T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 8603/2020
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da Trapani Calcio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Raffaele Pelillo, Flavia Tortorella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini 17;
Lega Nazionale Professionisti Serie B non costituita in giudizio;
nei confronti
Benevento Calcio S.r.l.; F. C. OMISSIS S.r.l.; OMISSIS S.r.l.; OMISSIS Calcio S.r.l.; OMISSIS Calcio S.r.l.; A.S. OMISSIS S.r.l.; U.S. OMISSIS 1919 S.r.l.; A.C. OMISSIS; OMISSISS.p.a.; OMISSIS S.r.l.; A.C. OMISSIS 1909; A.C. OMISSIS Calcio S.r.l.; S.S. OMISSIS S.r.l.; OMISSIS 1936 S.p.a.; OMISSIS FC S.p.a.; OMISSIS F.C. S.r.l.; U.S. OMISSIS S.p.a.; OMISSIS S.r.l.; A.S. OMISSIS S.r.l., non costituite in giudizio;
per l'annullamento
della decisione emessa dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, Prot. n. 00528/2020 del 26.06.2020 nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per la società ricorrente, ancorché dalla medesima non conosciuto ed in particolare della delibera assunta dal Consiglio federale della FIGC dell’08 giugno 2020 e pubblicata in pari data con il Comunicato Ufficiale n. 208/A rubricato “Modalità di prosecuzione e di conclusione del Campionato di Serie B nonché definizione degli esiti della stagione sportiva 2019/2020”, e di ogni altro atto presupposto, annesso, connesso, collegato e conseguente alla predetta decisione.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2020 il dott. Raffaello Scarpato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, iscritta al Campionato di Serie B per la stagione sportiva 2019/2020, ha impugnato la decisione emessa dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, Prot. n. 00528/2020 del 26.06.2020, unitamente alla delibera assunta dal Consiglio federale della FIGC dell’08 giugno 2020 e pubblicata in pari data con il Comunicato Ufficiale n. 208/A rubricato “Modalità di prosecuzione e di conclusione del Campionato di Serie B nonché definizione degli esiti della stagione sportiva 2019/2020”.
La ricorrente ha premesso che, a seguito dell’interruzione del campionato di calcio a causa dell’emergenza epidemiologica legata al COVID-19, con Comunicato Ufficiale n. 196/A del 20 maggio 2020, il Consiglio Federale aveva emanato disposizioni finalizzate alla riattivazione delle competizioni professionistiche, rimandando ad un successivo comunicato la deliberazione sulle concrete modalità di attuazione.
Con successiva delibera datata 8 giugno 2020, la FIGC aveva poi pubblicato il Comunicato Ufficiale n. 208/A, relativo al campionato di Serie B, con il quale la competizione veniva riavviata a decorrere dal giorno 20 giugno 2020, secondo il calendario ordinario come comunicato dalla Lega di Serie B, ma senza chiarire quale formato diverso sarebbe stato prescelto per la conclusione della stagione sportiva in caso di nuova interruzione dovuta all’emergenza epidemiologica.
In ragione di tale mancata previsione, la ricorrente ha impugnato la delibera di cui al C.U. nr. 208/A dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, che con il provvedimento emarginato in epigrafe ha respinto il ricorso, determinando l’odierna impugnazione.
2. Si sono costituite la Federazione Italiana Giuoco Calcio ed il C.O.N.I., resistendo al ricorso ed eccependo, in via preliminare, la carenza di interesse a ricorrere e, nel merito, l’infondatezza della domanda.
3. All’udienza del 21.07.2020, a seguito di ampia ed approfondita discussione, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
4. Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.
5. Con quattro articolati motivi di ricorso la società ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1) violazione dei principi generali in tema di corrispondenza tra chiesto e pronunziato; mancata valutazione delle censure affidate al ricorso presentato dinanzi al Collegio di Garanzia del CONI; violazione principi processuali in punto allo scrutinio dei motivi di ricorso ed obbligo di relativa motivazione; travisamento dei fatti; violazione dei principi generali in tema di obbligo di motivazione delle decisioni giurisdizionali; carenza, quantomeno inidoneità della motivazione; errata valutazione dei presupposti; illogicità e ingiustizia manifesta.
