CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Terza – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 67 del 24/08/2021 – Carlo Capodaglio/Federazione Italiana Tennis
Decisione n. 67
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA TERZA SEZIONE
composta da
Manuela Sinigoi - Presidente
Giulio Bacosi - Relatore
Roberto Bocchini
Roberto Carleo
Emanuela Loria - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 31/2021, presentato, in data 22 marzo 2021, dal sig. Carlo Capodaglio, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Pezzi,
contro
la Federazione Italiana Tennis (FIT), non costituitasi in giudizio;
e
il Comitato Regionale Marche della FIT, non costituitosi in giudizio;
nonché, quale controinteressato, nei confronti
del sig. Paolo Scandiani, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della decisione della Corte Federale di Appello presso la FIT - composta dagli avv.ti Alfredo Biagini (Presidente), Luigi Supino (Componente), Ferruccio Maria Sbarbaro (Componente) - n. 2/2021, comunicata a mezzo PEC da parte della Segreteria degli Organi di Giustizia in data 19 febbraio 2021 e pubblicata in pari data, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dal sig. Capodaglio ai sensi dell’art. 1.1.4, comma 5, del Regolamento Organico FIT.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalla parte ricorrente;
uditi, nell'udienza del 10 giugno 2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Carlo Capodaglio - avv. Claudia Pezzi, nonché, in collegamento da remoto, il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Giontella, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI.
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Giulio Bacosi.
Ritenuto in fatto
- Con decisione n. 2/2021 della Corte Federale di Appello della FIT (Federazione Italiana Tennis), comunicata in data 19 febbraio 2021, è stato respinto il ricorso a suo tempo spiccato dall’odierno ricorrente, Sig. Carlo Capodaglio, ed è stato, pertanto, confermato, ai sensi dell'art. 54, comma 2, Statuto FIT, il rigetto della relativa candidatura alla carica di Consigliere del Comitato Regionale delle Marche, avvenuto con comunicazione del 10 febbraio 2021, cui ha fatto seguito l'esclusione dalla pubblicazione dei nominativi dei candidati in data 15 febbraio 2021.
- Con successivo ricorso presentato in data 19 marzo 2021, il Sig. Carlo Capodaglio ha chiesto al Collegio di Garanzia dello Sport (di seguito, più brevemente, “il Collegio”) di voler riformare e annullare la ridetta decisione della Corte Federale di Appello presso la Federazione Italiana Tennis n. 2/2021, comunicata a mezzo PEC e pubblicata in data 19 febbraio 2021 e - ove il Collegio ritenesse sussistenti i presupposti di cui all’art. 62 del Codice di Giustizia Sportiva, per la decisione della controversia senza rinvio - ha invocato l’accoglimento delle domande già formulate innanzi alla Corte Federale di Appello.
Più nel dettaglio, il ricorrente - in passato Consigliere del Comitato Regionale per cinque quadrienni olimpici - ha chiesto al Collegio di accertare e pronunciare, per tutte le ragioni meglio esplicitate in atti, l’illegittimità, invalidità, nullità, annullamento e/o inefficacia del rigetto della candidatura presentata dal ricorrente medesimo per la carica di Consigliere del Comitato Regionale della Federazione Italiana Tennis (FIT) - Marche, siccome comunicato in data 10 febbraio 2021, e della conseguente esclusione della candidatura dal deposito dei nominativi dei candidati avvenuto in data 15 febbraio 2021, nonché di ogni atto conseguente e/o attuativo.
Per l’effetto, sempre il ricorrente - nel contestare la disciplina recentemente introdotta in tema di c.d. limite del “terzo mandato” - ha chiesto al Collegio di dichiarare ed accertare il pertinente diritto di (nuovamente) candidarsi e di partecipare all’elezione dei membri del Comitato Regionale FIT Marche in una nuova assemblea chiamata per le medesime finalità di quella del 21 febbraio 2021, con ogni ulteriore provvedimento volto ad assicurare la tutela dei diritti e delle libertà del ricorrente ridetto.
