CORTE D’APPELLO DI MILANO – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 2031/2020 DEL 31/07/2020

                                           LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

                                       PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

  • dott.   Domenico Bonaretti   -    presidente relatore
  • dott.ssa   Serena Baccolini             -   consigliere
  • dott.ssa Rossella Milone         -   consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa in grado d’appello con atto di citazione notificato in data 1.10.2019 e posta in deliberazione sulle conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 4.3.2020

T R A

(…) CALCIO SPA (C.F. 00451780035), corrente a (…) in Viale Kennedy n. 8, in persona del Presidente del C.d.A. dott. Massimo Antonino De Salvo, rappresentata e difesa dell’avv. Roberto Cota (C.F.: CTORRT68L13F952U) del foro di Novara e dall’avv. Andrea Zonca (C.F.: ZNCNDR76M18B019H) del foro di Verbania, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Novara (NO), via Passalacqua, n. 10, giusta procura alle liti del 6.2.2019, depositata all'atto della costituzione in giudizio dei nuovi difensori nel procedimento di primo grado;

APPELLANTE

E

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A (C.F. e P.Iva: 06637550960), con sede in 20124/Milano, Via Ippolito Rosellini n.4, in persona del suo  legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ruggero Stincardini del Foro di Perugia (C.F. STNRGR56M23G478F), con lui elettivamente domiciliata in Milano, Piazzetta Guastalla n.11, presso lo studio dell’avv. Marco Albanese (C.F. LBNMRC62A02F205P), giusta procura ad litem,

APPELLATA

E

C.O.N.I. - COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO (anche per la propria Alta Corte di Giustizia Sportiva, ora Collegio di Garanzia dello Sport), C.F. 01405170588, P.I.V.A. 00993181007, con sede in Roma, piazza Lauro De Bosis, n. 15, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Malagò (C.F. MLGGNN59C13H501I), rappresentata e difesa dall’avv. Marco Durante (C.F. DRNMRC62R24I138C) del Foro di Torino, elettivamente domiciliata presso lo Studio Associato Servizi Professionali Integrati Fieldfisher, in Milano, via della Moscova n. 3,

APPELLATO

E

FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIOF.I.G.C. (C.F.: e P. IVA 0511404586), con sede in Roma, Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del Presidente e Legale Rappresentante pro-tempore dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Gentile (C.F.: GNTGCR64A15B998Y) del foro di Roma ed elettivamente domiciliata all’indirizzo     di posta elettronica   certificata giancarlogentile@ordineavvocatiroma.org, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta,

APPELLATA

E

A.S.  (…)  S.P.A.  (C.F.:  03294210582),  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore, con sede in Roma, Piazzale Dino Viola n. 1,

APPELLATA - CONTUMACE

e nei confronti del

FALLIMENTO A.C. (…) S.P.A. (C.F. 81003310406 - P.IVA 00956470405), con sede in (…), Corso Sozzi n. 5, in persona del curatore,

 APPELLATO - CONTUMACE

OGGETTO: impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del CdA

 

CONCLUSIONI DELLE PARTI:

Per l’appellante (…) Calcio S.pA.

Voglia l'Ill.ma Corte di Appello di Milano adita accogliere le seguenti conclusioni: respinta ogni contraria istanza, riformare l’impugnata sentenza e per l’effetto: in via preliminare, accertata la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 353 e s.s. cpc, ritenuta sussistente la giurisdizione del giudice ordinario e procedibile la domanda, in riforma della sentenza impugnata, disporre la remissione della causa al Tribunale di Milano affinché decida nel merito;

in via principale e nel merito, nel caso in cui non si ravvisassero gli estremi di applicazione degli artt. 353 e ss. del c.p.c., accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 7959/2019 del 03/09/2019 pubbl. il 03/09/2019 dal Tribunale di Milano, Giudice Dott.ssa Martina Flamini, nell’ambito del giudizio N.R.G. 43566/2017, notificata da controparte in data 04/09/20109, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano:

in via preliminare/pregiudiziale: rigettare tutte le eccezioni / domande preliminari / pregiudiziali formulate dalle parti convenute ed in particolare le eccezioni di carenza di legittimazione passiva e di difetto d’interesse ad agire formulate dal CONI nei confronti delle società attrici, le eccezioni d’inammissibilità/improcedibilità anche per violazione del principio del ne bis in idem e/o la richiesta d’integrazione del contraddittorio formulate dalla LNPA e dalla FIGC rispettivamente nelle proprie comparse costitutive nonché l’eccezione d’inammissibilità/improcedibilità della domanda e/o d’impossibilità di una pronuncia sul merito in virtù del vincolo imposto dalla pregiudiziale sportiva formulata dalla LNPA, per tutti i motivi dispiegati in atti; in via principale e nel merito:

  • accertata l’illegittimità delle decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva elencate in atti nonché della delibera della LNPA del 3.12.2012, tutti relativi al “Contributo Europa League”,
  • verificata l’illegittimità del prelievo operato dalla LNP Serie A alle società di calcio per la stagione sportiva 2011/2012, condannare la Lega Nazionale Professionisti Serie A (L.N.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione delle somme versate in eccedenza come calcolate nel presente ricorso o comunque nella diversa misura che verrà accertata nel corso del giudizio;

- rigettare tutte le domande e le eccezioni formulate dalle parti convenute, compresa la richiesta di condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. formulata dal CONI, in quanto infondate in fatto e in diritto, per tutti i motivi esposti in atti;

in ogni caso: con vittoria di onorari, spese e competenze, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario ex lege per il presente giudizio e per tutti i precedenti gradi.

Per l’appellata Lega Nazionale Professionisti Serie A:

Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis reiectis e per i motivi esposti in narrativa: in via preliminare: dichiarare inammissibile lʹappello proposto dal (…) Calcio Spa ex art. 342 c.p.c. e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 7959/2019 resa dal Tribunale di MilanoPrima Sezione Civile;

in via principale: respingere integralmente l’appello proposto dal (…) Calcio Spa per la riforma della Sentenza n.7959/2019 resa dal Tribunale di Milano   Prima Sezione Civile, in quanto infondato in fatto ed in diritto e, per l’effetto, confermare la sentenza impugnata;

in ogni caso: condannare l’appellante (…) Calcio Spa al pagamento delle spese

processuali del presente grado di giudizio,

comprensive di compensi professionali, rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA come per legge.

