Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 85 del 29/09/2021 – Claudio Lotito – S.S. Lazio S.p.A./Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio/Ivo Pulcini -Fabio Rodia

Decisione n. 85

Anno 2021

IL COLLEGIO DI GARANZIA

SEZIONI UNITE

composto da

Franco Frattini - Presidente

Attilio Zimatore - Relatore

Vito Branca

Alfonso Celotto

Laura Santoro - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 61/2021, presentato, in data 3 giugno 2021, dal dott. Claudio Lotito e dalla S.S. Lazio S.p.A., in persona del suo consigliere delegato p.t., rappresentati e difesi dal prof. avv. Romano Vaccarella ed elett. dom. nel suo studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 269,

contro

la Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio,

e nei confronti

del dott. Ivo Pulcini e del dott. Fabio Rodia,

 

per l’annullamento

della decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC n. 103/CFA 2020-2021, assunta in data 7 maggio 2020 e comunicata in pari data, con la quale è stato respinto il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC, in data 26 marzo/6 aprile 2021, n. 132TFN/SD, e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte, alla società S.S. Lazio S.p.A., la sanzione dell’ammenda pari ad € 200.000,00 e, al dott. Claudio Lotito, la sanzione dell’inibizione per dodici mesi.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 7 settembre 2021, il difensore delle parti ricorrenti - dott. Claudio Lotito e S.S. Lazio S.p.a. - avv. prof. Romano Vaccarella, assistito dal dott. Manfredi Latini; l'avv. Giancarlo Viglione, assistito dall'avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, ed il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Attilio Zimatore.

Ritenuto in fatto

 

I.

Conviene brevemente premettere che la vicenda che ha dato luogo a questo contenzioso ha coinvolto, a vario titolo, diversi soggetti - il dott. Ivo Pulcini, Responsabile Sanitario della S.S. Lazio S.p.A. (di seguito, per brevità, designata semplicemente come Lazio), il dott. Fabio Rodia, medico sociale della Lazio, il dott. Claudio Lotito, Presidente del Consiglio di Gestione e legale rappresentante della Lazio, nonché la stessa società Lazio - i quali hanno proposto due distinti ricorsi al Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere la riforma della sentenza emessa dalla Corte di Appello Federale della FIGC n. 103/CFA/2020-2021 in data 7 maggio 2021 comunicata in pari data con la quale tato respinto il reclamo proposto per la riforma della sentenza emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC in data 26 marzo/6 aprile 2021, n. 132 TFN-SD, e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte ai deferiti le seguenti sanzioni: a) per il dott. Claudio Lotito, mesi dodici di inibizione; b) per il dott. Ivo Pulcini, mesi dodici di inibizione; c) per il dott. Fabio Rodia, mesi dodici di inibizione; d per la o iet SS Lazio S.p.A., euro 200.00,00 (duecentomila/00) di ammenda.

Ancorché in questa sede rilevi soltanto il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 61/2021, presentato, in data 3 giugno 2021, dal dott. Claudio Lotito e dalla S.S. Lazio S.p.A., sembra opportuno fornire un quadro complessivo della vicenda

 

II.

In data 16 febbraio 2021, la Procura Federale deferiva al Tribunale Federale Nazionale i dott. Pulcini, Rodia e Lotito per rispondere dei seguenti addebiti:

a) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 27 ottobre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEFA” del 26 ottobre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Brugge - Lazio del 28 ottobre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati positivi, e per non aver “ con cordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;

b) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 3 novembre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEFA” del 2 novembre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Zenit - Lazio del 4 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominati i dei “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negati i” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;

c) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL locali competenti la positività al Covid-19 di n. 3 tesserati (Vavro, Escalante, Djavan Anderson), riscontrata, in data 30 ottobre 2020, dal laboratorio Futura Diagnostica di Avellino, utilizzato dalla S.S. Lazio S.p.A. per i tamponi, in vista dell’incontro di campionato Torino - Lazio del 1 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;

d) per aver consentito o, comunque, non aver impedito ai calciatori Thomas Strakosha, Lucas Pezzini Leiva e Ciro Immobile di svolgere, con il restante “Gruppo Squadra” l’intero allenamento della mattinata del 3 novembre 2020, ino al termine dello te o nono tante la positività dei citati calciatori ai tamponi c.d. “UEFA” effettuati, in data 2 novembre 2020 dal Laboratorio Synlab, fosse nota al dott. Rodia (MLO - Medical Laison Officer della S.S. Lazio S.p.A.) sin dalle ore 10,34/10,49 del 3 novembre 2020, in quanto contattato telefonicamente dal Point of Contact (POC) della Synlab nell’orario indicato;

e) per non avere sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni a far data dal risultato del tampone del 26 ottobre 2020 come previsto dalla circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 il calciatore Ciro Immobile il quale è stato utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020, entrando al minuto 56 del secondo tempo;

f) per non avere sottoposto al periodo di isolamento in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, a far data dal risultato del tampone del 2 novembre 2020, come previsto dalla Circolare Ministeriale del 12 ottobre 2020, il calciatore Djavan Anderson, e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta gara dell’incontro Lazio - Juventus dell'8 novembre 2020.