In particolare, il Trapani Calcio ha censurato la decisione nella parte in cui il Collegio di Garanzia del CONI aveva accorpato e sovrapposto le impugnazioni avverso i C.U. 208/A e 209/A, licenziandole con unica decisione, che non aveva tenuto in debito conto le differenze dei petita sottesi a ciascuna domanda.
2) Violazione dei principi generali in tema di corrispondenza tra chiesto e pronunziato, in una con l’omessa valutazione delle censure affidate al ricorso presentato dinanzi al Collegio di Garanzia del CONI; violazione dei principi processuali in punto allo scrutinio dei motivi di ricorso ed obbligo di relativa motivazione; travisamento dei fatti; carenza, quantomeno inidoneità della motivazione; errata valutazione dei presupposti; illogicità ed ingiustizia manifesta.
In particolare, la ricorrente ha dedotto che il C.U. nr. 208/A non aveva dato puntuale applicazione al precedente C.U. nr. 196/A. Quest’ultimo, infatti, aveva previsto che il Consiglio Federale avrebbe dovuto determinare, prima della ripresa delle singole competizioni secondo il calendario ordinario, i criteri di definizione degli esiti delle competizioni laddove, in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le stesse fossero state nuovamente sospese in via definitiva.
A fronte di tale premessa, nel C.U. nr. 208/A, la FIGC non aveva assunto alcuna determinazione puntuale e concreta, essendosi limitata a prevedere la possibilità di adottare un “formato diverso con brevi playoff e playout”, in caso di nuova sospensione del campionato senza possibilità di ripresa.
Ciò posto, la ricorrente ha censurato anche la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport nella parte in cui l’organo giustiziale, arrogandosi poteri non riconosciuti dalla legge, aveva ritenuto sufficiente ed idonea la previsione, da parte della FIGC nel C.U. nr. 208/A, del “formato diverso con brevi playoff e playout”, ritenuta invece dalla ricorrente previsione eccessivamente astratta e, comunque, inidonea a stabilire in precedenza le regole del gioco in caso di nuova sospensione delle competizioni.
3) Violazione e falsa applicazione dei principi dettati dal Consiglio Federale della FIGC con la deliberazione pubblicata con il C.U. 196/A; violazione dei principi generali in tema di obbligo di cooperazione tra componenti federali nell’adozione di misure organizzative e di gestione dei campionati; violazione degli artt. 3 e 27 dello Statuto della FIGC.; violazione dei principi e dei criteri dettati dalla UEFA con la circolare 24/2020; errata valutazione dei presupposti; illogicità ed ingiustizia manifesta.
Con tale motivo di ricorso il Trapani Calcio ha censurato la decisione impugnata alla luce delle direttive UEFA e dello Statuto della FIGC, per non aver proceduto d’intesa con le Leghe interessate, prendendo unilateralmente la decisione di non determinare fin da subito le modalità di definizione del campionato in caso di nuova sospensione, non potendo ritenersi sufficiente l’utilizzo della formula astratta “formato diverso con brevi play-off e play-out”.
4) Omessa pronunzia; violazione delle regole generali di programmazione e pianificazione dell’attività agonistica professionistica per mancata valutazione degli effetti patrimoniali derivanti; errata valutazione dei presupposti; illogicità, perplessità ed ingiustizia manifesta.
In particolare, con tale ultimo motivo la ricorrente ha dedotto che, mentre la Circolare UEFA indicata ai punti precedenti aveva auspicato che la conclusione dei Campionati avvenisse senza mettere al rischio la stabilità finanziaria a lungo termine dei singoli Club, questi ultimi non erano stati coinvolti nelle scelte e nelle modalità di definizione alternative delle competizioni in caso di nuova sospensione, come invece avrebbero dovuto, in ragione delle ripercussioni economiche correlate con la ripresa dei campionati in stato di emergenza da COVID-19.
6. Sono inammissibili per carenza di interesse a ricorrere i primi due motivi di ricorso.
E’ parzialmente inammissibile per carenza di interesse a ricorrere e parzialmente infondato il terzo motivo di ricorso.
E’ infondato il quarto motivo di ricorso.
7. Sull’inammissibilità dei motivi sub.1), 2) e, in parte, del motivo sub. 3).
In virtù del principio generale codificato dall'art. 100 c.p.c., senz’altro applicabile anche al processo amministrativo, al fine di azionare una pretesa in giudizio occorre avere un interesse, concreto, diretto ed attuale, rapportabile all'incidenza effettiva - e non meramente ipotetica - di un atto nella sfera giuridica di chi agisce (cfr. fra le tante Cons. Stato, VI, 8 aprile 2011, n. 2184; IV, 7 giugno 2012, n. 3365).
