TRIBUNALE DI TORINO – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 1092/2021 DEL 02/03/2021
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
SEZIONE SECONDA CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Francesco Moroni
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 23208/2018, promossa da:
(…) rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Maria Scaccabarozzi del Foro di Lecco, ed elettivamente domiciliato, ai fini di questo giudizio, in Torino, Via Torricelli 12, presso lo studio di dell’Avv. Marco D’Arrigo, per procura in calce dell’atto di citazione;
-attore-
-contro-
(…) in persona dell’accomandatario Dott. (…), e di (…) e
(…), elettivamente domiciliati in Torino, Corso Ferrucci 64, presso lo studio degli Avv.ti Paolo R. Rocca e Franca Collura, che li rappresenta e difende per giusta procura in atti;
CONCLUSIONI
-convenuti-
PPer l’attore (…), come da foglio di precisazione delle conclusioni per l’udienza del 05.03.2020:
Voglia all’Ill.mo Tribunale di (…) ogni contraria istanza disattesa, così giudicare:
Per tutto quanto esposto in atti
- In via principale e di merito, accertare e dichiarare la nullità del Mandato stipulato tra il signor (…) e (…) in data 26.05.2015; per l’effetto, accertare che nulla è dovuto dall’attore ai convenuti a titolo di corrispettivo previsto dallo stesso.
- In via subordinate nel merito, nella denegata ipotesi in cui il Mandato del 26.05.2015 fosse ritenuto valido: accertare la nullità delle clausole che prevedono il rinnovo tacito e la debenza della penale per la revoca del mandato e per l’effetto accertare che nulla è dovuto a titolo di penale e che il credito vantato dalla IFA di (…) nei confronti dell’attore, qualora venga proposta relativa domanda, è da quantificarsi nella misura del 3% dello stipendio lordo percepito dall’attore nelle annualità 2016/2017 e 2017/2018 e dei corrispettivi percepiti dalla Nike;
- In via ulteriormente subordinate, nella denegata ipotesi in cui il Mandato del 26.05.2015 fosse ritenuto valido ed efficace e fossero ritenute valide anche le clausole relative al rinnovo tacito e alla debenza della penale, accertare e dichiarare la sussistenza di giusta causa a sostegno della revoca formulate con PEC del 25.05.2018 con conseguente dichiarazione della non debenza della penale e accertare che il credito vantato dalla IFA di (…) nei confornti dell’attore, qualora venga proposta la relativa domanda, è da quantificarsi nella misura del 3% dello stipendio lordo percepito dall’attore nelle annualità 2016/2017 e 2017/2018 e dei corrispettivi percepiti dalla Nike;
- In ogni caso: accertare le rispettive responsabilità extracontrattuali e/o contrattuali degli odierni convenuti per I danni subiti dall’odierno attore e per l’effetto condannarli, se del caso in via solidale, al pagamento di € 775.000,00 o di quella maggiore o minore somma, che dovesse essere ritenuta provata all’esito dell’istruttoria o da liquidarsi in via equitativa dal Giudice; in favore del Sig. (…), da porsi eventualmente in compensazione con i crediti che venissero accertati in favore dei convenuti.
In via istruttoria:
si richiamano totalmente le conclusioni precisate nell’atto di citazione del 07.10.2018.
Per i convenuti (…)., (…) e (…), come da comparsa conclusionale:
Voglia il Tribunale ill.mo, previe le declaratorie del caso,
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- in via istruttoria:
- ammettere le istanze istruttorie tutte dedotte nelle memorie ex art. 183, VI comma, n. 2 e 3, c.p.c., a modifica delle ordinanze dell’8 ottobre 2019 e del 24- 26 febbraio’20;
- dichiarare la tardività della produzione del doc. 13 attoreo e in ogni caso ammettere l’istanza dei convenuti ex artt. 153 cpc, formulata all’udienza del 27 giugno ’19, di produzione dei doc. 66, 67 e 68 (il bilancio del Torino FC spa 2018, da cui risultano le valutazioni di Meitè e OMISSIS e la cessione dei diritti alle prestazioni sportive di quest’ultimo, non essendo visibile entro la scadenza del termine ex art. 183, VI comma, n. 2 e 3 cpc);
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- nel merito in via principale:
- rigettare ogni domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, essendo insussistente il conflitto di interessi ed infondato qualsivoglia ulteriore addebito, mandando assolti i convenuti da ogni avversaria pretesa, dichiarando valido e vigente fino al 25 maggio ‘19 il mandato/contratto di rappresentanza di IFA con (…) e rigettando ogni pretesa risarcitoria, visti anche gli art. 1225 c.c. e 1227, 1° e 2° co., c.c.;
- nel merito in via riconvenzionale:
- accertare e dichiarare che sono dovuti a IFA i compensi con l’aliquota del 5% sia sul contratto di (…) con il (…) Calcio dell’8 novembre ’16 e per le S/S dal 2016/2017 al 2020/2021 (ossia per tutta la durata residua dell’ingaggio dell’attore comunque prevista nell’ultimo contratto con il Torino Calcio), sia sui corrispettivi percepiti dall’attore da Nike e fino al 31 luglio 2025;
- accertare e dichiarare che è valida la clausola di rinnovo e che il mandato/contratto di rappresentanza di IFA con (…) si era rinnovato il 25 maggio 2017 sino al 25 maggio 2019;
- accertare e dichiarare che è valida la clausola penale prevista nel mandato/contratto di rappresentanza di IFA con (…);
- accertare e dichiarare che non sussisteva una giusta causa di revoca del mandato/contratto di rappresentanza alla IFA (e quindi, occorrendo in via incidentale, che il mandato eventuale di (…) a (…) non è valido/vigente/efficace ai sensi del Regolamento FIGC 2015);