Il dott. Pulcini, Responsabile Sanitario della S.S. Lazio S.p.A., ed il dott. Rodia, Medico Sociale della S.S. Lazio S.p.A., ciascuno per quanto di rispettiva competenza e/o, comunque, in concorso tra loro, venivano deferiti per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 1, delle NOIF e dei Protocolli Sanitari FIGC sopra meglio specificati (“Indicazioni per la Ripresa degli Allenamenti delle Squadre di Calcio Professionistiche e degli Arbitri” del 22 maggio 2020, “ “ porte chiuse” finalizzate al contenimento ’ epidemiologica da Covid-19” Versione 22 giugno 2020, con l’aggiornamento degli “Aspetti Medici” del 28 settembre 2020, “Aggiornamento dei Protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021” del 30 ottobre 2020), e delle Circolari del Ministero della Salute del 18 giugno 2020 (prot. 0021463-18/06/2020-DGPRE-DGPRE-P), 12 ottobre 2020 (prot. 0032850-12/10/2020-DGPRE-DGPRE-P) e 30 ottobre 2020 (prot. 0035324-30/10/2020-DGPRE-DGPRE-P), nonché di quanto previsto dal C.U. n. 78/A FIGC del 1° settembre 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari” per non aver rispettato le norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari e delle necessarie comunicazioni alle autorità sanitarie locali competenti, ed in particolare:

A) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 27 ottobre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEFA” del 26 ottobre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Brugge - Lazio del 28 ottobre 2020, e per non aver comunicato alle ASL locali competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati positivi, e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;

per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti della positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 3 novembre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEFA” del 2 novembre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Zenit - Lazio del 4 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominati i dei “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19; C) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL locali competenti la positività al Covid-19 di n. 3 tesserati (Vavro, Escalante, Djavan Anderson), riscontrata, in data 30 ottobre 2020, dal laboratorio Futura Diagnostica di Avellino, utilizzato dalla S.S. Lazio S.p.A. per i tamponi, in vista dell’incontro di campionato Torino - Lazio del 1 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati “positivi” e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;

D) per aver consentito o, comunque, non aver impedito ai calciatori Thomas Strakosha, Lucas Pezzini Leiva e Ciro Immobile di svolgere, con il restante “Gruppo Suadra” l’intero allenamento della mattinata del 3 novembre 2020 sino al termine dello stesso nonostante la positività dei citati calciatori ai tamponi c.d. “UEFA” effettuati dal Laboratorio Synlab, fosse nota al dott. Rodia (MLO - Medical Laison Officer della S.S. Lazio S.p.A.) sin dalle ore 10,34/10,49 del 3 novembre 2020, in quanto contattato dal Point of Contact (POC) della Synlab in quella fascia oraria;

E) per non avere sottoposto al periodo di isolamento in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, a far data dal risultato del tampone del 26 ottobre 2020 come previsto dalla Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 il calciatore Ciro Immobile il quale è stato utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020, entrando al minuto 56 del secondo tempo.

F) per non avere sottoposto al periodo di isolamento in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, a far data dal risultato del tampone del 2 novembre 2020, come previsto dalla Circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020, il calciatore Djavan Anderson, e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta gara dell’incontro Lazio - Juventus dell'8 novembre 2020;

Quanto alla società Lazio, essa veniva chiamata a rispondere: i a titolo di responsabilità diretta, della violazione dell’art. 6, comma 1, del CGS vigente, per il comportamento posto in essere dal sig. Lotito Claudio, Presidente del Consiglio di Gestione e Legale Rappresentante della S.S. Lazio S.p.A., come sopra descritto; ii a titolo di responsabilità oggettiva, della violazione dell’art. 6, comma 2, del CGS vigente, per il comportamento posto in essere dai sigg.ri Pulcini Ivo, Responsabile Sanitario della S.S. Lazio S.p.A., e Rodia Fabio, Medico Sociale della S.S. Lazio S.p.A., come sopra descritto; iii a titolo di responsabilità propria, ai sensi del C.U. n. 78/A FIGC del 1° settembre 2020 che pone a carico anche delle società in modo diretto gli obblighi relativi all’osservanza dei Protocolli Sanitari, finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da Covid-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti.

 

III.

