CORTE DI GIUSTIZIA – SENTENZA DEL 18/07/2013 – causa C‑201/11 P – UEFA / Commissione europea / Regno del Belgio e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

ECLI:EU:C:2013:519

 

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

18 luglio 2013 (*)

«Impugnazione – Diffusione radiotelevisiva – Direttiva 89/552/CEE – Articolo 3 bis – Misure adottate dal Regno Unito relativamente agli eventi di particolare rilevanza per la società di tale Stato membro – Campionato europeo di calcio – Decisione che dichiara le misure compatibili con il diritto dell’Unione – Motivazione – Articoli 49 CE e 86 CE – Diritto di proprietà»

Nella causa C‑201/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 27 aprile 2011,

Union des associations européennes de football (UEFA), rappresentata da D. Anderson, QC, e D. Piccinin, barrister, su mandato di B. Keane e T. McQuail, solicitors,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da E. Montaguti, N. Yerrell e A. Dawes, in qualità di agenti, assistiti da M. Gray, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Regno del Belgio,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da L. Seeboruth e J. Beeko, in qualità di agenti, assistiti da T. de la Mare, barrister,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, facente funzione di presidente della Terza Sezione, K. Lenaerts, E. Juhász, J. Malenovský (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 dicembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, l’Union des associations européennes de football (UEFA) chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 febbraio 2011, UEFA/Commissione (T‑55/08, Racc. pag. II‑271; in prosieguo: la «sentenza impugnata), con cui quest’ultimo ha respinto la sua domanda di annullamento parziale della decisione 2007/730/CE della Commissione, del 16 ottobre 2007, sulla compatibilità con il diritto comunitario delle misure adottate dal Regno Unito a norma dell’articolo 3 bis, paragrafo 1, della direttiva 89/552/CEE del Consiglio, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 295, pag. 12: in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        La direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva 89/552»), conteneva l’articolo 3 bis, inserito da quest’ultima direttiva, il quale disponeva:

«1.      Ciascuno Stato membro può prendere le misure compatibili con il diritto comunitario volte ad assicurare che le emittenti televisive soggette alla sua giurisdizione non trasmettano in esclusiva eventi che esso considera di particolare rilevanza per la società, in modo da privare una parte importante del pubblico dello Stato membro della possibilità di seguire i suddetti eventi in diretta o in differita su canali liberamente accessibili. In tale caso, lo Stato membro interessato redige un elenco di eventi, nazionali e non, che considera di particolare rilevanza per la società. Esso redige tale elenco in modo chiaro e trasparente e in tempo utile. Inoltre, lo Stato membro determina se tali eventi debbano essere disponibili in diretta integrale o parziale o, laddove ciò risulti necessario o opportuno per ragioni obiettive nel pubblico interesse, in differita integrale o parziale.

2.      Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione le misure che hanno adottato o che intendono adottare ai sensi del paragrafo 1. Entro tre mesi dalla notifica la Commissione verifica che tali misure siano compatibili con il diritto comunitario e le comunica agli altri Stati membri. La Commissione consulta il comitato di cui all’articolo 23 bis. Essa pubblica immediatamente nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee le misure prese e, almeno una volta all’anno, l’elenco consolidato di tutte le misure adottate dagli Stati membri.

3.      Gli Stati membri fanno sì, con mezzi adeguati, nel quadro della loro legislazione, che le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione non esercitino i diritti esclusivi acquistati dopo la data di pubblicazione della presente direttiva in modo da privare una parte importante del pubblico di un altro Stato membro della possibilità di seguire su di un canale liberamente accessibile, (...) in diretta integrale o parziale o, laddove ciò risulti necessario o opportuno per ragioni obiettive nel pubblico interesse, in differita integrale o parziale secondo quanto stabilito da tale altro Stato membro a norma del paragrafo 1, gli eventi che lo Stato medesimo ha indicato ai sensi dei paragrafi precedenti».

3        I considerando da 18 a 22 della direttiva 97/36 erano formulati nei seguenti termini:

«(18) considerando che è essenziale che gli Stati membri siano in grado di adottare misure volte a proteggere il diritto all’informazione e ad assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi, nazionali e non, di particolare rilevanza per la società, quali i giochi olimpici, il campionato del mondo di calcio e il campionato europeo di calcio [in prosieguo: l’“EURO”]; che a tal fine gli Stati membri mantengono il diritto di prendere misure, compatibili con il diritto comunitario, volte a regolare l’esercizio, da parte delle emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione, dei diritti esclusivi di trasmissione di tali eventi;

(19)      considerando che occorre prendere le disposizioni necessarie, in ambito comunitario, al fine di evitare un’eventuale incertezza giuridica e distorsioni del mercato e di conciliare la libera circolazione dei servizi televisivi con la necessità di prevenire possibili elusioni delle misure nazionali destinate a proteggere un legittimo interesse generale;

(20)      considerando, in particolare, che è opportuno stabilire nella presente direttiva disposizioni relative all’esercizio, da parte delle emittenti televisive, di diritti esclusivi che esse possono aver acquistato per la trasmissione di eventi ritenuti di particolare rilevanza per la società in uno Stato membro diverso da quello alla cui giurisdizione sono soggette; (...)

(21)      considerando che, ai fini della presente direttiva, gli eventi di “particolare rilevanza per la società” devono rispondere a determinati criteri, ossia essere eventi di straordinaria importanza che presentano interesse per il pubblico in generale nell’Unione europea o in un determinato Stato membro o in una (…) componente significativa di uno Stato membro e sono organizzati in anticipo da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi a tali eventi;

(22)      considerando che, ai fini della presente direttiva, per “canale liberamente accessibile” si intende la trasmissione su un canale pubblico o commerciale di programmi accessibili al pubblico senza pagamento supplementare rispetto alle modalità di finanziamento delle trasmissioni televisive ampiamente prevalenti in ciascuno Stato membro (quali il canone e/o l’abbonamento base ad una rete via cavo)».

 Fatti

4        I fatti della controversia sono esposti nei seguenti termini ai punti da 5 a 15 della sentenza impugnata:

«5      L’[UEFA] è l’organismo di direzione del calcio europeo. Suo obiettivo principale è quello di vigilare sullo sviluppo del calcio europeo[, ed essa] provvede ad organizzare un certo numero di competizioni internazionali di calcio tra cui la fase finale del campionato europeo di calcio (in prosieguo: [la “fase finale dell’EURO”]), nell’ambito [della] quale ogni quattro anni si affrontano 16 squadre nazionali nel corso di 31 partite complessivamente. Essa sarebbe in grado di promuovere lo sviluppo del calcio europeo grazie ai ricavi derivanti dalla vendita dei diritti commerciali connessi a dette competizioni. In tale ambito, l’UEFA afferma che il 64% dei ricavi provenienti dalla vendita dei diritti commerciali relativi [alla fase finale dell’]EURO derivano dalla cessione dei diritti di trasmissione televisiva delle partite.

6      Con decisione 25 giugno 1998 il Ministro della Cultura, dei Mezzi d’informazione e dello Sport del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (in prosieguo: il “Ministro”) ha redatto, in forza della sezione IV del Broadcasting Act 1996 (legge del 1996 sulle trasmissioni televisive), un elenco di eventi di particolare rilevanza per la società del Regno Unito, in cui era compres[a] [la fase finale dell’]EURO.

7      L’adozione di tale elenco è stata preceduta dalla consultazione di 42 organismi diversi avviata dal Ministro nel luglio [1997] in merito ai criteri in base ai quali doveva essere valutata la rilevanza dei vari eventi per la società del Regno Unito. Tale procedura è sfociata nell’adozione di un elenco di criteri contenuto in un documento del Ministero della Cultura, dei Mezzi d’informazione e dello Sport del novembre 1997, che il Ministro avrebbe dovuto applicare ai fini della predisposizione dell’elenco degli eventi di particolare rilevanza per la società del Regno Unito. Sulla scorta di tale documento un evento può essere menzionato nell’elenco, segnatamente, quando ha spiccata rilevanza generale a livello nazionale e non soltanto tra coloro che seguono di norma la disciplina sportiva in questione. Ai sensi dello stesso documento, è sussumibile in tale nozione un evento sportivo nazionale o internazionale di carattere preminente o in cui è coinvolta la squadra nazionale o partecipano atleti del Regno Unito. Tra gli eventi conformi a tali requisiti, quelli che attirano numerosi telespettatori o che sono tradizionalmente trasmessi in diretta su canali televisivi gratuiti avrebbero maggiori possibilità di comparire nell’elenco. Inoltre, nella propria valutazione il Ministro dovrebbe altresì tener conto di altri fattori relativi alle conseguenze per lo sport interessato, quali l’opportunità di offrire una trasmissione in diretta di un evento nel suo complesso, l’impatto sui guadagni nel settore sportivo in questione, le conseguenze per il mercato della radiodiffusione e la sussistenza di circostanze che garantiscono l’accesso [all’evento attraverso la sua copertura televisiva o radiofonica in differita].