Per l’appellato C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano:

Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adìta:

respinta ogni avversaria domanda, eccezione, istanza (anche istruttoria), allegazione, deduzione e produzione;

previe le declaratorie del caso;

In via pregiudiziale / preliminare principale:

  • dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione ex adverso proposta per mancanza di ragionevole probabilità di essere accolta, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 348- bis e 348-ter c.p.c.;
  • con ogni conseguenziale pronuncia;

In via ulteriormente pregiudiziale / preliminare principale:

  • accertare e, conseguentemente, dichiarare la carenza di legittimazione passiva in capo all’Ente conchiudente rispetto alle domande proposte ed all’azione promossa dalle società attrici in prime cure e dall’appellante nel presente grado;
  • con ogni conseguenziale pronuncia;

In via pregiudiziale / preliminare subordinata, senza rinuncia e salvo gravame: 

  • accertare e, conseguentemente, dichiarare il difetto di interesse ad agire in capo alle società attrici in prime cure ed all’appellante nel presente grado nei confronti dell’Ente conchiudente;
  • con ogni conseguenziale pronuncia; NEL MERITO:

In via di ulteriore subordine, sempre senza rinuncia e salvo gravame:

  • rigettare l’impugnazione proposta, le domande formulate e l’azione promossa dall’appellante, in quanto inammissibili o, comunque, infondate in fatto ed in diritto, in ogni caso assolvendo integralmente l’Ente conchiudente;

IN OGNI CASO:

  • con vittoria di spese, anticipazioni e compensi del presente giudizio (in entrambi i gradi) e dei pregressi giudizi avanti gli Organi della giustizia sportiva ed il Giudice Amministrativo, oltre rimborso forfettario spese generali 15 % ex art. 2, comma 2°,

D.M. n. 55/2014, oltre C.P.A. ed I.V.A., oltre ogni ulteriore onere ed accessorio di legge, anche successivo all’emananda sentenza;

  • inoltre, dichiarare tenuta e, conseguentemente, condannare l’appellante al risarcimento dei danni, da liquidarsi secondo equità, ed al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 96, rispettivamente comma 1° e comma 3°, c.p.c., in favore dell’Ente conchiudente.

Per l’appellata Federazione Italiana Giuoco Calcio:

“Piaccia all’ecc.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza eccezione e difesa reietta:

in preliminare: dichiarare inammissibile l’appello della società (…) calcio s.p.a., per le ragioni esposte in narrativa e, per l’effetto, confermare la sentenza del Tribunale di Milano n. 7959/2019 del 3settembre2019;

in via principale: rigettare l’appello proposto dalla società (…) Calcio s.p.a., nei confronti della Federazione Italiana Giuoco calcio, perché infondato in fatto e diritto e comunque perché non consentita la pronuncia nel merito del giudice ordinario in virtù del vincolo imposto dalla pregiudiziale sportiva e, per l’effetto, confermare la sentenza del Tribunale di Milano n. 7959/2019 del 3settembre2019;

sempre in via principale: condannare la società (…) Calcio s.p.a. al pagamento in favore della FIGC di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c.

Con vittoria di spese e compensi di legge per entrambi i gradi di giudizio”.

FATTO E     PROCESSO

In data 3.12.2012, l’assemblea ordinaria della Lega Nazionale Professionisti Serie A (“LNPA” o “la Lega” o “la Serie A” o “la Lega Serie A”) assumeva una delibera avente a oggetto  la  determinazione  e  i  criteri  di  prelievo  e  ripartizione  del  c.d.  contributo Europa League”, ossia una somma di denaro posta a carico delle società partecipanti al campionato di Serie A in favore dei club che si fossero qualificati per la competizione europea (cfr art. 19.2, comma 3, Statuto Regolamento LNPA all’epoca vigente)1.

In particolare, l’assemblea determinava tale contributo in € 7.500.000,00 e lo poneva a carico di tutte le società della Serie A partecipanti alla stagione sportiva 2011/2012 in maniera paritaria, dovendo ogni club corrispondere 375.000,00, oltre IVA; veniva poi stabilito che tale contributo venisse prelevato “a valle”, attingendo dalle risorse audiovisive ricevute da ciascuna società partecipante al massimo campionato nella stagione 2011/2012 e che la somma de qua venisse versata alle società partecipanti al torneo europeo, ripartendola in quote disuguali ( 2.750.000,00 alla squadra Lazio, € 2.750.000,00 all’(…), € 1.000.000,00 al (…) ed € 1.000.000,00 alla (…).

Tale delibera era assunta con il voto contrario di cinque società: il (…) Calcio, il (…), il (…), il (…) ed il (…).

Il (…) e il (…), previa presentazione della riserva scritta di impugnazione richiesta dall’art. 9, comma 15, dello StatutoRegolamento della LNPA, impugnavano detta delibera davanti alla Corte di Giustizia Federale della FIGC (anche “CGF”), con ricorso del 12.12.2012. Nel procedimento così instaurato spiegava intervento la società U.S. (…) S.p.A. (“il (…)”)2.

In data 14.3.2013, la Corte di Giustizia Federale della FIGC respingeva le doglianze del (…) e del (…) e dichiarava inammissibile l’intervento del (…), stante l’assenza di riserva scritta di impugnazione e la tardività dell’impugnazione svolta con l’intervento. Seguiva in data 24.5.2013 il deposito delle motivazioni.

Avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale, in data 24.6.2013 il (…) notificava impugnazione davanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva istituita all’epoca presso il CONI (“ACGS” o “Alta Corte”); il ricorso era depositato presso la Segreteria dell’ACGS in data 3.7.20133. Al contrario, il (…) e il (…) ritenevano di adire il Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport (“TNAS”), notificando istanza arbitrale in data 24.6.2013, depositata presso la Segreteria del Tribunale il successivo 25.6.20134.

Nel giudizio instaurato dal (…) innanzi all’Alta Corte venivano citate la FIGC, la LNPA e anche tutte le altre società partecipanti alla Lega Serie A, incluse il (…) e il (…). Il (…) non si costituiva, mentre il (…), costituitosi, limitava le proprie difese al rilievo dell’incompetenza dell’Alta Corte adìta e alla richiesta del rilascio di un’“autorizzazione” al (…) di ripresentare il proprio ricorso al TNAS.

