la documentazione richiesta.

12.1. A sostegno del ricorso ha dedotto i seguenti motivi:

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 24 della l. 241/1990, dell’art. 13 del DPR 217/1998 nonché dei diritti di accesso, difesa e del principio di parità delle armi; Eccesso di potere per travisamento dei fatti, irragionevolezza e difetto di motivazione.

Secondo la ricorrente il diniego oppostole sarebbe illegittimo venendo in considerazione documentazione essenziale per esercitare il diritto di difesa nell’ambito di un procedimento sanzionatorio che ha natura sostanzialmente penale, come affermato anche dal Consiglio di Stato, Sez. VI, nella sentenza n. 3409/2016.

La ricorrente precisa, in particolare, di aver chiesto l’accesso:

a) agli allegati 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 11 al doc. istr. 279, che sono stati qualificati dalla Autorità come interamente riservati e che sarebbero essenziali per stabilire l’entità reale della offerta reale presentata dall’indicata impresa per partecipare e aggiudicarsi la Gara Serie A 2017, l’inesistenza di effetti restrittivi della concorrenza e, quindi, la sanzionabilità delle condotte addebitate alla ricorrente. La ricorrente sottolinea come l’accesso difensivo debba prevalere sull’interesse alla riservatezza, e ciò tanto in ossequio all’art. 24 della L. 241/90, tanto in base all’art. 13 del D.P.R. 217/98;

b) alle dichiarazioni orali confessorie rese, nell’ambito del programma di clemenza, da tale impresa, ovvero il leniency applicant, di cui ai documenti istruttori indicati come L1, L3, L6, L8, e L9: secondo la ricorrente il diritto all’accesso integrale alle dichiarazioni orali del leniency applicant sarebbe espressamente riconosciuto a livello europeo ai sensi dell’”Antitrust Manual Procedures”, Chapter 12, par. 67-69, adottato dalla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea nel marzo 2012, nonché ai sensi del documento “Delivering oral statements at DG Competition”, predisposto dalla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea. La ricorrente sottolinea che nella descrizione di tali dichiarazioni fornita dalla richiamata impresa si desume che esse non hanno ad oggetto alcuna informazione riservata. Richiama ancora una volta la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3409/2016. La mancata conoscenza di tali informazioni impedirebbe a MP OMISSIS di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa, tanto più che l’esponente ha espressamente contestato la genuinità delle Dichiarazioni Orali dell’impresa depositando una dichiarazione scritta resa da parte di un proprio esponente e dal contenuto esattamente contrario a quanto asserito da questa nell’ambito del programma di clemenza;

c) i documenti allegati alle Dichiarazioni Orali: dei 287 documenti alle Dichiarazioni Orali da parte dell’impresa terza, solo 144 di questi sono stati resi in una versione solo parzialmente accessibile, mentre gli altri 143 documenti sono stati ritenuti come integralmente riservati e la loro descrizione contenuta nel relativo indice non permette, secondo la ricorrente, di comprendere la loro possibile rilevanza ai fini del procedimento. L’accesso a tali documenti sarebbe stato precluso perché attinenti a “diritti diversi da eventi Lega”, ma proprio per tale ragione essi avrebbero rilevanza decisiva per la contestazione dell’asserita violazione dell’art. 101, TFUE.

13. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è costituita in giudizio insistendo per la reiezione del ricorso, eccependone preliminarmente l’inammissibilità relativamente alla documentazione depositata in sede di presentazione della domanda di clemenza, trattandosi di documenti rispetto ai quali l’accesso era già stato negato con provvedimenti del 28 luglio e 7 agosto 2018, che MPS non ha impugnato.

14. Anche la Lega Nazionale Professionisti di Serie A si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, eccependo preliminarmente il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente al ricorso alla luce dell’intervenuto provvedimento della Autorità del 21 maggio 2019, che ha concluso il procedimento, irrogando a MPS una sanzione di oltre 63 milioni di euro.

