T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 3260 DEL 2020 Pubblicato il 16/03/2020

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10113 del 2019, proposto da B4 Capital S.A. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Piero Fattori, Luca Pardo, Avilio Presutti, Laura Gentili, Marco Martinelli e Matteo Padellaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Lega Nazionale Professionisti Serie A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuliano Berruti, Alessandro De Stefano, Mario Libertini, Alberto Toffoletto e Luca Toffoletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuliano Berruti in Roma, via delle Quattro Fontane, 161; Torino F.C. S.p.A., ACF OMISSIS S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Francesco Anglani, Angelo Raffaele Cassano e Giorgio Bitonto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; OMISSIS  S.p.A., Associazione Altroconsumo, non costituite in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum: IMG Media Ltd e IMG Worldwide Llc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Andrea Cicala, Luca Pescatore, Riccardo Pennisi, Francesco Goisis e Serena Patuzzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del provvedimento dell’AGCM n. 27656, adottato nell’adunanza del 24/4/19 e notificato alla Società il 20/5/19 erroneamente in versione omissata e successivamente rinotificato nella versione non omissata in data 31/5/19 a conclusione del procedimento - I814 DIRITTI INTERNAZIONALI, nella parte in cui ha accertato che B4C avrebbe posto in essere, unitamente ad alcune società dei gruppi internazionali OMISSIS e IMG una violazione molto grave dell’art. 101 TFUE consistente in un’intesa unica, continuata e complessa, di carattere segreto, avente ad oggetto il coordinamento delle offerte presentate nell’ambito delle gare indette dalla Lega per l’assegnazione dei diritti TV per la visione delle competizioni di calcio (Campionato di Serie A e Serie B, Coppa Italia e Supercoppa Italiana), con verosimili effetti dannosi per la concorrenza, e, per l’effetto, le ha irrogato una sanzione pecuniaria di Euro 3.136.392,26 in solido con le società B4 Italia S.r.l. in liquidazione (e BE4 Sarl, anch’essa in liquidazione;

- e, ove occorrer possa, di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso, ancorché non conosciuto, ivi inclusi in particolare: il Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’AGCM approvato con delibera del 24/5/17 n. 26614 nei termini meglio indicati infra; la seconda comunicazione delle risultanze istruttorie trasmessa il 22/2/19; le Linee guida 22.10.14 dell’AGCM sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, della Lega Nazionale Professionisti Serie A, della Torino F.C. S.p.A. e della ACF OMISSIS S.p.A., con la relativa documentazione;

Visto l’atto di intervento ad opponendum di Img Media Ltd e Img Worldwide Llc;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. B4 Capital S.A. in liquidazione (in avanti, “B4 Capital” oppure la “ricorrente”), odierna esponente, è una società con sede in Lussemburgo, costituita il 23 aprile 2010, attiva in diversi Paesi europei ed extra europei nella distribuzione televisiva di eventi “live” relativi ad avvenimenti sportivi organizzati da Federazioni e Leghe sportive.

2. Con il ricorso in epigrafe contesta la legittimità della determinazione con la quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, anche “Agcm” o l’“Autorità”), a conclusione del procedimento istruttorio I/814, ha ritenuto che la ricorrente, unitamente alle società B4 Italia S.r.l. in liquidazione e BE4 Sarl Luxembourg (di seguito, indicate anche congiuntamente come “B4 Italia/BE4”), Media Partners & OMISSIS Limited, MP OMISSIS S.r.l. in liquidazione, MP & OMISSIS Holding S.A., società del gruppo MP OMISSIS (in seguito “MP OMISSIS”), IMG Media UK Limited, IMG Worldwide LLC, società del gruppo IMG (in avanti “IMG”), abbia posto in essere un’intesa in violazione dell’art. 101 del TFUE, avente per oggetto il coordinamento alla partecipazione alle gare, determinando il contenuto delle offerte economiche nelle procedure indette dalla Lega Professionisti Serie A (di seguito anche soltanto “Lega Calcio”) per l’assegnazione dei diritti TV per la visione fuori dall’Italia delle competizioni calcistiche del Campionato di Serie A, di Coppa Italia e Supercoppa, nell’arco temporale che va dal 2008 al 2015.

3. Il procedimento veniva inizialmente avviato, a seguito della trasmissione in data 19 luglio 2017 di documentazione da parte della Procura della Repubblica di Milano, nei confronti di B4 Capital, B4 Italia, MP OMISSIS e IMG. Successivamente IMG presentava una domanda di non imposizione delle sanzioni (cd. “domanda di clemenza” o “leniency”) ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287

4. In data 4 giugno 2018 veniva notificata alle parti del procedimento la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (“CRI”); il successivo 3 ottobre 2018, l’Autorità deliberava che, alla luce delle obiezioni sollevate dalle parti nelle proprie memorie e in sede di audizione finale, fosse necessario chiarire le posizioni delle società B4 Capital e B4 Italia, anche rispetto ai rapporti con BE4 (non inizialmente parte del procedimento), eventualmente anche al fine di verificare e accertare la sussistenza di elementi per pervenire ad una diversa configurazione della fattispecie contestata. Il 10 ottobre 2018, l’Autorità deliberava altresì di estendere il procedimento avviato in data 19 luglio 2017 nei confronti di BE4 e di prorogare il termine di chiusura del procedimento al 30 aprile 2019.

5. In data 22 febbraio 2019, veniva notificata alle parti una Nuova Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (“NCRI”), cui faceva seguito in data 24 aprile 2019 il provvedimento impugnato, con il quale accertava la sussistenza della surriferita intesa tra tutte le parti del procedimento, e provvedeva a determinare e irrogare le relative sanzioni, infliggendo a B4 Capital, in solido con BE4 e B4 Italia la sanzione di Euro 3.136.392,26.