Ciò, se del caso, previa sospensione del giudizio e rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, cui ha chiesto al Collegio sollevarsi questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 41, 42 e 48 Cost., nonché 12 Carta di Nizza, 11 CEDU e 20 ss. TFUE - degli artt. 16, comma 2, D. Lgs. n. 242/1999 (come modificato dall’art. 2, comma 1, L. n. 8/2018) e 6, comma 2, L. n. 8/2018, nella parte in cui essi appunto prevedono che “[i]l presidente e i membri degli organi direttivi [delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate] restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati" e che "qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta che vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina", nonché, altresì, che “[e]ntro sei mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie del CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, nonché gli enti di promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui all’articolo [...] 2 della presente legge'”.
Infine, ancora il ricorrente ha chiesto al Collegio volersi accertare e dichiarare - se del caso, in via incidentale - la nullità, invalidità e comunque inefficacia della clausola di cui all’art. 54, comma 2, dello Statuto FIT, ove prevede - quale recepimento della normativa sopra richiamata - il limite di candidabilità ed eleggibilità consistente nei tre mandati, disapplicando la predetta clausola e analogamente anche l’art. 62 bis, comma 2, dello Statuto FIT, e ove ritenuta rilevante, quella di cui all’art. 36 bis, comma 3, dello Statuto CONI.
Il tutto con vittoria di spese di giudizio.
3. Il Sig. Capodaglio - premettendo peraltro come le proprie buone ragioni avrebbero trovato un qualche implicito riconoscimento in taluni passaggi motivazionali della decisione endofederale gravata, tuttavia alfine palesatasi a lui sfavorevole - ha imbastito il proprio ricorso innanzi al Collegio articolandolo in tre distinti motivi, per come di seguito sinteticamente esplicitati.
3.1. Con un primo motivo, il ricorrente ha denunciato una asserita erroneità e contraddittorietà della Decisione della Corte Federale di Appello impugnata, in relazione al rigetto del proprio ricorso, sotto il profilo dell’abnormità, nullità e/o annullabilità e illegittimità del provvedimento di esclusione della propria candidatura per presunta carenza assoluta di potere ex art. 21-septies l. 241/1990.
In ogni caso, si sarebbe configurata anche una violazione dei principi “comunitari” pertinenti ratione materiae, e segnatamente dell’art. 12 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE: c.d. Carta di Nizza), nonché dell’art. 11 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU), della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, nonché delle norme della Costituzione Repubblicana di cui agli articoli 2, 3, 18, 41, 42 e 48 della Carta, massime in termini di conculcamento delle proprie libertà associative, con particolare riguardo ai diritti di piena ed incondizionata partecipazione alla vita e alle attività della FIT.
Il rigetto della pertinente candidatura avrebbe inoltre violato o comunque falsamente applicato anche l’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva, configurandosi anche una omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione della decisione della Corte Federale di Appello circa punti decisivi della controversia ad essa sottoposta.
3.2. Con un secondo motivo, il Sig. Capodaglio, odierno ricorrente, ha denunciato una presunta erroneità e comunque contraddittorietà della decisione della Corte Federale di Appello gravata, in relazione al rigetto dell’impugnazione da lui a suo tempo spiccata, sotto il profilo dell’abnormità, nullità e/o annullabilità e illegittimità del provvedimento di esclusione della propria candidatura ab origine impugnato per violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 18, 41, 42 e 48 Cost..
Il Giudice d’appello endofederale avrebbe violato i predetti principi costituzionali e assieme ad essi anche l’art. 2 del Codice della Giustizia Sportiva e l’art. 295 c.p.c. in tema di sospensione del processo, oltre a perpetrare la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, commi 6 e 7, del Codice della Giustizia Sportiva, peraltro con corredo di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia ad essa sottoposta.
3.3. Infine, con un terzo motivo il ricorrente ha invocato una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 2, d. Lgs. n. 242/1999, come modificato dall’art. 2, comma 1, l. n. 8/2018, dell’art. 6, comma 4, della legge n. 8/2018, nonché degli articoli 54, comma 2, e 62 bis dello Statuto FIT, in tema di decorrenza del computo dei tre mandati ai fini della incandidabilità del ricorrente medesimo.
4. La F.I.T. non si è costituita nel giudizio innanzi al Collegio.
5. Alla successiva udienza pubblica del 10 giugno 2021 - udito il legale di parte ricorrente e la Procura Generale dello Sport e raccoltene le rispettive conclusioni - il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.