- accertare e dichiarare che è pertanto dovuta a IFA sas la penale prevista nel mandato/contratto di rappresentanza e che il mandato/contratto di rappresentanza di IFA con (…) è perfettamente valido, efficace e vigente fino al 25 maggio ‘19 stante il mancato pagamento contestuale della penale stessa (condizione di efficacia della revoca in mancanza di giusta causa ex art. 2 mandato/contratto di rappresentanza di IFA);
- accertare e dichiarare che quindi IFA sas ha diritto ai compensi del 5% anche in relazione al contratto di (…) con il (…) Calcio (tuttora vigente) ed in relazione al successivo contratto di prestazione sportiva stipulato dal (…) con il (…) (cessione temporanea);
- dichiarare conseguentemente tenuto e condannare il sig. (…) a pagare a (…):
€ 36.500, oltre iva sull’emittenda fattura, in relazione ai compensi maturati per la S/S 2016/2017, compreso il pro-rata del contratto precedente e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike (doc. 45, prefattura del 24 luglio 2017);
€ 31.500, oltre iva sull’emittenda fattura, in relazione ai compensi maturati per la S/S 2017/2018 e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike (doc. 46, prefattura del 18 giugno 2018);
€ (31.250 x 3) = € 93.750, oltre iva sull’emittenda fattura, pari al 5% dei compensi annui lordi (parte fissa e premio acquisito e ribaltato sulle stagioni successive, per ogni stagione pari rispettivamente ad € 536.000,00 ed € 89.000,00) del (…) per le S/S 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, ossia per tutta la durata residua dell’ingaggio dell’attore comunque prevista nell’ultimo contratto 8/11/2016 con il Torino Calcio decorrente dal 1/10/2016 al 30/6/2021 (doc. 18 nostro e 2 attoreo);
la somma, da quantificare, pari al 5% dei compensi lordi, oltre iva, riconosciuti dallo sponsor Nike per il relativo addendum al contratto decorrente dal 1/8/2016 al 31/7/2025 (non quantificabile al momento e da meglio determinarsi all’esito delle esibizioni richieste o comunque anche con condanna generica limitata all’an, essendo dovuto per ogni stagione in relazione alle presenze, al Club di appartenenza ed alle convocazioni in Nazionale, doc. 47);
il 5% dei compensi annui lordi, oltre iva, previsti nel contratto del OMISSIS con il (…) Calcio (compensi da meglio determinarsi all’esito delle esibizioni richieste) per tutta la durata dell’ingaggio quinquennale dell’attore (in quanto era stato semplicemente ceduto il contratto con il (…) procurato da (…) e comunque era ancora vigente al momento della stipula con il Monaco il mandato/contratto di rappresentanza con (…) perché inefficace la revoca per mancanza di giusta causa e per mancato pagamento contestuale della penale ai sensi della clausola 2 del mandato stesso); in specie tale somma è determinata come segue, salvo miglior quantificazione da parte del Tribunale:
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- per il triennio S/S 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021 il 5% sulla differenza tra il compenso previsto nel contratto 8/11/16 con il (…) e la maggior somma prevista nel contratto con il Monaco, ossia € (872.628,00 lordi –
536.000 lordi – 89.000 lordi) = € 247.628,00 lordi annui di incremento x 5% = € 12.381,40 x 3 anni = € 37.144,20 oltre iva sull’emittenda fattura, ovvero il 5% sull’intero compenso previsto nel contratto con il (…) pari a (€ 872.628,00 lordi x 5 %) = € 43.631,40 x 3 anni = € 130.894,20 oltre iva sull’emittenda fattura, nel denegato e non creduto caso in cui non venissero riconosciuti I compensi sub c);
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- per le ulteriori due S/S 2021/2022 e 2022/2023 il 5% sul compenso con il (…), ossia
€ 872.628,00 lordi x 5% = € 43.631,40 x 2 anni = € 87.262,80 oltre iva sull’emittenda fattura;
€ 30.000 per la penale per revoca del mandato senza giusta causa ai sensi della clausola 2 del mandato/contratto di rappresentanza (doc. 12);
il 5% dei compensi annui lordi, oltre iva, previsti nel contratto del (…) con il (…) per la parte di incremento rispetto al contratto con il (…) Calcio (compensi da meglio determinarsi all’esito dell’esibizione del contratto), ovvero il 5% sull’intero compenso previsto in detti contratti nel denegato e non creduto caso in cui non venissero riconosciuti I compensi sub c);
tutte le somme da a) a g) oltre interessi ex dlgs 231/2002 ed interessi sugli interessi, da compensarsi in subordine (in denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree) con le eventuali somme riconosciute all’attore.
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- in via di estremo subordine, e per il solo denegato caso di accoglimento di taluna delle domande attoree inerenti il mandato, tutte le suddette somme da a) a g) si richiedono ai sensi dell’art. 2041 c.c., sempre oltre interessi ex dlgs 231/2002 ed interessi sugli interessi, da compensarsi in subordine (in denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree) con le eventuali somme riconosciute all’attore;
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- in ogni caso:
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- condannare l’attore, ai sensi dell'art. 96, primo, secondo o terzo comma c.p.c., al pagamento a favore dei convenuti di somma e/o al risarcimento dei danni derivanti dalla temerarietà dell'azione intrapresa, nella misura ritenuta di giustizia e da liquidarsi anche in via equitativa;
- con vittoria di spese e di onorari di giudizio.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con atto di citazione del 07.10.2018, (…) conveniva in giudizio la (…) e i sig.ri (…) e (…), lamentando, in via principale, la nullità del contratto di mandato stipulato tra le stesse parti in data 26.05.2015, per violazione tanto dell’art. 1322, secondo comma, c.c., quanto del Codice del Consumo, sul punto clausole vessatorie di cui all’art. 33, ritenuto applicabile al contratto stesso.
