T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 20/09/2021 N. 9853

Pubblicato il 20/09/2021

N. 09853/2021 REG.PROV.COLL.

N. 08994/2018 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8994 del 2018, proposto da-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Simonetta Perrone Compagni, Niccolò Cecchini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano -, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;

nei confronti

F.I.P. - Federazione Italiana Pallacanestro, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; -OMISSIS-non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della decisione n. 26/2018, pronunciata dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a Sezioni Unite il 3 aprile 2018 e notificata alle Parti il 15 maggio 2018, nonché di ogni altro atto presupposto o consequenziale ed in particolare:

il Codice di Giustizia Sportiva adottato dal Consiglio Nazionale del CONI con deliberazione n. 1538 del 9 novembre 2015 ed approvato con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 16 dicembre 2015 ,

lo Statuto della Federazione Italiana Pallacanestro,

il Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Pallacanestro,

la decisione n. 20 della Corte d'Appello Federale della Federazione Italiana Pallacanestro, di cui al Comunicato Ufficiale n. 713 del 24 gennaio 2018 e comunicata alle Parti il 29 gennaio 2018,

la decisione n. 85 del 25 ottobre 2017 del Tribunale Federale della Federazione Italiana Pallacanestro, di cui al Comunicato Ufficiale n. 446 del 7 novembre 2017 e comunicata alle Parti il 7 novembre 2017, entrambe rese nel giudizio di rinvio avviato a seguito della Decisione n. 45/2017 del Collegio di Garanzia dello Sport – Sez. IV, notificata alle parti il 21 giugno 2017,

nonché ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della Federazione Italiana Pallacanestro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 19 luglio 2021 il cons. Anna Maria Verlengia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso, spedito per la notifica il 14 luglio 2018 e depositato il successivo 26 luglio,--OMISSIS-al 21 febbraio 2014, ha impugnato la decisione n. 26/2018, pronunciata dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a Sezioni Unite il 3 aprile 2018, in forza della quale è stata confermata la sanzione minima di tre anni di inibizione per frode sportiva, e i provvedimenti presupposti meglio descritti in epigrafe.

Premesse alcune argomentazioni sulla ammissibilità dell’azione di annullamento e, in subordine, formulata una questione di incostituzionalità della previsione di legge in caso il Tribunale vada di contrario avviso relativamente alla lettura della normativa che disciplina la tutela giurisdizionale dei provvedimenti in materia di sanzioni sportive, parte ricorrente formula i seguenti motivi di gravame:

1) violazione dei principi del giusto processo, atteso che i soggetti che compongono il Collegio di Garanzia dello Sport sono tutti nominati dal Consiglio Nazionale del CONI, su proposta della Giunta (ex art. 12 bis dello Statuto CONI), e che il Consiglio Nazionale è formato in massima parte dai Presidenti delle Federazioni nazionali riconosciute, mentre la Giunta - ai sensi dell’art. 7, comma 2 dello Statuto CONI - vede al proprio interno ben dieci rappresentanti delle Federazioni sportive nazionali su sedici componenti complessivi. Discorso analogo il ricorrente svolge per gli altri organi della giustizia sportiva;

2) violazione di legge con riferimento all’art. 106 RG-FIP ed agli artt. 392 e 393 c.p.c., sviamento, abuso di potere ed illogicità manifesta, illogicità e insufficienza della motivazione, invalidità della decisione impugnata, e di quelle presupposte, pronunciata dagli organi di giustizia FIP, per essere mancato l’atto di impulso della Procura Federale a seguito dell’annullamento con rinvio;

3) violazione dell’art. 38, comma 3 CGS-CONI, ovvero dell’art. 118, comma 3, RG-FIP, illogicità o insufficienza della motivazione, invalidità della decisione impugnata e di quelle presupposte pronunciate dagli organi di giustizia FIP, per violazione del termine di 60 giorni;

4) violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., abuso di potere e/o abuso processuale, assenza di motivazioni, invalidità della decisione impugnata e di quelle presupposte pronunciate dagli organi di giustizia FIP, in quanto l’assenza di un atto di impulso del giudizio di rinvio avrebbe leso il diritto di difesa degli incolpati che non avrebbero conosciuto i fatti sui quali difendersi;

5) insussistenza della frode sportiva: sviamento di potere per illogicità manifesta, difetto di motivazione, disparità di trattamento e travisamento dei fatti, violazione e falsa applicazione dell’art. 59, comma 1, lett. B) del RG-FIP, in quanto non sarebbe stata provata la finalità delle fatture false o gonfiate ed inoltre nessuna norma regolamentare imporrebbe la presentazione di un bilancio veritiero. Parte ricorrente denuncia poi disparità di trattamento sanzionatorio, rispetto alle sanzioni irrogate ai percettori dei pagamenti in nero.