Il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare, con decisione n. 132-TFN-SD 2020-2021 del 6 aprile 2021, affermava la responsabilità dei dott. Rodia e Pulcini per tutti gli addebiti (ad esclusione di quello relativo al calciatore Anderson sanzionandoli con l’inibizione di dodi i mesi. Il TFN riteneva responsabile anche il dott. Lotito in relazione ai soli capi D) ed E), affermando invece la sua “non imputabilità” in relazione allo specifico obbligo di procedere a comunicare tempestivamente all’ASL competente i nominativi dei soggetti risultati positivi al Covid-19, e di concordare con le predette i provvedimenti consequenziali da adottare, sanzionandolo con sette mesi di inibizione. Anche la Lazio veniva sanzionata, in relazione alle condotte accertate in capo al suo Presidente ed ai suoi sanitari con l’ammenda di euro 150.000.

 

IV.

Avverso tale decisione sia la Procura Federale che i dott. Lotito Pulcini e Rodia nonchè la Lazio proponevano reclamo innanzi alla Corte Federale di Appello, la quale, a Sezioni Unite, con decisione n. 103/CFA/2020-2021 del 7 maggio 2021, accoglieva in parte il ricorso proposto dalla Procura Federale e per l’effetto rideterminava in mesi 12 la sanzione dell’inibizione al dott. Lotito ed in euro 2000.00 l’ammenda a carico della società S.S. Lazio S.p.A.; confermava nel resto e respingeva il reclamo proposto dalla Lazio e dai dott. Lotito, Pulcini e Rodia. Avverso tale decisione della CFA, come si è già accennato, sono dunque pervenuti al Collegio di Garanzia dello Sport il ricorso dei dott. Pulcini e Rodia e della Lazio (iscritto al R.G. ricorsi n. 60/2021, presentato in data 1° giugno 2021), e il ricorso del dott. Lotito e della stessa Lazio (iscritto al R.G. ricorsi n. 61/2021). Quest’ultimo è il ricorso del quale si discute in questa sede.

 

V.

A sostegno del ricorso, i ricorrenti - dott. Lotito e S.S. Lazio S.p.A. - hanno dedotto i sei seguenti motivi. <<Violazione del principio nullum crimen sine lege e della immodificabilità della contestazione>>. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte d’Appello Federale sarebbe incorsa nella violazione del detto principio, in quanto, dopo aver individuato la condotta in contestazione nell’obbligo di immediata e segnalazione alla competente autorità dei casi di sospetto contagio e nel non essersi attivato per fornire notizia della positività, non avrebbe poi indicato alcuna norma che sancisse quegli obblighi a carico degli incolpati, limitandosi a richiamare disposizioni generiche o non pertinenti (tra cui l’art. 257 T.U.LL.SS., l’art. 260 D.L . n. 19/2020, l’art. 650 c.p. l’art. 8 del codice deontologico dei medici) o Protocolli sforniti di effetti sanzionatori. Secondo i ricorrenti l’obbligo di segnalazione graverebbe solo sui Laboratori ed il medico sociale non sarebbe tenuto, solo perché medico, a reiterare tale segnalazione; né alcuna disposizione - peraltro non individuata dalla CFA - gli imporrebbe espressamente tale condotta.

Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono <<Violazione dell’art. 44 Noif e dei principi di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231>>, osservando che la CFA avrebbe fondato la responsabilità del dott. Lotito sulla mancanza di una delega, scritta ed espressa, ai medici sociali. Ma così ragionando la CFA avrebbe violato l’art. 44 NOIF ai sensi del quale “Ogni società ha l’obbligo di tesserare un Medico sociale responsabile sanitario, specialista in medicina dello sport, che in tale veste deve essere iscritto in apposito elenco presso il Settore Tecnico della F.I.G.C.” e “assume la responsabilità della tutela della salute dei professionisti di cui al comma 1, ed assicura l'assolvimento degli adempimenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalla normativa federale”. Infatti secondo i ricorrenti senza necessità di alcuna espressa delega detta norma NOIF sarebbe di per sé sufficiente ai fini del trasferimento di funzioni (e responsabilità) dal vertice aziendale al medico sociale. Peraltro, la società ed il suo Presidente avrebbero predisposto efficaci modelli di organizzazione e di gestione (prevedendo, accanto a un Responsabile Sanitario e a un medico sociale, una squadra composta “di ben diciassette medici” idonei ad eludere la loro responsabilità.

Con il terzo motivo, è stata dedotta <<Violazione del concetto di culpa in eligendo e totale omissione della motivazione>>. Ad avviso dei ricorrenti, la decisione sarebbe viziata in quanto priva di motivazione in ordine alla sussistenza della culpa in eligendo, osservando che la CFA avrebbe potuto ravvisare tale colpa solo se avesse potuto motivatamente attribuire “l’etichetta di incapaci” ai dott. Pulcini e Rodia, che sono invece professionisti stimati e muniti di “prestigiosi curricula”.

Con il quarto motivo, si deduce “Violazione del concetto di culpa in v ”, rilevando che non si poteva ragionevolmente esigere dal dott. Lotito una competenza altamente specialistica o la conoscenza di norme specifiche e settoriali.