8      Il Ministro ha quindi avviato, in conformità all’art. 97 del Broadcasting Act 1996, una procedura di consultazione relativa agli specifici eventi da inserire nell’elenco. Nell’ambito di tale consultazione, il Ministro ha sollecitato il parere di vari organismi e operatori interessati nonché dei titolari dei diritti di trasmissione televisiva quali l’UEFA. Inoltre, un comitato consultivo istituito dal Ministro e denominato “Advisory Group on listed events” (Gruppo consultivo sugli eventi iscritti nell’elenco) ha reso il proprio parere sugli eventi da menzionare proponendo, per quanto riguarda [la fase finale dell’]EURO, l’iscrizione della finale, delle semifinali e delle partite in cui sono coinvolte le squadre nazionali del Regno Unito.

9      In forza dell’art. 98 del Broadcasting Act 1996, nel testo di cui ai [Television] Broadcasting Regulations 2000 (Regolamenti del 2000 sulle trasmissioni televisive), gli organismi di [radiodiffusione] televisiva sono suddivisi in due categorie. La prima categoria include gli organismi che forniscono un servizio gratuito che, per di più, possa essere ricevuto almeno dal 95% della popolazione del Regno Unito [in prosieguo: le “emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili”]. La seconda categoria include gli organismi che non rispondono a tali requisiti [ed include, in particolare, le emittenti che gestiscono canali a pagamento].

10      Inoltre, in forza dell’art. 101 del Broadcasting Act 1996, nel testo di cui ai Television Broadcasting Regulations 2000, un fornitore di programmi televisivi appartenente ad una delle suddette categorie può trasmettere in diretta la totalità o parte di un evento inserito nell’elenco solo qualora un fornitore dell’altra categoria abbia acquisito il diritto di trasmettere in diretta l’intero evento o detta parte del medesimo evento nella stessa, o sostanzialmente la stessa, area. Ove tale condizione non sia soddisfatta, l’organismo che desidera trasmettere in diretta l’intero evento o parte dell’evento in questione deve ottenere la previa autorizzazione dell’Office of Communications (Ufficio delle comunicazioni).

11      Ai sensi dell’art. 3 del Code on Sports and Other Listed and Designated Events (Codice relativo agli eventi sportivi e ad altri eventi inseriti nell’elenco), nella versione in vigore nel 2000, gli eventi iscritti nell’elenco degli eventi di particolare rilevanza per la società sono suddivisi in due gruppi. Il “gruppo A” include gli eventi che non possono essere trasmessi in diretta in esclusiva in difetto di talune condizioni. Il “gruppo B” include gli eventi che possono essere trasmessi in diretta in esclusiva solo se sono state adottate disposizioni per garantirne la trasmissione in differita.

12      A norma dell’art. 13 del Code on Sports and Other Listed and Designated Events, l’Office of Communications può accordare un’autorizzazione per gli eventi appartenenti al “gruppo A” dell’elenco, del quale fa parte [la fase finale dell’]EURO, qualora i relativi diritti di trasmissione siano stati pubblicamente offerti secondo condizioni eque e ragionevoli agli organismi di [radiodiffusione] televisiva, senza che un organismo dell’altra categoria abbia manifestato il proprio interesse all’acquisto.

13      Con lettera del 25 settembre 1998 il Regno Unito ha trasmesso alla Commissione delle Comunità europee, ai sensi dell’art. 3 bis, n. 2, della direttiva 89/552, l’elenco degli eventi predisposto dal Ministro. A seguito di uno scambio di comunicazioni tra il Regno Unito e la Commissione e di una nuova notificazione delle misure avvenuta il 5 maggio 2000, il direttore generale della direzione generale (DG) “[Istruzione] e cultura” della Commissione ha informato il Regno Unito, con lettera del 28 luglio 2000, che la Commissione non sollevava obiezioni sulle misure adottate da tale Stato membro, che sarebbero state pertanto oggetto di prossima pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

14      Con sentenza 15 dicembre 2005, causa T‑33/01, Infront WM/Commissione (Racc. pag. II‑5897), il Tribunale ha annullato la decisione contenuta nella lettera del 28 luglio 2000, in quanto essa configurava una decisione ai sensi dell’art. 249 CE, che avrebbe dovuto essere adottata dallo stesso collegio dei membri della Commissione (…).

15      In attuazione della [suddetta sentenza], la Commissione ha adottato la [decisione controversa]».

 La decisione controversa

5        L’articolo 1 della decisione controversa così dispone:

«Le misure adottate ai sensi dell’articolo 3 bis, paragrafo 1, della [direttiva 89/552] e notificate dal Regno Unito alla Commissione il 5 maggio 2000, pubblicate nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 328 del 18 novembre 2000, sono compatibili con il diritto comunitario».

6        Ai sensi del suo articolo 3, detta decisione «si applica a decorrere dal 18 novembre 2000».

7        I punti da 3 a 6, da 18 a 21 nonché 24 e 25 della decisione controversa così recitano:

«(3)      Nel corso della verifica la Commissione ha tenuto conto dei dati disponibili sul panorama audiovisivo britannico.

(4)      L’elenco degli eventi di particolare rilevanza per la società incluso nelle misure adottate dal Regno Unito è stato redatto in modo chiaro e trasparente, e nel Regno Unito è stata avviata una consultazione di ampio respiro.

(5)      La Commissione ha constatato che gli eventi elencati nelle misure adottate dal Regno Unito rispettano almeno due dei criteri indicati qui di seguito, ritenuti indicatori affidabili dell’importanza che gli eventi hanno per la società: i) una spiccata rilevanza generale nello Stato membro interessato, e non semplicemente un significato per coloro che seguono abitualmente lo sport o l’attività in questione; ii) una specifica importanza culturale, ampiamente riconosciuta, per la popolazione dello Stato membro, in particolare come evento catalizzatore dell’identità culturale; iii) la partecipazione della squadra nazionale all’evento nell’ambito di una gara o di un torneo di importanza internazionale; iv) il fatto che l’evento è tradizionalmente trasmesso dalla televisione gratuita e attira un grande numero di telespettatori.

(6)      Numerosi eventi fra quelli elencati nelle misure adottate dal Regno Unito, compresi i Giochi olimpici estivi e invernali, nonché le finali dei campionati mondiali [e le fasi finali dell’EURO], rientrano nella categoria di eventi tradizionalmente considerati di particolare rilevanza per la società, come indicato esplicitamente nel considerando 18 della direttiva [97/36]. Questi eventi hanno una spiccata rilevanza generale nel Regno Unito nel loro insieme, essendo particolarmente seguiti dal pubblico in generale (indipendentemente dalla nazionalità dei partecipanti), e non solo dal pubblico che segue abitualmente gli eventi sportivi.

(…)

(18)      Gli eventi elencati, compresi quelli da considerare nel loro insieme e non come una serie di singoli eventi, sono tradizionalmente trasmessi da canali televisivi gratuiti e attirano numerosi telespettatori. Quando, in casi eccezionali, ciò non è avvenuto (come per le partite della Coppa del mondo di cricket elencate), l’elenco è limitato (includendo finali, semifinali e partite che vedono la partecipazione delle squadre nazionali), e pertanto per gli eventi in questione risultano sufficienti forme adeguate di ritrasmissione, e in ogni caso soddisfa due dei criteri considerati indicatori affidabili dell’importanza dell’evento (considerando 13).

(19)      Le misure adottate dal Regno Unito risultano proporzionate a giustificare una deroga al principio fondamentale, sancito dal Trattato CE, della libera prestazione di servizi sulla base di un motivo imperativo di pubblico interesse, che è quello di assicurare l’ampio accesso dei telespettatori alla trasmissione di eventi di particolare importanza per la società.

(20)      Le misure adottate dal Regno Unito sono compatibili con le regole comunitarie di concorrenza [della Comunità europea] in quanto la definizione degli organismi di radiodiffusione televisiva abilitati a trasmettere gli eventi elencati è basata su criteri oggettivi che permettono una concorrenza effettiva e potenziale per l’acquisizione dei diritti di trasmissione di tali eventi. Inoltre il numero degli eventi citati non è sproporzionatamente elevato e tale da creare distorsione della concorrenza sui mercati a valle della televisione gratuita e della televisione a pagamento.

