CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Terza – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 63 del 05/08/2021 – Roberto Pellegrini/Federazione Italiana Tennis/Comitato Regionale Toscana FIT

Decisione n. 63

 

Anno 2021

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA TERZA SEZIONE

 

 

 

composta da 

Massimo Zaccheo - Presidente

Emanuela Loria - Relatrice

Giulio Bacosi

Roberto Bocchini

Roberto Carleo - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 7/2021, presentato, in data 17 gennaio 2021, dal sig.

 

Roberto Pellegrini, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Pezzi,

 

 

 

contro

 

 

 

la Federazione Italiana Tennis (FIT), non costituitasi in giudizio,

 

 

 

e contro

 

 

 

il Comitato Regionale Toscana della FIT, non costituitosi in giudizio,

 

 

nonché, quale controinteressato, nei confronti

 

 

 

del sig. Alberto Bandini, non costituitosi in giudizio,

 

 

 

per l'annullamento e la riforma

 

 

 

della decisione n. 7/2020 della Corte Federale di Appello presso la FIT, comunicata a mezzo PEC in data 18 dicembre 2020 e pubblicata in pari data, con la quale, ai sensi dell'art. 1.1.4, comma 5, del Regolamento Organico FIT, è stato rigettato il ricorso proposto dal suddetto ricorrente per l'annullamento dell'esclusione della sua candidatura dalla pubblicazione dei nominativi dei candidati alla carica di Consigliere del C.R. Toscana della FIT, avvenuta con comunicazione di "Rifiuto di Candidatura" prot. 735 del 9 dicembre 2020, cui ha fatto seguito l'esclusione della candidatura dalla pubblicazione dei nominativi dei candidati in data 14 dicembre 2020, per il superamento del limite massimo di tre mandati, di cui all'art. 54, comma 2, Statuto FIT e in virtù di quanto disposto dall'art. 1.1.4 del Regolamento Organico FIT.

 

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

 

uditi, nell’udienza del 27 aprile 2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Roberto Pellegrini - avv. Claudia Pezzi, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Dora Mantovano, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dellart. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

 

 

udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, cons. Emanuela Loria.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

  1. Loggetto del presente contenzioso è costituito dal provvedimento del 9 dicembre 2020 emesso dal Presidente del Comitato regionale Toscana, con il quale il signor Roberto Pellegrini, odierno ricorrente, è stato escluso dall’elenco dei nominativi dei candidati all’elezione di componente del Consiglio del Comitato regionale Toscana della Federazione Italiana Tennis (di seguito FIT).

Lesclusione  è  stata  disposta  in  applicazione  della  disposizione  dell’art.  54.2  dello  Statuto federale, che preclude ai componenti dei Consigli regionali (oltre che a chi ricopre le altre cariche elettive) di svolgere le funzioni associative di rappresentanza per più di tre mandati.

Con il provvedimento è stata, altresì, esclusa lapplicazione della norma di diritto transitorio dell’art. 62 bis dello stesso Statuto, che, al comma 2, prevede che i componenti degli organi elettivi in carica i quali, alla data di entrata in vigore della legge 11 gennaio 2018, n. 8, abbiano raggiunto il limite dei tre mandati, sono abilitati a svolgere un ulteriore mandato fissando uno specifico quorum per l’elezione del Presidente federale uscente. Poiché l’istante non ha fatto parte del Consiglio regionale Toscana nel quadriennio olimpico 2016-2020, la citata disposizione transitoria - secondo la FIT - non può trovare applicazione nei suoi confronti.

1.1. Con ricorso proposto dinanzi alla Corte Federale dAppello della FIT ai sensi dell’art. 1.1, comma 5, del Regolamento, l’interessato ha articolato tre motivi di gravame con i quali ha chiesto:

i) la disapplicazione della norma dello Statuto di cui allart. 54, comma 2, poiché la stessa risulterebbe confliggente con le disposizioni di cui agli artt. 11 e 12 della Convenzione europea sui diritti umani (CEDU) e alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Carta di Nizza);

ii) la remissione della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale in relazione all’art. 16, comma 2, del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, come modificato dagli artt. 2, commi 1 e 6, della l. 11 gennaio 2018, n. 8, disposizioni che costituiscono il presupposto normativo dell’art. 54 dello Statuto della Federazione Italiana Tennis;

iii) l’annullamento del provvedimento impugnato sul presupposto che le disposizioni contenute nell’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999, come modificato dagli artt. 1 e 6 della l. n. 8 del 2018, non possono essere interpretate nel senso di impedire agli interessati di candidarsi alle cariche elettive federali qualora questi abbiano rivestito il ruolo e la funzione di componente degli organi elettivi in epoca antecedente all’entrata in vigore della normativa statale e del conseguente adeguamento a tale disciplina delle regole federali.