15. Previo scambio di ulteriori memorie il ricorso è stato chiamato alla camera di consiglio del 19 giugno 2019, allorché è stato introitato a decisione.

DIRITTO

16. Il Collegio esamina preliminarmente l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata da LNPA con riferimento alla sopravvenuta adozione del provvedimento conclusivo del procedimento.

16.1. Tale eccezione è infondata, tenuto conto del fatto che il presente giudizio ha ad oggetto un accesso procedimentale a fini difensivi, la cui utilità può astrattamente rilevare anche ai fini di spiegare impugnazione avverso la decisione della Autorità del 21 maggio 2019, ovvero di chiederne il riesame. Pertanto è evidente che l’interesse ad esercitare l’accesso non viene meno, per la ricorrente, per il solo fatto, in sé considerato, che l’Autorità ha concluso il procedimento, adottando una decisione sanzionatoria.

17. Occorre ora esaminare l’eccezione, ugualmente preliminare, di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa erariale, che è invece fondata.

16.1. Come già precisato, con l’istanza di accesso presentata il 27 febbraio 2019 MPS ha insistito per accedere: a) ad alcuni documenti prodotti, dopo il 3 ottobre 2018, dalla LNPA, a seguito di specifica richiesta della Autorità; b) ad altri documenti già presenti nel fascicolo istruttorio al 3 ottobre 2018, e cioè la documentazione allegata alla domanda di clemenza di IMG, e quindi le dichiarazioni confessorie e i documenti ad esse allegati.

16.2. La difesa erariale ha opposto che di tale documentazione, allegata alla domanda di clemenza, la ricorrente aveva già chiesto l’ostensione in precedenza e che sul punto l’istanza del 27 febbraio 2019 deve considerarsi reiterativa, non giustificata o qualificata da alcun fatto nuovo; l’Autorità, del resto, con l’atto impugnato nel presente giudizio si è limitata a reiterare le precedenti risposte negativo, senza effettuare sul punto alcuna nuova valutazione.

17.3. Ha replicato la ricorrente che con la seconda Comunicazione della Risultanze Istruttorie, del 22 febbraio 2019, adottata dalla Autorità a seguito di nuovi riscontri probatori e di una nuova e diversa valutazione delle condotte anticoncorrenziali, essa doveva considerarsi ripristinata nel diritto di reiterare l’istanza di accesso anche sui documenti oggetto di precedenti dinieghi non impugnati, e tanto giusta l’insegnamento delle sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6 e 7 del 2006.

17.4. Rileva, tuttavia, il Collegio che le menzionate sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, lungi dallo svalutare l’importanza del rispetto del termine di trenta giorni, fissato dall’art. 25 della L. 241/90 per presentare ricorso avverso il diniego di accesso, ne ha affermato la natura decadenziale; pertanto, l’affermazione che si legge nei ricordati pronunciamenti, secondo cui “il cittadino potrà reiterare l’istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso; e, in tal caso, l’originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale...”, deve essere letta ed interpretata in maniera coerente con la natura decadenziale del predetto termine, e quindi nel senso che la sopravvenienza di fatti nuovi può rimettere l’interessato in termini, al fine di proporre ricorso contro il diniego di accesso, solo quando tali fatti siano effettivamente idonei a prospettare in maniera differente la situazione legittimante, obbligando quindi l’Amministrazione ad una diversa valutazione.

17.5. Nel caso di specie non è dato comprendere come ed in che senso la seconda CRI, del febbraio 2019, e la documentazione acquisita in epoca successiva al 3 ottobre 2018, avrebbero potuto o dovuto comportare una diversa valutazione della istanza di accesso ai documenti afferenti la domanda di clemenza: si rammenta, sul punto, che nella prima CRI l’Autorità aveva prospettato l’esistenza di due distinte intese, coprenti un diverso arco temporale, ed aventi ad oggetto diritti audiovisivi relativi a differenti tornei, ipotizzando che la ricorrente avesse partecipato ad entrambe le intese, intercorrenti tra le medesime imprese; nella seconda CRI, invece, l’Autorità ha ipotizzato l’esistenza continuativa di una unica intesa, avente ad oggetto tutti i diritti audiovisivi afferenti i tornei già menzionati nella prima CRI, e ciò per un arco temporale quasi coincidente con quello di attività delle due distinte intese precedentemente credute.