(21)      A rafforzare la proporzionalità delle misure adottate dal Regno Unito è il fatto che un certo numero di eventi fra quelli elencati richiede soltanto forme adeguate di ritrasmissione.

(…)

(24)      In base alla sentenza del Tribunale di primo grado nella [citata causa Infront WM/Commissione], la dichiarazione che le misure adottate a norma dell’articolo 3 bis, paragrafo 1, della [direttiva 89/552] sono compatibili con il diritto comunitario costituisce una decisione che deve pertanto essere adottata dalla Commissione. Di conseguenza è necessario dichiarare con la presente decisione che le misure notificate dal Regno Unito sono compatibili con il diritto comunitario. Le misure, elencate nell’allegato della presente decisione, devono essere pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea a norma dell’articolo 3 bis, paragrafo 2, della [direttiva 89/552].

(25)      Per garantire la certezza del diritto la presente decisione dovrà applicarsi dalla data della prima pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, delle misure notificate dal Regno Unito».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

8        Per giustificare la sua domanda di parziale annullamento della decisione controversa, l’UEFA ha sollevato dinanzi al Tribunale otto motivi. Con la sentenza impugnata, quest’ultimo ha respinto ciascuno di tali motivi e ha rigettato il ricorso in toto. Esso ha inoltre respinto una domanda di misure di organizzazione del procedimento con cui l’UEFA chiedeva al Tribunale di invitare la Commissione a produrre una serie di documenti.

 Sull’impugnazione

9        Nel contesto della sua impugnazione l’UEFA solleva, in sostanza, sette motivi, vertenti, in primo luogo, su errori di diritto e di valutazione inerenti alla condizione della chiarezza e della trasparenza; in secondo luogo, su errori di diritto e di valutazione inerenti alla qualificazione della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza per la società del Regno Unito; in terzo luogo, su errori di diritto nell’applicazione delle disposizioni del Trattato in materia di imprese pubbliche e di imprese cui gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi; in quarto luogo, su errori di diritto nell’applicazione di altre disposizioni del Trattato relative alla concorrenza; in quinto luogo, su errori di diritto nell’applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi e al principio di proporzionalità; in sesto luogo, su errori di diritto nell’applicazione del diritto di proprietà e, in settimo luogo, su errori di diritto inerenti alla motivazione della decisione controversa.

 Osservazioni preliminari

10      In primo luogo, occorre rilevare che il legislatore dell’Unione, attraverso l’articolo 3 bis, paragrafo 1, della direttiva 89/552, ha autorizzato gli Stati membri a qualificare taluni eventi come eventi di particolare rilevanza per la società dello Stato membro interessato (in prosieguo: l’«evento di particolare rilevanza») ed ha pertanto esplicitamente riconosciuto, nell’esercizio del margine di discrezionalità conferitogli dal Trattato, gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi, alla libertà di stabilimento, alla libera concorrenza e al diritto di proprietà che costituiscono un’ineluttabile conseguenza di detta qualificazione. Come emerge dal considerando 18 della direttiva 97/36, il legislatore ha ritenuto che siffatti ostacoli siano giustificati dalla finalità di proteggere il diritto all’informazione e di assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di tali eventi.

11      La Corte ha peraltro già riconosciuto che è legittimo perseguire una siffatta finalità. Essa ha rilevato come la commercializzazione in via esclusiva di eventi di grande interesse pubblico sia tale da poter considerevolmente restringere l’accesso del pubblico all’informazione relativa a tali eventi. Orbene, in una società democratica e pluralista, il diritto all’informazione riveste una particolare importanza, che è ancora più manifesta nel caso di tali eventi (v. sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, punti 51 e 52).

12      In secondo luogo, va precisato che, a norma dell’articolo 3 bis, paragrafo 1, della direttiva 89/552, la determinazione degli eventi di particolare rilevanza spetta unicamente agli Sbtati membri, i quali, sotto questo profilo, godono di un cospicuo margine discrezionale.

13      Piuttosto che armonizzare l’elenco di tali eventi, infatti, la direttiva 89/552 si fonda sulla premessa che, in seno all’Unione, sussistono considerevoli divergenze di ordine sociale e culturale per quanto attiene all’importanza di detti eventi per il pubblico. Di riflesso, l’articolo 3 bis, paragrafo 1, di detta direttiva dispone che ciascuno Stato membro rediga un elenco di eventi «che considera di particolare rilevanza» per la rispettiva società. Anche il considerando 18 della direttiva 97/36 enfatizza tale potere discrezionale degli Stati membri, enunciando che è «essenziale» che essi siano in grado di adottare misure volte a proteggere il diritto all’informazione e ad assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi di particolare rilevanza.

14      La portata di detto potere discrezionale si evince inoltre dalla circostanza che le direttive 89/552 e 97/36 non inquadrano il suo esercizio in uno schema determinato. Infatti, gli unici criteri che esse stabiliscono affinché lo Stato membro interessato possa designare un evento alla stregua di evento di particolare rilevanza sono menzionati nel considerando 21 della direttiva 97/36, secondo il quale si deve trattare di un evento straordinario, che presenta interesse per il pubblico in generale nell’Unione o in un determinato Stato membro o in una componente significativa di uno Stato membro, ed è organizzato in anticipo da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi a tale evento.

15      Alla luce della relativa genericità di questi criteri, è compito di ciascuno Stato membro attribuirgli concretezza e valutare l’interesse degli eventi considerati per il pubblico in generale, tenendo conto delle peculiarità sociali e culturali della sua società.

16      In terzo luogo, occorre rilevare che, in forza dell’articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/552, la Commissione dispone di un potere di controllo sulla legittimità delle misure nazionali volte a individuare gli eventi di particolare rilevanza, che le consente di respingere misure che siano incompatibili con il diritto dell’Unione.

17      Nell’ambito di tale esame, la Commissione è in particolare tenuta a verificare se ricorrano i seguenti requisiti:

–        l’evento in oggetto è inserito nell’elenco previsto dall’articolo 3 bis, paragrafo 1, della direttiva 89/552 secondo una procedura chiara e trasparente e in tempo utile;

–        tale evento può essere legittimamente considerato di particolare rilevanza;

–        la designazione dell’evento come evento di particolare rilevanza è compatibile con i principi generali del diritto dell’Unione, quali i principi di proporzionalità e di non discriminazione, con i diritti fondamentali, con i principi della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento, nonché con le regole della libera concorrenza.

18      Ciò premesso, un potere di controllo di questo genere è limitato, soprattutto per quanto attiene all’esame del secondo e del terzo requisito enunciato al punto precedente.

19      Da una parte, la portata del margine discrezionale degli Stati membri, di cui al punto 12 della presente sentenza, implica che il potere di controllo della Commissione deve limitarsi alla ricerca dei manifesti errori di valutazione in cui sono incorsi gli Stati membri all’atto della designazione degli eventi di particolare rilevanza. Al fine di verificare se sia stato commesso un siffatto errore di valutazione, la Commissione deve quindi, segnatamente, appurare se lo Stato membro coinvolto abbia esaminato, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti del caso di specie sui quali si fondano le conclusioni che ne vengono tratte (v., per analogia, sentenze del 21 novembre 1991, C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14, e del 22 dicembre 2010, Gowan Comércio Internacional e Serviços, C‑77/09, Racc. pag. I‑13533, punti 56 e 57).

20      Dall’altra parte, per quanto attiene più specificamente al terzo requisito menzionato al punto 17 della presente sentenza, non bisogna dimenticare che la legittima designazione di un evento alla stregua di evento di particolare rilevanza comporta ineluttabili ostacoli alla libera prestazione dei servizi, alla libertà di stabilimento, alla libera concorrenza e al diritto di proprietà, che il legislatore dell’Unione ha preso in considerazione e ha ritenuto, come dichiarato al punto 10 della presente sentenza, giustificati dalla finalità di interesse generale di proteggere il diritto all’informazione e di assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva dei predetti eventi.

21      Onde garantire all’articolo 3 bis della direttiva 89/552 un effetto utile, è pertanto necessario dichiarare che, quando un evento è stato legittimamente designato dallo Stato membro interessato come evento di particolare rilevanza, la Commissione è tenuta ad esaminare solamente gli effetti di tale designazione sulla libera circolazione dei servizi, sulla libertà di stabilimento, sulla libera concorrenza e sul diritto di proprietà che vanno oltre agli effetti intrinsecamente connessi all’inserimento di detto evento nell’elenco previsto dal paragrafo 1 di tale articolo 3 bis.