L’attore agiva, inoltre, per il riconoscimento delle responsabilità extracontrattuali e/o contrattuali in capo agli odierni convenuti per i danni, economici ed alla carriera, da lui subiti a seguito del mancato trasferimento del giocatore all’A.S. (…), dovuto a un presunto conflitto di interessi esistente tra l’allora proprio procuratore (appunto, la (…) di (…) e la (…) di (…)., avente medesima sede, medesimo oggetto sociale e legale rappresentante riconducibile alla persona del padre di (…). Al riguardo, l’attore esponeva come circa una settimana prima che il Sig. (…) sottoscrivesse il contratto con il (…) del 08.11.2016, la (…) di (…)., rappresentata da (…) si faceva promettere dal (…) l’importo di € 165.000,00 per l’assistenza nel rinnovo contrattuale del sig. (…) con importo dilazionato nelle stagioni di tesseramento e condizionato a quest’ultimo.
Tale conflitto di interessi, in base alla ricostruzione dell’attore, avrebbe inibito il procuratore del sig. (…) nelle operazioni di trasferimento del giocare presso (…), al fine di favorire la (…) di (…)., e quindi, indirettamente, il padre del sig. (…), con conseguenze economiche e di carriera notevoli per l’attore stesso. Il (…) chiedeva, pertanto, che venisse accertata e dichiarata:
- la nullità del contratto di mandato del 26.05.2016 per violazione dell’art. 1322, secondo comma, c.c. e per violazione dell’art. 33 comma I della l.n. 91/1981 in punto clausole vessatorie, per aver previsto il contratto di mandato il rinnovo tacito alla scadenza e la debenza di una somma a titolo di penale in caso di recesso anticipato dal contratto stesso;
- nel caso in cui fosse stato ritenuto valido il contratto di cui sopra o, comunque, fossero state ritenute valide le clausole contestate, la sussistenza di giusta causa sulla cui base si fondava il recesso esercitato dall’attore in 25.05.2018, per essere venuta meno la fiducia e la volontà di usufruire ulteriormente dei servizi del procuratore;
- l’obbligo dei convenuti al risarcimento del danno, da liquidarsi in € 775.000,00,
in favore del sig. (…) per responsabilità extracontrattuale o contrattuale.
Si costituivano ritualmente in giudizio la (…) di (…) & C. S.a.s. e i sig.ri (…) e (…), contestando in fatto ed in diritto la fondatezza delle pretese di parte attrice e chiedendo il rigetto delle relative domande, sul presupposto che non sussisterebbe alcun conflitto di interessi tra la a (…) di (…) & C. S.a.s. e la (…) di (…)., conflitto di interessi, nello specifico, neppure ipotizzabile, posto che, in caso di avvenuto trasferimento del sig. (…) all’A.S(…), la (…) di (…). avrebbe ricevuto un compenso di quasi 500.000,00 € dalla stessa
società, in aggiunta alla percentuale dovuta dal (…)
I convenuti davano, altresì, atto di essersi sempre prodigati nell’interesse del sig. (…) sia con la società (…) Calcio, per ottenere miglioramenti contrattuali, sia con l’A.S. (…) per favorirne il passaggio, oltre ad aver intrapreso le trattative iniziali per una eventuale cessione del calciatore all’A.S. (…). Sottolineavano, inoltre, di aver ottenuto degli adeguamenti contrattuali per il calciatore, senza poter poi raggiungere compensi più elevati proprio a causa del basso rendimento e del conseguente scarso utilizzo in campo del giocatore stesso.
I convenuti precisavano, peraltro, come l’A.S. (…) avesse deciso di acquistare, al posto di (…), il calciatore (…), ritenuto profilo di maggiore esperienza e con un costo nettamente inferiore, stanti le pretese economiche eccessive avanzate dalla società (…) Calcio per la cessione dell’odierno attore e il fatto che lo stesso non sarebbe stato immediatamente disponibile dovendo, il club granata, trovare prima un rimpiazzo nel ruolo.
Esponevano, quindi, che quanto dovuto dal sig. (…) come compenso pattuito dal contratto di mandato stipulato in data 26.05.2015, e rinnovatosi automaticamente in data 26.05.2017, dovesse essere calcolato con un’aliquota del 5% sui compensi lordi del giocatore, e non già del 3%, come allegato da parte attrice.
Per tali ragioni, i convenuti chiedevano:
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- che venisse accertata l’applicabilità dell’aliquota del 5% sia sul contratto di OMISSIS con il (…) Calcio del 08.11.2016 e per le S/S dal 2016/2017 al 2020/2021, sia sui corrispettivi percepiti dall’attore da Nike e fino al 31.07.2025;
- che venisse accertata la validità del contratto e, comunque, delle clausole in esso previste di rinnovo automatico e di debenza della penale;
- che venisse accertata la carenza di giusta causa di revoca del mandato e, quindi, in via incidentale, che il mandato di (…) a (…) non fosse ritenuto valido, vigente ed efficace ai sensi del Regolamento FIGC 2015;
- che venisse accertato e dichiarato che è dovuta a IFA sas la penale prevista nel mandato e che lo stesso è perfettamente valido, efficace e vigente fino al 25.05.2019;
- in conseguenza, che venisse accertato il diritto, in capo alla IFA sas, ai compensi del 5% anche in relazione al contratto di (…) con il (…) Calcio e in relazione al successivo contratto di prestazione sportiva stipulato dal (…) con il (…)
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Assegnati i termini ex art. 183 c.p.c. e depositate dalle parti le relative memorie istruttorie, con ordinanza del 08.10.2019 il Giudice rigettava le istanze istruttorie proposte da entrambe le parti e, sul presupposto che la causa fosse matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni al 02.07.2020.