6. Contro tale determinazione è insorta la ricorrente, che al primo motivo di impugnazione deduce la violazione del principio di collegialità, per avere l’Autorità deliberato con la presenza di due soli componenti del Collegio e in assenza del Presidente. Lamenta anche l’illegittimità delle previsioni di cui all’art. 6, c. 1 e all’art. 7, c. 1 del Regolamento sul funzionamento dell’Autorità, laddove prevede in favore del componente anziano una posizione di prevalenza rispetto all’altro componente del collegio a due, in asserita violazione dell’art. 23, co 2, del DL 201/11, disposizione che nel prevedere che il voto del Presidente vale doppio andrebbe riferita al solo Presidente titolare e non anche al facente funzioni. Chiede la ricorrente, qualora si ritenesse che una composizione a due fosse stata consentita dal combinato disposto del c. 1, lett. d) e del c. 2, 2° periodo, dell’art. 23 del d.l. n. 201/11, o comunque per la eventualità che l’art. 23, c. 2, sia interpretato nel senso che sia consentita l’operatività a due componenti, senza il Presidente, e col voto prevalente del componente “anziano”, che venga sollevata questione di legittimità costituzionale di quest’ultima norma per violazione dell’art. 97 Cost., nonché per violazione del principio di legalità ex artt. 23, 97 e 113 Cost.

7. Al secondo motivo di impugnazione, B4 Capital osserva come nella prima CRI gli Uffici dell’Autorità avevano contestato alle parti di aver posto in essere due intese restrittive della concorrenza, l’una relativa al Campionato e l’altra alle Coppe. Con la delibera che ha disposto il supplemento di istruttoria, l’Agcm aveva ritenuto di approfondire i profili di carattere soggettivo, e in particolare le posizioni di B4 Capital e B4 Italia, anche rispetto a BE4. Parte ricorrente censura sotto il profilo procedurale l’illegittimità della decisione di disporre una seconda CRI, con la quale è stata per la prima volta contestata la sussistenza di una sola intesa, unica e complessa, di natura trilaterale, abbandonando l’ipotesi delle due intese distinte della prima CRI, nonostante durante il supplemento istruttorio non fossero emersi nuovi fatti o elementi che potessero giustificare una diversa configurazione della fattispecie contestata.

8. Con il terzo motivo, B4 Capital sostiene che la configurazione di un addebito unitario a lei imputabile insieme ai due presunti sodali sarebbe inconciliabile con le risultanze istruttorie. Non sarebbe stato spiegato in quale modo B4 Capital, operatore di dimensioni ridotte, poteva sedere a un tavolo spartitorio con MP OMISSIS e IMG. L’Autorità, poi, non avrebbe tenuto conto dei risultati del procedimento penale, conclusosi con l’archiviazione, e nel quale si era rilevata una influenza indebita nella vicenda da parte dell’advisor della Lega Calcio, Infront. Inoltre, fa presente che anche IMG, nel suo ruolo di leniency applicant, ha espressamente negato l’esistenza di un accordo unico trilaterale, ritenendo che gli accordi relativi al Campionato e alle Coppe fossero due realtà distinte e non contigue. Sostiene, inoltre, che non vi sarebbero evidenze a supporto delle conclusioni dell’Agcm, venendo al più contestati contatti di carattere bilaterali, in mancanza di una spiegazione del funzionamento dell’asserito meccanismo di compensazione tramite sub-licenze reciproche. In argomento, gli episodi descritti nel provvedimento a supporto della tesi accusatoria sarebbero riporti in maniera impropria e strumentale.

In ogni caso, parte ricorrente sostiene che, a prescindere dalla configurazione giuridica della fattispecie, anche alla luce delle sue caratteristiche dimensionali e delle specifiche dinamiche del settore in questione, gli accordi di sub-licenza e gli output deal stipulati sarebbero volti a porre rimedio a una imperfezione del mercato e comunque inidonei a condizionare gli esiti delle gare, cui hanno partecipato numerosi e qualificati concorrenti.

9. Venendo al merito delle singole gare contestate, con il quarto motivo, B4C eccepisce in ogni caso il decorso della prescrizione, considerato che non vi sarebbero eventi collusivi a lei addebitabili con riferimento a gare tenutesi nel quinquennio antecedente all’avvio dell’istruttoria. Avuto riguardo, in particolare, alla gara per le Coppe del 2015, essa si porrebbe temporalmente al di fuori del periodo per cui l’Autorità ha ipotizzato la sussistenza di una ipotesi trilaterale e l’aggiudicataria B4 Capital sarebbe stata in realtà la vittima di comportamenti abusivi ad opera delle proprie controparti commerciali. Quanto alla gara per il Campionato del 2014, le prove raccolte sarebbero irrilevanti e non terrebbero conto del fatto che lo stesso leniency applicant esclude di aver raggiunto un’intesa spartitoria con B4 Capital. Quanto alla gara ancora precedente relativa al Campionato del 2009, la ricorrente osserva come all’epoca B4 Capital non era stata ancora costituita e non sarebbe provata la sussistenza di un unico centro decisionale tra BE4 e B4 Capital. Osserva anche la ricorrente che, in riferimento all’accordo tra BE4 e MP OMISSIS relativo al Campionato del 2009, al momento della costituzione di B4 Capital (vale a dire nel 2010), B4 non era più parte dell’accordo contestato.

10. La ricorrente inoltre si oppone, con il quinto motivo, alle conclusioni raggiunte dall’Autorità in merito agli effetti che le condotte addebitate avrebbero prodotto per le casse della Lega (e dei “club” che rappresenta) e afferma che i risultati del procedimento penale escluderebbero che gli accordi controversi abbiano prodotto conseguenze negative. Tale circostanza sarebbe suffragata anche da uno studio economico elaborato da un consulente esterno e prodotto da MP OMISSIS nel corso del procedimento.

11. In via subordinata, parte ricorrente, al sesto motivo, contesta la quantificazione della sanzione, con riguardo alla impropria valutazione di particolare gravità, applicata in ragione della presunta alterazione di “gare pubbliche”, laddove le procedure in questione presenterebbero carattere informale. Non si sarebbe tenuto conto neppure del fatto che il soggetto banditore delle gare in commento è collocato in una posizione di manifesta superiorità negoziale rispetto agli altri attori del processo e della fisiologica necessità di interazione tra gli operatori (specie di ridotte dimensioni). Inoltre, sarebbe errata la qualificazione dell’intesa quale “segreta” e nel determinare la percentuale di gravità si sarebbe dovuto tenere conto della assenza di conseguenze negative sugli introiti della Lega. Parte ricorrente contesta anche il mancato riconoscimento di una riduzione della sanzione per il ruolo marginale rivestito nell’intesa e, quindi, della circostanza attenuante di cui al par. 23 delle Linee guida. Sarebbe anche irragionevole anche la scelta di applicare alla sanzione una entry fee del 15%, in quanto non affiancata da nessuna spiegazione. Quanto alla durata, il termine iniziale non potrebbe essere fatto retroagire a prima dell’aprile 2010, data di costituzione di B4 Capital, non sussistendo i presupposti per addebitare a B4C le condotte eventualmente poste in essere da B4 Italia e BE4. Il termine finale non potrebbe eccedere quello di IMG, posto che altrimenti la ricorrente risponderebbe per gli eventi successivi (ossia la Gara Coppe del 2015) di un’intesa non più trilaterale e dunque diversa da quella contestata nel provvedimento.