 Sul primo motivo, tratto da errori di diritto e di valutazione relativi alla condizione di chiarezza e di trasparenza

 Argomenti delle parti

22      Il primo motivo riguarda il punto 94 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha statuito che il requisito di chiarezza e di trasparenza posto dall’articolo 3 bis della direttiva 89/552 non ha né l’obiettivo né l’effetto di porre a carico dell’autorità nazionale competente l’obbligo di esporre i motivi per cui essa non ha seguito pareri od osservazioni sottopostile nel corso della procedura di consultazione. L’UEFA afferma che, secondo i dettami di tale requisito, uno Stato membro non può respingere senza la minima spiegazione i consigli concordanti dispensati da numerose parti indipendenti, compresi quelli del gruppo consultivo da esso stesso istituito per essere consigliato nella redazione dell’elenco previsto dal paragrafo 1 di detto articolo 3 bis, nonché i consigli dell’Autorità per la concorrenza, i quali sono stati emessi in merito ad una questione molto rilevante.

23      Il Regno Unito e la Commissione contestano la fondatezza del primo motivo.

 Giudizio della Corte

24      Dal punto 12 della presente sentenza si evince che l’autorità nazionale incaricata di qualificare un evento come di particolare rilevanza gode di un considerevole margine di discrezionalità. Di conseguenza, essa non è tenuta a conformarsi ai pareri dispensati dagli organi consultivi che ha interpellato prima della sua decisione.

25      Per quanto riguarda i motivi per cui la citata autorità non ha accolto i suddetti pareri, è ben vero che, alla stessa stregua di quanto richiesto agli autori di atti dell’Unione (v. sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 166), tale autorità deve indicare le ragioni per cui un evento è stato considerato di particolare rilevanza, in modo da consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni alla base del provvedimento adottato al fine di poter far valere i loro diritti e, dall’altro, alla Commissione ed ai giudici competenti di esercitare il proprio controllo.

26      Tuttavia, diversamente da quanto sostiene l’UEFA, per conseguire questo obiettivo non occorre che tale autorità riveli le specifiche ragioni per cui non ha accolto pareri formulati da taluni organi consultivi, allorché non è tenuta a seguirli. A questo proposito è irrilevante che detti pareri provengano da svariati organi consultivi che condividono lo stesso orientamento.

27      Ciò considerato, occorre respingere il primo motivo in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, relativo a errori di diritto e di valutazione sulla qualificazione della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza

28      Circa la qualificazione della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza, al punto 103 della sentenza impugnata il Tribunale ha svolto il seguente ragionamento:

«(…) non sussiste alcuna valida considerazione che consenta di concludere che, in linea di principio, solo le partite “di gala” e le partite in cui sia coinvolta una squadra nazionale del Regno Unito possano essere così qualificate nei confronti della società di tale Stato membro e, perciò, fare parte di tale elenco. Infatti, [la fase finale dell’]EURO è una competizione che può essere ragionevolmente considerata come un unico evento piuttosto che come una serie di singoli eventi suddivisi in partite “di gala”, in partite [“non di gala”] e in partite in cui sia coinvolta la rispettiva squadra nazionale. A questo proposito è noto che, nell’ambito [della fase finale] dell’EURO, i risultati delle partite [“non di gala”] determinano la sorte delle squadre, cosicché può dipenderne la loro partecipazione a partite “di gala” o a partite cui partecipi la rispettiva squadra nazionale. In tal modo, le partite [“non di gala”] definiscono gli avversari della rispettiva squadra nazionale nelle fasi successive della competizione. Inoltre, i risultati delle partite [“non di gala”] possono addirittura determinare la presenza o l’assenza di tale squadra nazionale nella fase successiva della competizione».

29      Al punto 120 della sentenza impugnata il Tribunale ha statuito quanto segue:

«(…) la menzione [della fase finale] dell’EURO al diciottesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36 implica che la Commissione non può considerare l’iscrizione di partite di tale competizione nell’elenco degli eventi come contraria al diritto comunitario a causa del fatto che lo Stato membro interessato non le abbia comunicato i motivi specifici atti a giustificarne la qualità di eventi di particolare rilevanza per la società (…). Tuttavia, l’eventuale conclusione della Commissione secondo cui l’iscrizione [della fase finale] dell’EURO nel suo complesso in un elenco di eventi di particolare rilevanza (…) è compatibile con il diritto comunitario, in quanto tale competizione è, per le sue caratteristiche, considerata validamente un unico evento, può essere rimessa in discussione in base ad elementi specifici che dimostrino che le partite [“non di gala”] non rivestono una simile rilevanza per la società di tale Stato».

 Argomenti delle parti

30      L’UEFA censura il Tribunale per aver respinto il suo argomento secondo cui la Commissione non era autorizzata a trarre la conclusione che il Regno Unito aveva legittimamente considerato la fase finale dell’EURO, nella sua interezza, come un evento di particolare rilevanza. A suo modo di vedere, tale Stato membro avrebbe potuto designare come evento di quel genere unicamente le partite denominate «di gala», ossia la finale e le semifinali, nonché le partite delle squadre di tale Stato. Pertanto, l’elenco di tali eventi redatto dal Regno Unito non avrebbe dovuto includere le partite dette «non di gala», vale a dire tutte le altre partite di detta fase finale.

31      A questo proposito, con la prima parte del suo secondo motivo l’UEFA sostiene che il Tribunale ha errato nel ritenere che la circostanza che il legislatore dell’Unione abbia meramente menzionato l’EURO, al considerando 18 della direttiva 97/36, produca la conseguenza che la Commissione non era più tenuta ad esigere dagli Stati membri di motivare specificamente la loro decisione di inserire l’intera competizione nell’elenco degli eventi di particolare rilevanza. Tale valutazione, a suo avviso, mira, erroneamente, ad esonerare la Commissione dall’obbligo di verificare se l’evento in oggetto costituisca effettivamente un evento di particolare rilevanza. Il citato considerando fornirebbe unicamente un elenco indicativo del tipo di eventi che potrebbero presentare una rilevanza di tal fatta, cosicché esso non costituirebbe una presunzione che gli eventi in esso annoverati sono di particolare rilevanza.

32      Con la seconda parte di tale motivo, l’UEFA censura il Tribunale per aver fondato numerose sue statuizioni sull’esame di elementi che la Commissione non aveva preso in considerazione.

33      Con la terza parte del medesimo motivo, l’UEFA sostiene che il Tribunale ha svolto tale analisi sulla base di elementi valutati in modo manifestamente errato.

34      Secondo la Commissione, il secondo motivo è parzialmente irricevibile in quanto rimette in discussione la valutazione dei fatti svolta dal Tribunale. Inoltre, tale motivo sarebbe destituito di fondamento. Tale conclusione è condivisa dal Regno Unito.

 Giudizio della Corte

35      Per quanto attiene alla prima parte del secondo motivo, occorre innanzitutto rilevare che, al punto 103 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’EURO è una competizione che può essere ragionevolmente considerata come un evento unico piuttosto che come una serie di singoli eventi suddivisi in partite «di gala», in partite «non di gala» e in partite in cui sia coinvolta la rispettiva squadra nazionale. Peraltro, come emerge dal punto 5 della sentenza impugnata, esso ha inteso la nozione di «campionato europeo di calcio», cui si riferisce il considerando 18 della direttiva 97/36, nel senso che comprende unicamente la fase finale di tale competizione.

36      Tuttavia, né tale considerando né alcun altro elemento delle direttive 85/552 o 97/36 contengono un indizio che consenta di stabilire che i termini «campionato europeo di calcio» attengano esclusivamente alla fase finale di tale competizione. Pertanto, detti termini, in linea di massima, devono abbracciare anche la fase iniziale di tale campionato, ossia tutte le partite di qualificazione. Orbene, è pacifico che le partite di qualificazione anteriori alla fase finale, in linea di massima, non suscitano presso il pubblico di uno Stato membro un interesse paragonabile a quello che il pubblico manifesta in occasione dello svolgimento della fase finale. Solamente talune specifiche partite di qualificazione, soprattutto quelle che coinvolgono la squadra nazionale dello Stato membro interessato o quelle delle altre squadre del girone di qualificazione in cui è inserita quest’ultima squadra, possono infatti suscitare un interesse del genere.

