F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 26/TFN – SD del 08 Settembre 2021 (motivazioni) – Ricorso del sig. Ivan Robilotta contro Associazione Italiana Arbitri, FIGC, nonché dei confronti del sig. Massimiliano Irrati – Reg. Prot. 12/TFN-SD
Decisione/0026/TFNSD-2021-2022
Registro procedimenti n. 0012/TFNSD/2021-2022
IL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE
SEZIONE DISCIPLINARE
composto dai Sigg.ri:
Carlo Sica – Presidente;
Amedeo Citarella – Componente (Relatore); Paolo Clarizia – Componente;
ha pronunciato, decidendo nella riunione fissata il giorno 30 agosto 2021, sul ricorso proposto dal sig. Ivan Robilotta contro l’Associazione Italiana Arbitri e la Federazione Italiana Giuoco Calcio, nonché nei confronti del sig. Massimiliano Irrati,
la seguente
DECISIONE
Il ricorso
Con tempestivo ricorso ex artt. 25 e 30, C.G.S. – C.O.N.I., l’arbitro effettivo Ivan Robilotta della Sezione A.I.A. di sala Consilina, nella stagione sportiva 2019/2020 inquadrato nell’organico della Commissione Arbitri Nazionale per la serie B e nella stagione 2020/2021 nell’organico della unificata Commissione Arbitri Nazionale (CAN), ha chiesto:
- l’annullamento e/o la riforma “della delibera del Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, assunta nella riunione
del 1° luglio 2021, pubblicata in pari data, nel corpo del C.U. n. 1 s.s. 2021/2022”, comunicatagli il 13 luglio 2021, che ne aveva disposto la dismissione dai ruoli “per (presunte) motivate valutazioni tecniche” (così letteralmente nelle conclusioni: nds);
- l’annullamento e o la riforma di “qualsiasi atto prodromico, pregresso, presupposto, preliminare e/o successivo (qualora
esistente) alla delibera medesima, ivi compresa la menzionata comunicazione del 13 luglio 2021, effettuata attraverso la piattaforma Sinfonia4you”.
Il ricorso è stato proposto nei confronti dell’A.I.A. - Associazione Italiana Arbitri e della F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, nonché, quale controinteressato, dell’arbitro Massimiliano Irrati. Il ricorrente premette che:
il 5 maggio 2021 riceveva dal responsabile C.A.N. Nicola Rizzoli “una scarna ed informale comunicazione a mezzo mail”, con cui lo rendeva edotto che, “avendo appreso dalla Presidenza AIA dell’avvio di un’indagine riservata ” nei suoi confronti da parte della Procura Federale, sarebbe stato “sospeso dall’attività tecnica in via cautelativa fino alla conclusione dell’indagine in questione”; la sua inattività risaliva al 2 aprile 2021, giorno in cui aveva diretto la gara Virtus Entella - Monza, valevole per la 31^ giornata del campionato di Serie B;
la perdurante inattività, determinata da un provvedimento illegittimamente adottato da un organo privo di poteri disciplinari, gli aveva precluso la possibilità di conseguire ulteriori valutazioni da parte degli Osservatori Arbitrali e dei componenti l’Organo Tecnico, che, a suo dire, gli avrebbero consentito di permanere nell’organico;
solo il 10 giugno 2021 veniva adottato nei suoi confronti, “questa volta ritualmente” (il virgolettato è proprio del ricorso: nds), un provvedimento di sospensione disciplinare cautelare, peraltro quando i Campionati erano già conclusi e si era ormai definitivamente realizzata “la lesione della situazione giuridica soggettiva protetta nell’ambito dell’ordinamento sportivo arbitrale
– ossia il venir meno del bene della vita sub specie di perdita di chance”; il 1° luglio 2021, con il C.U. n. 1 s.s. 2021/2022 veniva dismesso dai ruoli, ai sensi dell’art. 22, comma 3, delle N.F.O.T. – Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici “per (presunte) motivate valutazioni tecniche” comunicatagli il 13 luglio 2021.
Premette ancora il ricorrente, in punto in punto di diritto, il quadro normativo - regolamentare di riferimento.