Considerato in diritto
6. La presente decisione viene redatta in conformità ai principi di chiarezza, sinteticità ed informalità di cui all’art. 2, commi 5 e 6, del Codice della Giustizia Sportiva.
7. Il Collegio ha già avuto occasione di affrontare le questioni odiernamente sottoposte al pertinente scandaglio, negando il conforto alle pur suggestive argomentazioni imbastite da parte ricorrente.
Anche in questo caso, il ricorso è infondato e va respinto.
7.1. Al fine di procedere in maniera chiara e sintetica all’esame delle questioni di diritto poste dal ricorrente, risulta utile citare testualmente la disposizione di legge della quale si chiede la disapplicazione, ovvero la remissione alla Corte costituzionale per presunta frizione con la Carta, ovvero ancora una pertinente interpretazione costituzionalmente orientata.
Si tratta dell’art. 2, comma 1, della l. 11 gennaio 2018, n. 8, che ha modificato il comma 2 dell’art. 16 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, onde testualmente:
«2. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono le procedure per l’elezione del presidente e dei membri degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunità tra donne e uomini. Il presidente e i membri degli organi direttivi restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati. Qualora gli statuti prevedano la rappresentanza per delega, il CONI, al fine di garantire una più ampia partecipazione alle assemblee, stabilisce, con proprio provvedimento, i principi generali per l’esercizio del diritto di voto per delega in assemblea al fine, in particolare, di limitare le concentrazioni di deleghe di voto mediante una riduzione del numero delle deleghe medesime che possono essere rilasciate, in numero comunque non superiore a cinque. Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta che vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore. La disciplina di cui al presente comma si applica anche agli enti di promozione sportiva, nonché ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate». All’art. 6 della legge n. 8 del 2018 sono state dettate disposizioni transitorie e finali, tra cui, per quello che qui interessa, il comma 2, che così a propria volta dispone:
“2. Entro quattro mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie del CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, nonché gli enti di promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dall’articolo 2 della presente legge.”
In attuazione di tale disposizione, in primo luogo il CONI ha adeguato il proprio Statuto con la modifica dell’art. 36 bis, comma 3.
Nell’inerzia della FIT, lo Statuto della Federazione è stato adeguato, alle disposizioni citate, giusta attività di apposito Commissario ad acta nominato dal CONI, con la modifica dell’art. 54, comma 2, dello Statuto federale ridetto che, nella relativa versione vigente, risulta avere il seguente tenore testuale:
“Il presidente federale, i presidenti regionali e provinciali, i componenti del consiglio federale e dei consigli regionali e provinciali della FIT non possono svolgere più di tre mandati”.
7.2. In applicazione delle citate disposizioni, il ricorrente è stato escluso (rectius non è stato inserito) nell’elenco dei nominativi dei candidati all’elezione di componente del Consiglio del Comitato Regionale della Marche, poiché risultava avere già ricoperto la carica di Consigliere del Comitato Regionale (a quanto consta) per ben cinque quadrienni olimpici.
7.3. In primo luogo, il Collegio non può non rammentare come, all’indomani dell’entrata in vigore della richiamata modifica recata dalla legge 11 gennaio 2018, n. 8, al d.lgs. n. 242 del 23 luglio 1999, la Sezione Consultiva del Collegio medesimo si sia espressa, con il parere n. 6 del 1° ottobre 2018, sulla stessa ratio di fondo della disciplina che ha previsto il limite dei tre mandati. Ciò, affermando testualmente quanto segue:
“… la cogenza della previsione di legge che imponeva l’adeguamento, pena il Commissariamento, lascia trasparire l’importanza che il legislatore ha annesso alla previsione di cui si discorre.
Obiettivo era quello di contenere in un arco di tempo “ragionevole” modifiche statutarie e di regolamento onde consentire che il rinnovo degli organi avvenisse in base alla nuova disciplina.
A opinare diversamente, si dovrebbe concludere nel senso di ritenere che, se anche le altre Leghe avessero attivato il procedimento (i cui tempi operano anche a loro carico) sotto il vigore della precedente normativa, l’operatività delle previsioni di cui alla legge 8/2018 sarebbe irrimediabilmente affidata alla disponibilità delle parti. Con la conseguenza e per l’effetto di spostare (...) la sua entrata in vigore.