12. Si sono costituite in giudizio l’Agcm nonché le intimate Lega Calcio, ACF OMISSIS e Torino F.C., insistendo nella reiezione del ricorso siccome infondato. Anche IMG si è costituita in giudizio quale interveniente ad opponendum per chiedere il rigetto del gravame.

13. Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2019, l’esigenza cautelare prospettata dalla ricorrente è stata tutelata attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia.

14. Alla udienza pubblica del 12 febbraio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto il provvedimento con cui l’Agcm ha accertato la sussistenza di una intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, posta in essere da MP OMISSIS, IMG, B4 Capital e B4 Italia/BE4, volta ad alterare le gare, determinando il contenuto delle offerte economiche nelle procedure indette dalla Lega Calcio per la vendita dei diritti televisivi relativi alla trasmissione all’estero delle partite di Serie A, Coppa Italia e Supercoppa Italiana svoltesi nell’ultimo decennio, così vanificando gli obiettivi sottesi allo svolgimento delle procedure competitive.

2. La ricorrente B4 Capital formula, in primo luogo, un gruppo di censure di carattere procedimentale, compendiate nei primi due motivi di impugnazione.

3. Deve rilevarsi l’infondatezza del primo motivo, con il quale si contesta la circostanza che il provvedimento è stato adottato da un collegio composto da soli due componenti, diversi dal presidente. Questo Collegio condivide le argomentazioni rese in argomento nella recente pronuncia di questa Sezione n. 11330 del 26 settembre 2019. La richiamata sentenza ha chiarito che sebbene l’art. 10 L. 287/90 preveda che l’Autorità è un organo collegiale, costituito da tre membri compreso il presidente (come da modifica di cui all’art. 23, comma 1, lett. d), D.L. 201/11 come convertito in legge n. 214/11), nulla aggiunge sul numero minimo di componenti per assumere una decisione. Inoltre, ha rammentato che la giurisprudenza ha già chiarito che l'Agcm non costituisce collegio perfetto ed è demandata ad essa stessa, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 6, L. 287/90, la definizione dell'assetto e delle maggioranze, con riferimento al quorum sia strutturale sia funzionale (Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 652; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 7 aprile 1999, n. 873). Il Regolamento sul funzionamento dell’Agcm (delibera n. 26614 del 24 maggio 2017) conferma tutto ciò, prevedendo: a) all’art. 3, l’assenza del presidente o un suo impedimento, con funzioni assunte temporaneamente dal componente con maggiore anzianità nell’ufficio o, in caso di pari anzianità, dal più anziano di età; b) all’art. 6, che per la validità delle riunioni dell’Autorità è necessaria la presenza del presidente e di un componente, ovvero di due componenti; c) all’art. 7, che le deliberazioni dell’Autorità sono adottate a maggioranza dei votanti e in caso di parità prevale il voto del presidente ovvero, in sua assenza, del componente che ne assume temporaneamente le funzioni ai sensi dell’art. 3, comma 2.

Le modalità con cui è stata assunta la decisione impugnata, pertanto, appaiono conformi alla regolamentazione e alla legge che disciplinano il funzionamento dell’Autorità, e si sottraggono alle critiche di compatibilità con le norme costituzionali in quanto funzionali ad assicurare la continuità dell'azione amministrativa.

Inoltre, il Consiglio di Stato, in relazione a situazione comparabile a quella in esame relativa ad altra Autorità indipendente (ma riferibile a tutte le autorità indipendenti per le quali è stata prevista la riduzione del numero dei componenti dell’organo di vertice), ha chiarito che la disposizione sul valore “doppio” del voto del presidente si comprende agevolmente considerando che tutti i collegi posti al vertice delle autorità indipendenti (che non sono considerati collegi perfetti) sono stati portati a tre componenti (con le sole eccezioni dell’AGCom e della Commissione di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici) e che tale riduzione del numero dei componenti ha reso assai più probabile il verificarsi di situazioni di “impasse” conseguenti all’astensione o all’impedimento di uno dei componenti del collegio, con conseguente necessità di evitare che, in ragione di tale impedimento o assenza, l’attività dell’Autorità risulti di fatto paralizzata, con chiaro vulnus al principio costituzionale di buon andamento (Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2016, n. 4936).

4. Sono infondate anche le doglianze sollevate nel secondo motivo e relative alla adozione di una seconda CRI, in cui gli uffici hanno diversamente configurato la fattispecie contestata, ritenendo che le condotte delle parti costituivano una singola intesa unica e complessa e non due intese distinte, come invece prospettato nella prima CRI. Al riguardo, deve osservarsi che la delibera adottata il 3 ottobre 2018 dall’Autorità statuiva che, alla luce delle obiezioni sollevate dalle Parti nelle proprie memorie e in sede di audizione finale, era necessario chiarire “le posizioni delle società B4 Capital SA e B4 Italia S.r.l. in liquidazione, anche rispetto ai rapporti con BE4 Sarl Luxembourg che, alla data del 3 ottobre 2018, non era Parte del presente procedimento, eventualmente anche al fine di verificare e accertare la sussistenza di elementi per pervenire a una diversa configurazione della fattispecie contestata”. Prevedeva, altresì, la trasmissione alle parti di una nuova CRI al fine di consentire alle stesse il pieno esercizio del diritto di difesa. Dunque, l’approfondimento istruttorio che ha condotto alla NCRI prefigurava anche la possibilità di pervenire a una diversa configurazione della fattispecie contestata e nel fare ciò non presentava alcun “autovincolo” a mutare l’impianto accusatorio solo laddove fosse emersa una diversa relazione intersoggettiva tra B4 Capital e B4 Italia/BE4 e non più un unico centro di imputazione come prefigurato nella prima CRI. Neppure un simile vincolo è raffigurabile in relazione all’acquisizione di elementi di prova nuovi, ben potendo la diversa configurazione della fattispecie essere correlata al mutato apprezzamento delle evidenze già acquisite, anche in ragione delle informazioni successivamente chieste dalle parti del procedimento (cfr. i paragrafi 53 e ss. del provvedimento impugnato). Deve, inoltre, escludersi una possibile portata invalidante del vizio procedimentale prospettato, non risultando alcuna compressione dei diritti di difesa della ricorrente, che ha potuto ampiamente esercitare le proprie prerogative nel corso del procedimento avviato a seguito della NCRI. Dunque, anche tale censura si palesa infondata.