Deduce, quindi, che:
gli Organi Tecnici “possono disporre la sospensione tecnica fino ad un massimo di due mesi per inadempienze tecniche atletiche o
comportamentali che non investano l’aspetto disciplinare” (art. 25, comma 3, seconda parte, Reg. A.I.A.), precetto ribadito dall’art. 11, comma 1, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici, essendo invece riservata agli Organi di disciplina la cognizione di fatti e comportamenti assunti in violazione del Regolamento e, dunque, estranei alle questioni tecniche, come rilevasi dalle Norme di Disciplina dell’A.I.A. , il cui art. 1, comma 1, prevede che “la potestà disciplinare prevista dal Regolamento A.I.A. deve essere esercitata dagli Organi preposti per reprimere le infrazioni degli arbitri ai loro doveri regolamentari”;
la sospensione cautelativa per un periodo massimo di due mesi può essere richiesta, pendente l’indagine e prima del deferimento, dalla Procura arbitrale, con istanza motivata, al Presidente della competente Commissione disciplinare di primo grado, “a carico
dell’associato nei cui confronti è in corso l’indagine laddove la violazione disciplinare per la quale si procede sia di tale gravità da recare pregiudizio al buon nome dell’A.I.A. ovvero renda necessaria, per concrete e specifiche ragioni, in via d’urgenza ed
eccezionale, l’interruzione temporanea dell’attività dell’associato” (art. 4, comma 6, Norme di Disciplina A.I.A.);
“per i presunti casi di infrazione disciplinare, l’O.T. dovrà trasmettere la segnalazione con immediatezza al competente Organo di giustizia” (art. 11, comma 3, N.F.O.T.).
Premesso quanto precede, il ricorrente lamenta, con il primo motivo, “l’inesistenza, determinante l’illegittimità della sospensione disciplinare applicata dall’Organo tecnico di appartenenza”, che avrebbe dovuto comunicare la “notizia criminis” (l’espressione è propria del ricorso: nds) alla Procura arbitrale (art. 11, comma, 3, cit.), piuttosto che comminare una sospensione cautelare non consentita e, per di più, per una durata indeterminata, in luogo dei due mesi al massimo consentiti all’Organo competente ex art. 4, comma 6, delle Norme di disciplina e, dunque, non già nulla, bensì inesistente.
Aggiunge sul punto, il ricorrente, di essere stato per tale motivo designato solo per undici gare, sebbene l’art. 6, comma 1 delle N.F.O.T., preveda che gli aa.ee. e gli aa.aa. siano impiegati con turni regolari e, “di norma”, in almeno quindici gare per ogni stagione sportiva, norma da cui discenderebbe l’interesse legittimo degli stessi ad essere designati all’esito di una procedura valutativa di ordine meramente tecnico, in ragione del corretto esercizio del potere, questo sì discrezionale, di gestione tecnica. Con il secondo motivo, in ragione della denunciata inesistenza del provvedimento di sospensione e della conseguente violazione del diritto soggettivo ad essere designato nel rispetto delle norme regolamentari, il ricorrente lamenta la privazione della perdita “della chance di conservare il bene della vita rappresentato dalla permanenza delle stesso nell’organo tecnico degli arbitri a disposizione della C.A.N.”.
Assume in proposito, il ricorrente, che alla vigilia dell’ultima prestazione era “collocato in graduatoria a pochissimi millesimi dalla soglia utile per la conferma in organico”, lamentando, ancora, la mancata visionatura da parte del responsabile dell’Organo Tecnico, anche in questo caso, quindi, con perdita della chance di permanenza nel ruolo.
Da ultimo, il ricorrente lamenta l’omesso riscontro dell’AIA alla sua richiesta di accesso agli atti.
Le memorie
Con rituale memoria difensiva, l’A.I.A. ha concluso per il rigetto del ricorso.
In fatto, ha premesso che:
la comunicazione di avvenuta sospensione del 5.5.2021 del Responsabile C.A.N. Rizzoli si innesta nella vicenda riferita alla contestata alterazione di note spese presentate a seguito di designazioni arbitrali, cui seguiva l’apertura di un procedimento disciplinare presso la Procura federale che aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura arbitrale, al cui esito l’a.e. Robilotta era stato destinatario di un provvedimento di sospensione cautelativa da parte della Commissione di Disciplina Nazionale in data 10.6.2021 e, da ultimo, del provvedimento di sospensione per mesi 13 (tredici) dal 10.6.2021 al 9.7.2022 “per avere alterato le note spese presentate a seguito di designazione arbitrale, allegando documenti falsi, al fine di trarre un personale arricchimento”
(Delibera della Commissione di Disciplina nazionale dell’A.I.A. n. 6 del 15-16.7.2021);
l’avvicendamento del ricorrente dall’organico della C.A.N., giusta delibera del Comitato Nazionale dell’A.I.A., era stato disposto unicamente per motivate valutazioni tecniche, ex art. 22, comma 3, delle N.F.O.T. senza alcun nesso con la comunicazione del 5.5.2021 del responsabile C.A.N. Rizzoli.