1.2 La Corte Federale dAppello della FIT, con la decisione n. 7 del 18 dicembre 2020, ha respinto il ricorso per le motivazioni di seguito sinteticamente indicate:

a) in relazione alla disapplicazione della disposizione dellart. 54 dello Statuto della FIT, è stato rilevato che il giudice endofederale - che ai sensi dell’art. 2 dello Statuto del CONI è tenuto a prestare osservanza ai principi generali dell’ordinamento sportivo - non è legittimato a disapplicare la disposizione citata poichè la stessa rinviene direttamente dalle regole del CONI e dai principi generali dell’ordinamento sportivo, sicché il motivo è stato rigettato;

b) l’art. 39, commi 6 e 7, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI precluderebbe al Giudice sportivo di sollevare la questione di legittimità costituzionale poiché le decisioni dallo stesso emesse sono giustiziabili davanti al Giudice amministrativo, dinanzi al quale il ricorrente può prospettare le questioni di eventuale contrasto tra i principi costituzionali e le disposizioni di legge a cui lo Statuto del CONI (in particolare, l’art. 36 bis, comma 3) e il Regolamento della FIT (in particolare, l’art. 54, comma 2) si sono adeguati.

c) l’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione transitoria non può essere seguita giacché l’opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente avrebbe leffetto di depotenziare la regola generale che ha sancito l’incandidabilità per chi ha rivestito ruoli elettivi per tre mandati, indipendentemente dal tempo in cui sono stati espletati; ciò risulta coerente con l’orientamento che, in materia di disposizioni transitorie, ha più volte affermato la Corte costituzionale che ha riconosciuto unampia discrezionalità del Legislatore nel regolare gli effetti “di nuovi istituti o delle modificazioni apportate ad istituti già esistenti, restando salva la possibilità del Giudice di valutare, ai fini della compatibilità costituzionale della scelta operata dal legislatore, la manifesta irragionevolezza della soluzione adottata(ex plurimis, Corte cost., sentenza 9 settembre 2004, n. 219).

2. Con il ricorso in epigrafe indicato, il signor Roberto Pellegrini ha chiesto l’annullamento della decisione sopra citata, emessa dalla Corte Federale dAppello della FIT, e, dopo una premessa sui fatti di causa e sul giudizio svoltosi dinanzi alla Corte Federale d’Appello (da pag. 2 a pag. 4), ha articolato tre motivi (da pag. 5 a pag. 28):

I. Erroneità e contraddittorietà della decisione impugnata in relazione al rigetto del ricorso sotto il profilo dellabnormità, nullità e annullabilità e illegittimità del provvedimento per carenza assoluta di potere ex art. 21 septies L. n. 241 del 1990 e comunque per violazione dei principi comunitari in materia, tra cui gli artt. 12 della Carta dei diritti fondamentali dellUE (Carta di Nizza) e dellart. 11 della CEDU e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, oltreché costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 18, 41 e 42 e 48 della Costituzione, Violazione dei predetti principi e violazione e falsa applicazione dellart. 2 del Codice della giustizia sportiva. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia.