5. Le successive censure sviluppate nel gravame si incentrano sul merito della decisione assunta dall’Autorità, avuto riguardo alla sussistenza di un unico centro decisionale tra B4 Capital con BE4 (e la controllata B4 Italia), alla presenza di una intesa di tipo trilaterale con MP OMISSIS e IMG e alla insufficienza delle evidenze acquisite a suffragare l’impianto accusatorio, anche in ragione delle peculiarità del mercato di riferimento.

6. Occorre premettere un breve richiamo ai principi comunitari in materia di imputazione degli illeciti antitrust che, partendo da una concezione funzionalistica della nozione di impresa, giungono ad affermare che «[n]ell'ambito del diritto della concorrenza la nozione d'impresa dev'essere intesa nel senso ch'essa si riferisce ad un'unità economica […] anche se sotto il profilo giuridico quest'unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche» (Procedimento C-170/83 Hydrotherm ECLI:EU:C:1984:271, punto 11. Cfr. anche causa T-137/02 Pollmeier Malchow/Commissione ECLI:EU:T:2004:304, punto 50).

La dottrina dell’unica entità economica postula, quindi, che, a prescindere dalla sussistenza di più soggetti formalmente distinti sotto il profilo giuridico, essi possono comunque considerarsi, alla luce della presenza di una partecipazione di controllo o di legami funzionali, economici od organici, come un soggetto unitario ai fini dell’applicazione della normativa “antitrust”. In sostanza, se è possibile rintracciare un comportamento unitario nel mercato, entità distinte giuridicamente appartengono alla medesima “impresa” (Corte, 14-12-2006, causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, in Raccolta, I-11987, § 41).

7. L’Autorità ha individuato plurimi, decisivi fattori, descritti ai parr. da 364 a 384 del provvedimento, che dimostrano come l’operato delle tre società fosse riconducibile alla medesima entità economica, facente capo a uno stesso gruppo di persone fisiche che agivano sul mercato creando sistematicamente nuove società, tutte destinate successivamente ad essere poste in liquidazione. L’identità dei tre soggetti operanti si affiancava alla chiara capacità di influenzare direttamente le scelte delle tre società, in ragione delle quote societarie possedute (il 100% di BE4, a sua volta controllante totalitaria di B4 Italia, e il 57% di B4 Capital) e dalle cariche amministrative, nonché dei ruoli operativi, da questi rivestiti in B4 Capital. Il provvedimento (cfr. par. 372) ha correttamente tenuto conto del fatto che anche nei rapporti tenuti da BE4 /B4 Italia, da un lato, e B4 Capital, dall’altro, con interlocutori esterni, tali società vengono considerate un’unica entità economica. E’ anche evidenziato nell’istruttoria la continuità dell’operato unitario delle tre società nel mercato di riferimento: infatti, dopo le prime gare risalenti al 2009, le parti del procedimento proseguono con B4 Capital le pattuizioni avute precedentemente con BE4 /B4 Italia e con le persone fisiche che ne detenevano il controllo (cfr. il par. 371).

Ne consegue che è stato ampiamento dimostrato, alla luce delle numerose evidenze raccolte, come le tre società operassero nel mercato come un unico soggetto, sul piano economico e organizzativo, che perseguiva le medesime iniziative imprenditoriali. Non deve neppure sottacersi che l’elemento personale in comune nelle tre imprese, pur non costituendo, per le ragioni sopra descritte, il solo fattore in grado di dimostrare la presenza di un’unica entità economica, assume una particolare rilevanza nel caso di specie, ove viene in considerazione l’attività di vendita dei diritti internazionali sportivi, tenuto conto della natura degli affari gestiti e della necessità di avere una conoscenza dei mercati locali e del soggetto banditore. Bene ha fatto, quindi, l’Autorità a calibrare la propria analisi dei profili soggettivi delle società BE4/B4 Italia e B4 Capital partendo da questa imprescindibile considerazione (cfr. il par. 365).

8. Anche le doglianze avverso l’accertamento della sussistenza di una intesa trilaterale non colgono nel segno.

Giova rammentare che l’art. 101 cit. (così come l’art. 2 della legge n. 287/1990) stabilisce che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d’imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno.

La funzione della disposizione è quella di tutelare la concorrenza nel mercato, al fine di garantire il benessere dei consumatori e un’allocazione efficiente delle risorse.

Ne deriva che, sulla base dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza, ciascun operatore economico deve determinare in maniera autonoma il suo comportamento nel mercato di riferimento (Case C-49/92 Commission v. Anic Partecipazioni S.p.a. [1999] ECR I-4125).

Nel fare ciò, l’operatore terrà lecitamente conto delle scelte imprenditoriali note o presunte dei concorrenti, non essendogli, per contro, consentito instaurare con gli stessi contatti diretti o indiretti aventi per oggetto, o per effetto, di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti a quelle normali del mercato, vale a dire, di influenzare il comportamento di un concorrente o di mettere al corrente tale concorrente in ordine al comportamento che l’impresa stessa abbia deciso di porre in atto (Anic, cit.; Cases 40-48, 50, 54-56, 111, 113 e 114/73 Cooperatieve Verenigning ‘Suiker Unie’ UA v Commission [1975] ECR 1663 C- 40/73; Consiglio di Stato, sez. VI, 27 giugno 2014, n. 3252, I722 – Logistica Int. - ITK Zardini).

Tali contatti vietati possono rivestire la forma dell’”accordo” ovvero quella della “pratica concordata”.

La fattispecie dell'”accordo” ricorre quando le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, e ciò, anche senza fare ricorso ad un (formale o meno) “contratto” (Corte UE, Case 41, 44 e 45/69 ACF Chemiefarma NV v Commission [1970] ECR 661) o ad altro documento scritto (Polypropylene [1986] OJ L230/1, § 81).