L’interesse ad agire - interesse a ricorrere nel processo amministrativo – è un presupposto processuale e si sostanzia pertanto in un bisogno di tutela giurisdizionale, necessaria per ottenere un risultato utile e giuridicamente rilevante rispetto ad una temuta lesione o ad un concreto pregiudizio di una situazione giuridica soggettiva. L’interesse a ricorrere, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere al momento della decisione sulla domanda.
In buona sostanza, per poter accedere alla tutela giurisdizionale, al ricorrente viene richiesto quantomeno di allegare che, in assenza dell’intervento del giudice, subirebbe un danno che deve obbligatoriamente avere un carattere attuale, poiché solo in questo caso il pregiudizio può trascendere il piano della mera prospettazione soggettiva ed assurgere a giuridica ed oggettiva consistenza, rimanendo correlativamente escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione solo accademica di una questione di diritto i vista di situazioni future o meramente ipotetiche (cfr. Cass. sent. Nr. 4444/1995).
In altri termini, l'interesse a ricorrere deve essere, oltre che personale e diretto, anche attuale e concreto, ossia deve essere tale che in caso di accoglimento del gravame il ricorrente consegua il vantaggio di veder rimosso il pregiudizio concreto ed immediato che gli deriva dal provvedimento amministrativo (cfr. Cons. giust. Sic., 3-6-1987, n. 156), non ravvisandosi tale situazione in coloro i quali possono astrattamente subire tale lesione da comportamenti successivi ed incerti, ricollegabili solo in via ipotetica agli atti amministrativi già posti in essere (cfr. Cons. Stato, VI, 21-10-1996, n. 1373).
Di conseguenza, l'individuazione dell'interesse sostanziale all'impugnazione va effettuata in relazione al bene della vita cui il ricorrente aspira e non anche alla generica pretesa al rispetto di norme procedimentali avulsa dalla prospettazione di vizi dell'atto incidenti nella sfera giuridica del ricorrente (cfr. Cons. Stato, V, 27-7-1989, n. 456).
La giurisprudenza della Suprema Corte ha inoltre avuto il merito di precisare che, anche nelle azioni di mero accertamento, l’interesse ad agire assume il carattere dell’attualità e la consistenza oggettiva che gli danno rilievo giuridico quale requisito dell’azione soltanto quando la lesione insita nello stato di incertezza che si intende rimuovere attraverso il processo non abbia natura meramente eventuale in quanto essa sia ricollegabile ad una posizione giuridica già sorta in capo all’interessato (Cass. sent. Nr. 8210/1999).
Nel caso di specie, l’interesse ad agire della ricorrente si sostanzia nella rimozione della situazione di incertezza relativa alla mancata predeterminazione, da parte della FIGC nella delibera 208/A, dei criteri e delle modalità con cui il campionato di serie B si sarebbe dovuto concludere nel caso in cui, dopo la riattivazione dello stesso – avvenuta in data 20 giugno 2020 – l’emergenza epidemiologica avesse determinato una nuova sospensione.
Tale interesse è stato specificato dalla ricorrente in ricorso, avendo la stessa precisato che “L’aver differita la conoscenza dei criteri sussidiari per la determinazione delle classifiche finali procura l’insorgenza di una condizione di totale incertezza su tutte le consociate e, soprattutto, sulla deducente che ha già, per la propria attuale posizione in classifica, la necessità di conoscere hic et nunc quali saranno i criteri attraverso cui verranno definite le competizioni ed i loro verdetti.”
La ricorrente ha dunque censurato il provvedimento emanato dalla federazione resistente (e la successiva decisione del Collegio di Garanzia dello Sport) nella parte in cui non sono stati predeterminati le modalità di svolgimento e conclusione della competizione in caso di nuova sospensione, ma non ha chiarito come e con quali conseguenze giuridicamente apprezzabili tale (asserita) mancata previsione abbia inciso attualmente sulla propria sfera giuridica in maniera tale per cui solo l’intervento del giudice avrebbe potuto ripristinarla.