In punto di diritto, esclusa la natura di provvedimento della comunicazione del 5.5.2021, da valere, invece, quale espressione del principio della piena autonomia operativa degli Organi tecnici, sostiene che tale autonomia sia confermata dal pur invocato art. 6, comma 1, delle N.F.O.T. nella parte in cui prevede che gli arbitri siano impiegati “di norma” in almeno quindici gare per ogni stagione sportiva.
L’espressione “di norma”, in tesi, farebbe salvi i casi eccezionali, nella specie dati dalle ragioni oggettive sopra evidenziate che, a tutela dello stesso ricorrente, avevano indotto il designatore al suo mancato utilizzo nel prosieguo della stagione, utilizzo peraltro già verificatosi per la direzione di ben 14 gare, non già di 11 gare come dedotto dal ricorrente.
In via gradata, l’A.I.A. ha sostenuto la inammissibilità ed improponibilità del ricorso per intervenuta decadenza dal diritto all’impugnazione.
Secondo la resistente, ove ravvisata la natura di provvedimento della comunicazione del 5.5.2021, la sua impugnazione avrebbe dovuto intervenire entro i trenta giorni successivi alla sua comunicazione, come previsto dall’art. 30 del C.G.S.-C.O.N.I., nel mentre nulla risultava essere stato dedotto in ordine a presunti vizi del C.U. n. 1 del 1° luglio 2021 e della graduatoria di fine stagione, né delle valutazioni degli osservatori arbitrali e dei componenti dell’Organo tecnico.
Discenderebbe da tanto, per l’A.I.A., l’evidente fine di ottenere in via diretta l’annullamento della ridetta comunicazione del 5.5.2021, l’unico atto da cui sarebbe derivata la lesione della posizione soggettiva, come detto da impugnarsi nel termine perentorio di trenta giorni, termine che si tenta di aggirare riconducendo la comunicazione al rango di atto presupposto.
Esclude, invece, l’A.I.A., la natura di atto presupposto della comunicazione, in quanto estranea al procedimento che ha portato alla dismissione, basato su “nuove e ulteriori valutazioni di interessi”, secondo il Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 settembre 2015, n. 4404, idonee ad interrompere il nesso di presupposizione.
D’altro canto, prosegue l’A.I.A., ove non si tratti di mero atto procedimentale, ma di atto in grado di produrre la lesione del bene della vita lamentato, ovvero la chanche, intesa come “posizione giuridica autonomamente tutelabile, morfologicamente intesa come
eventus damni, rappresentato dalla perdita della possibilità di un risultato più favorevole”, come del resto esposto dal ricorrente, a maggior ragione avrebbe dovuto essere oggetto di autonoma impugnazione, non potendo ora intervenire, il ricorso, “su
provvedimenti ormai consolidati e che rendono impossibile la soddisfazione dell’interesse del ricorrente” (C.d.S., Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 163), né essere censurato, il provvedimento di avvicendamento, per vizi derivati non opposti nel previsto termine decadenziale.
Quanto all’asserita inesistenza giuridica della comunicazione del 5.5.2021, quand’anche le si volesse attribuire il rango di provvedimento, secondo l’A.I.A., la stessa potrebbe configurarsi solo in presenza di provvedimento emesso da un organo assolutamente carente di potere, circostanza non ravvisabile nella fattispecie, al più caratterizzata da un eventuale difetto di competenza del responsabile dell’organo tecnico - di cui si sostiene, comunque, la legittimità dell’operato – evenienza che esclude che “possa essere considerato assolutamente nullo o inesistente ma, al limite, potrebbe essere ritenuto annullabile”.