La pratica concordata, invece, corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo formale ed esplicito, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse al rischio competitivo, influenzando ugualmente in tal modo le condizioni di piena concorrenza sul mercato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4.9.15, n. 4123; Corte UE, Cases 48-57 ICI v. Commission [Dyestuffs 1972] ECR 619, § 64; Suiker Unie, cit.).

L’esistenza di una pratica concordata, considerata la (estremamente) difficile acquisibilità della prova di essa in tal senso tra i concorrenti (c.d. “smoking gun”), viene ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.

In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti. Sempre in materia probatoria deve poi essere considerata la distinzione tra elementi di prova “endogeni”, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi “esogeni”, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni. La collusione può essere provata anche “per inferenza”, dalle circostanze del mercato (Corte UE, Case 172/80 Zuechner v Bayerische Vereinsbank [1981] ECR2021).

La differenza tra le due fattispecie e le correlative tipologie di elementi probatori – “endogeni” ed “esogeni” - si riflette sul soggetto sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.

In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti, se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, in tal modo, di dare una diversa spiegazione in chiave concorrenziale dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.

Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata solo sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere state frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni “in concreto” tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (Cons. Stato, Sez. VI, 13.5.11, n. 2925).

A ciò si aggiunga che deve ricordarsi il principio in base al quale le singole condotte delle imprese devono essere valutate tenendo conto del quadro complessivo della fattispecie esaminata dall’Agcm e non in modo “atomistico”.

Ciò perché, in materia di intese restrittive, i singoli comportamenti delle imprese, che presi isolatamente potrebbero apparire privi di specifica rilevanza “anticoncorrenziale”, qualora si rivelino elementi di una fattispecie complessa, come nel caso di specie, devono essere considerati quali “tasselli di un mosaico”, i cui elementi non sono significativi “in sé”, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della libertà di concorrenza.

In tale ipotesi, è sufficiente che l’Autorità tracci un quadro indiziario coerente ed univoco, a fronte del quale spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione “anticoncorrenziale” (Cons. Stato, Sez. VI, 2.7.18, n. 4010, 30.6.16, n. 2947 e 11.7.16, n.3047).

Sul piano della prova, non può inoltre trascurarsi come usualmente le attività derivanti da pratiche e/o accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo non dichiarato, con contatti e riunioni con oggetto non esplicito in tal senso e che la documentazione ad esse relativa sia ridotta al minimo, sicché, anche qualora l’Autorità scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela inevitabile e, spesso, necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni, con la conseguenza per la quale, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica e/o di un accordo “anticoncorrenziale” deve essere inferita da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati “nel loro insieme”, possano costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova indiziaria di una violazione delle norme sulla concorrenza (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4010/18 cit.).

Tenuto conto della notorietà del divieto di partecipare ad accordi anticoncorrenziali e in conformità all’orientamento espresso dalla giurisprudenza comunitaria, non si può pretendere che l’Agcm riscontri, e quindi produca, documenti attestanti in modo esplicito un accordo o ancor più una pratica concordata tra gli operatori interessati, dovendo gli elementi frammentari e sporadici di cui l’Autorità dispone in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostituire taluni dettagli, attraverso un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati nel loro insieme, possano rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

Per questo la giurisprudenza, consapevole della rarità dell’acquisizione della prova piena (la ricordata “smoking gun”), quali testo dell’intesa, documentazione inequivoca, confessione dei protagonisti, e della conseguente vanificazione pratica delle finalità perseguite dalla normativa “antitrust” che scaturirebbe da un atteggiamento troppo rigoroso, reputa necessaria ma sufficiente in questa materia l’emersione di indizi, con la precisazione che la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta necessariamente che la stessa abbia una “forza” attenuata (Cons. Stato, Sez. VI, n. 2947/16 cit. e 18.5.15, n. 2514).

I comportamenti lesivi della concorrenza ben possono desumersi anche sulla base di un uso di facoltà e/o di diritti riconosciuti dall'ordinamento, dei quale si faccia però un impiego strumentale e non coerente con il fine per il quale essi sono riconosciuti.

Ciò che rileva a fini “antitrust”, infatti, non è la legittimità o meno di una specifica condotta, ma [..] la portata anticoncorrenziale di una serie di atti, anche, in tesi, in sé legittimi si colorano come elementi indicatori di un intento o effetto anticoncorrenziale; del resto, diversamente opinando si perverrebbe al risultato, inaccettabile, per cui l'illecito concorrenziale sarebbe pressoché inconfigurabile, grazie al semplice fatto che consiste il più delle volte in comportamenti analiticamente leciti se visti solo alla luce di settori dell'ordinamento diversi da quello della concorrenza. Molteplici istituti civilistici sono infatti “neutri” ai fini “antitrust”, dovendo essere verificato in concreto il loro utilizzo a fini anticoncorrenziali (Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2016, n. 2947).

Inoltre, in presenza di un illecito collusivo ripetuto da imprese diverse per un certo periodo di tempo, caratterizzato in parte da accordi e in parte da pratiche concertate, com’è nel caso all’odierno esame, la caratterizzazione della violazione come una singola collusione comporta la considerevole conseguenza, rilevante in tema di partecipazioni assuntivamente “minori” o “marginali” alla concertazione anticompetitiva, che un partecipante sia ritenuto responsabile per tutte le azioni del cartello, anche se non abbia preso personalmente parte alla totalità di esse, una volta che abbia deciso di assentire alla concertazione medesima.

Ciò, in quanto, il cartello è una collusione (“conspiracy”) dei suoi membri e, per l’effetto, anche coloro la cui partecipazione sia stata limitata, per non aver preso parte a tutti gli aspetti dell’accordo anticompetitivo o per avervi svolto un ruolo minore, contribuiscono alla cospirazione complessiva. E pertanto, anche un partecipante in possesso di una quota minore nel mercato di riferimento può contribuire alla collusione (Tar Lazio, Sez. I, 25 luglio 2016, nn. 8500 e 8502), purché, in una siffatta eventualità, si accerti che l’impresa che assuma di avere avuto una partecipazione limitata nella concertazione anticompetitiva intendesse contribuire agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che fosse consapevole della condotta pianificata o fosse almeno in grado di prevederla (Case Anic, cit., par. 87 e parr. 203-7; Joined Cases T-101/05 BASF AG and UCBSA v Commission [2007] ECR II-4949; Tar Lazio, Sez. I, 25 luglio 2016, nn. 8500 e 8502).