La disapplicazione della fonte normativa ritenuta illegittima (in particolare, sia della legge statale, art. 16, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999, come modificato dall’art. 2, comma 1, e dall’art. 6, comma 2, della l. n. 8 del 2018, che dell’art. 36 bis, comma 3, dello Statuto del CONI, da cui promana l’art. 54, comma 2, dello Statuto della FIT), così come richiesta dal ricorrente, non implicherebbe alcun sindacato o pronuncia sulla validità ed efficacia della disposizione in cui quella fonte si sostanzia, ma soltanto una valutazione incidentale di applicabilità della previsione al caso di specie, per cui il Giudice endofederale non avrebbe ecceduto dai limiti della propria competenza e della propria giurisdizione nel disapplicarle per contrasto con gli artt. 11 dellCEDU e 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Tali articoli sanciscono la libertà di associazione e di riunione, a cui sarebbe connesso il diritto di elettorato passivo nell’ambito della categoria delle associazioni con personaligiuridica di diritto privato, nelle quali, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999, va enucleata la FIT, per cui le norme che hanno limitato il diritto di elettorato passivo non sarebbero conformi alle libertà riconosciute ex artt. 11 della CEDU e 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

II. Erroneità e contraddittorietà della decisione impugnata in relazione alloggetto dellimpugnazione sotto il profilo dellabnormità, nullità e/o annullabilità e illegittimità del provvedimento per violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 18, 41 42 e 48 Cost. Violazione dei predetti principi costituzionali dellart. 2 del Codice della giustizia sportiva e dellart. 295 c.p.c. nonché violazione e falsa applicazione dellart. 39, commi 6 e 7 del Codice della giustizia sportiva. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia.

La decisione impugnata risulterebbe erronea nella parte in cui il Giudice endofederale dappello ha ritenuto di non potere sospendere il procedimento per sollevare la questione di legittimità costituzionale, poiché il richiamo alle disposizioni di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 39 del Codice di Giustizia Sportiva risulterebbe essere inconferente, mentre, sulla base del rinvio alla disciplina del processo civile ex art. 2, comma 6, del Codice di giustizia sportiva, il giudice sportivo ha il potere di sospendere il procedimento per sollevare la questione di legittimità costituzionale ex art. 295 c.p.c.

Il ricorrente richiama, altresì, l’interpretazione sostanziale dei presupposti in presenza dei quali può essere sollevata la questione di costituzionalità, sia sotto il profilo della nozione “autorità giurisdizionale” sia sotto il profilo della nozione di “giudizio”.

Ai punti II.1, II.2, II.3 si argomenta in ordine ai profili di asserito contrasto con gli articoli delle fonti rubricate.

III. Erroneità e contraddittorietà della decisione impugnata in relazione al rigetto dellimpugnazione sotto il profilo dellabnormità, nullità e/o annullabilità e illegittimità del provvedimento alla luce della richiesta subordinata di lettura costituzionalmente orientata delle norme relative al numero massimo dei mandati.

La decisione impugnata sarebbe illegittima anche laddove ha respinto il motivo in relazione a una lettura che, secondo la prospettazione del ricorrente, risulterebbe essere costituzionalmente orientata delle disposizioni più volte citate; tale interpretazione consisterebbe nell’applicare la disposizione che vieta la candidatura soltanto a coloro che, dopo l’entrata in vigore della legge, abbiano svolto per tre volte il mandato, caso in cui non versa il ricorrente.

La norma transitoria risulterebbe in contrasto anche con l’art.  3 della Costituzione,  poiché valorizza a fini preclusivi la circostanza pregressa dei tre mandati, con disparità di trattamento tra coloro che hanno rivestito la carica in passato e coloro che l’hanno rivestita al momento dell’entrata in vigore della legge, indipendentemente dal tempo in cui i mandati sono stati espletati e dalla loro continuità.

3. La FIT non si è costituita in giudizio.

4. Alla udienza svoltasi il 27 aprile 2021 in via telematica, ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in l. 25 giugno 2020, n. 70, come successivamente prorogato, il Collegio - uditi l’avvocato del ricorrente e il rappresentante della Procura Generale del CONI, che ha argomentato in ordine alla infondatezza del gravame e ne ha chiesto il rigetto - ha trattenuto la causa in decisione.

4.1. All’esito della camera di consiglio è stato pubblicato il dispositivo prot. n. 00557/2021.

5. Il ricorso è infondato e va respinto.

5.1. Al fine di procedere in maniera chiara e sintetica all’esame delle questioni di diritto poste dal ricorrente, risulta utile citare testualmente la disposizione di legge della quale si chiede la disapplicazione ovvero la remissione alla Corte costituzionale ovvero una interpretazione costituzionalmente orientata.