Con decisione n. 25/2013 del 25.7-8.8.2013, l’Alta Corte affermava la propria competenza a conoscere delle controversie inerenti i criteri di provvista e ripartizione dei proventi derivanti dai diritti audiovisivi e rigettava il motivo di gravame del (…), confermando la parte della decisione della Corte di Giustizia che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta avverso la delibera dell’assemblea della LNPA.

Nel giudizio instaurato dal (…) e dal (…) innanzi al TNAS per la riforma della decisione della Corte di Giustizia e l’annullamento della delibera della LNPA, si costituiva il (…), che eccepiva l’incompetenza del TNAS e riproponeva le conclusioni già svolte davanti all’Alta Corte.

All’udienza del 16.9.2013 veniva acquisita la decisione dell’Alta Corte nel frattempo intervenuta all’esito del giudizio promosso dal (…).

Con lodo del 14.10.2013, prendendo atto della citata pronuncia, il TNAS dichiarava la propria incompetenza a favore dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva; inoltre, il TNAS rigettava la domanda, nel frattempo proposta dal (…) e dal (…) e volta ad ottenere l’autorizzazione alla riassunzione davanti all’Alta Corte, attesa la già intervenuta definizione del giudizio dinnanzi proprio all’Alta Corte di Giustizia. Il Tribunale riteneva infatti che la pronuncia n. 25/2013 resa dall’Alta Corte fosse opponibile al (…) e al (…), che erano state parti di quel giudizio e che dunque dovesse trovare applicazione il principio del ne bis in idem.

Ad ogni modo, il 19.11.2013, il (…) e il (…) depositavano ricorso in riassunzione davanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva, formulando le stesse domande già svolte innanzi al TNAS.

All’esito del procedimento così instaurato, l’Alta Corte, con decisione n. 7/2014 del 18.2-13.3.2014, confermava la propria competenza ex art. 12-bis dello Statuto del Coni a conoscere la controversia oggetto del giudizio e, rilevato che la validità della delibera della Lega Serie A era già stata oggetto dell’impugnazione svolta dal (…) innanzi all’Alta Corte stessa con la partecipazione in giudizio del (…)mentre il (…), pur citato, era rimasto contumaceriteneva inammissibile l’impugnazione in applicazione del ne bis in idem. L’ACGS considerava non dirimente il fatto che la prima pronuncia si fosse limitata a un rigetto in ritoessendo tale circostanza imputabile alla scelta difensiva del (…), che si era limitato a eccepire l’incompetenza dell’Alta Corte – e riteneva inapplicabile il principio della translatio  iudicii, considerando inammissibile che la parte che identifichi erroneamente il giudice competente possa riproporre le medesime domande ad altro giudice davanti a cui la stessa parte abbia già avuto la possibilità di fare valere le proprie ragioni. Da ultimo, l’Alta Corte riteneva che «nel caso di una sentenza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello per incompetenza  del  giudice  adìto,  ove  nel  frattempo  siano  decorsi  I termini per impugnare, il potere di impugnazione si sia definitivamente consumato, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza gravata».

Successivamente, il (…) impugnava la decisione dell’Alta Corte innanzi al TAR Lazio, considerato competente ex artt. 3 del d.l. n. 220/2003 art. 133 lett. z) del c.p.a. Tuttavia, con sentenza n. 2441/2017 del 19.12.2016-15.2.2017 il Tribunale Amministrativo declinava la propria giurisdizione, ritenendo che la controversia vertesse su «rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti», in relazione ai quali il citato art. 3 prevede la giurisdizione del giudice ordinario. Veniva concesso termine di 3 mesi per la riassunzione della causa, a partire dal passaggio in giudicato della sentenza e ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.

Di conseguenza, con atto di citazione in riassunzione notificato in data 14.9.2017, le società (…) e (…) citavano in giudizio davanti al Tribunale di Milano gli odierni appellati. Si costituivano il CONI, la FIGC e la Lega Serie A, mentre veniva dichiarata contumace l’A.S. (…) S.p.A. Nelle more del giudizio, il Tribunale di Forlì dichiarava il fallimento dell’A.C. (…), autorizzando il curatore fallimentare a proseguire il processo innanzi al Tribunale di Milano.

Il Tribunale ambrosiano si pronunciava con sentenza n. 7959 del 3.9.2019, dichiarando improcedibili le domande svolte dal (…) Calcio e dal (…) e condannando queste ultime in solido al pagamento delle spese di lite in favore di LNPA, CONI e FIGC.

Con atto di citazione in appello notificato in data 1.10.2019, Il (…) impugnava la sentenza del Tribunale di Milano, chiedendone la riforma per i motivi che saranno di seguito partitamente esaminati.

Si costituivano il CONI, la FIGC e la Lega Serie A, depositando comparse di costituzione e risposta e argomentando per l’inammissibilità, sotto diversi profili, dell’appello ex adverso proposto; la LNPA svolgeva difese anche nel merito. Dichiarata la contumacia di (…) S.p.A. e del Fallimento del (…), all’udienza di precisazione delle conclusioni del 4.3.2020 la Corte tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti giorni 55 per il deposito delle comparse conclusionali e ulteriori giorni 20 per il deposito di eventuali repliche. Infine, a seguito della sospensione dei termini processuali disposta dagli artt. 83 D.L. n. 18/2020 e 36 del D.L. n. 23/2020 (convertiti rispettivamente nelle leggi n. 27/2020 e n. 40/2020), la causa è stata decisa nella camera di consiglio del 23.7.2020.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La trattazione dei motivi di appello proposti dal (…) deve prendere le mosse dall’esame delle doglianze che censurano la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui ha ritenuto “improcedibili” le domande dell’appellante volte all’accertamento dell’illegittimità della decisione dell’Alta Corte di Giustizia sportiva e della delibera della Lega Serie A. Tale aspetto è infatti prioritario rispetto al vaglio dei motivi inerenti i vizi che affliggerebbero la delibera della Lega.

