C.R. TOSCANA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2018/2019 – figc-crt.org – atto non ufficiale – CU N. 36 del 06/12/2018 – Delibera – Reclamo proposto dalla Società A.S.D. G. S. Fratres Perignano in opposizione al provvedimento con il quale il G.S.T. di Pisa ha squalificato fino al 30.4.2019 il Calciatore Birga Niccolò. (C.U. n. 20 del 7.11.2018).

Reclamo proposto dalla Società A.S.D. G. S. Fratres Perignano in opposizione al provvedimento con il quale il G.S.T. di Pisa ha squalificato fino al 30.4.2019 il Calciatore Birga Niccolò. (C.U. n. 20 del 7.11.2018).

“Espulso per somma di ammonizioni alla notifica urlava dirigendosi verso il D.G. tentando a più riprese di aggredirlo fisicamente; tentativo non riuscito perché trattenuto dai suoi compagni di squadra. A fine partita davanti agli spogliatoi pretendeva spiegazioni urlando e tenendo un tono polemico nei confronti del D.G..” Questa la motivazione posta dal G.S.T. presso la Delegazione Provinciale di Pisa a base della decisione riferita al comportamento tenuto dal Calciatore Niccolò Birga nel corso della gara Fratres Perignano / Calci 2016, disputatasi in data 4 novembre u.s. nell‟ambito del Campionato Provinciale Giovanissimi di Pisa . Il provvedimento disciplinare viene impugnato dal Legale rappresentante della Società il quale, affermando testualmente di ”..fornire la più lineare ed obiettiva ricostruzione dei fatti”, ritiene che il G.S. avrebbe comminato la sanzione ritenendo sussistere nel comportamento del calciatore, sulla base di quanto indicato sul rapporto di gara, gli estremi di una condotta violenta.

Avrebbe, di conseguenza, applicato il disposto dell‟art. 19, c. 4, lettera d), del quale il reclamante non ritiene ricorrano i presupposti. Afferma essersi trattato, quello del calciatore, di semplice comportamento irriguardoso nei confronti del D.G. e, citando una decisione della Corte di Appello nazionale e una sentenza della Corte di Cassazione, afferma essere possibile produrre anche nel corso del processo sportivo “prove nuove”. A tal fine, fornendo la propria descrizione dell‟accaduto, inserisce nel corpo del reclamo la testimonianza del Dirigente della Società, presente sul campo quale Assistente del D.G., nonché quella di un Arbitro che ritiene dover evidenziare, forse quale rafforzativo della dichiarazione sottoscritta, il numero del proprio cartellino. Il reclamante ribadisce più volte che non vi è stato da parte del giovane calciatore alcun comportamento violento, avendo egli posto in essere un semplice “…dirigersi verso l’arbitro mentre imprecava spiegazioni”. Richiama una decisione del C.R. Toscana (???) che ha sanzionato con la squalifica per 6 (sei) giornate un giocatore che, “espulso per condotta violenta nei confronti di un avversario alla notifica si dirigeva minacciosamente verso il D.G. rivolgendogli frase irriguardosa e costringendolo ad arretrare di qualche metro…..”. Afferma conclusivamente che la sanzione da infliggersi al Birga deve rinvenirsi nella squalifica per due giornate di gara, per comportamento irriguardoso, alle quali aggiungerne un‟altra per somma di ammonizioni. Chiede la propria personale audizione nonché quella del Calciatore. In sede dibattimentale la Società reclamante, presente tramite Dirigente espressamente delegato e con l‟assistenza del legale di fiducia, dopo aver avuto lettura del supplemento di rapporto richiesto dalla Corte all‟Arbitro, ribadisce integralmente quanto già affermato in sede di reclamo. Decidendo corre l‟obbligo al Collegio di fare osservare alla reclamante, in via assolutamente preliminare, quanto segue: - non è stato possibile ammettere alla discussione il Calciatore Birga non avendo egli – nè alcuno degli esercenti la potestà genitoriale trattandosi di minore – sottoscritto il reclamo. Pertanto, ai sensi dell‟art. 33 del C.G.S. il tesserato non può essere considerato parte nel procedimento; - l‟avere inserito nel corpo del reclamo le fotocopie di due testimonianze rese da persone presenti ai fatti, costringendo in tal modo il Giudicante ad esaminarle, costituisce un escamotage surrettizio volto esclusivamente all‟elusione della normativa del C.G.S. che non prevede, nell‟ambito del procedimento disciplinare federale, l‟utilizzo di tale mezzo di prova. A tale inderogabile principio di inammissibilità si ritiene dover aggiungere che la testimonianza sottoscritta da persona che si dichiara arbitro, indicando a tal fine il numero del proprio cartellino, non avrebbe in alcun caso quel maggior valore probatorio che sembra si sia ritenuto di perseguire, potendo esso costituire, semmai, causa di un ulteriore procedimento disciplinare in capo al sottoscrittore ed eventualmente all‟utilizzatore. Si precisa comunque che il suddetto “arbitro” si è dimesso dall‟A.I.A. fin dal dicembre 2017 come comunicato dal competente Organo. Sotto il profilo del merito si osserva che il ponderoso reclamo (ben 15 pagine) è orientato ad affermare in via esclusiva che la “sussunzione” del comportamento del Birga nell‟ambito della condotta violenta, abbia indotto il G.S. – ovviamente sulla base del rapporto di gara – ad applicare al Calciatore le sanzioni previste per una condotta violenta, irrogando così una sanzione eccessiva. Ritiene ancora il documento che gli Organi della Disciplina Sportiva debbano privilegiare la sostanza e non l‟aspetto formale delle situazioni, ed infine, riferendosi agli Arbitri, afferma che essi debbono limitarsi a descrivere “nel dettaglio” i fatti e non “a riportare una propria impressione”. La complessa impostazione del gravame, non disgiunta da una evidente poca attenzione posta all‟evolversi della giurisprudenza della Giustizia Sportiva Toscana della F.I.G.C., induce la Corte a formulare alcune precisazioni. Gli Organi della Disciplina sportiva debbono assumere le proprie decisioni sulla base del rapporto di gara che, a norma dell‟art. 35 del C.G.S., ha valore di prova assoluta, come del resto riconosciuto dal reclamante stesso. Tale indissolubile principio può trovare, secondo le decisioni assunte da questa Corte nel corso degli ultimi anni, parziale attenuazione solo in presenza di fatti certi e concretamente documentati, tra i quali non possono essere di certo annoverate le testimonianze (definite nuove prove) inserite nel corpo del reclamo.