Si tratta dell’art. 2, comma 1, della l. 11 gennaio 2018, n. 8, che ha modificato il comma 2 dell’art. 16 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242: 

«2. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono le procedure per lelezione del presidente e dei membri degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunitra donne e uomini. Il presidente e i membri degli organi direttivi restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati. Qualora gli statuti prevedano la rappresentanza per delega, il CONI, al fine di garantire una più ampia partecipazione alle assemblee, stabilisce, con proprio provvedimento, i principi generali per lesercizio del diritto di voto per delega in assemblea al fine, in particolare, di limitare le concentrazioni di deleghe di voto mediante una riduzione del numero delle deleghe medesime che possono essere rilasciate, in numero comunque non superiore a cinque. Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta che vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore. La disciplina di cui al presente comma si applica anche agli enti di promozione sportiva, nonché ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate». All’art. 6 sono state dettate disposizioni transitorie e finali, tra cui, per quello che qui interessa, il comma 2, che così dispone:

2. Entro quattro mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie del CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, nonché gli enti di promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui allarticolo 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dallarticolo 2 della presente legge.”

In attuazione di tale disposizione, in primo luogo il CONI ha adeguato il proprio Statuto con la modifica dell’art. 36 bis, comma 3.

Nellinerzia della FIT, lo Statuto della Federazione è stato adeguato, alle disposizioni citate, per mezzo dellattività di apposito Commissario ad acta nominato dal CONI con la modifica dell’art. 54, comma 2, che nella sua versione vigente risulta avere  il seguente tenore testuale: Il presidente federale, i presidenti regionali e provinciali, i componenti del consiglio federale e dei consigli regionali e provinciali della FIT non possono svolgere più di tre mandati.

5.2. In applicazione delle citate disposizioni il ricorrente è stato escluso (rectius non è stato inserito) nell’elenco dei nominativi dei candidati all’elezione di componente del Consiglio del Comitato regionale della Toscana, poiché risultava avere già ricoperto la carica di consigliere regionale ininterrottamente dal 21 febbraio 1981 al 30 gennaio 1999, allorquando è cessato in quanto nominato consigliere della FIT; risulta, altresì, avere rivestito la carica elettiva di consigliere regionale dal 24 febbraio 2001 al 22 gennaio 2008.

5.3. In primo luogo, il Collegio osserva che, all’indomani dell’entrata in vigore della modifica recata dalla legge 11 gennaio 2018, n. 8, al d.lgs. n. 242 del 23 luglio 1999, la Sezione Consultiva del Collegio di Garanzia del CONI si è espressa, con il parere n. 6 del 1 ottobre 2018, sulla ratio di fondo della disciplina che ha previsto il limite dei tre mandati, affermando che la cogenza della previsione di legge che imponeva ladeguamento, pena il Commissariamento, lascia trasparire limportanza che il legislatore ha annesso alla previsione di cui si discorre. Obiettivo era quello di contenere in un arco di tempo ragionevolemodifiche statutarie e di regolamento onde consentire che il rinnovo degli organi avvenisse in base alla nuova disciplina. A opinare diversamente, si dovrebbe concludere nel senso di ritenere che, se anche le altre Leghe avessero attivato il procedimento (i cui tempi operano anche a loro carico) sotto il vigore della precedente normativa, loperatività delle previsioni di cui alla legge 8/2018 sarebbe irrimediabilmente affidata alla disponibilità delle part. Con la conseguenza e per leffetto di spostare () la sua entrata in vigore. Laddove – come è agevole intendere – in discussione non è neppure il principio di autonomia dello sport, ma ladeguamento alla volontà di un legislatore statale che ha inteso modificare un atto fondamentale come lo Statuto del CONI.

Proprio alla luce di questultimo passaggio – e contrariamente rispetto a quanto sostenuto dal ricorrente – risulta corretto, nonché aderente alla ricostruzione operata dal parere n. 8/2018 che questo Collegio condivide, il passaggio della decisione impugnata, nel quale si afferma che la disposizione dellart. 54 comma 2 dello Statuto federale promana direttamente dalle regole sovraordinate del CONI e prima ancora dalla legge, con il corollario che lauspicata disapplicazione finirebbe per costituire, ancorché indirettamente, decisione incidente sulla normativa del CONI, che è evidentemente sottratta agli organi di giustizia sportiva delle singole Federazioni, che, piuttosto, sono tenute ad uniformarsi a quanto disposto dallEnte sovraordinato.”