9. L’Agcm, nella presente fattispecie, ha accertato la sussistenza dell’accordo anticoncorrenziale nel rispetto delle surriferite coordinate interpretative.

L’Autorità ha accertato che le parti del procedimento avevano posto in essere un’intesa unica e complessa iniziata il 20 agosto 2008, data in cui si ha evidenza dei contatti fra un dirigente di IMG e BE4, e conclusasi il 22 giugno 2015, giorno in cui l’assemblea della Lega Calcio ha deliberato di voler accettare, con riferimento alla gara per i diritti televisivi della Coppa Italia e Supercoppa Italiana - Stagioni 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018, l’offerta più alta tra quelle ricevute, ossia quella presentata da B4 Capital. Ha ritenuto che “per tutte le gare a prescindere dall’effettiva partecipazione alla gara e/o della condotta tenuta nel corso della stessa, le condotte sono imputabili a MP OMISSIS, IMG, BE4 Sarl/B4 Italia e B4 Capital, posto che le Parti hanno posto in essere accordi precedenti alla formulazione delle offerte che hanno portato all’aggiudicazione secondo gli esiti concordati o comunque partecipato alle procedure di gara e alla successiva ripartizione degli utili derivanti dallo sfruttamento commerciale dei diritti internazionali” (cfr. par. 387).

10. In primo luogo, deve escludersi che nel mercato di riferimento non potesse configurarsi un divieto di interlocuzione tra i partecipanti alle procedure per l’assegnazione dei diritti televisivi, in ragione della natura “informale” delle stesse. Tali procedure, infatti, sono sottoposte a specifica regolamentazione da parte del D. Lgs. n. 9 del 2008 (cd. Decreto Melandri), con il precipuo scopo di “garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale, ed a disciplinare la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti, in modo da garantire l'equilibrio competitivo fra i soggetti partecipanti alle competizioni e da destinare una quota di tale risorse a fini di mutualità” (cfr. l’art. 1 del D. Lgs. n. 9 del 2008). Dunque, è evidente che anche nell’ambito di tali “gare” si impone il divieto per i partecipanti di adottare condotte in grado di eliminare il reciproco confronto competitivo, così vanificando gli obiettivi sottesi alla procedura di assegnazione.

11. Passando all’esame delle condotte contestate e del contenuto dell’intesa, secondo la ricostruzione dell’Autorità le parti operavano attraverso un meccanismo ripartitorio, secondo il quale attraverso la stipula dei singoli accordi MP OMISSIS acquisiva i diritti della Serie A, BE4 Sarl/B4 Italia e B4 Capital quelli della Coppa Italia e Supercoppa e, mediante le sub-licenze, i suddetti assegnatari scambiavano tra di essi e con IMG i diritti, suddividendone gli oneri ed i ricavi.

12. La ricorrente contesta la ricostruzione della “trilateralità” dell’intesa in relazione alla sua incapacità, in ragione delle ridotte dimensioni, di incidere in alcun modo sulle gare per i diritti internazionali della Serie A. Tuttavia, alla luce dell’unitarietà del centro di imputazione costituito da B4 Capital e B4 Italia/BE4, sussistono precisi elementi che corroborano la tesi dell’unicità del disegno collusivo, in ragione di accordi e contatti tra tali parti del procedimento e MP OMISSIS, che attestano l’interesse a ottenere, in via spartitoria, anche la sub-licenza di diritti televisivi relativi al segmento “Campionato”. Tali elementi, sintetizzati nella tabella 2 presente nel provvedimento impugnato, su cui ci si soffermerà approfonditamente in seguito, uniti alla sistematica acquisizione dei diritti per le Coppe, dimostrano la partecipazione della parte ricorrente al disegno collusivo generale e rendono credibile l’affermazione dell’Autorità secondo cui tale partecipazione era funzionale alla “ricerca di un equilibrio collusivo per i diritti della serie A, altrimenti potenzialmente più instabile” (par. 311).

13. La circostanza, poi, che B4 Capital fosse un operatore di dimensioni ridotte rispetto agli altri players operanti sul mercato non rileva ai fini della sussistenza dell’intesa, alla luce delle considerazioni svolte circa la rilevanza di condotte “marginali” da parte di operatori tuttavia partecipi e consapevoli dell’unico disegno collusivo.

14. Neppure assume rilievo la circostanza che IMG, nella sua qualità di leniency applicant, non abbia confermato l’esistenza di una intesa trilaterale: è sufficiente, in proposito, richiamare quanto condivisibilmente affermato da questa Sezione in argomento: <<le informazioni rese dall’”applicant”, onerato di fornire tutto quanto in proprio possesso che possa assumere rilevanza nell’indagine “antitrust”, così come la particolare lettura che egli dovesse proporre di taluni aspetti delle condotte esaminate, non limitano in alcun modo il potere dell’Autorità di libera valutazione giuridica dei fatti acquisiti; al contrario, come ha avuto modo di rilevare la giurisprudenza, è nelle cose che l’accertamento dell’illecito contenuto nel provvedimento finale dell’Autorità possa risultare diverso, anche solo in parte, rispetto al fatto rappresentato e ammesso dall’impresa collaborante in sede di ammissione al programma di clemenza (Cons. Stato, Sez.VI, 29.1.16, n. 362). In altri termini, acquisito il “set informativo” ed il corredo probatorio necessario e in concreto sufficiente, spetta esclusivamente ad AGCM valutare, in completa autonomia, la rilevanza a fini del diritto della concorrenza delle pratiche rilevate>> (cfr. Tar Lazio, sez. I, 20 aprile 2018, nn. 4404, 4405, 4406).

15. La circostanza, poi, che nei confronti della ricorrente sia stata individuata una diversa data conclusiva dell’intesa, rispetto a quella individuata riferibile a IMG, non scalfisce la validità del provvedimento, ben potendo una delle condotte collusive essersi arrestata prima delle altre.

