C.R. TOSCANA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2017/2018 – figc-crt.org – atto non ufficiale – CU N. 51 del 24/03/2018 – Delibera – Reclamo proposto dall’A.S.D. Calcio Pestello, in riferimento al provvedimento con il quale il G.S.T. presso la delegazione Provinciale di Arezzo ha disposto la ripetizione della gara Monsigliolo A.S.D. / A.S.D. Calcio Pestello, disputata e sospesa in data 4.2.2018. (C.U. n. 34 del 7.2.2018).

Reclamo proposto dall’A.S.D. Calcio Pestello, in riferimento al provvedimento con il quale il G.S.T. presso la delegazione Provinciale di Arezzo ha disposto la ripetizione della gara Monsigliolo A.S.D. / A.S.D. Calcio Pestello, disputata e sospesa in data 4.2.2018. (C.U. n. 34 del 7.2.2018).

In data 14 marzo u.s. questa Corte, rilevato che ad un preannuncio di reclamo, inoltrato a mezzo p.e.c. all’indirizzo crtoscana@pec-legal.itedavente come destinatari il Comitato Regionale Toscana e la Corte Sportiva di Appello Territoriale, non aveva fatto seguito alcun reclamo, decideva per l’inammissibilità dell’atto pubblicando il provvedimento con il C.U. n. 48 del 16 c.m. Successivamente, il giorno 19 c.m., è stato qui recapitato il reclamo, tempestivamente inviato, in data 14.2.c.a. alle ore 13,41, dalla Società Calcio Pestello sempre via p.e.c. e sempre all’indirizzo precedente di cui è titolare il C.R.T. e non la C.A.S.T. della Toscana la quale è esclusivamente in possesso di: - un recapito postale, in via d’Annunzio 138 – 50135 – Firenze, al quale inviare le lettere raccomandate: - un proprio indirizzo di posta elettronica così individuato cdt@figc-crt.org. La Corte, rilevato che: - si è trattato di un disguido nella trasmissione degli atti dovuto alla evidente inesistenza del possesso di una casella di posta elettronica da parte propria; - il reclamo è stato recapitato ad un indirizzo diverso da quello dell’effettivo destinatario; ritiene, in applicazione del principio della conservazione degli atti costantemente affermato dalla Corte di Cassazione sia in materia civile che amministrativa e tributaria, di poter procedere all’esame del gravame dichiarando priva di efficacia la precedente delibera. Deve comunque, a beneficio della reclamante e di tutte le Società del C.R.T. precisare quanto segue. Il C.G.S. è composto da un insieme di norme che regolano, sotto il profilo disciplinare, l’attività degli Enti e dei Tesserati della F.I.G.C.. Si osserva “in primis”che in materia di “Norme generali del procedimento”, l’art. 33, al comma 5, stabilisce che “i reclami ed i ricorsi……devono essere trasmessi ...agli Organi competenti con le modalità e nei termini fissati dall’art.38…..” Oltre tali disposizioni, valide per tutte le componenti federali, i provvedimenti disciplinari cui sono sottoposte le società dilettantistiche e giovanili vengono specificatamente ed espressamente regolamentate, nel Titolo III, dagli articoli da 44 a 46 denominati “La disciplina sportiva in ambito regionale della L.N.D…..” ed è a dette norme che debbono uniformarsi sia le Società che gli Organi della Giustizia sportiva. L’articolo 46 del C.G.S., nell’indicare le procedure da seguire nel caso di ricorsi avverso l’esito delle gare, stabilisce due iter diversi a seconda che si tratti di ricorso al G.S.T. o reclamo alla C.A.S.T. in opposizione al primo. Infatti mentre per il ricorso al G.S. è necessario – secondo quanto disposto dal c.1 dell’articolo 46 – l’invio di un preannuncio, entro le ventiquattr’ore ore successive allo svolgimento della gara, per quanto riguarda il reclamo a questa Corte questo deve essere inoltrato entro sette giorni dalla pubblicazione dell’impugnanda decisione sul C.U. di competenza (comma 4).