Con ordinanza del 24.02.2020, preso atto dell’istanza di modifica, depositata da parte convenuta il 04.02.2020, dell’ordinanza dell’08.10.2019 con la quale erano state respinte le istanze probatorie, il Giudice rigettava nuovamente le istanze dedotte, confermando l’udienza di precisazione delle conclusioni al 02.07.2020.
Con decreto, il Giudice disponeva che l’udienza del 02.07.2020 si svolgesse nelle forme udienza “figurata” mediante il deposito telematico di note scritte.
Quindi, la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
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In diritto occorre osservare come il Legislatore abbia inteso riconoscere, in capo a determinate categorie di soggetti, considerate “più deboli” all’interno dell’ordinamento, una tutela speciale in ambito contrattuale. Nello specifico, ha previsto come la qualifica di consumatore in capo a un soggetto importi l’applicazione delle norme del Codice del Consumo, d. lgs. 206/2005, le quali mirano alla tutela degli interessi e dei diritti del consumatore, considerato il soggetto più debole nel rapporto di compravendita.
A norma dell’art. 3 comma 1 del Codice del Consumo è considerato “consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. In caso contrario, quando un soggetto agisca, quindi, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, sarà considerato dalla legge un “professionista: la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”.
Occorre precisare che ciò che distingue un consumatore da un professionista non è il possesso della qualifica di imprenditore o di commerciante o di artigiano al momento in cui stipula un contratto ma, piuttosto, lo scopo che il soggetto vuole raggiungere nel momento in cui conclude il contratto stesso.
La Suprema Corte, infatti, ha chiarito che “In tema di disciplina di tutela del consumatore e di contratti negoziati fuori dai locali commerciali, non riveste la qualità di consumatore una persona fisica quando, attraverso il contratto, si procuri un bene o un servizio nel quadro dell’organizzazione di un’attività professionale da intraprendere, prendendo, proprio al fine di realizzare tale organizzazione, l’iniziativa di ricercare il bene o il servizio stesso. Conseguentemente, ai fini della competenza, il foro esclusivo del consumatore trova applicazione soltanto con riferimento ai contratti conclusi al di fuori ed indipendentemente da qualsiasi attività o finalità professionale, sia attuale, sia futura.” (Cass. civ., ord. n. 24731/2013).
È, altresì, considerato professionista, e non consumatore, il soggetto che per avviare un’attività imprenditoriale o commerciale o professionale stipuli contratti per procurarsi servizi o beni indispensabili per iniziare l’attività stessa (Cass. civ., ord. n. 24731/2013 e ord. n. 8904/2015.)
Ponendo l’attenzione sul caso che ci occupa, i giudici di merito, di norma, escludono che al contratto stipulato tra calciatore e procuratore possa applicarsi il Codice del Consumo e, nello specifico, escludono l’operatività del foro del consumatore, facendo leva principalmente sulla causa del rapporto sinallagmatico intercorrente tra il calciatore e il proprio agente; un rapporto nel quale il primo, operando come professionista nell’ambito della propria attività lavorativa, affida al secondo, a fronte del pagamento di un corrispettivo, il compito di curare, in sua vece, i rapporti e le questioni economiche con il club di appartenenza, nonché di prestargli consulenza nel corso delle trattative volte alla definizione della durata, del compenso e di ogni altra pattuizione legata al contratto di prestazione sportiva.
Peraltro, ritenere che la possibilità di riconoscere la veste di consumatore in capo al mandante - il calciatore professionista - risieda nella natura subordinata del lavoro prestato dall’atleta per la società di appartenenza è del tutto erroneo, oltre che fuorviante.
Anzitutto, va detto che, per l’ordinamento statale, l’attività dello sportivo professionista “svolta a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI” (art. 2 l. n. 23 marzo 1981, n. 91) è soltanto tendenzialmente di carattere subordinato. Infatti, a norma dell’art. 3 l.
n. 23 marzo 1981, n. 91, la medesima prestazione diviene oggetto di contratto di lavoro autonomo qualora sia eseguita “nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo” o, “pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno” ovvero ancora quando “l’atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento”.
Da ciò discende che il rapporto lavorativo degli atleti che operano nel mondo professionismo ha un inquadramento giuridico ibrido.
Accertato che lo sportivo professionista svolge un’attività atipica, in quanto non sussumibile nell’alveo delle categorie classiche del lavoro autonomo o in regime di dipendenza, ad ogni modo, la natura dell’obbligazione che lo vincola al club di appartenenza non condiziona la sorte delle liti giudiziarie nascenti dal mandato che ha conferito al proprio agente.
Si può, inoltre, negare che l’atleta professionista, allorquando conferisca il mandato all’agente, patisca “un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” (art. 33, comma 1, d.lgs. n. 206/2005) o manifesti quella “debolezza strutturale”, tipica del consumatore, che ha ispirato il Legislatore nella stesura di un Codice del consumo a tutela dei consumatori stessi. È, altresì, evidente, prendendo in considerazione la causa del contratto concluso tra dette parti, che l’assistito si rivolge al procuratore per scopi tutt’altro che estranei alla propria attività lavorativa.