La conseguenza di tale premessa è che, poiché la norma dell’art. 2 del Codice della Giustizia Sportiva prevede l’osservanza da parte dei singoli giudici sportivi dei principi generali dell’ordinamento sportivo – tra cui vi è anche la regola della incandidabilità alle condizioni sopra descritte in quanto inserita nello Statuto del CONI , la Corte Federale dAppello ha correttamente ritenuto di non poter disapplicare l’art. 54, comma 2, dello Statuto della FIT.

Si precisa che la decisione impugnata richiama la circostanza che la disapplicazione è stata richiesta in un procedimento a cognizione sommaria soltanto in un obiter dictum, quale aggiunta della motivazione principale, per cui tale elemento della motivazione ha un valore meramente aggiuntivo e non risulta dirimente, nell’ambito della decisione appellata, ai fini del principio sopra enunciato in ordine alla impossibilità di disapplicazione da parte della Corte Federale dAppello.

5.4. Nel parere della Sezione Consultiva sopra citato si colgono ulteriori elementi interpretativi in ordine alla disciplina in questione che il Collegio condivide e che inducono a ritenere che non possa farsi luogo alla disapplicazione neanche alle analoghe disposizioni relative al limite dei tre mandati e alla norma transitoria, entrambe inserite nello Statuto del CONI, come invece è richiesto nel ricorso.

Ci si riferisce in particolare alla notazione per cui la portata della riforma è tale da innovare profondamente al funzionamento degli Organi del CONI e, dunque, acquista valore assolutamente primario, imponendosi al rispetto generale senza che riflessioni o deroghe o eccezioni, comunque fondate, possano trovare pregio. Né si tratta della lesione di posizioni soggettive acquisite, attesa la prevalenza dellinteresse pubblico a fronte del quale, nel processo di bilanciamento degli interessi, le prime non reggono.

Tale ultimo passaggio del parere della Sezione Consultiva risulta particolarmente pregnante ai fini del caso in esame, in cui il ricorrente lamenta la lesione della sua posizione soggettiva pur avendo reiteratamente esercitato, nel corso del tempo (per cinque mandati di seguito più altri quattro), il proprio diritto di elettorato passivo e dunque il diritto di associazione e di riunione, avendo quindi avuto modo di svolgere per un lungo lasso temporale, nella formazione associativa prescelta, la sua personalità; tali elementi fattuali – non oggetto di contestazione dal ricorrente – inducono a valutare le doglianze prospettate alla stregua di un criterio di proporzionalità – più volte richiamato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE – che, nel caso di specie, non è stato violato a mezzo dell’applicazione effettuata con il provvedimento impugnato.

Pertanto, alla luce dell’interesse pubblico perseguito dalle disposizioni di legge a cui lo stesso Statuto del CONI si è adeguato, non risulta dirimente la circostanza che la FIT sia, al pari delle altre Federazioni sportive, unassociazione di diritto privato, ai sensi del d.lgs. n. 242 del 1999, giacché, come peraltro rilevato  dalla CGUE nella sentenza nelle cause riunite C-155/19 e C/156/19 del 3 febbraio 2021 della Sezione IV - che ha esaminato funditus il rapporto tra il CONI e le Federazioni sportive -  qualora una Federazione sportiva nazionale eserciti attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale e quindi assicuri effettivamente la realizzazione dei compiti elencati dall’art. 23, comma 1, dello Statuto del CONI, soddisfa il requisito enunciato  all’articolo 2, paragrafo 1, punto  4lettera a),  della direttiva 2014/24 e quindi può essere annoverata tra gli organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della sottoposizione alla disciplina in materia di appalti pubblici.