La sentenza impugnata ha basato la pronuncia di improcedibilità su due diverse e autonome rationes decidendi, entrambe oggetto di gravame. In primo luogo, il Tribunale di Milano ha ritenuto che il divieto di bis in idem precludesse il riesame delle domande del (…); in secondo luogo, il giudice di prime cure ha negato che il ricorrente potesse invocare la translatio iudicii al fine di fare salvi gli effetti dell’impugnazione proposta erroneamente  innanzi  al  TNAS.  Pertanto,  il  giudice  di  prime  cure  ha  ritenuto

«definitivamente consumato il potere di impugnazione della decisione della Corte di Giustizia Federale con la partecipazione al giudizio instaurato dal (…) avanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva».

Con il primo motivo, il (…) ha svolto una pluralità di argomentazioni avverso le statuizioni della sentenza di prime cure, lamentando:

  1. Errore nel non aver il primo giudice rilevato che erroneamente nel corso del giudizio innanzi agli organi della giustizia sportiva non era stata disposta la sospensione ex art. 39, comma 1 o 2, cpc, «in attesa di decidere quale organo fosse effettivamente competente a decidere e procedere quindi alla riunione dei procedimenti» e, di poi, la riunione delle impugnazioni – da parte del TNAS o dell’ACGS –, con la conseguenza che «l’autonomo giudizio proposto dal (…) non [avrebbe potuto] inficiare il percorso giudiziario del (…)»;
  2. errore nel non aver considerato la circostanza che l’ACGS, dichiarando precluso il (secondo) ricorso del (…), avrebbe fatto subire all’odierna appellante «decadenze e/o rifiuto di giudicato in base alle scelte processuali e alle decadenze patite da un diverso soggetto [il (…), NdA]», quando il (…) avrebbe, al contrario, «sempre e tempestivamente azionato il proprio diritto di impugnativa avanti al Giudice ritenuto competente e nel rispetto dei tempi previsti dall'ordinamento sportivo e dall'ordinamento statale» (cfr. p. 12 atto d’appello);
  3.  mancata considerazione dell’errore in cui sarebbe incorsa la pronuncia dell’ACGS nella parte in cui ha ritenuto comunque tardivo il ricorso del (…) e del (…), non avvedendosi del fatto che il processo da essi incardinato innanzi allo TNAS avrebbe certamente fatto salva la possibilità di reintrodurre l’impugnazione avanti all’ACGS, stante il principio per cui non si può avere decadenza del potere di impugnare a fronte dell’instaurazione di un giudizio avanti a un organo poi dichiaratosi incompetente (translatio iudicii);
  1. erronea applicazione del principio del ne bis in idem, in quanto:
    1. il TNASl’ACGS si erano pronunciati sul merito della controversia, essendosi entrambi gli organi arrestati a una pronuncia in rito (di incompetenza il primo; di inammissibilità dell’impugnazione del (…) e di rigetto dell’eccezione di incompetenza svolta dal (…) il secondo), non sussistendo dunque alcun effetto preclusivo alla riassunzione della causa innanzi all’ACGS;
    2.  le domande svolte dal (…) e dal (…) divergevano quanto alla causa petendi, non ricorrendo dunque identicità dell’oggetto del giudizio, presupposto indefettibile per l’applicazione del ne bis in idem.

A parere del Collegio le doglianze sono infondate e vanno rigettate.

Muovendo dalla lamentata mancata considerazione dell’errore in cui sarebbe incorso il giudice sportivo, che non avrebbe sospeso il giudizio ex art. 39 cpc, si osserva che la stessa è inammissibile e infondata.

Inammissibile perché la doglianza è generica, non comprendendosi la violazione della norma che sarebbe stata compiuta, quale organo avrebbe errato nell’applicazione della norma citata, né quali conseguenze se ne dovrebbero trarre.

A p. 10 dell’atto di appello, infatti, si legge che «l’unica soluzione [alla contemporanea pendenza dei due giudizi, NdA], che gli organi giudicanti, ovvero quello chiamato per primo a decidere, avrebbero potuto adottare sulla base dei principi processuali vigenti sarebbe stata quella di sospendere un procedimento in attesa di decidere quale organo fosse effettivamente competente a decidere e procedere quindi alla riunione dei due giudizio», mancando qualsiasi precisa indicazione circa l’organo che avrebbe errato nel non sospendere il procedimento e le conseguenze che deriverebbero da tale violazione.

A p. 12 dell’atto di appello si legge invece che «se fosse stata ritenutacome pare esserlosorta una litispendenza tra il giudizio avanti al TNAS e quello promosso dal (…) avanti alla ACGS, allora il secondo organo adito, ovvero quello che si fosse ritenuto incompetente, avrebbe dovuto dichiarare:con ordinanza la continenza” e fissare “un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice” o al giudice comunque competente». In tal modo si allude a un errore del secondo organo adìtomentre, a p. 10, come visto, veniva fatto riferimento a un errore del primo organo adìto – e si prospetta come possibile una ipotesi di litispendenza o di continenza di cause, senza tuttavia indicare quale fattispecie si sarebbe   dovuta   ritenere   integrata   nel   caso   di   specie    quali   conseguenze   ne deriverebbero in punto di erroneità della pronuncia dell’Alta Corte impugnata.

Da ultimo, si rilevano profili di contraddittorietà della difesa, in quanto il riferimento all’art. 39 cpc sembra alludere a un’identicità di petitum e causa petendi tra le domande portate all’attenzione del TNAS dal (…) e quelle rivolte all’ACGS dal (…) (come, peraltro, è rimarcato anche dalla difesa degli appellanti, nella parte in cui evidenziano la ricorrenza del presupposto della «stessa causa»: p. 10 atto di appello) mentre le difese spese in punto di inapplicabilità del ne bis in idem ruotano (anche) attorno alla differenza tra le doglianze svolte dal (…) e quelle portate dal (…) (p. 14 atto di appello).

Venendo all’aspetto relativo all’infondatezza – e salva la natura assorbente  del profilo di inammissibilità della doglianza in esame – si deve osservare l’inapplicabilità al caso di specie dell’invocato art. 39 cpc: non sussistono infatti i presupposti del primo comma (litispendenza) – che avrebbe implicato la necessità per l’organo successivamente adìto (poi dichiaratosi competente) di spogliarsi della causa in favore del TNAS (organo precedentemente adìto, poi dichiaratosi incompetente)5 –, né del secondo comma (continenza), primo periodo, non essendo il TNAS competente per la causa dinnanzi a esso instaurata; quanto all’ipotesi di cui al secondo periodo del secondo comma (primo giudice incompetente per la seconda causa), per farne valere la violazione il (…) avrebbe dovuto impugnare il lodo del TNAS (ossia, «il giudice preventivamente adìto») dinanzi alla Corte d’appello (cosa che non è accaduta, avendo l’odierno appellante adìto nuovamente l’ACGS),

lamentando la mancata dichiarazione della continenza e la conseguente mancata fissazione del termine6.