17.5.1. Più precisamente, quello che la ricorrente non spiega è il motivo per cui la documentazione afferente la domanda di clemenza presentata dall’altra impresa non fosse così necessaria, a fini difensivi, da presentare ricorso avverso i precedenti dinieghi di accesso, e lo sia, invece, ai fini di difendersi nei confronti della intesa come ricostruita nella seconda CRI. Per tale ragione si deve presumere che le dichiarazioni confessorie di tale impresa non abbiano di per sé influito sulla modifica del capo d’accusa, conseguendo da tale constatazione la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, nella parte in cui ha ad oggetto la citata documentazione, stante che sul punto l’atto impugnato ha natura meramente confermativa di precedenti dinieghi di accesso non tempestivamente impugnati.

17.6. Infine non risulta che MPS abbia dedotto di aver necessità di accedere nuovamente ai documenti afferenti la domanda di clemenza ritenendo di non essere riuscita, nel corso della lettura degli stessi, ad annotare tutte le circostanze necessarie alla propria difesa, sicché la reiterazione della istanza, a distanza di tempo tanto ravvicinata dalle precedenti, non pare avere una giustificazione plausibile.

18. Nel merito, poi, si deve considerare che le dichiarazioni confessorie rese da una impresa nell’ambito di un c.d. programma “di clemenza”, regolato dalla Comunicazione della Commissione europea relativa all'immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese nonché dalla Comunicazione dell’Autorità sulla non imposizione o riduzione delle sanzioni ai senti dell’art. 15 della legge n. 287/90, sono soggette ad una particolare tutela, precisamente allo scopo di evitarne la divulgazione e l’utilizzazione fuori dal procedimento per il quale sono rese: la buona riuscita dei c.d. programmi di clemenza è infatti strettamente connessa alla aspettativa delle imprese di non essere esposte, collaborando con l’Autorità, a conseguenze più gravi rispetto a quelle derivanti dalla applicazione della sanzione, e proprio per tale ragione la normativa citata prevede che le dichiarazioni confessorie rese dal leniency applicant siano rese ostensibili “purché si impegnino a non copiare con qualsiasi mezzo meccanico od elettronico nessuna informazione ivi contenuta e ad utilizzare le informazioni contenute nella dichiarazione confessoria unicamente ai fini di procedimenti giudiziari o amministrativi per l’applicazione delle norme di concorrenza sulle quali verte il relativo procedimento amministrativo” (punto 10 bis della Comunicazione AGCM ex art. 15, comma 2 bis, L. 287/90).

18.1. Nella specie l’Autorità ha consentito alla ricorrente l’accesso alle dichiarazioni confessorie rese, ed alla documentazione allegata, precisamente dandogliene lettura, salvo che in alcune parti, delle quali a MPS è stata fornita solo una descrizione riassuntiva in quanto contenenti informazioni “estranee al perimetro dell’indagine”. La ricorrente, tuttavia, sostiene che la asserita estraneità al procedimento, delle informazioni contenute nelle parti omissate, non costituirebbe ragione sufficiente a giustificare l’intervento “ortopedico” operato dalla Autorità sulle dichiarazioni confessorie e sui documenti presentanti dal leniency applicant, dei quali la normativa comunitaria ed italiana di settore consente solo il differimento o la segretazione per riservatezza, laddove vengano in considerazione dati sensibili o segreti commerciali.

Il Collegio non condivide l’assunto della ricorrente.