Da tale conclusione della CGUE - ai fini che interessano nel caso di specie - si desume che alla FIT, come alle altre Federazioni sportive, si applicano le disposizioni dello Statuto del CONI, che costituiscono trasposizione di principi generali in quanto espressione del principio di democraticiinterna agli enti, di trasparenza e di pari opportunità, a prescindere dalla veste giuridica e dalle modalità di istituzione dell’associazione e dal riconoscimento dell’autonomia gestionale ad esse riconosciuta dall’ordinamento sportivo.

5.5. La ulteriore macro-questione posta dal ricorrente è costituita nella domanda di sospensione del giudizio, ai fini della rimessione alla Corte costituzionale dellart. 16, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999, come modificato dall’art. 2, comma 1, L. n. 8/2018 e dell’art. 6, commi 1 e 2, della l. n. 8/2018 in relazione agli articoli della Costituzione rubricati.

Il ricorrente ritiene che sia errata la decisione della Corte Federale dAppello nella parte in cui ha ritenuto di non potere sollevare la questione di legittimità costituzionale, in quanto il Giudice sportivo, ai sensi dell’art. 39,  commi 6 e 7,  del Codice di  Giustizia Sportiva non sarebbe legittimato a sollevare le questioni di legittimità costituzionale, “che – evidentemente – il sistema ha ritenuto di riservare – nellambito del medesimo procedimento – ad altri e diversi organi di giustizia, in considerazione della circostanza che le decisioni sono poi giustiziabili avanti al Giudice amministrativo, con levidente corollario che, in quella sede, lodierno ricorrente potrà far valere le questioni prospettate di conflitto delle norme che hanno imposto lintroduzione nello Statuto FIT dellart. 54, comma 2 (e prima ancora nello Statuto CONI della disposizione dellart. 36 bis comma 3) con i principi di diritto costituzionale.

5.6. Il motivo va respinto.

5.6.1 Sotto un primo profilo va confermata la statuizione della decisione qui impugnata in ordine alla corretta interpretazione data all’art. 39, commi 6 e 7, del Codice di Giustizia Sportiva per quanto concerne la carenza di legittimazione della Corte dAppello adita a sospendere il giudizio per sollevare la questione di legittimità costituzionale nei termini indicati dal ricorrente. Risulta, infatti, testualmente dal comma 7 che l’unica ipotesi di possibile sospensione del giudizio è quella che ha come suo presupposto “la risoluzione di una questione pregiudiziale di merito, elemento certamente non presente nel caso in esame, essendo la questione di costituzionalità una questione di legittimità.

Peraltro, che tale sia l’interpretazione corretta è attestato dal prosieguo della disposizione, che condiziona la sospensione all’ulteriore requisito che sulla questione di merito sia già stata proposta causa dinanzi all’Autorigiudiziaria, sicché è evidente che la sospensione del procedimento non può essere riferita alla remissione alla Corte costituzionale di una questione di costituzionalità.

Il rilievo del ricorrente relativo al fatto che la disposizione citata riguarderebbe soltanto i giudizi disciplinari non ha pregio, giacché essa rileva quale criterio ermeneutico e indice interpretativo di carattere generale in ordine alla questione posta.

5.7. Sotto il secondo profilo rilevato, ossia che il Collegio di Garanzia del CONI sia legittimato a sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, il Collegio richiama l’orientamento già motivatamente assunto dal Collegio di Garanzia con la recente decisione della Prima Sezione 9 luglio 2020, n. 31, prot. n. 00603/2020, dalla quale non si intende decampare, secondo il quale il Collegio di Garanzia, operando allinterno dellordinamento sportivo e quindi in regime di autonomia rispetto a quello statale, esercita una funzione giustiziale e non giurisdizionale, di guisa che non ha competenza sollevare questioni di legittimità costituzionale di norme statali, che, in quanto tali, sono soggette al sindacato costituzionale di natura giurisdizionale e non giustiziale.

Tale conclusione è basata, da un lato, sul carattere di spiccata autonomia dell’ordinamento sportivo che ne costituisce una specifica peculiarità così come tratteggiato dalla legge 19 agosto 2003, n. 280, ed in particolare dall’art. 2, dall’altro, nel necessario bilanciamento di tale autonomia con il rispetto delle garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono, per quanto concerne la giustizia nellordinamento sportivo, il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione.