Il procuratore, infatti, assiste lo sportivo ai fini della conclusione, della risoluzione o del rinnovo di un contratto di prestazione sportiva professionistica o del tesseramento presso una federazione sportiva professionistica. Poiché al mandatario viene sostanzialmente richiesto di favorire e curare la carriera sportiva del mandante, procacciandogli le migliori opportunità lavorative presso i club più prestigiosi e ingaggi commisurati al suo valore di mercato, è assolutamente fuor di dubbio che lo sportivo sottoscriva l’incarico esclusivamente in ragione della propria attività professionale, di talché non può esser annoverato nella categoria del “consumatore” descritto dall’art. 3, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 206/2005.
Tutto ciò premesso, non appare possibile riconoscere in capo all’odierno attore, al momento della conclusione del contratto di mandato con la società procuratrice, la veste di consumatore; con la conseguenza che le domande attoree sulla presunta nullità del contratto stesso o sulla vessatorietà di alcune delle clausole in esso contenute - relativamente alla debenza della penale e al rinnovo tacito - non possono trovare accoglimento.
Parte attrice, peraltro, invoca la dichiarazione di nullità del contratto di mandato stipulato tra le parti in data 26.05.2015 anche per violazione dell’art.
5.3 del Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo della FIGC, a norma del quale “Un Calciatore può sottoscrivere un Contratto di Rappresentanza soltanto con un Procuratore Sportivo alla volta e durante il periodo di validità del Contratto di Rappresentanza egli è rappresentato unicamente dal Procuratore Sportivo indicato nello stesso.”
L’illegittimità risiederebbe, nel caso di specie, nell’aver conferito mandato a una pluralità di procuratori, quali sono i signori (…) e (…). Tale domanda attorea, tuttavia, non può trovare accoglimento stante la circostanza per cui il mandato è stato conferito dal sig. OMISSIS alla società del sig. (…), la (…) di (…)., la quale costituisce, nel rapporto sinallagmatico tra le parti, un unico centro di imputazione giuridica, in nome e per conto della quale agiscono più soggetti, sempre riconducibili alla società stessa.
È qui ovvio come la ratio del Legislatore non fosse già quella di impedire la possibilità di costituire delle società che agissero come procuratori, attraverso l’attività di più soggetti a esse riconducibili, ma piuttosto evitare che il singolo atleta professionista stipulasse più contratti con diversi procuratori sportivi.
Devono, quindi, ritenersi fondate le domande di parte convenuta circa l’accertamento e la dichiarazione di validità della clausola di rinnovo, con conseguente rinnovo del mandato dal 25.05.2017 sino al 25.05.2019; e circa l’accertamento e la dichiarazione di validità della clausola penale prevista nel mandato di IFA con (…).
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L’odierno attore insta, in subordine, per vedere riconosciuta la sussistenza di giusta causa a sostegno della revoca formulata con PEC del 25.05.2018, con conseguente dichiarazione della non debenza della penale.
A ben vedere, a norma dell’art. 2237 c.c. “Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta.
Il prestatore d’opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l’opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente.
Il recesso del prestatore d’opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente.”
La disciplina legale in materia di recesso dal rapporto professionale presenta un notevole squilibrio in favore del cliente. Quest’ultimo, infatti, a norma dell’art. 237 c.c., ha il diritto di recesso ad nutum, mentre il professionista può recedere dal contratto professionale soltanto per giusta causa.
Tale assetto è dovuto al rilievo che il Legislatore ha assegnato al carattere fiduciario dell’incarico, consentendo così al cliente di sciogliere il rapporto a prescindere da qualsiasi giustificazione. Il professionista, invece, può recedere dal contratto soltanto per giusta causa e, in ogni caso, non deve arrecare pregiudizio al cliente.
Lo squilibrio della disciplina legale è, tuttavia, suscettibile di deroga pattizia, che deve risultare dalla manifestazione della volontà delle parti univoca ed espressa. È perciò possibile inserire nel contratto di mandato professionale una clausola risolutiva espressa, così come quella penale.
Attraverso la prima è possibile qualificare, in concreto, la giusta causa che legittima il recesso del professionista dall’incarico. La clausola penale consente, invece, previa rinuncia del cliente alla libertà di recesso, di fissare, con altrettanta certezza, le conseguenze economiche del mancato rispetto del regolamento contrattuale e del recesso ante tempus da parte del cliente, sottoponendolo al pagamento di una penale di natura economica, predeterminato nella misura.
Nel caso che ci occupa, è stato stipulato tra le parti un contratto di mandato professionale con le specifiche pattuizioni relativamente al recesso per giusta causa da parte del mandante e alla debenza della penale in caso di insussistenza della giusta causa.
L’odierno attore riporta come in data 25.05.2018 abbia inviato alla società convenuta una comunicazione via PEC per la risoluzione del mandato professionale intercorrente tra le parti, in ragione della perdita di fiducia nell’operato della società procuratrice.
In particolare, l’attore allega come il mancato passaggio al club A.S. Roma avesse ingenerato in lui la sensazione che la sua società procuratrice, in persona del sig. Marcello Bonetto, avesse agito in conflitto di interessi, causando il mancato approdo del giocatore al club capitolino. Infatti, riporta l’attore, come esista, nella stessa sede e con identico oggetto sociale dell’(…) di (…) & C. s.a.s, la (…) di (…)., il cui legale rappresentate era (…), padre del sig. (…)
Questa seconda società, a pochi giorni dalla stipula del contratto tra il sig. (…) e il (…) Calcio, si faceva promettere, dalla squadra del (…) stessa, l’importo di € 165.000,00 per l’assistenza nel rinnovo contrattuale del sig. (…), con importo dilazionato nelle stagioni di tesseramento e condizionato a quest’ultimo.