37      Peraltro, non si può ragionevolmente contestare che l’importanza delle partite «di gala», in generale, risulta maggiore rispetto a quella attribuita in linea di massima alle partite della fase finale dell’EURO che le precedono, ossia le partite di selezione nei gironi. Pertanto, non si può affermare a priori che la rilevanza riconosciuta a quest’ultima categoria di partite è equivalente a quella della prima categoria di partite e che, quindi, tutte le partite di selezione nei gironi sono indistintamente considerate parte di un evento unico di particolare rilevanza come le partite «di gala». Di conseguenza, la designazione di ogni partita come evento di particolare rilevanza può differire da uno Stato membro all’altro.

38      Dalle considerazioni che precedono si evince che il legislatore dell’Unione non ha inteso indicare che il «campionato europeo di calcio», ai sensi del considerando 18 della direttiva 97/36, sia limitato alla sua sola fase finale e che esso costituisca un evento unico e indivisibile. Al contrario, l’EURO deve essere considerato un evento in linea di principio divisibile in differenti partite o fasi, non tutte necessariamente qualificabili come evento di particolare rilevanza.

39      Occorre tuttavia precisare che siffatta errata interpretazione, da parte del Tribunale, del considerando 18 della direttiva 97/36, e segnatamente della nozione di EURO, non ha prodotto ripercussioni sulla causa in esame.

40      Per quanto riguarda, innanzi tutto, l’esclusione delle partite di qualificazione dalla definizione di EURO, è sufficiente ricordare che il Regno Unito non ha incluso queste partite nell’elenco degli eventi di particolare rilevanza e che, di riflesso, la decisione controversa non verte su tali partite.

41      Poi, è giocoforza constatare che il Tribunale ha esaminato, ai punti da 128 a 139 della sentenza impugnata, sulla base degli elementi forniti dall’UEFA e alla luce della concreta percezione del pubblico del Regno Unito, se tutte le partite della fase finale dell’EURO suscitassero effettivamente, presso tale pubblico, un interesse sufficiente da poter costituire un evento di particolare rilevanza. Orbene, avendo tratto la conclusione che ricorre quest’ultima ipotesi, il Tribunale poteva correttamente dichiarare che l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO poteva essere considerato, nel Regno Unito, un evento unico di particolare rilevanza. Nei fatti, la sua valutazione era dunque conforme a quanto si evince dal punto 38 della presente sentenza.

42      Infine, dalle considerazioni esposte ai punti da 107 a 114 della presente sentenza si evince che l’errata interpretazione del considerando 18 della direttiva 97/36 non ha inciso sulla conclusione tratta dal Tribunale nel senso che la motivazione della decisione controversa soddisfa i requisiti posti dall’articolo 253 CE.

43      Ciò premesso, proseguendo il ragionamento esposto al punto 35 della presente sentenza, il Tribunale è giunto alla conclusione illustrata al punto 120 della sentenza impugnata, secondo cui nessuno Stato membro è tenuto a comunicare alla Commissione le specifiche ragioni per cui la fase finale dell’EURO è designata, in toto, come evento di particolare rilevanza unico nello Stato membro in questione.

44      Orbene, posto che la fase finale dell’EURO non può essere legittimamente inclusa in toto in un elenco d’eventi di particolare rilevanza a prescindere dall’interesse che suscitano le partite nello Stato membro interessato, quest’ultimo non è dispensato dall’obbligo di comunicare alla Commissione le ragioni che lo hanno indotto a ritenere che, nello specifico contesto della società di tale Stato, la fase finale dell’EURO costituisca un evento unico che deve essere considerato in toto come di particolare rilevanza per detta società, piuttosto che una serie di singoli eventi suddivisi in partite aventi diversi livelli di interesse.

45      Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 120 della sentenza impugnata, statuendo che la Commissione non poteva considerare l’inserimento di partite della fase finale dell’EURO come contrario al diritto dell’Unione per il fatto che lo Stato membro interessato non le ha comunicato le specifiche ragioni che giustificano il loro carattere di evento di particolare rilevanza per la società.

46      Ciò premesso, occorre esaminare se, alla luce di questo errore, la sentenza impugnata debba essere annullata.

47      A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una violazione del diritto da parte del Tribunale non comporta l’annullamento della sentenza impugnata qualora il dispositivo della stessa appaia fondato per altri motivi di diritto (v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 47, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 136).

48      Nella causa in esame, occorre rilevare, in primo luogo, che, per consentire alla Commissione di esercitare il suo potere di controllo, la motivazione che ha condotto uno Stato membro a designare un evento come evento di particolare rilevanza può essere succinta, a condizione di essere pertinente. Pertanto, non si può richiedere, in particolare, che lo Stato membro indichi, nella notifica stessa delle misure in oggetto, dati dettagliati e numerici per quanto riguarda ciascun elemento o parte dell’evento oggetto di una notifica alla Commissione.

49      A questo riguardo occorre precisare che, se la Commissione nutre dubbi sulla base degli elementi a sua disposizione per quanto concerne la designazione di un evento come evento di particolare rilevanza, essa è tenuta a sollecitare chiarimenti presso lo Stato membro che ha proceduto a tale designazione (v., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Estonia, C‑505/09 P, punto 67).

50      Nel caso in esame, dalla comunicazione delle misure adottate dal Regno Unito, che sono state notificate alla Commissione il 5 maggio 2000 e sono allegate alla decisione controversa, risulta, tra l’altro, che tale Stato membro ha designato la fase finale dell’EURO, nella sua interezza, quale evento di particolare rilevanza in base al fatto che questo insieme di partite, comprese quindi quelle «non di gala», presentava una spiccata rilevanza generale a livello nazionale e uno specifico interesse anche per persone diverse da quelle che abitualmente seguono il calcio, che l’audience sarebbe probabilmente stata considerevole e che tale gruppo di partite era tradizionalmente trasmesso in diretta su canali gratuiti.

51      Tali indicazioni, notificate dal Regno Unito in ottemperanza ai requisiti dell’articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/552, consentivano alla Commissione di esercitare il proprio controllo e le permettevano di richiedere, qualora lo avesse giudicato necessario o opportuno, chiarimenti aggiuntivi a tale Stato membro, oppure la produzione di elementi diversi da quelli che figuravano nella notificazione cui esso ha proceduto.

52      In secondo luogo, nulla induce a ritenere che la Commissione non abbia esercitato siffatto controllo, il quale riveste un carattere limitato, e che essa non abbia esaminato, alla luce dei motivi menzionati al punto 50 della presente sentenza, se il Ministro sia incorso in un manifesto errore di valutazione quando ha designato l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza.

53      Sotto questo profilo, si evince, anzitutto, dal punto 6 della decisione controversa, che la Commissione ha effettivamente verificato se l’insieme della fase finale dell’EURO, comprese quindi le partite «non di gala», godesse di una peculiare risonanza nel Regno Unito, ossia se le partite di tale torneo fossero particolarmente popolari presso il pubblico generale e non solamente per i telespettatori che seguono solitamente le partite di calcio in televisione. Parimenti, dal punto 18 della predetta decisione si desume che la Commissione ha preso in considerazione la circostanza che il torneo in parola, nella sua interezza e incluse quindi le partite «non di gala», era sempre stato trasmesso su canali televisivi di libero accesso e aveva attirato numerosi telespettatori.

54      Poi, dal fascicolo si evince che dinanzi al Tribunale la Commissione ha allegato al controricorso svariati documenti contenenti dati sui quali essa si è basata per verificare la legittimità delle misure notificate dal Regno Unito, compresi quelli provenienti da tale Stato membro e che effettuavano una distinzione tra le partite «di gala», le partite «non di gala» e quelle che coinvolgevano la squadra nazionale. Orbene, l’UEFA non ha contestato che tali documenti abbiano costituito il fondamento della decisione controversa ed ha addirittura riconosciuto che la Commissione aveva tenuto conto di tali dati statistici (v. punto 58 della presente sentenza).

55      Infine, l’UEFA non può proficuamente affermare che il presunto carattere carente del controllo svolto dalla Commissione sarebbe dovuto alla circostanza che detti documenti contenenti dati riguardano il periodo anteriore all’anno 2000 e che la Commissione non ha tenuto conto dei dati relativi al periodo 2000-2007, mentre avrebbe dovuto fondare la decisione controversa sugli elementi disponibili alla data della sua adozione, ossia il 16 ottobre 2007.