Laddove - come è agevole intendere - in discussione non è neppure il principio di autonomia dello sport, ma l’adeguamento alla volontà di un legislatore statale che ha inteso modificare un atto fondamentale come lo Statuto del CONI”.
Proprio alla luce di quest’ultimo passaggio - ed in senso opposto rispetto a quanto in proposito sostenuto dal ricorrente - risulta corretto, nonché aderente alla ricostruzione operata dal parere
n. 8/2018 che questo Collegio condivide, il passaggio della decisione impugnata, nel quale si afferma che “la disposizione dell’art. 54 comma 2 dello Statuto federale promana direttamente dalle regole sovraordinate del CONI e prima ancora dalla legge, con il corollario che l’auspicata disapplicazione finirebbe per costituire, ancorché indirettamente, decisione incidente sulla normativa del CONI, che è evidentemente sottratta agli organi di giustizia sportiva delle singole Federazioni, che, piuttosto, sono tenute ad uniformarsi a quanto disposto dall’Ente sovraordinato.”
La conseguenza di tale premessa è che, poiché la norma dell’art. 2 del Codice della Giustizia Sportiva prevede l’osservanza da parte dei singoli giudici sportivi dei principi generali dell’ordinamento sportivo - tra i quali campeggia, in particolare, perché qui rilevante ratione materiae, la regola della incandidabilità alle condizioni sopra descritte in quanto inserita nello Statuto del CONI -, la Corte Federale d’Appello ha correttamente ritenuto di non poter disapplicare l’art. 54, comma 2, dello Statuto della FIT.
7.4. Nel parere della Sezione Consultiva sopra citato si colgono ulteriori elementi interpretativi in ordine alla disciplina in questione che il Collegio condivide e che inducono a ritenere che non possa farsi luogo alla disapplicazione neanche delle analoghe disposizioni relative al limite dei tre mandati e alla norma transitoria, entrambe inserite nello Statuto del CONI.
Ci si riferisce in particolare alla notazione per cui “la portata della riforma è tale da innovare profondamente al funzionamento degli Organi del CONI e, dunque, acquista valore assolutamente primario, imponendosi al rispetto generale senza che riflessioni o deroghe o eccezioni, comunque fondate, possano trovare pregio. Né si tratta della lesione di posizioni soggettive acquisite, attesa la prevalenza dell’interesse pubblico a fronte del quale, nel processo di bilanciamento degli interessi, le prime non reggono”.
Tale ultimo passaggio del parere della Sezione Consultiva risulta particolarmente pregnante ai fini del caso in esame, in cui il ricorrente lamenta la lesione della relativa posizione soggettiva, pur avendo reiteratamente esercitato, nel corso del tempo (per diversi mandati di seguito), il proprio diritto di elettorato passivo e, dunque, il diritto di associazione e di riunione, avendo quindi avuto modo di svolgere per un lungo lasso temporale, nella formazione associativa prescelta, la propria personalità.
Tali elementi fattuali - pacifici e non oggetto di contestazione dal ricorrente - inducono a valutare le doglianze prospettate alla stregua di un criterio di proporzionalità - più volte richiamato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE - che, nel caso di specie, non è stato violato a mezzo dell’applicazione effettuata con il provvedimento impugnato.
Pertanto, alla luce dell’interesse pubblico perseguito dalle disposizioni di legge a cui lo stesso Statuto del CONI si è adeguato, non risulta dirimente la circostanza che la FIT sia, al pari delle altre Federazioni sportive, un’associazione di diritto privato, ai sensi del d.lgs. n. 242 del 1999, giacché, come peraltro rilevato dalla CGUE nella sentenza nelle cause riunite C-155/19 e C/156/19 del 3 febbraio 2021 della Sezione IV - che ha esaminato funditus il rapporto tra il CONI e le Federazioni sportive - qualora una Federazione sportiva nazionale eserciti attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale e quindi assicuri effettivamente la realizzazione dei compiti elencati dall’art. 23, comma 1, dello Statuto del CONI, soddisfa il requisito enunciato all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24 e quindi può essere annoverata tra gli organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della sottoposizione alla disciplina in materia di appalti pubblici.