Pertanto il preannuncio trasmesso, peraltro, erroneamente al C.R.T. ha indubbiamente contribuito a causare il disguido di cui in premessa. Rileva ancora la Corte come il medesimo art. 46 richiama espressamente, in tema di notifiche e comunicazioni, quanto disposto dalla norma di carattere generale recata dall’art. 38 del C.G.S. il quale prevede al comma 7, nell’ordine, che “Tutti gli atti previsti dal presente Codice possono essere comunicati a mezzo di corriere o posta celere con avviso di ricevimento, telegramma, telefax o posta elettronica certificata, a condizione che sia garantita e provabile la ricezione degli stessi da parte dei destinatari.” E’ di tutta evidenza che l’uso della p.e.c. possa avvenire solo nel caso in cui questa esista e sia stata attivata, per cui, non essendo la C.A.S.T. della Toscana dotata di un indirizzo di posta certificata, gli unici modi a disposizione di chi intenda impugnare le decisioni del G.S.T. sono: il corriere, la posta celere con avviso di ricevimento (raccomandata), il telegramma ed il telefax. Fatta questa precisazione e passando al merito del reclamo il Collegio dà atto che all’odierna udienza è presente, per espressa formale richiesta di audizione, il rappresentante della Società reclamante nella persona del rappresentante della società sig. Matteo Monnanni, il quale, avuta lettura del supplemento con il quale il D.G. ha confermato quanto già indicato sul rapporto di gara, si è riportato integralmente alle argomentazioni svolte con il reclamo ed alle relative conclusioni che sono state così formulate: - annullamento della decisione di I grado; - applicazione, nei confronti della Società Monsigliolo A.S.D., di quanto disposto dall’art. 17 del C.G.S., ovvero punizione sportiva della perdita della gara per 0 – 3. In sede di decisione la Corte, rilevato che la reclamante ha dato prova di aver inviato a mezzo fax, copia del reclamo proposto alla controparte e che questa non ha svolto alcuna attività, osserva come il reclamo sia essenzialmente fondato sull’avvenuta espulsione sia del Capitano e, successivamente, del vice Capitano, unici soggetti deputati a collaborare con il D.G. al fine di ripristinare l’ordine in campo e che, inoltre, il comportamento del Capitano ha indotto gli altri componenti della squadra ad avanzare verso di lui circondandolo e costringendolo ad indietreggiare di circa 30 metri. Tale comportamento, unito al ”successivo tentativo di avere un contatto fisico con lo stesso prendendolo per i polsi e per le spalle …” avrebbe compromesso la serenità e l’indipendenza dell’Arbitro. Siffatte situazioni hanno indotto, sempre a parere della reclamante, l’Arbitro ad applicare quanto disposto dall’art. 64, c. 2, delle N.O.I.F. che riconosce all’Arbitro la facoltà di astenersi dal proseguire la gara quando si verifichino fatti, che a suo giudizio, siano pregiudizievoli della sua incolumità o di quella degli assistenti e dei calciatori. Chiuso il dibattimento la Corte, esaminati tutti gli atti, ritiene che il reclamo debba essere respinto, così motivando. Con il reclamo proposto viene in sostanza richiesta l’applicazione nei confronti della Società Monsigliolo A.S.D. della punizione sportiva della perdita della gara rispondendo essa del comportamento dei vari tesserati (Calciatori e Dirigenti). Questa Corte ha avuto più volte occasione di pronunciarsi sulla fattispecie dovendo sempre rilevare che tale addebito può e deve trovare applicazione ogni qual volta si manifestino situazioni di pericolo, ancor più di violenza, a carico degli Ufficiali di gara, dei Calciatori e del pubblico che comportino la necessità assoluta ed oggettiva di interrompere l’incontro. Esaminiamo cosa in effetti è accaduto nel corso della gara in esame. A seguito di una decisione tecnica assunta dal D.G., i Calciatori della Società Monsigliolo si sono portati verso l’Arbitro che, per sua stessa ammissione – vedasi rapporto di gara alla voce: Calciatori espulsi – ha indietreggiato per trenta metri (distanza descritta, forse, in maniera eccessiva) senza però che vi fosse alcun contatto dato che il D.G. indietreggiava solo perché “…la loro pressione non mi consentiva di mantenere la distanza”. Nel contempo veniva raggiunto dal Calciatore Miniati che ”..mi afferrava stringendomi entrambi i polsi senza però procurarmi dolore…”. Si alzavano quindi i Tesserati sedenti in panchina che avanzavano verso di lui protestando ed uno di essi (Calzini) che da dietro “…richiamava la mia attenzione afferrandomi per le spalle senza procurarmi dolore e mi diceva: arbitro sei un demente, hai rovinato questa partita, guarda cosa hai creato”. A questo punto l’Arbitro (preoccupato per la sua incolumità) dopo aver chiamato i Carabinieri è sceso negli spogliatoi comunicando ai propri Organi Tecnici presenti la decisione di sospendere la gara, i quali, da soli, comunicavano la decisione del D.G. alle due squadre. Dall’esame del rapporto – al di là dei comportamenti appena descritti e di alcune offese rivoltegli da un Dirigente – non emerge alcun atto di violenza nei confronti del D.G. se non quelli, del tutto privi di conseguenze, dei Calciatori sopra indicati né, tantomeno, essi si sono verificati tra tutti gli altri tesserati presenti sul campo determinando la situazione di pericolo richiesta dall’art. 64 più volte richiamato. Tutti i comportamenti rilevati sono stati dal G.S.T.,la cui decisione qui si impugna, puniti con sanzioni la cui entità non è sottoposta al vaglio della Corte.

Dal rapporto di gara non si rileva, inoltre, alcun comportamento anomalo da parte del pubblico della Società ospitante a carico del quale non vengono neanche indicate le ormai consuete offese o proteste. Infine nessun provvedimento di espulsione è stato notificato per tentare di riportare la calma. Non ricorrono pertanto, a parere della Corte, gli invocati requisiti previsti dall’ art. 64, comma 2, delle N.O.I.F., dovendosi ricordare come compito precipuo dell’Arbitro sia quello di portare a termine la gara chiamato a dirigere, una volta avviata, avvalendosi non solo delle cognizioni tecniche necessarie ma anche di alcune qualità caratteriali quali l’autorevolezza e la tranquillità d’animo con le quali può e deve dominare tutti gli eventi che, inevitabilmente, sorgono nel corso di una gara di calcio. P .Q .M . la C.A.S.T. respinge il reclamo confermando la decisione impugnata e dispone affinché la tassa sia acquisita.

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