16. La parte ricorrente sottolinea anche, a sostegno della tesi dell’irrazionalità delle deduzioni svolte dall’Autorità che il procedimento penale da parte della Procura della Repubblica di Milano, che aveva inizialmente segnalato all’Agcm l’esistenza di un possibile illecito concorrenziale, si è concluso con l’archiviazione. La deduzione non coglie nel segno in quanto vengono in considerazione due tipi di accertamento, quello penale e quello antitrust, che operano su piani differenti e che, nello specifico, hanno anche riguardato soggetti ed evidenze istruttorie diverse.

Quanto, poi, al “rifiuto” da parte dell’Autorità di approfondire sul piano istruttorio il ruolo di Infront, advisor della Lega Calcio, che secondo la tesi di parte ricorrente sarebbe confliggente con l’esito del procedimento penale, da cui si evinceva l’esistenza di “accordi clandestini” tra il management di Infront e MP OMISSIS diretti alla cessione dei diritti esteri, deve osservarsi che la pretermissione nel procedimento antitrust di un soggetto incide sulla legittimità del relativo provvedimento sanzionatorio solo ove l’operato di tale figura, rimasta estranea al disegno collusivo ricostruito dall’Autorità, renda totalmente implausibile o comunque alteri in maniera significativa il quadro fattuale ricostruito nel procedimento sanzionatorio. Non è così nel caso di specie, ove eventuali comportamenti non leciti dell’advisor si inserivano, senza tuttavia mutarne l’obiettiva rilevanza anticoncorrenziale, nello scenario delineato dall’Autorità, ove le parti del procedimento tenevano condotte collusive contrarie alla disciplina antitrust e volte a spartirsi il mercato dei diritti sportivi televisivi per l’estero.

17. Passando all’esame delle condotte oggetto di contestazione e delle prove raccolte nel corso del procedimento, deve innanzitutto rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente, che presuppone una inammissibile visione atomistica dei fatti oggetto di contestazione e non tiene conto del fatto che i comportamenti sanzionati erano tutti precostituiti alla realizzazione di un unico obiettivo, sicché, a fronte dell’unitarietà dell’infrazione accertata e della presenza di un illecito permanente, che non si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione non inizia a decorrere se non con la cessazione dell’infrazione complessivamente considerata (in termini, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 luglio 2019, n. 4874).

Le evidenze raccolte hanno condotto l’Autorità ad accertare l’esistenza di una intesa di carattere segreto, risultata restrittiva della concorrenza per oggetto, in violazione dell’articolo 101 del TFUE, in quanto posta in essere attraverso il coordinamento delle offerte economiche nelle procedure di vendita per l’assegnazione dei diritti internazionali di trasmissione e la precedente stipula di accordi ripartitori. Il meccanismo concertativo attraverso cui si realizzava il disegno collusivo si sviluppava attraverso le assegnazioni sistematiche al medesimo soggetto delle gare, secondo lo schema: MP OMISSIS=Serie A; BE4/B4 Italia/B4 Capital=Coppa Italia/Supercoppa, cui si accompagnavano contratti di sub-licenza a favore di IMG.

Tale essendo l'illecito collusivo accertato nel procedimento de quo, l’Autorità non era tenuta a svolgere ulteriori accertamenti volti a verificare se l'intesa avesse in concreto prodotto effetti anticoncorrenziali sul mercato, una volta stabilito il suo oggetto anti-competitivo.

Per consolidata giurisprudenza, infatti, “…alcune forme di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l'esame dei loro effetti non sia necessario. Secondo la medesima giurisprudenza, si tratta in particolare, delle forme di coordinamento tra imprese c.d. "per oggetto"- come la fissazione di prezzi o la spartizione del mercato, ed in particolare, come nel caso all’esame, il coordinamento nella partecipazione alle gare d'appalto (c.d. “bid rigging”) [o a procedure consimili, n.d.r.] — che possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, perché la probabilità di effetti negativi è talmente alta da rendere inutile la dimostrazione degli effetti concreti sul mercato, ai fini dell'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 1, CE” (Tar Lazio, Sez. I, 16 novembre 2015, nn. 12931, 12932, 12933, 12934, 12935).

Non rilevano, quindi, le censure di parte ricorrente circa l’asserita carenza di effetti dell’intesa, trattandosi di circostanza che può al più rilevare, nell’ambito del presente giudizio, ai fini della valutazione circa la gravità dell’illecito e, quindi, della quantificazione della sanzione.

18. Quanto al quadro probatorio, l’Autorità ha raccolto e fondato la sua istruttoria su un robusto “set” di prove esogene, la cui rilevanza e significatività non viene scalfita dalle deduzioni di parte ricorrente.

19. In primo luogo, la ricorrente non può essere seguita laddove sostiene che gli accordi di sub-licenza intercorsi tra le parti costituirebbero una prassi di mercato imprescindibile, in ragione della difficoltà per molti degli operatori ivi coinvolti di coprire efficientemente l’intero mercato mondiale. Non vi era, infatti, motivo, per le parti, se non quello di realizzare una preventiva spartizione del mercato, di disciplinare l’esito della commercializzazione a valle in caso di aggiudicazione, nonostante una formale partecipazione separata alla gara. In tal senso, è evidente l’intento collusivo perseguito da BE4 tramite l’accordo di collaborazione commerciale con MP OMISSIS con cui, prima dell’invito a offrire relativo alla gara del 2009 per i diritti del Campionato, le parti si accordano per la gestione congiunta dei diritti oggetto della gara. L’accordo in questione prevedeva che MP OMISSIS “parteciperà, direttamente o mediante società collegate o consociate, alla procedura competitiva indetta dalla Lega Calcio per l’assegnazione dei Diritti, rispondendo al relativo Invito, secondo i termini finanziari che saranno discussi e previamente concordati tra le parti”. La circostanza che l’anno successivo l’accordo sia stato ceduto da BE4 ad un altro soggetto non scalfisce la rilevanza probatoria dello stesso, che dimostra la sussistenza di contatti tra le parti prima della gara, volti al coordinamento delle offerte e alla successiva spartizione degli utili.