Scendendo nel particolare il Collegio, preso atto che viene contestato al G.S. (e al D.G., quindi) l‟aver addebitato al Calciatore di aver tenuto una condotta violenta, ritiene opportuno evidenziare al reclamante qual‟è il contenuto degli atti ufficiali ai quali la decisione deve ispirarsi. Scrive il D.G. nel rapporto che il Calciatore, ricevuta la notifica della seconda ammonizione, “iniziava ad urlare verso di me tentando di aggredirmi fisicamente trattenuto a stento ed a più riprese dai compagni” In perfetta aderenza a ciò il G.S. così motiva la decisione assunta: “... urlava dirigendosi verso il D.G. tentando a più riprese di aggredirlo fisicamente; tentativo non riuscito perché trattenuto dai suoi compagni di squadra....”. Pertanto nè il D.G., nè il G.S., addebitano al calciatore il compimento di atti di violenza ma solo un ripetuto tentativo di avvicinarsi al D.G., protestando ed urlando, in tempi diversi, comportamento che non solo non è consono alle norme federali relative al rispetto che si deve verso l‟arbitro e a ciò che egli rappresenta in campo, ma esula anche da un minimo di educazione civica. Se a tutto ciò si aggiunge la rincorsa, il divincolarsi dalle trattenute dei compagni che, saggiamente ed in due occasioni hanno evitato un contatto fisico, l‟impatto che tali azioni hanno sul soggetto destinatario non può escludere un intento aggressivo. A conferma di ciò in sede di supplemento di reclamo l‟Arbitro ha, comunque, ulteriormente precisato quanto accaduto affermando, con molta genuina semplicità, di aver la certezza che il Birga, ove non fosse stato trattenuto dai compagni di squadra, lo avrebbe aggredito. Tuttavia dalla ricostruzione effettuata in quest‟occasione dal D.G. il Collegio ha a disposizione numerosi elementi utili a giudizio. Infatti il D.G. afferma che le proteste e le urla del Calciatore sono durate circa 30 secondi e che questi si è avvicinato fino ad un metro da lui. Ora se è indubbio che da tale distanza il Birga avrebbe potuto colpire l‟Arbitro se questa fosse stata la sua reale intenzione è altrettanto vero che il comportamento tenuto potesse preludere ad un tentativo di aggressione. In ogni caso, al fine di evitare tali possibili equivoci nell‟interpretazione dei comportamenti tenuti da parte di tesserati nei confronti degli arbitri sarebbe sufficiente che ciascun calciatore si attenesse alla osservanza, anche minima, dei principi comportamentali sopra indicati. L‟educazione a tali principi compete - specie nel caso di giovani calciatori - alla Società di appartenenza, dovendosi per di più ricordare che tra le norme che disciplinano il comportamento in campo dei calciatori, il reclamante dimentica la disposizione che prevede che ad interloquire con l‟Arbitro, al fine di chiedere spiegazioni sulle decisioni adottate, è unicamente il capitano della squadra (regola n. 3 del gioco del calcio, punto 16). Così inquadrata la vicenda sia la linearità della motivazione del G.S che la coerente, pacata, spiegazione dei fatti resa dal D.G. in questa sede, consentono al Collegio un riesame della decisione sotto l‟aspetto dell‟entità della sanzione, ritenendo che il Calciatore abbia tenuto un comportamento scorretto in violazione di quei principi essenziali che debbono essere osservati in qualsiasi campo ed in particolare nell‟ambito della competizione sportiva. P.Q.M. la Corte Sportiva di Appello Federale della Toscana, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il reclamo ed infligge al Calciatore Niccolò Birga la sanzione della squalifica per mesi 3 (tre) e così fino al 7 febbraio 2019. La tassa deve essere restituita, ove versata.

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