Con il quinto motivo, si deduce <<Omesso esame di un fatto decisivo; motivazione apparente” e si lamenta, da un lato, la mancata analisi, da parte della Corte d’Appello dei pareri dei proff. Pregliasco, Bondanini, Rossi, prodotti in giudizio; dall’altro la rilevanza indebitamente attribuita al patteggiamento con il quale il dott. Lotito, in passato, aveva definito altra contestazione, negando che il patteggiamento implichi una “accettazione” della costruzione accusatoria.

Infine, con il sesto motivo i ricorrenti hanno lamentato la <<Violazione dei principi sulla gradualità della pena>> nella parte in cui la CFA equipara la condotta del dott. Lotito a quelle contestate ai medici sociali, non essendo logico “richiedere, a chi non lo è, le prestazioni proprie di un sanitario”. VI. Per resistere al ricorso sopra illustrato si è costituita in giudizio la FIGC, con memoria depositata in data 14 giugno 2021, eccependone l’inammissibilità e l’infondatezza. In particolare la resistente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Lazio in quanto essa avrebbe già consumato il suo potere di impugnazione con la proposizione del precedente ricorso notificato in data 1° giugno 2021, proposto congiuntamente ai dott. Pulcini e Rodia (si tratta del già menzionato ricorso n. R.G. 60/2021). La resistente ha, altresì, eccepito che il ricorso sarebbe inammissibile poiché i ricorrenti chiederebbero sostanzialmente un riesame nel merito della controversia; e comunque sarebbe infondato per la “palese irregolarità delle condotte poste in essere dai soggetti deferiti”. Invero sulla posizione del ricorrente dott. Lotito e sui motivi di ricorso da questi proposti la resistente FIGC - in questa memoria di costituzione - non ha aggiunto alcuna specifica deduzione o eccezione. Con successiva memoria del 2 luglio 2021, la FIGC ha sviluppato le sue eccezioni di inammissibilità ed infondatezza del ricorso. In particolare, per quanto attiene al quadro normativo nel quale si colloca la vicenda in esame, la FIGC, richiamando numerose disposizioni, ha osservato che lo svolgimento delle competizioni sportive fosse consentito, ai sensi del DPCM dell'11 giugno 2020 “nel rispetto dei Protocolli emanati dalla rispettive Federazioni” con l’intento dunque di autorizzare la ripresa delle competizioni sportive adottando, comunque, misure in rado di “contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale” e garantire il contact-tracing. Lo svolgimento delle competizioni sportive doveva, dunque, essere imprescindibilmente accompagnato dal rispetto dei protocolli emanati dalle Federazioni sportive; protocolli che venivano di volta in volta approvati dal Comitato Tecnico Scientifico, nominato con ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020. La FIGC ha richiamato l’art. 218 del d.l. 19 maggio 2020 n. 34 secondo il quale “le Federazioni sportive nazionali (...) possono adottare anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo (…) provvedimenti relativi all’organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021”; nonchè il Comunicato Ufficiale n. 210/A, approvato nel Consiglio Federale dell’8 giugno 2020 (segnalando in proposito il voto favorevole anche del dott. Lotito nella sua veste di Consigliere Federale), che individuerebbe “una specifica disciplina sanzionatoria con riferimento alla violazione di tali protocolli commesse nella stagione sportiva 2019-2020” disponendo che “le società professionisti sono tenute all’osservanza dei Protocolli sanitari”. Inoltre, con il C.U. n. 78/A, approvato nel Consiglio Federale del 1° settembre 2020, tale “disciplina sanzionatoria ” veniva prorogata anche per la stagione sportiva 2020/2021 (che rileva ai fini di questa controversia). Con riferimento a tali protocolli, la resistente ha rilevato che il CTS, nel verbale del 12 giugno 2020, n. 88, acquisiva “il documento “Federazione Italiana Giuoco Calcio, integrazione protocolli sanitari ” relativamente al quale “sottolinea(va) l’importanza dell’assoluto rispetto dei punti relativi a:

“immediato isolamento in quarantena del soggetto risultato essere contagiato secondo le normative vigenti e provvedere alla immediata segnalazione alla autorità competente”

La resistente, dunque, ha ribadito la sussistenza delle “norme incriminatrici ” la cui violazione era stata contestata dalla Procura Federale, insieme alla violazione - pure contestata - dell’art. 4, comma 1, del CGS e dell’art. 44, comma 1, delle NOIF. Dalle richiamate disposizioni, nonché da norme deontologiche, la resistente deduce la sussistenza di un obbligo del medico di attivarsi per il rispetto dell’obbligo “dell’immediato isolamento in quarantena del soggetto risultato positivo e provvedere alla immediata segnalazione all’Autorità Sanitaria competente”