18.2.1. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6481 del 30 luglio 2010, ha chiarito, in via generale, che la disciplina dell’accesso alle dichiarazioni ed ai documenti presentati dal richiedente una misura c.d. “di clemenza”, è retta non solo dalle norme che direttamente si riferiscono a tali documenti (e quindi: la Comunicazione della Commissione n. 2006/C 298/11; la Comunicazione AGCM adottata ex art. 15, comma 2 bis, L. 287/90) ma anche dalle disposizioni che in generale regolano i procedimenti istruttori di competenza della AGCM e l’accesso ai relativi documenti, venendo in considerazione, in particolare, l’art. 13 del d.P.R. n. 217/1998, a mente del quale i documenti formati o stabilmente detenuti dall'Autorità nei procedimenti concernenti intese, abusi di posizione dominante ed operazioni di concentrazione possono essere, in tutto o in parte, sottratti all’accesso nel caso in cui contengano “informazioni riservate di carattere personale, commerciale, industriale e finanziario, relative a persone ed imprese coinvolte nei procedimenti”, mentre sono totalmente sottratti all’accesso qualora contengano segreti commerciali; anche in tale ultimo caso, tuttavia, qualora i documenti contengano “…elementi di prova di un'infrazione o elementi essenziali per la difesa di un'impresa, gli uffici ne consentono l'accesso, limitatamente a tali elementi”.

18.2.2. La sentenza del Consiglio di Stato in esame ha tratto da tale disciplina argomento per affermare che nei procedimenti “antitrust” deve comunque essere assicurato il bilanciamento tra l’esigenza di assicurare il contraddittorio e la c.d. “parità delle armi” e quella di evitare che risulti compromessa la riservatezza di informazioni di carattere personale, commerciale, industriale e finanziario, relative a persone ed imprese coinvolte nei procedimenti stessi: dunque “il principio di parità delle armi non comporta che in ogni caso il diritto di accesso prevalga sulle esigenze di riservatezza, ma implica che sia consentito alle imprese di conoscere il contenuto dell'intero fascicolo, con indicazione degli atti secretati e del relativo contenuto e che, in relazioni ai documenti costituenti elementi di prova a carico o comunque richiesti dalle imprese per l'utilizzo difensivo a discarico, la secretazione sia strettamente limitata alla c.d. parti sensibili del documento (C.d.S. VI, 12 febbraio 2001 n. 652)” (C.d.S, VI, 29 settembre 2009 n. 5864; C.d.S., VI, 20 luglio 2010 n. 6481).

18.2.3. Va sottolineato, inoltre, che nel caso deciso dalla sentenza in esame (C.d.S., VI, n. 6481 del 20 luglio 2010), il Consiglio di Stato ha esaminato e ritenuto “ragionevole” l’esclusione dall’accesso di alcuni documenti motivata dal solo riferimento alla “sostanziale estraneità delle informazioni ivi contenute all’oggetto del procedimento principale, nel quale dunque non sono e non saranno utilizzate, ovvero più in generale alla irrilevanza delle stesse ai fini della corretta instaurazione di un pieno contraddittorio procedimentale e di una adeguata elaborazione della strategia difensiva”, giustificando altresì, nel successivo passaggio della motivazione, il diniego di accesso ad altri e distinti documenti determinato da “ragioni individuate non solo nella afferenza delle stesse a dati sensibili o a segreti commerciali, ma anche nella irrilevanza delle informazioni non ostese ai fini dell’instaurazione del contraddittorio o del pieno esercizio del diritto di difesa, ovvero nella parziale coincidenza delle stesse con altri dati contenuti in altri documenti per i quali l’accesso è stato consentito”. Il pronunciamento di che trattasi, dunque, ben evidenzia che il Consiglio di Stato ha ritenuto di per sé sufficiente, ad escludere l’accesso, l’estraneità delle informazioni alla procedura, indipendentemente dalla necessità di garantire la riservatezza o segretezza di alcuni dati.