Riporta, quindi, l’attore, la circostanza, da lui creduta, per la quale se il sig. (…) avesse voluto percepire direttamente il compenso promesso dal (…) per l’assistenza al rinnovo del contratto, avrebbe dovuto assicurare la permanenza del giocatore nel club fino alla scadenza del contratto: circostanza questa confliggente con le aspirazioni del sig. (…) di essere trasferito all’(…) Proprio il mancato approdo al club capitolino aveva generato nel sig. OMISSIS la convinzione che il suo procuratore, la (…) di (…) in persona del sig. (…), avesse agito contro il suo interesse per favorire, invece, gli interessi economici del sig. (…), causando un grave danno economico e alla carriera del calciatore. Tale circostanza sarebbe, quindi, prova del venire meno della fiducia del sig. (…) nella persona del sig. (…) al punto da voler recedere anticipatamente dal contratto.
In diritto, occorre osservare come il contratto di mandato sia considerato un contratto intuitu personae, nel quale cioè la considerazione della persona dei contraenti - e soprattutto della persona del mandatario - assume un rilievo tale da assurgere a elemento caratterizzante del contratto, tanto da farne un negozio fiduciario.
La sorte di tale contratto è rimessa alla libera determinazione del mandante, tanto che la revoca del mandato, anche quando è produttiva di danni, costituisce regola generale e si atteggia come atto lecito.
La ratio della revoca risiede nell’intima essenza del contratto di mandato: si tratta di un rapporto di gestione, caratterizzata da cooperazione strumentale al fine di soddisfare lo specifico interesse del mandante di servirsi dell’attività altrui per conseguire un risultato per sé utile. In questo modo, il mandato ha ragion d’essere sino a quando sussista tale interesse del mandante; nel momento in cui l’interesse viene meno, o si incrina la fiducia riposta nel mandatario alla gestione del proprio affare, viene meno anche la funzione stessa del mandato. Il rapporto gestorio si spiega in funzione dell’interesse del mandante; esso è destinato a prevalere e deve essere continuamente presente nel corso dell’esecuzione del contratto: il suo venir meno svuota il contenuto del rapporto di mandato, il quale non ha più ragione di essere ulteriormente eseguito. La compromissione della fiducia riposta nel mandatario per l’affidamento della gestione dei propri affari è, quindi, elemento portante ed essenziale del contratto. Quand’anche fossero pattuite delle condizioni al recesso anticipato - quali la giusta causa o la debenza della penale - essendo tale contratto definito dalla più diffusa dottrina come contratto intuitu personae, il venir meno della fiducia integrerebbe senza dubbio giusta causa per la revoca anticipata.
È bene sottolineare, inoltre, come nel contratto di prestazione d’opera professionale, il cliente possa recedere liberamente, anche in presenza di un termine finale; l’apposizione del suddetto termine, infatti, non esclude automaticamente la facoltà di recesso, ma vale ad assicurare al cliente che il prestatore d'opera sia vincolato per un certo tempo nei suoi confronti (così ha deciso la Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza 15.10.2018 n. 25668).
Come si è poc’anzi ricordato, infatti, l’art. 2237 c. 1 c.c. non è una norma imperativa, bensì è derogabile convenzionalmente. Tuttavia, atteso che la facoltà di recesso rappresenta una forma di tutela per il cliente, la deroga deve emergere espressamente o, quantomeno, essere oggetto di una specifica trattativa, con la specificazione che la rinuncia al recesso comporta “un aggravamento delle conseguenze del recesso”. In ragione di ciò, secondo la Suprema Corte, l’apposizione di un termine finale al contratto non comporta automaticamente la rinuncia al diritto di recesso. La Cassazione fa proprio un orientamento secondo cui “il termine normalmente vale ad assicurare al cliente che il prestatore d'opera sia vincolato per un certo tempo nei suoi confronti; si riferisce cioè all'andamento ordinario del rapporto, non alla sua fase di risoluzione. Si è inoltre evidenziata la diversità strutturale e funzionale tra termine finale di efficacia del contratto e recesso fondato sulla fiduciarietà del contratto”.
Considerate, quindi, le circostanze relative al venir meno della fiducia del sig. OMISSIS nei confronti della società procuratrice, nella persona di Marcello Bonetto, e della possibilità per il cliente di recedere dal contratto, nonostante la previsione pattizia di un termine finale dello stesso, è opportuno sottolineare come la domanda dell’attore, in punto riconoscimento della sussistenza di giusta causa per la revoca del mandato, con conseguente non debenza della penale, sia da ritenersi pienamente fondata. L’accoglimento di tale domanda importa, senza dubbio, il rigetto delle domande riconvenzionali poste dagli odierni convenuti, quali:
- la dichiarazione di insussistenza di una giusta causa di revoca del mandato/contratto di rappresentanza alla (…) (e quindi, occorrendo in via incidentale, che il mandato eventuale di (…) a (…) non è valido/vigente/efficace ai sensi del Regolamento FIGC 2015),
- la dichiarazione di debenza alla (…). della penale prevista nel mandato e di validità, efficacia e vigenza fino al 25.05.2019 del mandato tra la società e il sig. (…), stante il mancato pagamento contestuale della penale,
- il riconoscimento del diritto ai compensi, in capo alla IFA sas, del 5% anche in relazione al contratto di (…) con il (…) Calcio (tuttora vigente) e in relazione al successivo contratto di prestazione sportiva stipulato dal (…) con il (…) (cessione temporanea).
Con conseguente rigetto, altresì, delle pretese di cui alle lettere c), d), e), f), e g) delle conclusioni precisate da parte convenuta nella comparsa conclusionale.