Con specifico riferimento alla condotta del dott. Lotito, la resistente evidenzia come lo stesso, in qualità di Presidente e legale rappresentante della società, avesse responsabilità per la scelta dei suoi collaboratori e, di conseguenza, rispondesse a titolo di culpa in eligendo. A tal fine rileva come i medici della società, dott. Pulcini e dott. Rodia, siano stati mantenuti al loro posto nonostante la sanzione irrogata con il Comunicato Ufficiale n. 241 /AA (con cui “patteggiavano” l’applicazione di una sanzione pecuniaria per la contestata violazione di quegli stessi protocolli sanitari del Comunicato Ufficiale n. 210/A). Inoltre, la resistente ha rilevato che il ricorrente non avrebbe mai conferito per iscritto una delega di funzioni al medico sociale; e, in ogni caso, non esisterebbe prova certa dell’esistenza di una delega verbale. Peraltro l’esistenza di un medico sociale, responsabile sanitario, specialista in medicina dello sport, non potrebbe esimere il presidente e legale rappresentante della società dai doveri di controllo ed eventuale intervento. Infine, la resistente ha insistito sulla rilevanza del precedente patteggiamento effettuato dal dott. Lotito “equiparabile….a una pronuncia di condanna”

 

Considerato in diritto

 

1.

Deve essere innanzitutto esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso (n. 61/2021 R.G.) proposto dalla Lazio, la quale - secondo la resistente FIGC - avrebbe già ‘ u ’ il suo potere di impugnazione nel momento in cui aveva in precedenza impugnato la stessa decisione congiuntamente ai dott. Pulcini e Rodia (con il ricorso n. 60/2021 R.G.). L’eccezione è infondata in quanto la decisione impugnata dalla Lazio con il ricorso qui in esame, da un punto di vista sostanziale, è autonoma e distinta rispetto a quella oggetto della precedente impugnazione, essendo diversi e distinti i titoli di responsabilità per i quali la Lazio è stata sanzionata congiuntamente al dott. Lotito.

 

2.

Come si è già riferito, con il primo motivo di ricorso (Violazione del principio nullum crimen sine lege e della immodificabilità della contestazione) i ricorrenti lamentano che la CFA non avrebbe indicato alcuna norma che sancisse espressamente e specificamente a carico degli incolpati (e, in particolare, per quanto rileva in questa sede, a carico del Presidente) un obbligo di immediata segnalazione alla competente ASL dei casi di sospetto contagio o un obbligo di attivarsi per fornire notizia della positività; la CFA si sarebbe limitata a richiamare disposizioni generiche o non pertinenti (tra cui l’art. 257 T.U. LL.SS., l’art. 260 D.L. n. 19/20, l’art. 650 c.p., l’art. 8 del codice deontologico dei medici) o Protocolli sforniti di effetti sanzionatori.

Il motivo è infondato. Infatti, mettendo da parte il problema della responsabilità personale del Presidente della Società (sul quale si tornerà in seguito), non può dirsi che, in linea di principio, la decisione impugnata non abbia individuato le fonti normative e regolamentari di un obbligo di segnalazione dei casi di positività da parte delle società sportive. Né può dirsi che manchi una fonte normativa che legittimi l’irrogazione di una sanzione per la violazione di quell’obbligo. Il problema è piuttosto quello di stabilire se la responsabilità per la violazione di quell’obbligo si estenda al Presidente e legale rappresentante della Società e poi, di riflesso ed indirettamente, a carico di quest’ultima.

Ora, in linea di principio, il Collegio ritiene che la decisione impugnata abbia correttamente rinvenuto la fonte normativa dell’obbli o di segnalazione.

La CFA ha fondato la responsabilità dei ricorrenti sulla violazione del C.U. n. 78/A, dell’art. 257 e 260 T.U. leggi sanitarie e dell’art. 8 del codice deontologico, avendo riguardo alle medesime condotte delineate nell’atto di deferimento.

Il C.U. n. 78/A (del 31 agosto 2020) non ha modificato il CGS, introducendo una nuova fattispecie di illecito disciplinare, ma ha previsto soltanto le sanzioni specificamente applicabili alle società sportive in caso di violazioni ai protocolli sanitari FIGC commesse nella stagione sportiva 2020/2021, reiterando quanto già sancito dal precedente C.U. n. 210/A (dell’8 giugno 2020) in riferimento alla stagione precedente 2019/2020. Come dispone l’art. 1 di detto C.U. n. 78/A, “Le società professionistiche … sono tenute all’osservanza dei Protocolli Sanitari finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da COVID-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti. In caso di violazione dei Protocolli Sanitari, a carico della società responsabile si applicano, a seconda della sua gravità, le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), c) e g), del C.G.S. della FIGC”.