Sul danno il ricorrente lamenta la sola lesione dell’immagine, atteso che lo stesso non avrebbe mai percepito alcun compenso per l’attività svolta.

Il 1° agosto 2018 si è costituita la Federazione Italiana Pallacanestro (d’ora in poi FIP).

Il 7 agosto 2018 si è costituito il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (d’ora in poi CONI).

Il 7 settembre 2018 la FIP ha depositato memoria con cui resiste nel merito.

L’11 settembre 2018 il Comitato Olimpico si difende in giudizio eccependo l’irricevibilità del ricorso per tardività della notifica e difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e resistendo nel merito.

Con ordinanza n. 5343 del 14 settembre 2018 il Tribunale ha respinto la richiesta misura cautelare.

Il 23 giugno 2021 la FIP deposita documenti ed in particolare la sentenza n. 28/2014 con cui è stata dichiarato il-OMISSIS-

Il 1° luglio 2021 ha depositato memoria anche la FIP che formula le eccezioni di rito già articolate dal CONI.

In pari data il ricorrente deposita note d’udienza con cui insiste nelle proprie difese.

Con memoria del 2 luglio 2021 il Coni insiste sulla infondatezza della domanda risarcitoria.

Con note d’udienza, depositate il 15 luglio 2021, la FIP chiede il passaggio in decisione della causa.

Alla udienza del 19 luglio 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato. Ciò consente di tralasciare l’eccezione di irricevibilità dello stesso proposta dalle controparti.

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Coni, formulata da quest’ultimo, in quanto sarebbe legittimato in proprio il Collegio di garanzia dello Sport.

L’eccezione è infondata.

La giurisprudenza condivisa dal Tribunale ha affermato che quest’organo non ha personalità giuridica autonoma e distinta da quella del C.O.N.I. ed emette atti a natura amministrativa e non giurisdizionale, sicché la legittimazione processuale va riconosciuta in capo al C.O.N.I. (CdS 7165/2018)

Il Collegio di garanzia dello sport risulta essere un organo appartenente all’ente pubblico Coni, in ragione di quanto disposto nello Statuto di quest’ultimo (atteso che l’art. 12, con cui viene definito nel suo complesso il sistema di giustizia sportiva – al cui vertice è posto il predetto Collegio di garanzia, ex art. 12-bis – è parte integrante del Titolo II, che ne disciplina l’organizzazione interna).

Ora, atteso che le decisioni adottate da parte del Collegio di garanzia dello sport incidono sull’oggetto della controversia, potendo modificare – in funzione nomofilattica – i provvedimenti sanzionatori adottati da parte delle singole Federazioni sportive, ai sensi dell’art. 12-bis comma 3 dello Statuto del Coni, sono proprio dette decisioni a dover essere contestate, se del caso, avanti al giudice amministrativo, con conseguente legittimazione passiva del Coni (v. anche CdS V 5046/2018).

L’eccezione va quindi respinta.

Quanto alla domanda caducatoria, la stessa è inammissibile per difetto di giurisdizione del Tribunale adito.

Il d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, all’art. 1 (Principi generali), comma 1, afferma che “La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”.

Il successivo comma 2 precisa che “I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

L’art. 2, comma 1 dello stesso d.-l. n. 220 del 2003 riserva all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: “a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e al comma 2 stabilisce che “Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”.

Il successivo art. 3, titolato “Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria”, dispone poi che “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all’articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.

Correlativamente, l’art. 133, comma 1, lett. z), Cod. proc. amm. prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.

Sulla base della normativa sopra richiamata ed in particolare dell’art. 2 del d.l. 220 del 2003 le controversie relative alle sanzioni disciplinari devono ritenersi non conoscibili dagli organi giurisdizionali.

Sulla legittimità della norma de qua, come ricordato anche negli atti delle parti resistenti costituite, è intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 49 del 2011, ha fatto salva la norma sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa del 2003 tale per cui, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari, ad essere preclusa, innanzi al giudice statale, sarebbe la sola tutela annullatoria, ma non anche quella risarcitoria.

In senso conforme alla sentenza n. 49 del 2011 si è pronunciata più di recente la Corte Costituzionale, risollecitata con l’ordinanza 10171/2017 di questa Sezione (vedi sentenza C.Cost. n. 160/2019).