*****
Possono, invece, trovare accoglimento le pretese di parte convenuta, risultando dovute dal OMISSIS le seguenti somme:
€ 36.500, oltre iva sull’emittenda fattura, in relazione ai compensi maturati per la S/S 2016/2017, compreso il pro-rata del contratto precedente e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike;
€ 31.500, oltre iva sull’emittenda fattura, in relazione ai compensi maturati per la S/S 2017/2018 e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike;
atteso che si è ritenuto valido ed efficace il contratto di mandato stipulato tra le parti in data 26.05.2015 e che alcuna prova è stata fornita da parte attrice sull’applicabilità dell’aliquota del 3% sui compensi lordi del sig. OMISSIS, rispetto all’aliquota del 5% prevista effettivamente nel contratto stesso.
Occorre ancora valutare an e il quantum dovuto dal sig. (…) alla (…). di (…) per le stagioni successive al rinnovo automatico del contratto e precedenti rispetto alla revoca del mandato stesso, avvenuta in data 25.05.2018.
A norma dell’art. 2237, primo comma, c.c. “Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta.”
Nel caso che ci occupa, il recesso dal contratto è avvenuto in data 25.05.2018, quando il contratto di mandato si era già automaticamente rinnovato in data 26.05.2017 e avrebbe avuto corso fino al 26.05.2019.
In relazione a tale circostanza, si deve considerare come il predetto mandato prevedesse il versamento del 5% dei compensi lordi del sig. OMISSIS per tutti gli anni di durata del suo contratto con il (…) Calcio.
Tale contratto veniva rinnovato, in corso di mandato tra il sig. (…) e l’odierna convenuta, in data 18.06.2016, con una durata prevista fino alla stagione 2020/2021. Se il contratto di mandato tra le parti fosse rimasto valido ed efficace, avrebbero dovuto essere corrisposti al procuratore i compensi calcolati sullo stipendio del sig. (…) fino alla scadenza del contratto con il (…) Calcio. Stante, tuttavia, l’avvenuto recesso anticipato dal contratto di mandato professionale, e la lettera della legge che prevede, in capo al cliente recedente l’obbligo di rimborsare le spese e retribuire il professionista per quanto effettivamente svolto, si ritiene dovuto in favore dell’(…) di (…) il compenso calcolato della misura del 5% sulla retribuzione lorda del sig. (…) per la stagione 2017/2018; preso atto, inoltre, che dalla stagione successiva, il sig. OMISSIS, assistito dal nuovo procuratore sig. (…), veniva ceduto all’(…)*****
Da ultimo, occorre affrontare la questione relativa alla richiesta attorea di risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale o extracontrattuale per la mancata percezione, in capo al sig. OMISSIS, di una retribuzione adeguata, per aver avuto una minore forza contrattuale attesa la misura della retribuzione pattuita e la durata del contratto.
In particolare, parte attrice rileva come i comportamenti di parte convenuta possano ricondursi al genus della responsabilità contrattuale, nel caso in cui fosse ritenuto valido ed efficace il contratto di mandato tra le parti; mentre sarebbero riconducibili all’alveo della responsabilità extracontrattuale per fatto illecito nel caso in cui il mandato fosse dichiarato nullo.
Si è visto come il contratto di mandato stipulato tra le parti in data 26.05.2015 sia stato valido ed efficace fino al momento della revoca, dovendosi quindi concentrare sull’accertamento di responsabilità contrattuale in capo ai convenuti per aver causato: la mancata percezione della maggiore retribuzione che avrebbe garantito il Club giallorosso, la perdita economica subita dal calciatore in relazione al contratto Nike per la differente quantificazione in relazione al mancato passaggio e la perdita di chances professionali che il calciatore avrebbe avuto disputando la Serie A ai vertici della classifica e la Champions League.
In diritto occorre osservare come “il danno deve essere sempre provato sia nella fattispecie dell’illecito aquiliano che nella responsabilità contrattuale che per qualunque atto o fatto dannoso; l’onere della prova è a carico di chi lo subisce.” (Tribunale Milano sez. VI, 16/10/2020, n.6383).
Nel caso che ci occupa, quindi, doveva essere onere di parte attrice dimostrare
l’inadempimento e il danno subito.
Invero, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che “in una causa di inadempimento contrattuale non basta dimostrare che la controparte non abbia rispettato gli accordi per poter pretendere il risarcimento: è anche necessaria la prova precisa e puntuale del danno subìto da tale comportamento, prova che non può limitarsi a un danno presunto ed eventuale, ma deve essere concreto, attuale e, soprattutto, certo. Invero, nell'ambito della responsabilità contrattuale, si applica il principio della presunzione della colpa, ma ciò non esonera l'attore dall'onere di dimostrare, da un lato, l'inadempimento e, dall'altro, l'entità del danno” (Tribunale Siracusa sez. II, 04/09/2020, n.794).
È bene qui prendere in considerazione due aspetti fondamentali.
In primo luogo, occorre valutare il tipo di obbligazione nascente dal contratto di mandato stipulato tra le parti. La prestazione cui si obbliga il mandatario nel caso di specie è indubbiamente un’obbligazione “di diligenza” o “di mezzi”: è, quindi, il comportamento del mandatario a essere oggetto dell’obbligazione, nel senso che la diligenza è tendenzialmente considerata quale criterio determinativo del contenuto del vincolo, con l’ulteriore corollario che il risultato - non appartenente alla prestazione dovuta - è caratterizzato dall’aleatorietà, poiché dipende, oltre che dal comportamento del debitore, da altri fattori esterni. La distinzione che opera la dottrina, e che la giurisprudenza accoglie, tra obbligazione di risultato e di mezzi influisce sulla regola di responsabilità, diversificandola in senso più rigido per le prime e in senso più mite per le seconde. Soltanto per le obbligazioni di risultato sarebbe dettata la severa regola della responsabilità per impossibilità, di cui all’art. 1218 c.c.; per le obbligazioni di mezzi, invece, varrebbe il principio della diligenza, di cui all’art. 1176 c.c., poiché per tali obbligazioni il creditore può legittimamente esigere e attendersi solo lo sforzo del debitore, senza garanzia che si raggiunga un preciso risultato.