Come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 160 del 25 giugno 2019, la tutela dellautonomia dellordinamento sportivo, se non può evidentemente comportare un sacrificio completo della garanzia della protezione giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, può tuttavia giustificare scelte legislative che senza escludere tale protezione, la conformino in modo da evitare intromissioni con essa “non armoniche.

Il Collegio osserva, altresì, che l’equilibrio tra la funzione giustiziale e la tutela giurisdizionale piena è comunque garantito dal fatto che, coerentemente, il sistema attribuisce agli organi giurisdizionali della Giustizia amministrativa di primo grado e dappello, dinanzi al quale possono essere impugnate le decisioni degli organi di Giustizia sportiva, la legittimazione a sollevare in via incidentale le questioni di legittimità costituzionale, per cui nessun vulnus alla tutela dei diritti e degli interessi dei singoli si determina in ragione delle rassegnate conclusioni.

5.8. Con un ultimo motivo, il ricorrente ha chiesto una lettura “costituzionalmente orientata” delle disposizioni richiamate e, in particolare, delle disposizioni transitorie dello Statuto della FIT (art. 62 bis) e dello Statuto del CONI (art. 36 bis, comma 3) nel senso che la regola che fa salva la candidatura di coloro che fossero in carica al  momento dell’entrata  in vigore della stessa andrebbe estesa anche a coloro che hanno svolto antecedentemente i tre mandati.

Il motivo va respinto.

 

L‘interpretazione data dal ricorrente delle richiamate disposizioni non può essere condivisa, giacché, da un lato, in linea generale, la disciplina degli effetti retroattivi della legge non penale è rimessa alla discrezionalità del Legislatore (ex multis, Corte costituzionale, n. 264 del 2012), dall’altro, occorre partire dal dato normativo che, nel caso in esame, è l’art. 6, commi 4 e 7, della

l. n. 18 del 2018 che recita: I presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle federazioni sportive nazionali… che sono in carica alla data di entrata in vigore della presente legge e che hanno raggiunto il limite di cui allart. 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242, come sostituito dallart. 2 della presente legge possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato.

Lenunciazione normativa è chiara nel senso che salvaguarda, al fine di garantire una continuità del mandato assunto, la vigenza dello status quo, consentendo, anche nell’ipotesi del limite dei tre mandati, una ulteriore candidatura, ma la esclusiva condizione di applicabilità dell’ipotesi derogatoria al menzionato limite dei tre mandati è costituita dal requisito dell’essere in carica alla data di entrata in vigore della legge (in tal senso si esprime anche il parere della Sezione consultiva n. 6 del 2018).

Del resto, come correttamente rilevato dalla Corte Federale dAppello con la gravata decisione, ove si applicasse la deroga anche a coloro che hanno rivestito i tre mandati antecedentemente alla entrata in vigore della disposizione limitativa, si vanificherebbe per un lasso di tempo indefinito l’entrata a regime della nuova disciplina legislativa (che, peraltro, avrebbe unapplicazione “a geometria variabile” nelle diverse federazioni sportive), con un evidente depotenziamento della sua ratio, che – secondo il parere della Sezione Consultiva sopra citato

n. 6 del 2018, che questo Collegio condivide – è quello di evitare che, in ragione della carica ricoperta o delle funzioni svolte, si pongano in essere indebite pressioni, idonee ad alterare principii di par condicio tra i candidati e di partecipazione democratica (Corte cost., n. 217 del 2006 e n. 257 del 2010): lo scopo è, in altri termini, assicurare a tutti condizioni di partecipazione evitando il consolidarsi di situazioni di potere. (parere n. 6 del 2018).

Alla luce di tali elementi, pertanto, va respinto anche il terzo motivo.

6. Conclusivamente, per le indicate motivazioni, il ricorso va respinto.

7. Le spese del presente contenzioso possono essere compensate sussistendo giusti motivi costituiti dalla complessità e novità delle questioni trattate.

 

 PQM

 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Terza Sezione

Respinge il ricorso. Nulla per le spese.

 

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 27 aprile 2021.

 

 

 

Il Presidente                                                                                    La Relatrice

F.to Massimo Zaccheo                                                               F.to Emanuela Loria

Depositato in Roma, il 5 agosto 2021.

 

 

 

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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