Il C.U. n. 78/A, come il precedente C.U. n. 210/A, non ha necessitato di approvazione da parte del CONI, che, infatti, non ’ stata per alcuno dei citati provvedimenti.

Le violazioni sindacate dalla CFA nella decisione impugnata, sebbene riferite a controlli effettuati in osservanza di Protocolli UEFA in quanto connessi alla disputa di gare di Champions League, si risolvono, nei limiti di quanto sarà più sotto precisato, nella violazione della normativa domestica, tanto federale quanto statale, quest’ultima espressamente richiamata dalla prima.

A tal proposito, giova richiamare l’art. 4, comma 1, CGS che sancisce “ l’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali” e dei “principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. Peraltro, anche la normativa UEFA di settore (UEFA Return to Play Protocol), per il caso di positività riscontrata in sede di analisi, al par. 7.6 richiama gli obblighi stabiliti dalle autorità sanitarie locali competenti ai quali comunque il medico sociale si deve conformare.

Si può dunque concludere per l’infondatezza del primo motivo di ricorso, sebbene - come si dirà oltre - dalle disposizioni richiamate dalla CFA non si possa desumere un obbligo di segnalazione dei casi di positività a carico del Presidente della Società, tenuto conto della struttura organizzativa della stessa.

 

3.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce <<Violazione dell’art. 44 Noif e dei principi di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231>> e si lamenta che la CFA abbia ravvisato la responsabilità del dott. Lotito (per mancata segnalazione della positività) in mancanza di prova del conferimento di una valida delega in forma scritta al ‘medico sociale responsabile sanitario’.

Il motivo di ricorso è fondato poiché, per un verso, viola e travisa la disciplina dettata dall’art. 44 NOIF, per altro verso, trascura di considerare il modello organizzativo concretamente adottato dalla Società Lazio.

In primo luogo, occorre rilevare che ai sensi dell’art. 44 NOIF non occorre alcuna specifica delega - né scritta, né orale - da parte del legale rappresentante della società per l’attribuzione al medico sociale della responsabilità della tutela della salute dei professionisti che operano per la società stessa (i calciatori, gli allenatori, i direttori tecnici, i preparatori atletici), con tutti i connessi compiti di cura e le connesse funzioni, anche - come in questo caso - di segnalazione.

L’art. 44 cit. dispone, infatti, che “Ogni società ha l'obbligo di tesserare un Medico sociale responsabile sanitario, specialista in medicina dello sport, che in tale veste deve essere iscritto in apposito elenco presso il Settore Tecnico della F.I.G.C. Tale sanitario assume la responsabilità della tutela della salute dei professionisti di cui al comma 1, ed assicura l'assolvimento degli adempimenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalla normativa federale”. Tale disposizione rende assolutamente superflua qualunque delega, orale o scritta, da parte del legale rappresentante della società, essendo da sola sufficiente per il trasferimento di funzioni e responsabilità dal vertice aziendale al medico sociale.

Invero, la disciplina dettata dall’art. 44 delle NOIF appare coerente ai criteri sui quali si fonda il D. Lgs. n. 231 del 2001 in materia di responsabilità delle persone giuridiche, imponendo l’adozione di un modello organizzativo idoneo sia sul piano soggettivo (specificando i requisiti che deve possedere il Medico, che deve essere specialista in medicina dello sport e tesserato dalla Federazione), che oggettivo (prevedendo l’attribuzione al medico di ampi poteri ai quali corrisponde una altrettanto ampia responsabilità).

Infine, possono utilmente riprendersi le considerazioni svolte, nel procedimento in esame, dal Tribunale Federale, il quale aveva opportunamente richiamato il protocollo relativo alla ripresa delle attività nel calcio dilettantistico e giovanile. Ivi si specifica espressamente che “ Obbligo del Medico Sociale o del MAP, in caso di positività al test molecolare o antigenico rapido, darne immediata comunicazione (con la collaborazione attiva ’ e della Società) al SISP della ASL competente per territorio e al Medico di medicina generale ’ che rimangono “ope legis ” i responsabili dei procedimenti a tutela della salute individuale e collettiva e dell’attivazione delle procedure di sanità pubblica necessarie”. Come ha osservato il Tribunale e tale obbligo specificatamente riferito al medico sociale nel caso di società di calcio dilettantistico, a maggior ragione si deve ritenere nel caso di una società di calcio professionistico, nella quale sono ancor più delineati ed organizzati ruoli e funzioni (come, del resto, dispone il citato art. 44, comma 2, NOIF).

Peraltro, la CFA non ha neppure considerato il vasto ed articolato modello organizzativo adottato in materia sanitaria dalla società Lazio, la quale, oltre ad avere individuato - come prescritto dall’art. 44 NOIF - un qualificato professionista come medico sociale, ne ha indicato un altro, parimenti qualificato, come Responsabile sanitario; ed inoltre si è avvalsa di una numerosa squadra di medici (i ricorrenti hanno fatto riferimento a “ben diciassette medici” e la circostanza non è stata contestata).