Quest’ultima affermazione, nello specifico, si attaglia al caso di specie poiché il contratto di mandato conferisce al mandatario e, nel caso che ci occupa, al procuratore sportivo, di assistere il calciatore ai fini della conclusione, della risoluzione o del rinnovo di un contratto di prestazione sportiva professionistica o del tesseramento presso una federazione sportiva professionistica, senza tuttavia che venga indicata una prestazione precisa, o la conclusione di uno specifico affare, cui deve adempiere.
La distinzione tra i due tipi di obbligazione si coglie principalmente sul terreno della prova, poiché nelle obbligazioni di mezzi è il creditore, e in questo caso, il mandante, a dover fornire la prova della negligenza del mandatario. In queste obbligazioni, infatti, essendo aleatorio il risultato, sul creditore incombe l’onere della prova che il mancato risultato è dipeso da scarsa diligenza.
Nello specifico, per ciò che concerne le attività professionali, deve specificarsi che il professionista deve comportarsi secondo le comuni regole di correttezza e di diligenza. In particolare, per quanto attiene alla diligenza, l’art. 1176 comma II c.c., ne qualifica il contenuto: la diligenza nell’adempimento “deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività professionale esercitata”. Ciò comporta che l’onore della prova sull’inadempimento sia addossato al creditore, mentre sul versante dell’esclusione di responsabilità, è consentito al debitore di esonerarsi fornendo prova del rispetto delle regole di condotta sancite dalla leges artis.
Quanto a tale secondo aspetto, poi, l’attore asserisce che sia mancata la giusta diligenza nell’operato del procuratore sportivo per consentirgli l’approdo al Club capitolino, senza fornirne effettivamente prova. Infatti, il presunto conflitto di interessi - suscettibile sicuramente di ingenerare, come visto, nel sig. OMISSIS una perdita di fiducia per slealtà nel suo procuratore - dal momento che non viene provato, non può essere preso in considerazione come elemento da solo idoneo a dimostrare anche che gli odierni convenuti non avrebbero agito con la diligenza professionale adeguata a consentire il passaggio del calciatore a un altro club più prestigioso. Del resto, parte convenuta allega prova degli avvenuti contatti, tanto con il calciatore, quanto con la squadra (…), che hanno avuto luogo proprio al fine di instaurare una trattativa efficace. La prestazione, tuttavia, ricade in una sfera di aleatorietà che per sua stessa natura, non è suscettibile di essere pienamente controllata, gestita e indirizzata dal mandatario stesso. Sul punto, infatti, è ben possibile che sia stato il club capitolino a demordere nelle trattative, o il club granata a renderle eccessivamente complesse, senza che questo possa essere imputato al procuratore sportivo del calciatore. Egli, infatti, in qualità di debitore, fornisce prova di essersi adoperato al fine della cessione del sig. OMISSIS, mentre parte attrice, asserisce di aver subito un danno senza, tuttavia, fornire giusta prova dell’effettiva negligenza o colpa in capo al debitore.
Si ribadisce come, non rientrando il trasferimento del giocatore al club giallorosso nel pieno controllo e nella piena e unica volontà del procuratore sportivo, se non è fornita prova piena di negligenza o colpa, non può il procuratore stesso essere considerato responsabile nei confronti del calciatore dei danni economici eventualmente subiti e della perdita di chances legate alla carriera.
Per tali ragioni, la domanda attorea avente ad oggetto la condanna al risarcimento dei danni non può provare accoglimento, mancando la prova della imputabilità di tali danni in capo agli odierni convenuti.
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Da ultimo non può trovare accoglimento la domanda di parte convenuta alla condanna ex art. 96, terzo comma, c.p.c. per avere l’odierna attrice agito con malafede o colpa grave, atteso il riconoscimento di talune delle pretese da essa svolte e la soccombenza della convenuta, in relazione alle stesse.
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Rimane da affrontare il profilo della disciplina delle spese di lite. Data la soccombenza reciproca, dovuta al parziale accoglimento sia delle pretese attoree, che delle pretese di parte convenuta, a norma dell’art. 92 c.p.c., le spese
vanno integralmente compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale di (…), definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione, nel contraddittorio delle parti:
Accerta e dichiara la validità ed efficacia del contratto di mandato stipulato tra le parti in data 25.05.2016, nonché della clausola penale e di quella di rinnovo tacito del contratto stesso.
Accerta e dichiara la sussistenza di una giusta causa a sostegno della revoca formulata da parte attrice con PEC del 25.05.2018 e, per l’effetto, dichiara non dovuta la penale prevista nel contratto.
Accerta e dichiara che il credito vantato dalla (…) di (…) nei confronti dell’attore è da quantificarsi nella misura del 5% dello stipendio lordo percepito dall’attore nelle annualità 2016/2017 e 2017/2018 e dei corrispettivi percepiti dalla Nike;
Per l’effetto dichiara tenuto e condanna il sig. (…) a pagare a (…) di (…) la somma di € 36.500, oltre iva (in relazione ai compensi maturati per la S/S 2016/2017, compreso il pro-rata del contratto precedente e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike) e la somma di € 31.500, oltre iva (in relazione ai compensi maturati per la S/S 2017/2018 e all’annualità del contratto di sponsorizzazione tecnica con Nike).
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite. Così deciso in Torino, in data 01.03.2021.
Il Giudice
Francesco Moroni