Sostiene alfine, l’A.I.A., la legittimità dell’impugnato C.U. n. 1, in ordine al quale riferisce non essere stati dedotti vizi specifici e, in conclusione, evidenzia che, quand’anche designato per la quindicesima gara e, in questa visionato dal responsabile della C.A.N. e ottenuto il massimo della valutazione (8,70), la sua media sarebbe stata pari a 8.472, comunque insufficiente a garantirgli la permanenza nel ruolo, perché comunque si sarebbe collocato al quartultimo posto, a distanza di due millesimi di punto dal 44^ (quintultimo) e sarebbe stato comunque avvicendato.
Solo in limine litis, poi, l’A.I.A. ha dedotto l’irrilevanza ai fini del ricorso della mancata ostensione della documentazione richiesta dal ricorrente, atteso il deposito del ricorso prima della scadenza del termine di trenta giorni dall’inoltro dell’istanza ostensiva previsto dall’art. 25, comma 4 della L. 241/1990.
Il Dibattimento
All’udienza del 30.8.2021 tenutasi in modalità video conferenza, hanno preso parte il ricorrente, con l’assistenza degli avv.ti Eduardo Chiacchio e Daniele Labianca, nonché, per l’A.I.A., l’avv. Valerio Di Stasio.
Non hanno svolto attività difensiva e non hanno preso parte all’udienza la F.I.G.C. ed il controinteressato Massimiliano Irrati. La difesa del ricorrente, interpellata dal Presidente del Collegio sulla mancata impugnazione della comunicazione del 5.5.2021 e sulla indicazione in numero di undici delle gare dirette dal ricorrente, in luogo delle quattordici effettivamente dirette, nonché sulla irrilevanza della eventuale quindicesima gara, come sostenuto dall’A.I.A., ha riferito di avere intravisto nell’AIA, se pure “in buona
fede”, un atteggiamento persecutorio nei confronti del ricorrente, consistito nella mancata ostensione della documentazione richiesta, omissione che ne avrebbe limitato l’attività difensiva. Ha poi motivato l’omessa impugnazione della comunicazione del 5.5.2021 in ragione della grave carenza di potere di cui è connotata e, quanto alle gare indicate in numero di undici, perché di Coppa Italia e prive di visionature da parte degli oo.aa. o degli oo.tt. le tre gare omesse, evidenziando di non avere mai sostenuto che una sola visionatura avrebbe potuto mutare le sorti arbitrali del ricorrente che, in assenza di ulteriori motivi ostativi, avrebbe invece subito una perdita di chance inammissibile.
L’avv. Di Stasio, per l’A.I.A., manifestatane la disponibilità all’ostensione della documentazione, ha sostenuto l’assenza di norme che impongono che l’arbitro sia visionato in tutte le gare dirette e riportatosi, quanto alla mancata impugnazione della comunicazione del 5.5.2021, a quanto dedotto in sede di costituzione, alla replica dell’avv. Chiacchio in ordine alla mancanza della graduatoria al 30 aprile 2021, ha risposto essere stata a fornita al ricorrente che, peraltro, ha prodotto quella al 31.3.2021 in cui risultava essere 45^.
Motivi della decisione
- L’oggetto del presente procedimento è dato dalla verifica del rispetto delle previsioni del Regolamento dell’A.I.A. e delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici (N.F.O.T.), nell’assunzione della delibera del Comitato Nazionale dell’A.I.A. che ha disposto l’avvicendamento per motivi tecnici dell’a.e. Ivan Robilotta.
Pur tenuto conto dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo, tuttavia, l’anzidetta verifica non può prescindere dalla valenza parapubblicistica delle procedure di progressione e dismissione degli arbitri, soggetti chiamati a garantire il corretto svolgimento delle competizioni, anche professionistiche, che si svolgono sotto l’egida della FIGC, a sua volta affiliata al C.O.N.I. (cfr. C.U. N.
49/TFN – Sezione Disciplinare - 2018/2019; C.U. N. 17/TFN – Sezione Disciplinare - 2017/2018).
- Come sopra delimitato l’ambito del presente procedimento, il ricorso è infondato e va respinto.
Non può invero non osservarsi, come evidenziato anche dalla difesa dell’A.I.A., che il ricorrente non ha dedotto alcun vizio particolare della delibera che ne ha disposto l’avvicendamento; non ha contestato le risultanze numeriche delle valutazioni degli osservatori arbitrali e dei componenti l’Organo tecnico; non ha contestato le graduatorie finali.