Sul punto il Collegio rileva che:
- la competizione sportiva è stata regolarmente riattivata in data 20 giugno 2020 e risulta, allo stato attuale, in corso di svolgimento: pertanto, dovendosi l’interesse al ricorso valutare al momento della decisione sulla domanda, ne consegue che l’interesse della ricorrente non è attuale;
-la delibera impugnata stabilisce chiaramente che le modalità di definizione del campionato in caso di nuova sospensione consisteranno in un formato diverso, che verrà definito nel caso in cui l’evento futuro ed in certo dedotto in condizione (nuova sospensione causa COVID-19) si dovesse verificare, di talché la formulazione della previsione appare avere proprio il senso di lasciare aperta la strada a modalità di conclusione non determinabili a priori, ma legate alle concrete modalità di verificazione della denegata condizione che, allo stato, non si è verificata;
- in ogni caso la formula “formato diverso” appare determinabile, avendo la federazione chiaramente indicato che tale formato dovrà consistere in brevi play-off e play-out, plausibilmente non specificati in ragione dell’imprevedibilità non solo dell’evento dedotto in condizione, ma anche delle sue (eventuali) modalità di verificazione.
Ciò posto, deve concludersi che le censure relative al difetto di pronuncia della decisione del Collegio di Garanzia (primo motivo di ricorso), ovvero alla mancata predeterminazione dei criteri di definizione in caso di eventuale nuova sospensione, con indebito straripamento del Collegio di Garanzia dello Sport nelle valutazioni delle federazioni (secondo motivo di ricorso), ovvero ancora l’asserita violazione delle direttive UEFA, dello Statuto della FIGC e della deliberazione pubblicata con C.U. 196/A con i vizi connessi (terzo motivo di ricorso) non sono ammissibili. Ciò in quanto la ricorrente non ha spiegato, com’era suo preciso onere, quale lesione attuale alla sua sfera giuridica si sia determinata in conseguenza della mancata prefigurazione dello scenario in caso di nuova sospensione del campionato, quale ne siano le conseguenze giuridicamente apprezzabili e come l’intervento giurisdizionale potrebbe ripristinare il torto subito.
Come chiarito, la delibera impugnata dinanzi agli organi della giustizia sportiva prefigura una situazione futura ed incerta, condizionando l’esercizio concreto del potere discrezionale degli organi preposti al verificarsi di un evento non predeterminabile non solo nel suo verificarsi, ma anche nella sue concrete modalità attuative: ma ciò non può esonerare il ricorrente dall’indicare un pregiudizio attuale, eventualmente anche sotto forma di rischio temuto, che derivi in via immediata da tale scelta organizzativa e che sia già sorto in capo all’interessato.
Deve dunque concludersi che tutti i motivi di censura sopra esaminati sono inammissibili in quanto palesemente carenti dell’interesse a ricorrere.
Sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo, se il ricorrente non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante. In altri termini, non risulta sufficiente l'astratta possibilità di impugnare una delibera per sostanziare in concreto l'interesse della società ricorrente, che deve risultare portatrice - nello specifico - di un'utilità ricavabile dall'annullamento dell’atto impugnato. Infatti, in mancanza di deduzioni specifiche in ordine all'interesse ad agire, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalità violata, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e costituzionale ha attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha spiegato i meccanismi in forza dei quali dall'annullamento del C.U. nr. 208/A della FIGC e della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport potrebbero derivare effetti favorevoli per la propria sfera giuridica, limitandosi genericamente a denunciare profili di illegittimità delle stesse.
Ne deriva l’inammissibilità dei motivi sopra richiamati.
8. Sull’infondatezza del terzo motivo di ricorso - limitatamente alle censure concernenti la violazione dei principi generali in tema di obbligo di cooperazione tra componenti federali nell’adozione di misure organizzative e di gestione dei campionati – e del quarto motivo di ricorso.
Con tali profili di censura la ricorrente ha censurato il mancato coinvolgimento delle Leghe interessate alle scelte poste in essere, unilateralmente, dalla FIGC ed ha paventato un rischio per la stabilità finanziaria di tutti i club: stabilità finanziaria che la stessa UEFA aveva indicato come bene di primaria importanza e come criterio guida nelle scelte delle federazioni in relazione alla ripresa e conclusione dei campionati, in ragione dei rilevanti costi connessi con lo svolgimento delle competizioni.