Da tale conclusione della CGUE - ai fini che interessano nel caso di specie - si desume che alla FIT, come alle altre Federazioni sportive, si applicano le disposizioni dello Statuto del CONI, che costituiscono trasposizione di principi generali in quanto espressione del principio di democraticità interna agli enti, di trasparenza e di pari opportunità, a prescindere dalla veste giuridica e dalle modalità di istituzione dell’associazione e dal riconoscimento dell’autonomia gestionale ad esse riconosciuta dall’ordinamento sportivo.
7.5. La ulteriore macro-questione posta dal ricorrente è costituita nella domanda di sospensione del giudizio, ai fini della rimessione alla Corte costituzionale dell’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999, come modificato dall’art. 2, comma 1, L. n. 8/2018, e dell’art. 6, commi 1 e 2, della l. n. 8/2018 in relazione agli articoli della Costituzione rubricati.
Il ricorrente ritiene che sia errata la decisione della Corte Federale d’Appello nella parte in cui ha ritenuto di non potere sollevare la questione di legittimità costituzionale, in quanto il Giudice sportivo, ai sensi dell’art. 39, commi 6 e 7, del Codice di Giustizia Sportiva non sarebbe legittimato a sollevare le questioni di legittimità costituzionale, “che – evidentemente – il sistema ha ritenuto di riservare – nell’ambito del medesimo procedimento – ad altri e diversi organi di giustizia, in considerazione della circostanza che le decisioni sono poi giustiziabili avanti al Giudice amministrativo, con l’evidente corollario che, in quella sede, l’odierno ricorrente potrà far valere le questioni prospettate di conflitto delle norme che hanno imposto l’introduzione nello Statuto FIT dell’art. 54, comma 2 (e prima ancora nello Statuto CONI della disposizione dell’art. 36 bis comma 3) con i principi di diritto costituzionale”.
7.6.Il motivo va respinto.
7.7.1. Sotto un primo profilo va confermata la statuizione della decisione qui impugnata in ordine alla corretta interpretazione data all’art. 39, commi 6 e 7, del Codice di Giustizia Sportiva per quanto concerne la carenza di legittimazione della Corte d’Appello adita a sospendere il giudizio per sollevare la questione di legittimità costituzionale nei termini indicati dal ricorrente.
Risulta, infatti, testualmente dal comma 7 che l’unica ipotesi di possibile sospensione del giudizio è quella che ha come relativo presupposto “la risoluzione di una questione pregiudiziale di merito”, elemento certamente non presente nel caso in esame, essendo la questione di costituzionalità una questione di legittimità.
Peraltro, che tale sia l’interpretazione corretta è attestato dal prosieguo della disposizione, che condiziona la sospensione all’ulteriore requisito che sulla questione di merito sia già stata proposta causa dinanzi all’Autorità giudiziaria, sicché è evidente che la sospensione del procedimento non può essere riferita alla remissione alla Corte costituzionale di una questione di costituzionalità.
Il rilievo del ricorrente relativo al fatto che la disposizione citata riguarderebbe soltanto i giudizi disciplinari non ha pregio, giacché essa rileva quale criterio ermeneutico e indice interpretativo di carattere generale in ordine alla questione posta.
7.7. Sotto il secondo profilo rilevato, ossia che il Collegio di Garanzia del CONI sia legittimato a sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, il Collegio richiama l’orientamento già motivatamente assunto dal Collegio di Garanzia con la recente decisione della Prima Sezione 9 luglio 2020, n. 31, prot. n. 00603/2020, dalla quale non si intende decampare, secondo il quale “il Collegio di Garanzia, operando all’interno dell’ordinamento sportivo e quindi in regime di autonomia rispetto a quello statale, esercita una funzione giustiziale e non giurisdizionale, di guisa che non ha competenza a sollevare questioni di legittimità costituzionale di norme statali, che, in quanto tali, sono soggette al sindacato costituzionale di natura giurisdizionale e non giustiziale”.