In sintesi, in disparte la mancata ostensione della documentazione richiesta, in ordine alla quale non ha specificato se ed in quale misura ne sia stato limitato il diritto di difesa, ciò che lamenta è un vizio del procedimento che ha portato all’emissione della delibera impugnata, perché a suo dire viziata dal precedente “provvedimento” di sospensione che ne avrebbe compromesso le chance di permanenza nell’organico, provvedimento a suo dire inesistente e che, in ragione di tale inesistenza, non era tenuto ad impugnare autonomamente.
- La tesi non può essere condivisa.
Per consolidata giurisprudenza amministrativa, in tanto confortata dalla Dottrina maggioritaria, per quanto possa occorrere, l’atto è da considerarsi inesistente:
- quando l’agente che ha emanato l’atto amministrativo non è qualificabile come “organo della P.A.”, ossia privo di qualsiasi competenza amministrativa;
- quando, l’atto amministrativo sia stato emanato da un organo astrattamente competente, ma fuori della sua sfera giuridica di competenza territoriale;
- quando manchi di finalità (ovvero non è preordinato al perseguimento di un interesse pubblico);
- quando il contenuto dell’atto è indeterminato o indeterminabile;
- quando il contenuto dell’atto amministrativo è impossibile;
- quando il contenuto dell’atto amministrativo è illecito (ossia quando si impone un comportamento costituente illecito); - quando l’oggetto dell’atto amministrativo è indeterminato o indeterminabile.
Indiscussa, all’interno dell’A.I.A., la ripartizione delle competenze tra Organi tecnici, cui compete la gestione tecnica degli Arbitri, Assistenti ed Osservatori Arbitrali, e Organi di giustizia, cui compete la potestà disciplinare nei confronti degli associati tutti, non v’è dubbio che, il potere di sospensione per motivi esclusivamente disciplinare rientri nella competenza degli Organi di Disciplina, secondo quanto previsto dalle Norme di Disciplina.
È invece riservato, agli Organi tecnici, il potere di sospensione per inadempienze tecniche, atletiche o comportamentali che non investano l’aspetto disciplinare (art. 25, comma 3, reg. A.I.A.).
Nel caso di specie il provvedimento di sospensione, perché di tanto trattasi, è stato adottato dal responsabile della CAN perché appresa, dal Presidente dell’AIA, l’esistenza di un’indagine che vedeva coinvolto l’arbitro per irregolarità nella compilazione delle note spese e nella richiesta dei conseguenti rimborsi.
È di tutta evidenza come il provvedimento esuli dalla sfera di competenza del responsabile Rizzoli e che, al massimo, lo stesso sia viziato da incompetenza ovvero da eccesso di potere.
Ad ogni buon conto, in linea di principio, nelle anzidette ipotesi, è l’esercizio del potere ad essere viziato, ma non si pone in questione l’esistenza del provvedimento che, pertanto, al pari della ipotesi di incompetenza relativa, sarà annullabile, non già nullo (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 27.01.2012, n. 372).
Dall’annullabilità del provvedimento discende in ogni caso, per il suo destinatario, ove ritenuto lesivo di una “ posizione giuridica autonomamente tutelabile”, l’onere di procedere alla sua impugnazione.
4. In disparte quanto precede e, a tutto voler concedere, vi è che l’atto in parola non possa nemmeno qualificarsi quale presupposto della delibera di avvicendamento.
Ed invero, il procedimento che ha condotto all’avvicendamento del ricorrente prescinde, comunque la si voglia qualificare, dalla situazione disciplinare di questi.
Essa è stata adottata all’esito delle valutazioni delle sue prestazioni e non trae la sua legittimità dal precedente “provvedimento”, nemmeno nel caso, ma così non è, lo si volesse considerare assolutamente inesistente nei termini prospettati dal ricorrente. La sua eventuale caducazione, ove fosse stata autonomamente impugnata ed annullata, ovvero l’asserita assoluta inesistenza che ne escluderebbe, secondo la tesi prospettata, la necessità della sua previa impugnazione, non avrebbe comunque comportato l’automatica invalidità ed inefficacia della delibera di avvicendamento.