56      A questo proposito è opportuno ricordare che la decisione controversa è stata emanata per sostituire la decisione contenuta nella lettera del 28 luglio 2000, rivolta al Regno Unito dal direttore generale della direzione generale «Istruzione e Cultura», che è stata annullata dalla citata sentenza Infront WM/Commissione, in quanto non era stata adottata dal collegio dei membri della Commissione. Quindi, al fine di garantire la certezza del diritto, la Commissione ha conferito alla decisione controversa effetto retroattivo, esaminando le medesime misure nazionali, ossia quelle notificate dal Regno Unito il 5 maggio 2000, e prevedendo che tale decisione si applicasse a decorrere dal 18 novembre 2000, ossia dalla pubblicazione di tali misure nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.

57      Orbene, dalla giurisprudenza emerge che la Commissione era autorizzata a conferire alla decisione controversa un tale effetto retroattivo (v. sentenza del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, Racc. pag. I‑4023, punti da 45 a 47). Tale effetto, peraltro, non è stato contestato dall’UEFA.

58      Ciò considerato, la Commissione era tenuta ad effettuare il suo esame rispetto alla situazione esistente nel 2000. A tale riguardo, stante l’assenza di contestazione da parte dall’UEFA, non è necessario esaminare se fosse compito della Commissione prendere in considerazione detta situazione alla data di adozione della decisione che è stata sostituita dalla decisione controversa, oppure alla data della pubblicazione delle misure nazionali notificate. Essa era quindi tenuta ad appurare se, a quell’epoca, il complesso delle partite appartenenti alla fase finale dell’EURO potesse essere considerato un evento di particolare rilevanza. Orbene, dal fascicolo si evince che l’UEFA non ha sottoposto al Tribunale alcun elemento che avrebbe potuto permettergli di dichiarare che la Commissione non aveva adottato la decisione controversa alla luce degli elementi disponibili nel 2000. Al contrario, essa ha piuttosto riconosciuto che la Commissione si è fondata su dati statistici esistenti alla data di adozione della decisione contenuta nella lettera del 28 luglio 2000.

59      In terzo luogo, all’UEFA era consentito dimostrare dinanzi al Tribunale che, fondandosi su questi elementi, la Commissione avrebbe dovuto dichiarare che il Regno Unito era incorso in un manifesto errore di valutazione designando l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO come un evento di particolare rilevanza.

60      Orbene, in questa prospettiva, l’UEFA ha sottoposto al Tribunale i dati relativi, in particolare, alla quota di ascolti delle fasi finali dell’EURO del 1996 e di quello del 2000, affermando che tali elementi dimostravano che le partite «non di gala» nel Regno Unito non rivestivano una spiccata rilevanza generale per i telespettatori che non seguono regolarmente il mondo del calcio.

61      Il Tribunale ha vagliato questi dati ai punti 131 e 132 della sentenza impugnata, ma non ha confermato la valutazione proposta dall’UEFA.

62      Al punto 139 della sentenza impugnata, tenendo altresì conto di altri dati prodotti dall’UEFA e relativi al periodo successivo al 2000 (punti da 128 a 130, 135 e 136 della medesima sentenza), esso ha tratto la conclusione che l’UEFA non aveva dimostrato che le valutazioni esposte ai punti 6 e 18 della decisione impugnata, e richiamate al punto 53 di questa sentenza, fossero viziate da errore né, di riflesso, che la Commissione avrebbe dovuto dichiarare che il Regno Unito era incorso in un manifesto errore di valutazione designando l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO come un evento di particolare rilevanza.

63      Alla luce di quanto precede, l’errore di diritto commesso dal Tribunale non risulta idoneo ad inficiare la sentenza impugnata, dato che il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto. Di conseguenza, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto inconferente.

64      Con la seconda parte del medesimo motivo, l’UEFA lamenta che il Tribunale, nel contesto della valutazione da esso svolta e menzionata ai punti 60 e 62 della presente sentenza, ha fondato diverse sue conclusioni su elementi che di per sé la Commissione non aveva preso in considerazione.

65      A questo proposito occorre ricordare che, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può sostituire la sua propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato e non può colmare con la propria motivazione una lacuna nella motivazione di tale atto, in modo tale che il suo esame non si ricolleghi ad alcuna valutazione contenuta in quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, punti da 87 a 90 nonché giurisprudenza citata).

66      Tuttavia, nel caso di specie, l’esame svolto dal Tribunale ai punti da 126 a 139 della sentenza impugnata si ricollega alle valutazioni figuranti ai punti 6 e 18 della decisione controversa e altro non fa che corroborare le constatazioni effettuate in tali punti.

67      Con la terza parte di detto motivo, l’UEFA deduce in giudizio che il Tribunale ha proceduto all’analisi riportata ai punti 60 e 62 della presente sentenza sulla base di elementi da esso valutati in modo manifestamente errato.

68      Detta parte del motivo mira in realtà ad ottenere che la Corte sostituisca la sua valutazione dei fatti a quella del Tribunale, ma senza che l’UEFA abbia dedotto in giudizio uno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova presentati al Tribunale. In conformità ad una costante giurisprudenza della Corte, questa parte del motivo deve pertanto essere respinta in quanto irricevibile (v. sentenze del 18 maggio 2006, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, C‑397/03 P, Racc. pag. I‑4429, punto 85, nonché ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit., punto 180).

69      Alla luce di quanto precede, il secondo motivo deve essere respinto in toto.

 Sulla terza parte, tratta da errori di diritto commessi dal Tribunale nell’applicazione delle disposizioni del Trattato relative alle imprese pubbliche e alle imprese alle quali gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi

 Argomenti delle parti

70      Con la prima parte del terzo motivo, l’UEFA sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto passando sotto silenzio la questione preliminare della rilevanza nella fattispecie dell’articolo 86, paragrafo 1, CE. In particolare, la circostanza che il Tribunale abbia dichiarato che le misure adottate dal Regno Unito non equivalevano al riconoscimento di diritti speciali o esclusivi non sarebbe dirimente ai fini della soluzione di tale questione, perché le imprese interessate, segnatamente la BBC e Channel 4, sarebbero imprese pubbliche ai sensi di tale disposizione.

71      Con la seconda parte del medesimo motivo, l’UEFA ritiene che dalla disamina svolta dal Tribunale emerga un’interpretazione errata della nozione di «diritti speciali» figurante all’articolo 86, paragrafo 1, CE, in forza della quale esso è erroneamente giunto alla conclusione che le misure adottate dal Regno Unito non equivalessero al riconoscimento di diritti speciali alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili. Il Tribunale avrebbe in particolare valutato in maniera formalistica e teorica la questione se la normativa di tale Stato membro riconoscesse diritti speciali a siffatte emittenti. Avrebbe omesso di considerare la realtà economica, poiché tale normativa consentirebbe in pratica alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili di acquisire diritti esclusivi di trasmissione delle partite della fase finale dell’EURO nel Regno Unito, mentre le emittenti che gestiscono canali a pagamento non potrebbero in pratica acquisire tali diritti di trasmissione.

72      Con la terza parte di detto motivo, l’UEFA deduce in giudizio che il Tribunale avrebbe dovuto constatare l’esistenza di diritti speciali in capo alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili per il motivo che il Regno Unito aveva chiaramente conferito loro taluni «privilegi giuridici». Infatti, se un operatore che gestisce un canale a pagamento acquista dall’UEFA il diritto di trasmettere una partita della fase finale dell’EURO nel Regno Unito, esso non sarebbe autorizzato ad esercitare tale diritto, a meno che non abbia anche proposto a condizioni ragionevoli il diritto in questione alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili. Per contro, tale operatore non sarebbe affatto tenuto a proporre detti diritti ad altri operatori che gestiscono canali a pagamento.

73      Secondo la Commissione, il terzo motivo è irricevibile poiché l’UEFA deduce in giudizio diversi argomenti che non aveva sollevato nell’atto introduttivo del ricorso dinanzi al Tribunale. Inoltre, tale motivo sarebbe destituito di fondamento. Questa conclusione è condivisa dal Regno Unito.

 Giudizio della Corte

74      Per quanto attiene alla prima parte del terzo motivo, occorre rilevare, da una parte, che, contrariamente a quanto afferma l’UEFA, il Tribunale non ha «passato sotto silenzio» la questione preliminare volta a chiarire se l’articolo 86, paragrafo 1, CE fosse applicabile nel caso di specie. Esso ha esaminato tale questione ai punti da 165 a 171 della sentenza impugnata, giungendo alla conclusione che detta disposizione non fosse pertinente e, di conseguenza, non trovasse applicazione.