20. Sempre in relazione ai diritti televisivi per il Campionato di serie A, anche in relazione alla gara del 2014 per le edizioni 2015-2018 l’Autorità ha rilevato indizi di una partecipazione all’intesa della ricorrente, sotto forma di interlocuzioni con MP OMISSIS (cfr. par. 144 e ss.). Nonostante il tentativo della ricorrente di sminuire tale circostanza (in quanto l’interlocuzione si sostanzierebbe nella presenza di una bozza di mail mai inviata), appare anche in questo caso evidente la gravità indiziaria di quanto emerso. Numerose evidenze attestano, poi, la volontà delle parti di favorire B4 Italia/BE4 e B4 Capital nell’assegnazione dei diritti televisivi per Coppa Italia e Supercoppa. Avuto specifico riguardo alla gara per le Coppe 2015, l’accordo (tra la sola MP OMISSIS e B4 Capital) emerge da intercettazioni telefoniche, da cui si evince che MP OMISSIS aveva promesso che si sarebbe astenuta dal presentare offerte, lasciando così “campo libero” alla presunta rivale.

21. Ulteriori altri elementi sono stati raccolti a dimostrazione della sussistenza dell’intesa, compendiati nella richiamata tabella n. 2 del provvedimento impugnato, che costituiscono, nel loro insieme, un quadro probatori ampiamente in grado di suffragare la ricostruzione dell’illecito antitrust nei termini delineati dall’Autorità.

22. Dunque, le censure complessivamente sollevata dalla parte ricorrente avverso l’esistenza dell’intesa anticoncorrenziale non possono trovare accoglimento.

23. Devono ora scrutinarsi le doglianze riguardanti la quantificazione della sanzione, la cui misura è contestata dalla parte ricorrente sotto numerosi profili, riguardanti il giudizio espresso dall’Autorità sulla gravità, segretezza e durata dell’intesa, il ruolo rivestito dalla ricorrente nel complessivo disegno collusivo e l’applicazione di una entry fee.

24. L’Autorità ha qualificato l’intesa come “molto grave” in quanto volta a coordinare le offerte presentate nell’ambito delle gare indette dalla Lega Serie A e tenuto conto della “particolare rilevanza per le squadre di calcio degli introiti ricavati dalla commercializzazione di tali diritti e la circostanza che l’intesa ha avuto concreta attuazione posto che uno dei soggetti interessati si è sempre aggiudicato la gara, consentendo la successiva ripartizione degli utili tra le parti” (cfr. par. 415).

Applicando il punto 12 delle Linee guida sanzioni che prevede che “la percentuale del valore delle vendite considerata sarà di regola non inferiore al 15%”, l’Autorità ha fissato la percentuale del valore della base di calcolo dell’infrazione nel 20% in quanto si tratta di un’intesa in violazione dell’articolo 101 del TFUE orizzontale, di ripartizione del mercato e di carattere segreto. La percentuale appare del tutto congrua, attesa la natura dell’intesa. In argomento, non può dubitarsi del carattere segreto dell’intesa, che si è sviluppata attraverso lo scambio di informazioni (per mezzo di e-mail e colloqui telefonici) condivise solo tra le parti, nonché tramite la conclusione di accordi non soggetti ad alcuna forma di pubblicazione o di comunicazione a terzi. Parimenti, corretta è la delimitazione della durata dell’intesa, che nei confronti della ricorrente è stata individuata, tenendo conto dell’unitarietà del centro di imputazione costituito da B4 Capital e B4 Italia/BE4, nell’intervallo temporale che va dal 12 agosto 2008 al 22 giugno 2015.

La presunta “informalità” delle procedure di gara e la posizione di superiorità negoziale del “banditore” non sono, poi, elementi in grado di elidere la gravità delle condotte censurate.

La percentuale applicata risulta anche congrua in ragione del decremento del valore dei diritti internazionali, a fronte del documentato incremento successivamente all’intervento dell’Autorità (cfr. par. 340 e ss.).

25. Quanto alla richiesta di ottenere una riduzione della sanzione in forza della attenuante prevista al par. 23, terzo trattino, delle Linee guida, osserva il Collegio che essa presuppone la dimostrazione “di aver svolto un ruolo marginale alla partecipazione dell’infrazione, provando altresì di non aver di fatto concretamente attuato la pratica illecita”, che nel caso di specie, avuto riguardo alla piena partecipazione della ricorrente all’intesa, non può trovare applicazione.

26. La circostanza, poi, che la sanzione finale irrogata sia superiore a quella di IMG non presenta profili di irragionevolezza ma è conforme al particolare regime di benefici previsto normativamente in favore del leniency applicant.

27. Deve, invece, trovare accoglimento la censura relativa all’applicazione di un importo supplementare a titolo di entry fee.

Il punto 17 delle linee guida prevede che “l’Autorità potrà considerare opportuno l’inserimento nell’importo di base di un ammontare supplementare compreso tra il 15% e il 25% del valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione”.

L’importo supplementare in questione è applicabile al fine di “inspessire” l’effetto deterrente della sanzione laddove l’Autorità usi un sopporto motivazionale che faccia comprendere la necessità di tale “rinforzo”, come si evince dalla locuzione “potrà considerare opportuno” contenuta nel suddetto punto 17, in relazione alle singole imprese e al loro effettivo comportamento.

Nel caso di specie è assente, invece, una motivazione che faccia comprendere per quale ragione la ricorrente debba essere oggetto di un “effetto deterrenza” rinforzato ai sensi del punto 17. Tenuto conto delle ridotte dimensioni economiche della esponente, specie se comparate a quelle di IMG e MP OMISSIS, il Collegio ritiene che sia assente la necessità di ulteriore deterrenza.

Pertanto, è necessario un ricalcolo della sanzione da parte dell’Agcm, che dovrà sottrarre l’“entry fee” del 15% come applicata.

28. In conclusione, il Collegio, richiamando la sua giurisdizione con cognizione estesa al merito - che consente, ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), cpa, al giudice amministrativo di modificare, in base a una propria valutazione, la misura delle sanzioni pecuniarie comminate dall’Agcm - ritiene di fissare il parametro come sopra determinato per la concreta determinazione della sanzione da irrogare alla ricorrente e di rinviare gli atti all’Autorità affinché la stessa quantifichi, in concreto, l’importo della medesima conformandosi alle indicazioni della presente sentenza.

29. Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso deve essere accolto limitatamente all’importo della sanzione, che deve essere rideterminato dall’Autorità secondo quanto ora illustrato.

30. La complessità della fattispecie e il parziale accoglimento del ricorso giustificano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella sola parte che irroga la sanzione nei confronti della ricorrente, rinviando all’Autorità per la nuova, concreta quantificazione di essa alla luce delle indicazioni di cui alla parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Ivo Correale, Presidente FF

Laura Marzano, Consigliere

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario, Estensore

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