18.3. Che il diniego di accesso - ai documenti formati o stabilmente detenuti dall'AGCM nei procedimenti concernenti intese, abusi di posizione dominante ed operazioni di concentrazione - possa giustificarsi sulla base della mera estraneità al procedimento delle informazioni in essi contenute costituisce, peraltro, corollario di un altro principio generale che ispira la disciplina dell’accesso procedimentale, e cioè il principio secondo cui l’accesso è strumentale alla tutela di una situazione di interesse rilevante “collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”, ( art. 2, lett. b, della L. 241/90), di modo che deve escludersi con riferimento a documenti rispetto ai quali il collegamento con l’interesse da tutelare non sia apprezzabile: sul punto si rammenta che anche il Consiglio di Stato, Sez. VI, nella sentenza n. 1585 del 25 marzo 2015, ha avuto modo di affermare che “(…) il nesso tra esigenza di accesso ai documenti ed effettività del diritto di difesa deve emergere in modo chiaro dagli atti di causa, come avviene nel caso in cui, nell’ambito di una procedura sanzionatoria, l’autorità amministrativa pone a base della pretesa sanzionatoria fatti o informazioni desunte da specifici documenti. Fuori da tali ipotesi di connessione evidente tra «diritto» all’accesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa, incombe sul richiedente l’accesso dimostrare - in base al contenuto proprio degli atti della procedura in relazione alla quale deve svolgersi l’esercizio della difesa - la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi (…). Occorre cioè che tale dimostrazione sia fornita deducendo fatti ed elementi di valutazione che, allo stato della procedura da cui scaturisca l’astratta esigenza difensiva, e quindi in relazione all’effettiva formulazione degli addebiti ed agli elementi giuridico-fattuali che li sorreggono, appaiano oggettivamente connessi ai documenti da ostendere (essendo peraltro pacifico che un documento irrilevante nella prospettiva “accusatoria” potrebbe non esserlo in quella defensionale)”. Tale principio non risulta chiaramente derogato da alcuna previsione concernente i procedimenti che si svolgono innanzi la AGCM, nei procedimenti concernenti intese, abusi di posizione dominante ed operazioni di concentrazione ed è idoneo a determinare, ex se, l’infondatezza della pretesa della ricorrente ad ottenere l’accesso a quei documenti, o parti di documenti, dei quali l’Autorità ha affermato l’estraneità e la non utilizzazione nel corso del procedimento.

18.4. Ciò chiarito, l’accesso a documentazione che l’AGCM affermi chiaramente essere estranea ad un procedimento istruttorio e, come tale, non utilizzata e non utilizzabile, potrebbe allora giustificarsi solo sul presupposto che l’Autorità, nell’affermare l’irrilevanza e inutilizzabilità della documentazione, commetta un improbabile mendacio o un grossolano errore di valutazione: a prescindere dal fatto che una tale circostanza dovrebbe essere chiaramente dedotta dalla parte interessata, e dimostrata quantomeno con il ricorso ad elementi indiziari - ciò che la ricorrente non ha fatto - non si può non rilevare che la motivazione del provvedimento conclusivo dell’Autorità non potrebbe fondarsi, a meno di non incorrere in patente illegittimità, su documenti di cui sia stata in precedenza esplicitamente esclusa la rilevanza e la utilizzabilità; per tale ragione la preoccupazione della ricorrente, circa il fatto che il provvedimento conclusivo possa essere determinato anche da quelle dichiarazioni e documenti ai quali non è stato dato accesso per motivi di irrilevanza, risulta inconsistente, trattandosi di evenienza rispetto alla quale MPS avrebbe mezzi di tutela.

18.5. La ricorrente sostiene, ancora, di non essere in grado, in mancanza di accesso integrale alla documentazione afferente la domanda di clemenza, di sconfessare la veridicità e genuinità delle dichiarazioni del leniency applicant; sostiene, inoltre, che la mancata conoscenza delle parti omissate potrebbe precluderle il diritto alla difesa in un parallelo procedimento promosso dalla Commissione europea.