Il (…) ha poi lamentato che l’ACGS, ritenendo precluso l’esame delle domande portate alla sua attenzione con il ricorso del 19.11.2013, avrebbe fatto subire all’odierna appellante «decadenze e/o rifiuto di giudicato in base alle scelte processuali e alle decadenze patite da un diverso soggetto [il (…), la cui impugnazione della delibera della CGF era stata giudicata tardiva e mancante della previa presentazione della riserva scritta, NdA]», mentre il (…) avrebbe agito sempre e tempestivamente nei confronti del giudice poi ritenuto incompetente.

Il rilievo è infondato, poiché l’Alta Corte di Giustizia ha basato il proprio dictum non sulla tardività dell’impugnazione svolta dal (…) ma, al contrario, sulla libera scelta del (…) di costituirsi in giudizio facendo valere soltanto l’incompetenza dell’Alta Corte adìta dal club siciliano, come si desume dalla lettura di p. 12 della decisione dell’organo sportivo: «se le attuali ricorrenti [il (…) e il (…), NdA], avessero prospettato in quella sede in via autonoma e tempestiva (sia pure in forma incidentale e subordinata) le loro censure avverso la delibera della Lega e avverso la pronuncia della CGF, la conferma della dichiarazione di inammissibilità dell’intervento del (…) dinanzi alla CGF non sarebbe stata di ostacolo all’esame delle questioni di merito, che avrebbero trovato autonomo e legittimo ingresso nel procedimento dinanzi all’Alta Corte e nella decisione. Ma così non è stato: ed anzi, la società (…), costituitasi nel procedimento promosso dal (…) dinanzi all’Alta Corte, ne ha sostenuto l’incompetenza […]».

Queste considerazioni, tuttavia, non sarebbero sufficienti se si ritenesse che il (…) aveva diritto ad adìre l’ACGS con salvezza degli effetti della domanda previamente svolta innanzi al TNAS, rivelatosi poi incompetente.

È dunque centrale l’esame dei profili relativi al ne bis in idem e al diniego della possibilità di effettuare una translatio iudicii, da cui il Tribunale di Milano ha fatto derivare la ritenuta “consumazione” del potere di impugnazione del (…).

Quanto al ne bis in idem, il (…) lamenta l’erroneità della sentenza del Tribunale ambrosiano nella parte in cui non ha riconosciuto l’errore della pronuncia dell’ACGS, che aveva ritenuto applicabile il principio de quo nonostante la diversità delle domande portate alla sua attenzione dal (…) e all’attenzione del TNAS dal (…) e nonostante la natura in rito delle pronunce di entrambe gli organi.

Il Tribunale di Milano ha infatti confermato la decisione dell’Alta Corte, rigettando entrambi  i  rilievi   essendo  l’oggetto  di  entrambe  le  cause  da  identificare  nella «medesima delibera federale e nella medesima decisione della Corte di Giustizia Federale che sull’impugnativa di detta delibera si era pronunciata» – e osservando che la natura in rito della pronuncia dell’ACGS era da imputare alla scelta processuale del (…), che aveva ritenuto di non difendersi nel merito innanzi all’ACGS.

Al riguardo, va premesso che è corretto il principio affermato dalla difesa  del (…), secondo il quale gli effetti preclusivi (o c.d. “negativi”) del giudicato conseguirebbero soltanto a pronunce che abbiano statuito sul merito della controversia (c.d. “giudicato sostanziale”), rimanendo estranei alle mere pronunce in rito, suscettibili di passare soltanto in giudicato “formale”: trattasi di principio seguito in varie occasioni anche dalla giurisprudenza di legittimità7. Il richiamo agli effetti preclusivi del giudicato appare quindi, di per solo, insufficiente a giustificare la declaratoria di inammissibilità pronunciata dall’ACGS e confermata dal Tribunale di Milano.

Tuttavia, ciò che appare assolutamente dirimente nel caso di specie e assorbente rispetto a ogni doglianza del (…), è la circostanza che, a causa delle spiccate peculiarità del sistema impugnatorio pro tempore vigente all’interno della giustizia sportiva (che prevedeva la compresenza di due organi competenti a giudicare sulle decisioni emesse dagli organi di giustizia c.d. “endofederale” - seppur, ovviamente, secondo una ripartizione di compiti), la medesima decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC sia stata impugnata davanti a due organi diversi e che, in tale frangente, il (…) abbia scelto di delimitare la cognizione dell’ACGS adìta – per quanto riguarda i motivi di gravame da esso propostialla sua sola incompetenza a giudicare sull’appello proposto dal (…), senza svolgere motivi attinenti al merito della delibera.

Se infatti il mero richiamo agli effetti preclusivi del giudicato non sembra sufficiente trattandosi, come detto, di principio attinente alle pronunce che abbiano statuito sul bene della vita controverso –, ritiene questa Corte che i principi di economia processuale, di concentrazione del giudizio, di autoresponsabilità delle parti e di divieto di venire contra factum proprium valgano a giustificare la declaratoria di improcedibilità (rectius, inammissibilità) del ricorso al Tribunale di Milano per «consumazione del potere di impugnazione» e precludano al (…) di adìre nuovamente un organo a cui era già stato devoluto il giudizio sulla correttezza della medesima decisione di cui il (…) intendeva dolersi (quella emessa dalla CGF, con ciò superandosi anche la possibile obiezione della – solo apparente – diversità dell’oggetto del giudizio, trattandosi al contrario di gravame avente a oggetto la stessa decisione impugnata dal (…)).

Infatti, nell’ordinamento processualcivilistico vige un principio di consumazione dell’impugnazione, «per effetto del quale, una volta che la parte abbia esercitato tale potere, esaurisce la facoltà di critica della decisione che lo pregiudica, senza che possa proporre una successiva impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida, non sia stata ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge»8.