75      Dall’altra parte, occorre constatare che, dinanzi al Tribunale, l’UEFA non ha sollevato alcun motivo tratto dal fatto che l’articolo 86, paragrafo 1, CE era applicabile perché talune emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili erano imprese pubbliche a norma dell’articolo 86, paragrafo 1, CE.

76      In conformità alla costante giurisprudenza della Corte, questo argomento deve quindi essere respinto in quanto irricevibile (v. sentenza del 19 luglio 2012, Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione e Commissione/Alliance One International e a., C‑628/10 P e C‑14/11 P, punto 111 e giurisprudenza citata).

77      Per quanto riguarda la seconda parte di detto motivo, è pacifico che il dettato degli articoli 98 e 101 della legge del 1996 sulla radiodiffusione, come emendato dal regolamento del 2000 sulla trasmissione televisiva, non traccia alcuna distinzione tra le diverse categorie di emittenti e, in particolare, non conferisce alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili una tutela che sia negata a quelle che gestiscono canali a pagamento, poiché tutte queste emittenti sono in particolare libere di acquisire i diritti di trasmissione non esclusivi degli eventi di particolare rilevanza e di ritrasmetterli in maniera non esclusiva.

78      Non si può escludere che, nella pratica, solo talune emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili, quali la BBC e la ITV, in definitiva trasmettano le partite della fase finale dell’EURO, su autorizzazione dell’Office of Communications, in quanto le emittenti che gestiscono canali a pagamento sono interessate solo ad una trasmissione in esclusiva, e perciò si asterranno dal presentare offerte per acquisirne i relativi diritti.

79      Tuttavia, come il Tribunale ha constatato in sostanza al punto 171 della sentenza impugnata, un tale effetto costituisce il frutto della strategia commerciale delle emittenti che gestiscono canali a pagamento, le quali hanno optato per un modello d’impresa che pone l’accento sull’esclusività, cosicché esse sono meno disponibili ad accettare di trasmettere non in esclusiva eventi di particolare rilevanza rispetto alle emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili. Questo effetto risulta quindi principalmente dalla libera scelta commerciale di questa prima categoria di emittenti e non può dunque essere imputato alla normativa del Regno Unito.

80      Per quel che riguarda la terza parte di detto motivo, occorre rilevare che l’UEFA non ha sollevato dinanzi al Tribunale un motivo tratto dal fatto che le emittenti che gestiscono canali liberamente accessibili godono di un privilegio in quanto le emittenti che gestiscono canali a pagamento sono tenute a proporgli i diritti di trasmissione di tutte le partite della fase finale dell’EURO. Conformemente alla giurisprudenza citata al punto 76 della presente sentenza, un argomento del genere deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile.

81      Alla luce di quanto precede, occorre respingere il terzo motivo in quanto in parte infondato e in parte irricevibile.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione di altre disposizioni del Trattato relative alla concorrenza

 Argomenti delle parti

82      L’UEFA afferma che, dato che l’articolo 86, paragrafo 1, CE risulta chiaramente applicabile in questa fattispecie, il Tribunale ha commesso un errore di diritto omettendo di appurare se le misure adottate dal Regno Unito producano l’effetto di collocare la BBC e la ITV in una posizione che esse non avrebbero potuto raggiungere da sé senza violare il diritto della concorrenza, oppure in una posizione che ha consentito loro di porre in essere più facilmente violazioni del diritto della concorrenza.

83      Secondo la Commissione, il quarto motivo è inconferente.

 Giudizio della Corte

84      L’UEFA addebita al Tribunale la violazione di diversi articoli del Trattato relativi alla concorrenza, riconoscendo allo stesso tempo che l’applicazione di tali articoli presuppone, nell’ambito della controversia in esame, l’applicabilità dell’articolo 86, paragrafo 1, CE.

85      Orbene, ai punti da 165 a 171 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che l’articolo 86, paragrafo 1, CE non era applicabile. Posto che l’UEFA non è stata in grado di rimettere in discussione questa conclusione nel contesto dell’impugnazione in esame, il quarto motivo è inconferente e deve, pertanto, essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente su errori di diritto commessi dal Tribunale nell’applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di prestazione dei servizi e al principio di proporzionalità

 Argomenti delle parti

86      Con la prima parte del quinto motivo, l’UEFA sostiene che il Tribunale ha snaturato il suo motivo vertente sulla libera prestazione dei servizi, in quanto essa ha sostenuto dinanzi a quest’ultimo che, da un lato, le misure adottate dal Regno Unito costituivano una discriminazione nei confronti delle emittenti stabilite in altri Stati membri e che, dall’altro, la definizione di cosa costituisca un’«emittente televisiva abilitata», nell’accezione della normativa del Regno Unito, era eccessivamente restrittiva per essere proporzionata alla finalità di detta normativa. Orbene, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che tali misure erano sproporzionate sul fondamento di ciascuno di questi due motivi.

87      Nell’ambito della seconda parte del quinto motivo, l’UEFA censura l’analisi del Tribunale in quanto quest’ultimo ha presunto – dalla mera circostanza che la fase finale dell’EURO può essere considerata come un solo ed unico evento e che, nel complesso, si tratta di un evento di particolare rilevanza per la società – che l’obiettivo di garantire un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di tale evento non potesse essere adeguatamente raggiunto applicando una restrizione meno stringente rispetto a quella prodotta dalle misure emanate dal Regno Unito, come un elenco comprendente soltanto alcune partite determinate della fase finale dell’EURO.

88      Con la terza parte del citato motivo, l’UEFA fa valere che, anche supponendo che la fase finale dell’EURO possa essere considerata come un evento unico di particolare rilevanza per la società del Regno Unito, la Commissione avrebbe dovuto procedere ad un esame approfondito della compatibilità delle citate misure con le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione dei servizi e di concorrenza.

89      Secondo il Regno Unito e la Commissione, il quinto motivo è destituito di qualsiasi fondamento.

 Giudizio della Corte

90      L’UEFA, mediante la prima parte del quinto motivo, addebita in realtà al Tribunale la violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto esso non avrebbe risposto agli argomenti sottopostigli attinenti al carattere asseritamente discriminatorio delle misure adottate dal Regno Unito e alla definizione eccessivamente restrittiva della nozione di emittente televisiva autorizzata.

91      A questo proposito, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il Tribunale non è tenuto a fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. Dunque, la motivazione offerta dal Tribunale può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali tale giudice non ha accolto i loro argomenti ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo. In particolare, il Tribunale non è tenuto a rispondere agli argomenti dedotti in giudizio da una parte che non siano sufficientemente chiari e precisi, qualora essi non siano ulteriormente sviluppati in modo particolare e non siano corredati di un’argomentazione specifica a loro suffragio (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, Racc. pag. I‑6513, punti 91 e 96, nonché del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, Racc. pag. I‑5853, punto 64).

92      Per quanto riguarda l’argomento relativo al presunto carattere discriminatorio della normativa del Regno Unito, è opportuno rammentare che, ai punti 148 e 149 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riconosciuto, da un lato, che questa normativa costituiva una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto, di fatto, è più probabile che sia un’emittente che gestisce un canale liberamente accessibile, stabilita «con ogni verosimiglianza in tale Stato membro», che trasmetterà l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO praticamente in esclusiva, piuttosto che un concorrente stabilito in un altro Stato membro. Dall’altro lato, il Tribunale ha precisato che tale restrizione poteva essere giustificata poiché preordinata alla tutela del diritto all’informazione e ad assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi, nazionali o meno, di particolare rilevanza per la società.

93      Statuendo in tal modo, il Tribunale ha fornito una motivazione sufficiente, ancorché implicita, che consente all’UEFA di conoscere le ragioni per cui esso non ha accolto il suo argomento e alla Corte di esercitare il suo sindacato.

94      Per quanto concerne l’argomento con cui si lamenta una definizione restrittiva della nozione di emittente televisiva abilitata, occorre rilevare che esso ha formato oggetto di un unico punto nell’atto introduttivo del ricorso, che ne contiene complessivamente 176. Inoltre, tale argomento era fondato unicamente sull’asserzione che questa definizione è nettamente più restrittiva di quella adottata dagli altri Stati membri e che, in pratica, essa limita solamente a tre il numero di emittenti in grado di integrare le condizioni richieste. Infine, nella sua replica, l’UEFA si è limitata a sviluppare detto argomento in due frasi succinte.

95      Di conseguenza, alla luce del fatto che il citato argomento non è stato sviluppato in modo particolare nelle memorie presentate al Tribunale, quest’ultimo non era tenuto a rispondervi.