18.5.1. Entrambi i rilievi sono infondati e volutamente confusivi: il primo perché la ricorrente è stata messa in grado di conoscere le dichiarazioni confessorie concretamente utilizzate nel procedimento, e quindi di replicarvi, all’occorrenza deducendone la non rispondenza a verità, come in effetti MPS ha fatto; il secondo per la ragione che nel corso dell’eventuale procedimento promosso dalla Commissione, la ricorrente potrà chiedere l’accesso agli atti di quel procedimento, ed in quella sede la Commissione potrà dare accesso alle dichiarazioni confessorie, rese dall’impresa coinvolta alla Autorità italiana, nella misura in cui tali dichiarazioni confluiscano nel fascicolo del procedimento di competenza della Commissione e siano da essa ritenute rilevanti.

19. Conclusivamente, oltre che inammissibile, il ricorso è anche infondato nel merito, nella parte in cui contesta la legittimità del diniego di accesso che la AGCM ha opposto ad MPS relativamente alle dichiarazioni confessorie rese nel procedimento “di clemenza”.

20. Passando alla disamina del ricorso per la parte che ha ad oggetto il diniego di accesso agli atti prodotti dalla LNPA dopo il 3 ottobre 2018, su richiesta della Autorità, esso può essere respinto sulla base di considerazioni analoghe.

20.1. Va preliminarmente precisato che si tratta dell’accesso agli allegati 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 11 al doc. istr. 279, che hanno ad oggetto: (i) le offerte dell’impresa ricordata e il successivo accordo di licenza da essa stipulato con LNPA quale conseguenza dell’aggiudicazione della Gara Serie A 2017; (ii) gli elementi essenziali degli accordi di sublicenza stipulati da tale impresa nell’attività di rivendita dei diritti relativi alla Gara Serie A 2017; (iii) le presentazioni effettuate da questa alla LNPA relative alla commercializzazione di tali diritti e (iv) gli scambi di comunicazioni con LNP aventi ad oggetto talune violazioni dei diritti di licenza acquistati da da parte di operatori terzi. La descrizione di tali documenti è stata fornita appunto nel doc. istr. 283, ma i relativi allegati sono stati qualificati come integralmente riservati dall’AGCM.

20.1. L’Autorità ha, infatti, dedotto trattarsi di documentazione riservata, non attinente all’oggetto del procedimento, depositata dalla LNPA in risposta ad una richiesta di informazioni degli Uffici. I suddetti documenti sono stati inseriti e menzionati nel dettagliato indice del fascicolo procedimentale, e di essi, seppure riservati, è stata effettuata anche una sintetica descrizione, della quale la ricorrente ha potuto prendere visione, potendo in tal modo prendere piena cognizione dell’intero contenuto del fascicolo. L’Autorità ha inoltre rilevato che i dati occorrenti a MPS a fini difensivi, cioè i dati relativi alla offerta presentata dall’impresa terza per aggiudicarsi la gara Serie A 2017, in realtà sono contenuti anche in altri documenti già resi disponibili alla ricorrente, precisamente nel doc. istr. n. 280, consegnato a MPS il 22 febbraio 2019; il valore di aggiudicazione della gara Serie A 2017, comunque, non è stato utilizzato come prova della esistenza della intesa, ma solo per replicare alle parti, che sostenevano che l’intesa ipotizzata non avesse avuto effetti; questi ultimi, del resto, sono stati desunti dalla AGCM anche mediante confronto con i prezzi di aggiudicazione dei diritti audiovisivi afferenti i campionati di calcio di altri Paesi, sensibilmente superiori.