 

4.

Il terzo ed il quarto motivo di ricorso (riportati nella esposizione dello svolgimento del procedimento) possono essere congiuntamente esaminati poiché vertono tutti su uno stesso problema di fondo: se, sussistendo una valida ed efficace attribuzione di funzioni in favore del medico sociale e responsabile sanitario, possa ugualmente ravvisarsi una responsabilità del Presidente della Società a titolo di culpa in eligendo o di culpa in vigilando.

Contrariamente al Tribunale Federale, la Corte d’Appello Federale ha ravvisato tale responsabilità in capo al Presidente reputando che questi sarebbe responsabile a titolo di culpa in eligendo per la scelta dei propri collaboratori, nonché a titolo di culpa in vigilando, poiché, dinanzi all’inerzia dei detti professionisti, avrebbe dovuto personalmente attivarsi.

Su entrambi i punti la decisione della CFA merita di essere annullata, sia pure nei limiti sotto precisati per quanto attiene alla culpa in vigilando.

Quanto al profilo della culpa in eligendo, si deve innanzitutto notare che la decisione impugnata, pur ravvisando un tale titolo di responsabilità, non ha in alcun modo specificato sotto quale profilo la “scelta” dei medici sociali compiuta dalla Lazio (e della quale risponderebbe il suo Presidente) sarebbe censurabile, viziata o inadeguata. È chiaro, infatti, che la culpa in eligendo a carico del preponente non ricorre se il preposto abbia compiuto un errore o una negligenza, bensì se la scelta del preponente possa ritenersi formalmente o sostanzialmente scorretta. Come il ricorrente ha esattamente osservato, è la scelta del preponente, e non l’eventuale errore del preposto, a fondare la responsabilità del primo: secondo questa tesi, non si “risponde” se la scelta è corretta (ad esempio, affidamento dell’incarico ad uno stimato professionista che, tuttavia, eventualmente commette un errore o una negligenza), mentre si “risponde” solo qualora l’incarico venga affidato a soggetti palesemente privi delle competenze tecniche per svolgere l’incarico in questione. Orbene, nel caso in esame, occorre considerare che la Lazio si è affidata a professionisti qualificati - medici sportivi - muniti di determinate competenze e un alto grado di specializzazione. E quanto maggiori sono le competenze che un soggetto per legge deve possedere per svolgere il proprio ruolo in termini di qualificazione professionale, tanto maggiore è l’aspettativa che l’ordinamento giuridico ha nei confronti di tale soggetto.

Ne segue che nessuna culpa in eligendo - nella individuazione dei medici sociali - può essere ascritta né alla Lazio, né al dott. Lotito.

Discorso (parzialmente) analogo vale anche per la culpa in vigilando, la quale va necessariamente ad attenuarsi nel momento in cui l’impegno dovuto dal preposto diventa altamente tecnico e specialistico, e dunque, per dirla nei termini di parte ricorrente, “inesigibile” da parte di un preponente non tecnico, almeno per quanto riguarda tutte le incombenze (e tra queste le segnalazioni) di carattere specificamente sanitario. Si consideri, infatti, che i mancati adempimenti contestati al Presidente, come si è visto, sono - in gran parte - attività che presentano aspetti tecnici (e richiedono professionalità) che sono di specifica competenza dello staff medico.

Le considerazioni che precedono consentono, dunque, di escludere la ravvisabilità di una culpa in vigilando da parte del Presidente della Società dott. Lotito in relazione a quelle che erano le specifiche funzioni proprie di carattere sanitario rimesse al medico sociale e al suo staff, ma non possono avere il medesimo effetto escludente con riguardo alle condotte indicate alle lett. e) ed f) dell’atto di deferimento (“per non avere sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento in caso di asintomaticità, … il calciatore Ciro Immobile, il quale è stato utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020….”;

“ per non avere sottoposto al periodo di isolamento , … il calciatore Djavan Anderson, e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta gara ’ Lazio - Juventus dell'8 novembre 2020” . Tali condotte possono assumere rilevanza disciplinare, non già in riferimento alle segnalazioni eventualmente dovute o all’omessa prescrizione della quarantena, ma con specifico e limitato riferimento all’impiego dei giocatori risultati positivi.

Mentre al Presidente certamente non potrebbe ascriversi alcuna responsabilità in relazione alla mancata prescrizione della quarantena o in relazione alla mancata comunicazione alla ASL dei nominativi dei contatti stretti, viceversa a suo carico può assumere rilevanza una negligenza consistente nell’a ere consentito a un giocatore risultato positivo (sia pure ad un solo tampone) di accedere nei locali della società sportiva e di scendere in campo.