A sostegno delle proprie deduzioni la ricorrente ha elencato una serie di costi di gestione legati con la ripresa della competizione (adeguamenti stipendiali, visite sanitarie, mancati guadagni connessi con il divieto di accesso del pubblico agli stadi, costi di sanificazione e visite mediche, costi per gli spostamenti etc.), rispetto ai quali la società Trapani Calcio non era stata messa in condizione di predeterminarsi, con violazione delle garanzie partecipative da parte della FIGC.
La censura è infondata sotto un duplice aspetto.
In primis, deve rilevarsi che Il Decreto Legge 19 maggio2020, n. 34 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonchè di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” all’art. 218, a sua volta rubricato “Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici” dispone che:
“1. In considerazione dell'eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, le federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP), possono adottare, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell'ordinamento sportivo, provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali, per la stagione sportiva 2019/2020, nonche' i conseguenti provvedimenti relativi all'organizzazione, alla composizione e alle modalita' di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021.”
Trattasi di norma eccezionale, che attribuisce alle federazioni sportive poteri di regolazione, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo, relativi, tra l’altro, alla prosecuzione ed alla conclusione delle competizioni.
Non può pertanto condividersi che la scelta di tale criterio violi il principio di partecipazione delle società destinatarie dei provvedimenti alle scelte organizzative, in quanto la norma di legge sopra citata attribuisce, del tutto condivisibilmente, poteri eccezionali alla federazione, anche in deroga alle disposizioni dell’ordinamento sportivo, in ragione dell’urgenza e della gravità della situazione epidemiologica legata al COVID-19.
In secondo luogo, deve rilevarsi che la delibera impugnata risulta adottata dal Consiglio Federale all'unanimità dei suoi componenti e con il voto favorevole del Presidente della Lega di Serie B, la quale non ha espresso il proprio voto sulle possibili soluzioni da adottare, negli scenari ipotetici elencati dalla FIGC, in quanto tali scenari, proprio in quanto ipotetici, sono stati solo preventivati nei loro tratti essenziali, come chiarito in precedenza.
Sul punto è peraltro utile richiamare quanto già statuito da questo Collegio con la sentenza nr. 8112/2010, che ha precisato come, sul piano dei meccanismi istituzionali di rappresentanza, occorra tenere conto dei passaggi attraverso i quali si è giunti alla decisione finale, la quale nel caso di specie ha visto coinvolto anche il rappresentante della Lega di Serie B per giungere ad una soluzione che rappresentasse una ragionevole ponderazione di tutte le esigenze, in conformità, altresì, delle direttive della U.E.F.A.; pertanto, la scelta operata dalla F.I.G.C. con la delibera impugnata rappresenta l’esito di un percorso che è possibile definire di carattere “procedimentale” - nel senso cioè che ha consentito la partecipazione piena di tutti gli operatori del settore interessato.
Infine, è infondata la censura avente ad oggetto la violazione del criterio della stabilità finanziaria, che la stessa UEFA aveva indicato come bene di primaria importanza e come principio guida nelle scelte delle federazioni in relazione alla ripresa e conclusione dei campionati, in ragione dei rilevanti costi connessi con lo svolgimento delle competizioni.
Innanzitutto, rileva il Collegio che allo stato attuale, il campionato è in corso di svolgimento (e di conclusione) e che, pertanto, deve ritenersi che la società ricorrente stia sopportando i costi indicati in ricorso e connessi con lo svolgimento della competizione.
Ciò posto, la ricorrente non ha chiarito come ed in che misura tali costi siano stati (o potrebbero essere) aggravati dalla decisione della FIGC di non determinare, fin da ora, le specifiche modalità di svolgimento del formato diverso di conclusione del campionato, né ha chiarito secondo quale principio gli eventuali costi connessi con la disputa di tale formato diverso (comunque individuato in brevi play - off e play – out dalla federazione resistente), potrebbero essere superiori a quelli necessari a portare a termine il campionato secondo le modalità attualmente in corso di svolgimento. Queste ultime prevedono la disputa delle gare secondo turni ravvicinati, che comportano all’evidenza lo svolgimento di un numero di gare superiore rispetto a quello che residuerebbe da un’eventuale nuova sospensione del campionato, con disputa di brevi play-off e play-out.
Per tali ragioni il quarto motivo di ricorso sopra esaminato è infondato.
9. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile ed in parte lo rigetta in quanto infondato.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida nella misura di € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna delle due parti resistenti, costituite in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21.07.2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 e ss.mm. con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Raffaello Scarpato, Referendario, Estensore