Tale conclusione è basata, da un lato, sul carattere di spiccata autonomia dell’ordinamento sportivo, che ne costituisce una specifica peculiarità, così come tratteggiato dalla legge 19 agosto 2003, n. 280, ed in particolare dall’art. 2; dall’altro, sul necessario bilanciamento di tale autonomia con il rispetto delle garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono, per quanto concerne la giustizia nell’ordinamento sportivo, il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione.
Come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 160 del 25 giugno 2019, “la tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, se non può evidentemente comportare un sacrificio completo della garanzia della protezione giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, può tuttavia giustificare scelte legislative che senza escludere tale protezione, la conformino in modo da evitare intromissioni con essa non armoniche...”.
Il Collegio osserva, altresì, che l’equilibrio tra la funzione giustiziale e la tutela giurisdizionale piena è comunque garantito dal fatto che, coerentemente, il sistema attribuisce agli organi giurisdizionali della Giustizia amministrativa di primo grado e d’appello, dinanzi al quale possono essere impugnate le decisioni degli organi di Giustizia sportiva, la legittimazione a sollevare in via incidentale le questioni di legittimità costituzionale, onde verun vulnus alla tutela dei diritti e degli interessi dei singoli si determina in ragione delle rassegnate conclusioni.
7.8. Con un ultimo motivo, il ricorrente ha chiesto una lettura “costituzionalmente orientata” delle disposizioni richiamate e, in particolare, delle disposizioni transitorie dello Statuto della FIT (art. 62 bis) e dello Statuto del CONI (art. 36 bis, comma 3), nel senso che la regola che fa salva la candidatura di coloro che fossero in carica al momento dell’entrata in vigore della stessa andrebbe estesa anche a coloro che hanno svolto antecedentemente i tre mandati.
Il motivo, ancora una volta, va respinto.
L‘interpretazione data dal ricorrente delle richiamate disposizioni non può essere condivisa, giacché, da un lato, in linea generale, la disciplina degli effetti retroattivi della legge non penale è rimessa alla discrezionalità del Legislatore (ex multis, Corte costituzionale, n. 264 del 2012), dall’altro, occorre partire dal dato normativo che, nel caso in esame, è l’art. 6, commi 4 e 7, della
l. n. 8 del 2018, che recita: “I presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle federazioni sportive nazionali... che sono in carica alla data di entrata in vigore della presente legge e che hanno raggiunto il limite di cui all’art. 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242, come sostituito dall’art. 2 della presente legge possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato”.
L’enunciazione normativa è chiara laddove salvaguarda, al fine di garantire una continuità del mandato assunto, la vigenza dello status quo, consentendo, anche nell’ipotesi del limite dei tre mandati, una ulteriore candidatura, ma la esclusiva condizione di applicabilità dell’ipotesi derogatoria al menzionato limite dei tre mandati è costituita dal requisito dell’essere in carica alla data di entrata in vigore della legge (in tal senso si esprime anche il parere della Sezione consultiva n. 6 del 2018).
Del resto, ove si applicasse la deroga anche a coloro che hanno rivestito i tre mandati antecedentemente alla entrata in vigore della disposizione limitativa, si vanificherebbe per un lasso di tempo indefinito l’entrata a regime della nuova disciplina legislativa (che, peraltro, avrebbe un’applicazione “a geometria variabile” nelle diverse federazioni sportive), con un evidente depotenziamento della pertinente ratio, che - secondo il parere della Sezione Consultiva sopra citato n. 6 del 2018, che questo Collegio condivide - è quello di evitare che, in ragione della carica ricoperta o delle funzioni svolte, si pongano in essere indebite pressioni, idonee ad alterare principii di par condicio tra i candidati e di partecipazione democratica (Corte cost., n. 217 del 2006 e n. 257 del 2010): “lo scopo è, in altri termini, assicurare a tutti condizioni di partecipazione evitando il consolidarsi di situazioni di potere”. (parere n. 6 del 2018).
Alla luce di tali elementi, va dunque negato conforto anche al terzo motivo di doglianza.
8. Conclusivamente, per le indicate motivazioni, il ricorso va respinto.
9. Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio della intimata Federazione.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Terza Sezione
Respinge il ricorso. Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 10 giugno 2021.
Il Presidente Il Relatore
F.to Manuela Sinigoi F.to Giulio Bacosi
Depositato in Roma, il 24 agosto 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face