Tale principio, per esempio, onera «la parte alla quale siano stati notificati da soggetti diversi due ricorsi per cassazione avverso la medesima sentenza (l'uno principale e l'altro incidentale), ove intenda proporre anch'essa ricorso incidentale, [di] farlo con un unico atto per non consumare il proprio potere d'impugnazione»9; ancora, il medesimo principio ha portato la Suprema Corte ad affermare che «la proposizione del ricorso principale per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente, ricevuta la notificazione del ricorso proposto da un'altra parte non può introdurre nuovi e diversi motivi di censura con i motivi aggiunti,ripetere le stesse censure già avanzate con il proprio originario ricorso mediante un successivo ricorso incidentale, che, se proposto, va dichiarato inammissibile […]»10. Il principio richiamato onera quindi la parte che voglia dolersi di una pronuncia precedente di proporre tutte le sue lamentele alla prima occasione possibilesia che questa origini dall’iniziativa processuale altrui, sia che questa derivi dalla propria autonoma iniziativa –, pena la “consumazione” del proprio potere di impugnazione e la conseguente impossibilità di portare successivamente ulteriori doglianze avverso la medesima pronuncia.

Ebbene, di tale principio pare potersi fare applicazione anche nel caso di specie per confermare la dichiarazione di inammissibilità pronunciata dalla seconda ACGS e fatta propria dal Tribunale di Milano. Deve infatti ritenersi precluso al (…) di riportare all’attenzione dell’ACGS la medesima decisione della CGF, essendo stata la squadra piemontese già chiamata a partecipare a un giudizio di impugnazione avverso la medesima decisione di cui aveva intenzione di dolersi e avendo scelto di difendersi limitandosi a eccepire l’incompetenza dell’organo adìto, invece di far valere anche innanzi all’ACGS tutti i motivi di gravame portati innanzi al TNAS.

Pertanto, nei confronti dell’appellante si deve ritenere maturata la preclusione a ri- adire l’Alta Corte per far valere le ulteriori doglianze rimaste inespresse nel corso del giudizio instaurato dal club siciliano.

D’altronde, neppure sembra trascurabile il rilievo che, approcciando la problematica de qua dal solo profilo dell’applicabilità del principio del ne bis in idem, si permetterebbe al (…) di giovarsi di un risultato (la natura di mero rito della prima pronuncia dell’Alta Corte, pure sufficiente a rendere inoperante la preclusione di giudicato) che deve piuttosto imputarsi a sue precise scelte e comportamenti processuali (risultato che, se consentito, importerebbe una decisa violazione dei già richiamati principi, permettendo al (…) di riportare all’attenzione dell’ACGS la delibera della CGF). Allo stesso modo, non pare trascurabile il richiamo compiuto dalla difesa della FIGC (con affermazioni rimaste ex adverso incontrastate) alla esistenza, all’epoca dei fatti processuali di cui si discute, di un orientamento dell’ACGS che riconosceva la propria competenza in materia di riparto dei proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi ai sensi del d.lgs. n. 9/2008. Circostanza che incide sfavorevolmente sul comportamento processuale del (…)11.

Quanto al profilo della translatio iudicii, il (…) si duole del diniego a riassumere innanzi all’ACGS il giudizio instaurato davanti al TNAS, dato che tale giudizio era stato promosso nel rispetto del termine di decadenza previsto per l’impugnazione al Tribunale Nazionale delle decisioni emesse dagli organi endofederali.

Al riguardo, va premesso che sembra davvero dubbia l’applicabilità al caso di specie del principio della translatio iudicii. Infatti, se è senz’altro vero che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che «l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della "translatio iudicii"» (Cass. civ. SSUU 18121/2016), la giurisprudenza successiva ha escluso l’operatività dell’istituto nei casi di erronea individuazione del mezzo di impugnazione, versandosi in ipotesi di inammissibilità radicale dell’impugnazione proposta a un giudice funzionalmente incompetente per grado e di utilizzo di uno strumento processuale radicalmente erroneo12.

Nel caso di specie, alla luce della peculiare articolazione della giustizia sportiva nel sistema pro tempore vigente, pare che il ricorso a un organo arbitrale le cui decisioni sono impugnabili in Corte d’appello ex artt. 827 ss. cpc – in luogo del ricorso a un organo (l’ACGS) svolgente funzioni amministrative di natura giustiziale, le cui determinazioni sono impugnabili innanzi al TAR facendo valere i vizi del provvedimentosia assimilabile più al caso di «utilizzo di uno strumento processuale radicalmente erroneo» che al casoper cui le SS.UU. hanno affermato l’operatività della translatio iudicii – di mera proposizione dell’appello a un giudice (sempre di appello, ma) incompetente per territorio.

In ogni caso, anche volendo prescindere dall’aspetto appena richiamato, l’applicabilità al caso di specie del principio di consumazione dell’impugnazione è assorbente, in quanto, se è vero quanto si è detto nelle pagine precedenti, per aggirare la preclusione derivante dalle sue stesse scelte processuali il (…) non può nemmeno invocare la translatio iudicii. Resta infatti la circostanza che la squadra piemontese ha partecipato al giudizio “di appello” avente a oggetto la medesima decisione di cui intendeva chiedere  la riforma, limitandosi a lamentare l’incompetenza dell’Alta Corte adìta dal (…) senza proporre doglianze di merito e così esaurendo la propria possibilità di censurare la decisione della CGF dinanzi all’ACGS.

Un ulteriore ostacolo all’applicabilità del principio invocato va ravvisato nel fatto che il TNAS non aveva autorizzato la riassunzione innanzi all’ACGSproprio in considerazione del procedimento già incardinato dal (…) – e che avverso tale pronuncia il (…) non ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte d’appello.