Mette conto qui evidenziare, sul punto, l’arresto del C.d.S., Sezione VI, 29 settembre 2015, n. 4404, richiamato dalla difesa dell’A.I.A.:
“ll ricorso allo schema concettuale della caducazione emerge in giurisprudenza allorquando si tratta di considerare la sorte di provvedimenti che, legati strettamente agli atti precedenti della medesima serie procedimentale, ritraggono la loro legittimità unicamente da questi per cui, annullati i primi, i secondi perdono parimenti i connotati di validità ed efficacia in modo tanto diretto ed automatico da non richiedere la loro diretta impugnazione. Si tratta cioè di una sanzione adottata contro atti ulteriori interni allo stesso procedimento, sanzione che non richiede la previa impugnazione dell’atto, strumento tipico del diritto amministrativo, ma rientra in uno schema lineare di propagazione delle nullità, più vicino alle dinamiche processualcivilistiche di cui all’art. 159 c.p.c.. L’eccezionalità di questo tipo di intervento invalidante, la cui disciplina rende concettualmente inapplicabile il modulo ordinario di impugnazione per singoli atti, fondante il diritto amministrativo e il modo dell’equiparazione, giustifica la particolare rigidità con cui l’elaborazione pratica ha individuato i casi di caducazione. La giurisprudenza del tutto pacifica, dopo aver rimarcato la differenza tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, connota la prima forma di vizio, di natura più dirompente, sulla base di due elementi precisi: il primo dato dall’appartenenza, sia dell’atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale; il secondo individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi (ex plurimis, indicando le decisioni più recenti, C.d.S., sez. V, 26 maggio 2015, n. 2611; id., sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2116; id., sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1782; id., sez. VI, 30 marzo 2015, n. 1652; id. sez. V, 20 gennaio 2015, n. 163; id., sez. III, 19 dicembre 2014, n. 6174).Pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti fosse inesistente, sarebbe inapplicabile lo schema concettuale della caducazione e dovrebbero ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo.
Ebbene, non v’è chi non veda come, nel caso in esame, la comunicazione di sospensione dell’O.T. del 5.5.2021 prescinda da considerazioni di natura tecnica, considerazioni che, tradotte in numeri, costituiscono, invece, la parte motivazionale della delibera di avvicendamento, il che esclude l’esistenza di una singola serie procedimentale e, dunque, il rapporto di inevitabile ed ineluttabile consequenzialità, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi tra gli anzidetti due atti.
- Escluso il nesso di presupposizione tra gli atti sopra richiamati, vi è da dire che il ricorrente, impiegato in quattordici gare, quand’anche ne avesse dirette quindici, e nella quindicesima avesse ottenuto da parte del responsabile della C.A.N. la valutazione massima di 8.70, non avrebbe per ciò solo mutato la posizione in graduatoria ed evitato l’avvicendamento.
Alla data del 30.3.2021, invero, il ricorrente aveva una media di 8,452 data dalla media dei voti conseguiti dagli oo.aa. (8,464) ponderata con quella dei voti ottenuti dall’O.T. all’esito di quattro valutazioni (8,425) ed era quartultimo, posizionato al 45^ posto su 48 della graduatoria.
Quand’anche avesse riportato nella ipotetica 15^ gara la votazione di 8.70, la media O.T. sarebbe stata di 8.48 che, a sua volta mediata con quella degli oo.aa., non ne avrebbe mutato la posizione nella graduatoria generale in termini utili per la permanenza. Si sarebbe infatti collocato al 45^ posto con una media finale di 8.472 e, quindi a distanza di due millesimi da chi lo precedeva in graduatoria, collocato al 44^ posto utile a permanere in organico.
- Per completezza espositiva, per quanto possa ancora occorrere, deve dirsi che il ricorrente non ha specificato in che termini la mancata ostensione da parte dell’A.I.A. della documentazione richiesta ne abbia limitato il diritto di difesa.
Il ricorso evidenzia, invero, come il ricorrente abbia compiutamente preso posizione sulle questioni dedotte e, all’esito della costituzione dell’A.I.A., non ne ha contestato la produzione documentale, né chiesto un eventuale termine per ulteriormente dedurre in ordine alla stessa.
P.Q.M.
Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso proposto dal sig. Ivan Robilotta.
Così deciso nella Camera di consiglio del 30 agosto 2021 tenuta in modalità videoconferenza, come da Decreto del Presidente del Tribunale Federale Nazionale n. 1 del 1° luglio 2021.
IL RELATORE
Amedeo Citarella
IL PRESIDENTE
Carlo Sica
Depositato in data 8 settembre 2021.
IL SEGRETARIO
Salvatore Floriddia
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