Il giudice amministrativo è competente a conoscere le questioni attinenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive solo in via incidentale e indiretta, al fine esclusivo di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

La domanda demolitoria va quindi dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione.

Deve pertanto procedersi allo scrutinio della legittimità del provvedimento impugnato, in via incidentale, ai soli fini della domanda risarcitoria.

Il Collegio non vede ragioni per discostarsi da quanto già anticipato in sede cautelare con riguardo alle censure di violazione dei principi di indipendenza ed imparzialità del giudice sportivo, attesa la natura giustiziale e non giurisdizionale degli organi che la compongono.

Essi, infatti, partecipano della medesima natura pubblicistica delle Federazioni sportive e del CONI, ogni qualvolta le loro decisioni rivestano rilevanza giuridica esterna per l’ordinamento statale, emettendo in tal caso provvedimenti amministrativi (in tal senso Cons. Stato, sent. n. 5046/2018, TAR Lazio, sent. n. 11146/2016).

Infondata è, altresì, la censurata mancanza di un atto di impulso del procedimento disciplinare, a seguito dell’annullamento con rinvio da parte del Collegio di Garanzia.

L’annullamento con rinvio è stato, infatti, disposto esclusivamente a causa della mancata integrazione del contraddittorio, lasciando pertanto fermo l’iniziale atto di deferimento che non doveva essere rinnovato.

Infondata è anche la censura di tardività della conclusione del procedimento, atteso che il termine di 60 giorni, ai sensi del chiaro disposto dell’art. 38, comma 3, CGS CONI, secondo il quale “il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dal Collegio di garanzia dello sport”.

Né si rinviene una violazione del diritto di difesa dal momento che il ricorrente conosceva fin dalla decisione di annullamento con rinvio del pronunciamento della Corte Federale d’Appello quali erano i soggetti nei confronti dei quali doveva integrarsi il contraddittorio.

Con riguardo alla lamentata carenza di un elemento della fattispecie addebitata, ovvero della finalità per la quale si sarebbero poste in essere false fatturazioni e così alterati i bilanci, si rinvia all’accertamento del giudice penale e poi della Federazione, dal quale sono emersi tutti gli elementi della frode sportiva.

Le operazioni fraudolente che hanno interessato -OMISSIS-, accertate in varie sedi, dal giudice penale, civile e tributario, hanno generato, infatti, un fondo per il pagamento in nero di atleti, e una falsa rappresentazione della solidità finanziaria della società, che le ha consentito di continuare ad operare iscrivendosi ai Campionati.

L’accertata violazione fiscale per 28 milioni di euro, accumulati negli anni, ha poi determinato il fallimento della società nel 2014.

Il solo inadempimento reiterato degli obblighi fiscali avrebbe impedito l’iscrizione della società ai Campionati.

Appare del tutto inverosimile che simili stratagemmi perseguiti negli anni non fossero conosciuti ed avallati da un componente del Consiglio di Amministrazione in carica per tutto il periodo interessato dalle violazioni di cui si tratta.

Le attività illecite svolte dall’odierno ricorrente risultano accertate dal giudice penale

ed hanno condotto alla condanna del medesimo per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” in concorso ed in continuazione.

Insussistente è anche la dedotta disparità di trattamento con riguardo a soggetti la cui posizione è differenziata rispetto a quella di parte ricorrente, i quali non sono stati nemmeno imputati per analoghi reati.

Di disparità di trattamento si può parlare solo a fronte di posizioni identiche o quanto meno analoghe, presupposto non sussistente nel caso di specie.

Alla luce di quanto sopra osservato il provvedimento impugnato risulta scevro dalle dedotte censure, con conseguente mancanza del presupposto della illegittimità del provvedimento ai fini della responsabilità per il danno lamentato.

La domanda è peraltro infondata altresì sotto il profilo della prova degli altri elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, con particolare riguardo al nesso causale tra la disposta sanzione ed il danno lamentato, in quanto quest’ultimo, prima ancora che per la sanzione sportiva, deriva dal procedimento penale, nell’ambito del quale, il ricorrente veniva condannato, con sentenza del 25 gennaio 2018, a 1 anno e 4 mesi di reclusione, oltre alla pena accessoria della inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e della capacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di 10 anni e la interdizione dagli uffici direttivi per 3 anni, oltre ad altre pene accessorie.

Per quanto osservato il gravame va dichiarato inammissibile ed infondata la richiesta di risarcimento del danno con conseguente reiezione della stessa.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione il gravame e respinge la domanda risarcitoria.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore delle controparti costituite che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna parte, ovvero in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2021, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 d.l. 137/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore

 

 

 

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