Pertanto, per sanare il proprio errore nell’individuazione del giudice competente ed evitare la consumazione del proprio potere di impugnazione, il (…) avrebbe dovuto riproporre ex art. 358 cpc un ricorso all’Alta Corte completo delle doglianze sul merito della decisione avversata, prima della (prima) pronuncia in rito dell’ACGS e del decorso dei termini per l’impugnazione della determinazione endofederale davanti all’ACGS13. Oppure, anche se la prima soluzione prospettata sembra senz’altro preferibile, avrebbe dovuto impugnare il lodo TNAS nella parte in cui non aveva concesso la riassunzione. In difetto di tale attività, deve essere confermata la pronuncia di improcedibilità (rectius, inammissibilità) del giudizio incardinato dal (…) innanzi al Tribunale di Milano. Restano quindi assorbite le altre eccezioni sollevate e in particolare quelle della FIGC

relative alla mancata notifica della citazione di primo grado alle altre squadre beneficiarie del contributo Europa League e alle altre società facenti capo alla LNPA.

Il CONI ha chiesto la condanna del (…) ex art. 96 cpc, per avere l’appellante reiterato le proprie domande, nonostante l’evidente carenza di interesse ad agire rispetto al Comitato e di legittimazione passiva di quest’ultimo. Osserva il Coni, da un lato, che il  (…)  non  potrebbe  trarre  nessuna  utilità  dalla  sua  presenza  in  giudizio  o dall’opponibilità della sentenza a esso e che nemmeno sono state formulate domande specifiche nei suoi confronti; dall’altro lato, che non è possibile «chiamare in causa un organo giudicante neppure indirettamente, attraverso l’Ente o lo Statuto che lo ha istituito» (pp. 26 ss. Comparsa di risposta CONI).

La FIGC ha chiesto la condanna del (…) ex art. 96, comma 3, cpc, in quanto «la proposizione di un appello, con cui si reiterano le medesime difese dei molteplici gradi di giudizio precedenti, che hanno visto il (…) sempre soccombente, giustifica la richiesta di condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, cpc».

Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per la condanna richiesta dai due enti.

Invero, le pronunce dell’ACGS sono normalmente ricorribili innanzi al TARattesa la funzione amministrativa giustiziale svolta dall’Alta Corte e la natura provvedimentale delle sue decisioni – e che il presente giudizio origina proprio dalla riassunzione del giudizio incardinato inizialmente presso il giudice amministrativo, non sembrando allora che possa ammontare a «mala fede o colpa grave» la citazione in giudizio anche del CONI da parte del (…).

A ciò deve sommarsi l’incertezza che caratterizza(va) sia l’inquadramento della natura degli organi della giustizia sportivatanto che il sistema attuale si connota per la presenza di un solo organo giustiziale, il Collegio di Garanzia dello Sport –, sia – e soprattuttoil riparto di giurisdizione tra la giustizia sportiva e quella statuale. Anzi, proprio di tale incertezza è emblematico lo svolgimento del presente giudizio, in cui al giudice ordinario è stata demandata ex art. 3 del d.l. n. 220/2003 la cognizione su una decisione dell’ACGS, quando, normalmente, tali decisioni sono ricorribili al TARproprio per la loro natura provvedimentalementre alla Corte d’appello (e, si noti, non al Tribunale) spetta la cognizione sui lodi emanati dal TNAS.

Le considerazioni da ultimo esposte valgono anche a rigettare la domanda formulata dalla FIGC, difettandone il presupposto soggettivo.

Venendo ora alle spese del presente grado, considerati il valore indeterminabile della lite, l’esito del giudizio, la qualità e la quantità delle questioni trattate, la non novità delle argomentazioni proposte rispetto a quelle già svolte (nel corso dei numerosi precedenti gradi di giudizio) e il conseguente impegno difensivo richiesto e concretamente prestato, il numero delle parti coinvolte, nonché i criteri e i parametri tutti di legge (D.M. 55/2014 e D.M. 37/2018), pare congruo porle a carico dell’appellante (…) Calcio S.p.A. per intero e liquidarle in complessivi12.000,00 per compensi, oltre forfetarie (15%) e oneri di legge, esclusivamente in favore della Lega Nazionale Professionisti Serie A.

Non si ritiene infatti di liquidare le spese processuali in favore del CONI e della FIGC, trattandosi di soggetti nei confronti dei quali il (…) non ha svolto domandel’unica domanda essendo stata formulata nei confronti della LNPA – e rispetto ai quali, dunque, l’appello deve ritenersi essere stato notificato ai soli fini della litis denuntiatio ex art. 332 cpc. Risulta invero pienamente condivisibile l’orientamento in proposito espresso dalla Suprema Corte (Cass. civ. 24944/2019; Cass. civ. 5508/2016; Cass. civ. 2208/2012) secondo il quale, in assenza di vocatio in ius e, quindi, di soccombenza rispetto ai soggetti a cui l’appello era stato notificato soltanto ai fini citati, la costituzione in giudizio di questi ultimi si deve ritenere inutile, con conseguente irripetibilità delle relative spese.

P Q M

La Corte d’appello di Milano, disattesa o assorbita ogni contraria o ulteriore domanda, istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando in contumacia del Fallimento A.C. (…) S.p.A. e di A.S. (…) S.p.A. e nel contraddittorio delle altre parti, così provvede:

  • rigetta l’appello proposto da (…) Calcio S.p.A. avverso la sentenza n. 7959 resa in data 3.9.2019 dal Tribunale di Milano, che dunque conferma;

-         condanna l’appellante a rifondere a Lega Nazionale Professionisti Serie A le ulteriori spese del grado, che liquida in complessivi12.000,00, oltre spese generali (15%) e oneri di legge;

  • atto che, per effetto della presente decisione, sussistono a carico dell’appellante i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater DPR 115/2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1- bis DPR 115/2002.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 23 luglio 2020

Il  presidente est.

Domenico Bonaretti

 

1 «Dalla quota delle Risorse Economiche Nette spettante a ciascuna società neopromossa in Serie A nella Stagione in Corso sulla base dei criteri di ripartizione di cui al precedente paragrafo 2 viene prelevata la somma di euro 2.500.000,00 (duemilionicinquecentomila/00) da distribuire in parti uguali a tutte le società di Serie A partecipanti alla Europa League (escluse le società che accedono alla Europa League dopo avere disputato la fase a gironi della UEFA Champions League) nella Stagione in Corso». La clausola statutaria è poi stata annullata dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva con decisione n. 10 del 20-22.12.2010 «limitatamente alla parte che prevede il prelevamento a carico esclusivo delle società neopromosse in Serie A».