Un principio di precauzione esigibile anche da parte di chi non abbia una specifica competenza medica avrebbe imposto - pur nell’in ertezza e nella contraddittorietà degli esiti dei controlli eseguiti - di evitare l’ingresso in campo di un calciatore risultato positivo ad uno dei test eseguiti. Peraltro, nella valutazione del grado di gravità di tale negligenza si dovrà tenere conto delle considerazioni che saranno esposte nell’e ame dei motivi che seguono.

Pertanto, devono essere accolti il terzo ed il quarto motivo di ricorso (quest’ultimo nei limiti sopra precisati).

 

5.

Con il quinto motivo, i ricorrenti hanno dedotto un <<Omesso esame di un fatto decisivo; motivazione apparente” lamentando, per un verso, la mancata analisi, da parte della CFA, dei pareri medici, ritualmente prodotti, dei proff. Pregliasco, Bondanini, Rossi; per altro verso, la rilevanza attribuita al patteggiamento con il quale il dott. Lotito, in passato, aveva definito altra contestazione.

Rimanendo nei limiti delle sue competenze, questo Collegio non intende sindacare i fatti o valutare la concludenza dei detti pareri, ma deve censurare il mancato esame - almeno per quanto è dato di ricavare dalla motivazione della decisione impugnata - di documenti astrattamente idonei a condurre ad una diversa valutazione di merito in ordine alla responsabilità del dott. Lotito.

La novità e la natura essenzialmente tecnica delle questioni oggetto del presente giudizio - in particolare la questione relativa alla affidabilità e alla contraddittorietà dei test eseguiti con riguardo al calciatore Immobile - imponevano alla CFA di prendere puntualmente in esame i pareri, ritualmente acquisiti agli atti, di autorevoli esperti in ordine alla idoneità della condotta tenuta dai dott. Pulcini e Rodia a soddisfare le previsioni di una normativa nella quale si riflettevano le incertezze scientifiche e mediche del momento. La valutazione della rilevanza e della concludenza di tali pareri spetta al Giudice di merito, con giudizio da compiere in totale autonomia, ma tale esame - quale che sia il suo esito - non può essere omesso.

Parimenti censurabile risulta essere la decisione impugnata laddove arbitrariamente equipara il patteggiamento compiuto in precedenza, in altra vicenda, dal dott. Lotito ad una “accettazione” della costruzione accusatoria; traendone indebitamente argomento ai fini della determinazione della misura della sanzione.

 

6.

L’accoglimento dei motivi di ricorso sopra indicati, nei limiti già precisati, comporta l’accoglimento in corrispondente misura del sesto motivo di ricorso, nel quale si deduce una “Violazione dei principi sulla gradualità della pena”. Anche qui, ovviamente, non si tratta in questa sede di procedere ad una rideterminazione della misura della sanzione - compito che spetta al Giudice del merito - ma di riaffermare la necessità di una rinnovata valutazione della misura della sanzione, tenendo conto dei profili di responsabilità ritenuti insussistenti da parte di questo Collegio (con riguardo alla non necessarietà di una espressa e specifica delega di funzioni al medico sociale; alla non ravvisabilità di culpa in eligendo e di culpa in vigilando, nei limiti già indicati) e della ritenuta necessità di prendere in considerazione i pareri dei tre esperti, prodotti dai ricorrenti. Inoltre, dovrà essere riconosciuto adeguato rilievo alla circostanza che le condotte censurate si riferiscono a fatti verificatisi nei primi mesi di applicazione della complessa normativa anti-covid, con tutte le incertezze interpretative ed applicative a questa connesse.

Tale rinnovata valutazione, demandata alla CFA, dovrà essere compiuta sia con riguardo alla posizione del ricorrente dott. Lotito, che a quella della Lazio.

 

7.

In conclusione, il ricorso merita di essere accolto relativamente ai motivi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, nei limiti sopra precisati; e il procedimento deve essere rinviato alla CFA perché questa rinnovi la sua valutazione dei fatti e proceda alla conseguente determinazione della sanzione - sia con riguardo alla posizione del ricorrente dott. Lotito, che alla ricorrente Lazio - tenendo conto dei profili di responsabilità ritenuti insussistenti da parte di questo Collegio e della ritenuta necessità di prendere in considerazione i pareri dei tre esperti, prodotti dai ricorrenti, salva ogni valutazione di merito degli stessi.

La novità e la complessità delle questioni trattate comporta la compensazione delle spese.

 

PQM

Il Collegio di Garanzia dello Sport

Sezioni Unite

 

Respinge il primo motivo di ricorso.

Accoglie i motivi di ricorso secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto rinvia alla Corte Federale d’Appello della FIGC ai fini della nuova valutazione della misura della sanzione.

Spese compensate.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 7 settembre 2021.

Il Presidente                   Il Relatore

F.to Franco Frattini        F.to Attilio Zimatore

 

Depositato in Roma, in data 29 settembre 2021.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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