20.3. Secondo la LNPA, i documenti sarebbero inconferenti perché relativi alle stagioni 2018/2021, che non sono oggetto di intesa illecita; l’accesso completo a tali documenti, inoltre, renderebbe palesi alcuni particolari delle procedure di aggiudicazione, la cui conoscenza potrebbe influenzare e compromettere anche l’esito delle gare future. D’altro canto un simile accesso non sarebbe neppure essenziale a fini di difesa, dal momento che l’Autorità, contrariamente a quanto sostenuto da MPS, non ha desunto l’esistenza della intesa solo dai valori di aggiudicazione delle gare successive a quella del 2017, ma anche da ulteriore documentazione, e cioè sull’analisi di mails scambiate tra le imprese nonché degli atti relativi ad altre procedure. Si tratta, infine, di documenti che non contengono elementi utili ai fini di difesa, se si eccettua il prezzo offerto dall’impresa terza, che peraltro la ricorrente già conosce.

20.4. Richiamato quanto già esposto nei precedenti paragrafi, circa la necessità che anche nei procedimenti che si celebrano innanzi l’AGCM, in sede di accesso, siano contemperati i diritti di difesa dell’impresa soggetta ad un procedimento “antitrust” con la tutela della riservatezza dei soggetti terzi, e dato atto che la ricorrente non contesta che la documentazione di che trattasi si riferisca alla gara per l’aggiudicazione dei diritti audiovisivi relativi al triennio 2018/2021, il Collegio rileva che, effettivamente, la ricorrente non ha chiarito il meccanismo che le potrebbe consentire di dimostrare, per il tramite dei documenti in parola, l’inesistenza degli effetti, restrittivi della concorrenza, scaturenti dalla intesa contestatale, terminata, secondo la prospettazione della seconda CRI, nel 2015; né è chiaro il motivo per cui eventuali sconti concessi da LNPA alla ricordata impresa ad aggiudicazione avvenuta , come pure eventuali risarcimenti riconosciuti a quest’ultima da LNPA, potrebbero condurre a negare la sussistenza della intesa in concreto perseguita. Da ultimo risulta che l’Autorità ha reso parzialmente ostensibili le informazioni relative alla gara 2018/2021, aventi specifica attinenza all’oggetto del procedimento, informazioni che, su richiesta della Autorità, LNPA ha trasfuso nel doc. istr. n. 103.

20.5. Per le anzidette ragioni, va dunque respinto il ricorso anche nella parte che ha ad oggetto l’accesso ai documenti allegati al doc. istr. n. 279.

21. Infine, per quanto riguarda i documenti allegati alle Dichiarazioni Orali, il cui accesso è stato concesso, come sopra precisato, ma non in forma integrale, sul presupposto che conterrebbero informazioni irrilevanti, in quanto “diritti diversi da eventi LNPA” e quindi “estranei al perimetro dell’istruttoria”, si tratta di 143 dei 287 allegati alle Dichiarazioni Orali presentate dalla impresa terza.

23.1. Richiamato, anche in questo caso, quanto già rilevato a proposito della accessibilità alle Dichiarazioni Orali rese dal leniency applicant, il Collegio rileva che anche in questo caso la ricorrente non chiarisce, in modo specifico, le ragioni per cui questi 143 documenti, lungi dall’essere irrilevanti, conterrebbero informazioni cruciali a suo discarico: sul punto le affermazioni della ricorrente sono generiche, si traducono in una petizione di principio, e non considerano che, avendo l’Autorità già dato accesso a 144 dei 287 documenti depositati nel procedimento “di clemenza”, si deve presumere – si ribadisce, in mancanza di contrarie specifiche deduzioni – che effettivamente essi non siano rilevanti ai fini del procedimenti, perché aventi ad oggetto “diritti diversi da eventi LNPA” nonché accordi “estranei al perimetro dell’istruttoria”.

24. Il ricorso va conclusivamente respinto perché inammissibile ed infondato.

25. La peculiarità e complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra tutte le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:

Ivo Correale, Presidente FF

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

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