2 Art. 9, comma 15 dello Statuto – Regolamento della LNPA approvato il 1.7.2010 «Reclami. Contro la validità delle Assemblee della Lega Serie A e delle deliberazioni adottate può essere proposto reclamo alla Corte di Giustizia Federale entro il decimo  giorno  non festivo successivo alla data della Assemblea da parte delle società presenti e ad essa validamente partecipanti, purché le stesse abbiano presentato riserva scritta prima della chiusura dei lavori dellʹAssemblea. Le società che non hanno partecipato allʹAssemblea possono proporre reclamo entro il decimo giorno non festivo successivo a quello della ricezione delle delibere effettuata ai sensi del precedente comma 14».

3 Ai sensi dell’art. 4, comma 1 del “Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva”, il ricorso all’Alta Corte è proposto con atto notificato alla parte resistente, a eventuali controinteressati e alla Federazione di appartenenza entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di conoscenza dell’atto impugnato. Secondo l’art. 5, il ricorso deve essere depositato in originale entro 10 giorni dall’ultima notifica presso la Segreteria dell’Alta Corte.

4 Ai sensi degli artt. 9, 10 e 11 del Codice dei Giudizi Innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri”, la procedura arbitrale è introdotta con istanza rivolta al Tribunale, che va poi trasmessa alla controparte a cura dell’istante nel termine di 30 giorni dalla data nella quale alla parte istante è stata comunicata la decisione impugnata; da ultimo, entro il quinto giorno successivo alla scadenza del termine citato, la parte deve depositare presso la segreteria del TNAS l’originale del ricorso con la prova del ricevimento dell’istanza da parte dei suoi destinatari.

5  Il procedimento innanzi al TNAS è stato infatti incardinato il 24.6.2013, alla luce della disciplina contenuta dal Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri” riportata supra, nota Si veda supra, nota 3, per la procedura prevista per il ricorso all’ACGS.

 6 Le pronunce del TNAS, infatti, venivano considerate lodi impugnabili in Corte d’appello ex artt. 827 ss. cpc. Si vedano a questo riguardo l’art. 12-ter, comma 3 dello Statuto del ConiAvverso il lodo, ove la controversia sia rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, è sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile») e l’art. 28 del regolamento del TNAS I lodi arbitrali aventi ad oggetto controversie rilevanti anche per l’ordinamento della Repubblica sono sempre impugnabili, in conformità di quanto disposto nell’articolo 12 ter, comma 3, dello Statuto del CONI(17), anche in presenza della cosiddetta “clausola di giustizia” eventualmente contenuta negli statuti, regolamenti e accordi di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, con i mezzi previsti dal codice di procedura civile»).

La natura arbitrale del procedimento innanzi allo TNAS era stata riconosciuta anche dal Consiglio di Stato: «l'arbitrato presso il Tnas è rituale e la impugnazione del suo lodo è conosciuta dal giudice ordinario, potendosi fare valere davanti alla Corte d'appello i vizi propri di nullità del lodo ex art. 828 c.p.c (Consiglio di Stato 1602/2015 e 3983/2014).

7 Cass. civ. 26377/2014: « La pronuncia "in rito" luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la pronuncia d'inammissibilità della domanda di risarcimento danni da circolazione stradale per mancato rispetto dello "spatium deliberandi" accordato all'assicurazione ex art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, costituisce giudicato formale, e non preclude la riproposizione in altro giudizio)».

Cass. civ. 18160/2015: «La sentenza che dichiari insussistente l'interesse ad agire è una decisione di rito, sicché è inidonea a spiegare efficacia di giudicato al di fuori del processo nel quale è pronunciata».

Cass. civ. 26178/2017; 3291/2013; 17248/2003: «Le sentenze che statuiscono sulla competenza - ad eccezione delle decisioni della S.C. in sede di regolamento di competenza - non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale, poiché la decisione sulla questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non più impugnabile, dà luogo soltanto al giudicato formale, il quale si concreta in una preclusione alla riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, ma non fa stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso».

8 Cass. civ. 24332/2016 ha fatto applicazione del principio, affermando che «Pertanto, ove la stessa sentenza di appello venga impugnata tempestivamente con due identici ricorsi per cassazione, proposti l’uno di seguito all’altro, si pongono due sole alternative, a seconda che il primo di essi abbia, o meno, validamente introdotto il giudizio di legittimità: nell’un caso, il ricorso successivamente proposto va dichiarato inammissibile; nell’altro, invece, deve essere esaminato in ragione dell’inammissibilità del primo».

9 Cass. civ. 137/2012.

10 Cass. civ. 2568/2012.

11 Cfr la costituzione della FIGC ex art. 12 codice TNAS, pp. 2 ss., che richiama le decisioni n. 30 del 21.12.2011; n.

15 del 14.6.2012 e, soprattutto, n. 21 del 20-22.12.2010.

12 Cass. civ. 10419/2020; 5712/2020; 25078/2016: «L'erronea individuazione del mezzo di impugnazione (nella specie, l'appello, in luogo del ricorso per cassazione, avverso sentenza definitoria di una opposizione ex art. 617 c.p.c.) impedisce l'insorgenza di un obbligo per il giudice adito di operare la "translatio iudicii" in favore di quello competente sul corretto mezzo di impugnazione, e ciò in ragione della inammissibilità radicale ed insanabile della impugnazione erroneamente proposta dinanzi al giudice funzionalmente incompetente per grado. Non si è trattato di non aver correttamente individuato l'organo giudiziario innanzi al quale proporre il gravame, bensì di aver utilizzato uno strumento processuale erroneo perché radicalmente diverso da quello corretto».

13 In applicazione di quanto affermato per esempio da Cass. civ. 18604/2014: «Il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purché esso sia tempestivo, requisito per la cui valutazione occorre tenere conto, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non del termine annuale, che comunque non deve essere già spirato al momento della richiesta della notificazione della seconda impugnazione, ma del termine breve, che decorre dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante». Si vedano anche Cass. civ. 4754/2018 e 14214/2018. Nel caso di specie, posto un termine di 30 giorni per l’impugnazione delle delibere endofederali (cfr art. 4, comma 1 Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva e art. 10 Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e disciplina degli arbitri), il secondo ricorso all’ACGS è del 19.11.2013, mentre la delibera della CGF risale al 14.3.2013. Il ricorso del (…) all’ACGS è stato invece notificato il 24.6.2013.

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