C.R. TOSCANA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2018/2019 – figc-crt.org – atto non ufficiale – CU N. 51 del 14/02/2019 – Delibera – Oggetto: Reclamo della Associazione Sportiva Dilettantistica G.S. Butese, avverso la squalifica inflitta dal G.S.T. al giocatore Ambrosio Giuseppe fino al 3/05/2019 (C.U. n. 41 del 3/01/2019).

Oggetto: Reclamo della Associazione Sportiva Dilettantistica G.S. Butese, avverso la squalifica inflitta dal G.S.T. al giocatore Ambrosio Giuseppe fino al 3/05/2019 (C.U. n. 41 del 3/01/2019).

L'Unione Sportiva Butese, con rituale e tempestivo gravame, adiva questa Corte Sportiva d'Appello Territoriale contestando la decisione del G.S.T., adottata nei confronti del tesserato sopra riportato, con riferimento a quanto avvenuto nel corso dell’incontro esterno disputato, contro la Società San Miniato, in data 23 dicembre 2018. Il G.S.T., nel relativo Comunicato Ufficiale, motivava così la propria decisione: “In segno di protesta, da 20 mt., calciava un pallone verso il D.G. senza peraltro raggiungerlo”. La Società reclamante lamenta l'inesatta descrizione dei fatti trascritta nel rapporto di gara, descrizione che appare incompatibile con le rispettive posizioni sul campo sia del D.G. che del calciatore. Subito dopo un'accesa protesta il giocatore, che si trovava nella tre quarti del campo avversario all'altezza del vertice sinistro dell'area di rigore, avrebbe calciato la palla verso il portiere avversario per accelerare la ripresa del gioco, ma l'arbitro, pur posizionato in prossimità della panchina avversaria vicino alla linea laterale, avrebbe mal interpretato il gesto espellendo il giocatore. Afferma in conclusione che: “il tesserato non avrebbe potuto volontariamente calciare la palla con l'intento di colpire il D.G., dato che il Sig. Loum si trovava nella direzione apposta rispetto al calcio di Ambrosio”. Pertanto la Società, pur riconoscendo corretto l'allontanamento del proprio tesserato, conclude per la riduzione della squalifica comminata poiché il Sig. Ambrosio si sarebbe limitato a protestare e non avrebbe mai avuto alcuna intenzione di colpire l'arbitro. All'udienza dell'8 febbraio 2019 veniva ascoltato il delegato della Società che, avuta lettura del supplemento arbitrale, iterava le censure contenute nel reclamo e ribadiva l'impossibilità che il lancio potesse essere diretto verso il D.G.. Attraverso uno schematico disegno ubicava il giocatore in posizione di centrocampo avanzata e l'arbitro alla sua sinistra; affermava comunque che il pallone sarebbe passato ad almeno 4 -5 metri rispetto al D.G.. Il reclamo è infondato e deve essere respinto.

L’atto introduttivo cerca di contrastare la fede privilegiata del rapporto arbitrale sulla sola negazione di tutti i fatti attribuiti al tesserato scontrandosi inesorabilmente sia su quanto contenuto nel rapporto di gara che sulle precisazioni inserite nel successivo supplemento arbitrale. Infatti la mera negazione degli avvenimenti, ipotizzata nel reclamo, induceva la Corte Sportiva d'Appello Territoriale a richiedere un'ulteriore approfondimento da parte dell'arbitro, in merito alle affermazioni difensive, mediante la stesura di un supplemento allegato in atti. Nel documento il D.G. conferma quanto trascritto nel rapporto di gara e precisa: “Confermo che il calciatore Ambrosio Giuseppe della Butese ha calciato il pallone verso di me con intenzione di colpirmi, pallone che poi è passato largo da me di circa 2 metri”. Ora, stabilito che anche parte ricorrente concorda sulla distanza iniziale tra arbitro e giocatore (circa 20 mt) entrambe le ricostruzioni offerte sia nel reclamo che nella successiva audizione appaiono illogiche. Infatti se il giocatore avesse calciato la palla in direzione opposta al D.G., come dichiarato inizialmente, ovvero parallelamente alla linea laterale, come affermato in udienza, il pallone sarebbe comunque rimasto ad almeno 20 metri di distanza dall'arbitro e non avrebbe, in alcun modo, potuto sfiorarlo. L’azione, riprovevole ed assolutamente inaccettabile, non può certamente essere, in presenza di tali dichiarazioni (dotate, dalle Carte Federali, di fede privilegiata), riportata ad un plateale gesto di stizza ma deve certamente inquadrarsi come potenziale gesto violento nei confronti del D.G.; se anche si volesse escludere la piena volontarietà della condotta residuerebbe in ogni caso l'accettazione del rischio di colpire il D.G. che renderebbe comunque il comportamento passibile di sanzione sportiva. Cristallizzata dunque la responsabilità del giocatore in ordine alle violazioni contestate occorre valutare se la sanzione applicata dal G.S.T. risponda a criteri di proporzionalità e ragionevolezza. Da sempre infatti la Giustizia Sportiva punisce la condotta di chi calcia la palla verso il D.G. - qualificandolo come gesto violento - con la sanzione di sei mesi di squalifica (un anno se l'arbitro viene invece attinto). La squalifica però deve necessariamente tenere conto di una fisiologica diminuzione connessa della concreta potenzialità del gesto che, tenuto conto della distanza intercorrente tra i due soggetti, appare connotato da una minore capacità lesiva; tale valutazione consente di ritenere accettabile la determinazione del giudice di prime cure in quanto la stessa - pur appiattita su valori minimi – non appare meritevole di reformatio in pejus riservata a sanzioni macroscopicamente inadeguate. P.Q.M. La Corte Sportiva d'Appello Territoriale respinge il reclamo e dispone l’incameramento della relativa tassa.

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