96      Per quanto attiene alla seconda parte del quinto motivo, va anzitutto rilevato che essa si fonda su un’interpretazione errata del punto 152 della sentenza impugnata. In tale punto, infatti, il Tribunale non si è basato sulla presunzione che l’obiettivo di garantire un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di un evento unico di particolare rilevanza non potesse essere adeguatamente raggiunto applicando una restrizione meno stringente. Il Tribunale ha respinto il motivo dell’UEFA in quanto fondato su una premessa errata, poiché esso verteva sul fatto che le misure adottate dal Regno Unito erano sproporzionate in quanto le partite «non di gala» della fase finale dell’EURO non rivestivano un’importanza particolare. Orbene, il Tribunale poteva legittimamente statuire in questo senso poiché, ai punti da 123 a 141 della sentenza impugnata, aveva tratto la conclusione che la fase finale dell’EURO, nella sua interezza, e quindi incluse le partite «non di gala», poteva essere considerata caratterizzata da una particolare rilevanza per la società del Regno Unito.

97      Per quanto riguarda, infine, la terza parte di detto motivo, dal punto 19 della presente sentenza risulta che il compito della Commissione è di procedere ad un esame ristretto, limitato alla ricerca degli errori manifesti di valutazione commessi dagli Stati membri quando redigono gli elenchi nazionali degli eventi di particolare rilevanza.

98      Considerato quanto precede, il quinto motivo deve essere respinto in toto in quanto infondato.

 Sul sesto motivo, vertente su errori di diritto commessi dal Tribunale nell’applicazione del diritto di proprietà

 Argomenti delle parti

99      Secondo l’UEFA, il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, da un lato, che il mero fatto che la fase finale dell’EURO possa essere considerata come un solo ed unico evento di particolare rilevanza sia sufficiente per considerare che l’ingerenza nei diritti di proprietà di tale associazione, per quanto riguarda ciascuna delle varie partite di detto torneo, sia necessariamente proporzionata. Dall’altro, il Tribunale sarebbe incorso in un errore ancor più essenziale omettendo di valutare la portata delle restrizioni imposte ai diritti di proprietà dell’UEFA, circostanza che gli avrebbe impedito di analizzare in modo adeguato se gli svantaggi causati dalle misure adottate dal Regno Unito fossero o meno proporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti.

100    Il Regno Unito e la Commissione contestano la fondatezza di questo motivo.

 Giudizio della Corte

101    Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. L’uso dei beni può tuttavia essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale.

102    A questo proposito, dalle considerazioni esposte ai punti 10, 20 e 21 della presente sentenza risulta, da una parte, che la lesione del diritto di proprietà dell’UEFA deriva già dall’articolo 3 bis della direttiva 85/552 e che tale lesione, in linea di principio, può essere giustificata dall’obiettivo di proteggere il diritto all’informazione e di assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi di particolare rilevanza. Dall’altra, posto che il Regno Unito ha validamente designato l’insieme delle partite della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza, la Commissione era tenuta ad esaminare unicamente gli effetti di tale designazione sul diritto di proprietà dell’UEFA che andavano oltre quelli intrinsecamente connessi all’inserimento di detto evento nell’elenco degli eventi designati da tale Stato membro.

103    Orbene, le sole allegazioni dell’UEFA relative a tali effetti sono tratte dalla circostanza che i potenziali acquirenti in occasione della vendita all’asta dei diritti di trasmissione in oggetto, ossia la BBC e l’ITV, avrebbero formato un’alleanza e avrebbero presentato un’offerta comune. Tuttavia, dall’atto introduttivo del ricorso presentato al Tribunale emerge che tale argomento non è stato sollevato dinanzi al Tribunale. Alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 76 di questa sentenza, l’UEFA non potrebbe quindi farlo valere nel contesto della presente impugnazione.

104    Ciò considerato, occorre respingere il sesto motivo.

 Sul settimo motivo, vertente su errori di diritto relativi alla motivazione della decisione controversa

 Argomenti delle parti

105    L’UEFA sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non avendo preteso che la Commissione rispettasse il livello di motivazione richiesto in relazione a ciascuno dei sei motivi di merito dedotti nel giudizio di impugnazione. La decisione controversa avrebbe dovuto essere annullata, innanzitutto, in quanto non contiene un’adeguata motivazione per ciò che riguarda la qualificazione della fase finale dell’EURO come evento di particolare rilevanza per la società. Inoltre, la motivazione di tale decisione sarebbe carente anche per quanto attiene all’ostacolo posto alla libera prestazione dei servizi, alla libera concorrenza e al diritto di proprietà dell’UEFA. Infine, il Tribunale non avrebbe dovuto fondarsi sulla presunta situazione di privilegio che quest’ultima trae dalla propria qualità di titolare dei diritti per stabilire se la motivazione fornita dalla Commissione fosse sufficiente.

106    Secondo il Regno Unito e la Commissione, il settimo motivo è privo di fondamento.

 Giudizio della Corte

107    Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la motivazione prescritta dall’articolo 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La portata dell’obbligo di motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o soggetti terzi, da questo colpiti direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’articolo 253 CE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (citata sentenza Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, punto 166 e giurisprudenza citata).

108    Peraltro, dalla giurisprudenza risulta anche che, qualora l’adozione dell’atto di cui trattasi si inserisca in un contesto ben noto agli interessati, tale atto può essere motivato in modo sommario (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2012, Polonia/Commissione, C‑335/09 P, punto 152 e giurisprudenza ivi citata).

109    Per quanto riguarda le decisioni prese a norma dell’articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/552, occorre ricordare, da un lato, che adottandole la Commissione non esercita tanto un potere decisionale proprio, bensì piuttosto un potere di controllo che, tra l’altro, è ristretto e limitato alla ricerca degli errori manifesti di valutazione commessi dagli Stati membri all’atto della designazione degli eventi di particolare rilevanza (v. punti 12 e 19 della presente sentenza). Tali decisioni devono pertanto essere lette alla luce delle misure nazionali notificate.

110    Dall’altro lato, va rilevato che tali decisioni riguardano, oltre allo Stato membro che le notifica alla Commissione, in particolare le emittenti che gestiscono canali televisivi in tale Stato e i detentori dei diritti esclusivi di trasmissione per gli eventi in oggetto. Orbene, non si può negare che tali principali interessati possiedono conoscenze approfondite del contesto in cui tali decisioni sono state adottate, poiché, per lo meno per negoziare il prezzo di tali diritti, si presume che essi conoscano tutti gli elementi che incidono in maniera rilevante sul loro valore e, in particolare, l’interesse che l’evento in questione presenta per il pubblico dello Stato membro interessato.

111    A queste condizioni, una decisione della Commissione adottata in forza dell’articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/552 può essere motivata in modo succinto. In particolare, la Commissione ha facoltà di indicare solamente i motivi succinti per cui ha ritenuto che un evento fosse di particolare rilevanza. Inoltre, dalle considerazioni esposte ai punti 20 e 21 della presente sentenza si evince che la motivazione relativa alla compatibilità delle misure adottate dal Regno Unito con le regole relative alla libera circolazione dei servizi, alla libera concorrenza e al diritto di proprietà può rivestire carattere implicito. Più precisamente, quando gli effetti sulla libera circolazione dei servizi, sulla libera concorrenza e sul diritto di proprietà non vanno oltre gli effetti intrinsecamente connessi all’inserimento dell’evento in questione nell’elenco previsto dall’articolo 3 bis, paragrafo 1, della direttiva 89/552, in linea di principio non è necessario motivare specificamente tale conclusione.

112    Nel caso di specie, va rilevato che i punti 5, 6 e 18 della decisione controversa espongono i motivi in virtù dei quali la Commissione ha ritenuto che tutte le partite della fase finale dell’EURO potessero essere considerate un evento di particolare rilevanza. Infatti, il punto 6 spiega in particolare che tale evento presenta una spiccata rilevanza generale nel Regno Unito, essendo particolarmente seguito dal pubblico in generale e non solo dal pubblico che segue abitualmente gli eventi sportivi in televisione. Questa constatazione è inoltre precisata dal punto 18, dal quale risulta che detto evento è tradizionalmente trasmesso da canali televisivi gratuiti e attira di per sé numerosi telespettatori.

113    Alla luce di quanto precede, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto ritenendo che la decisione controversa contenesse le informazioni necessarie per consentire, da un lato, all’UEFA di conoscere i motivi per cui la Commissione aveva ritenuto che tutte le partite della fase finale dell’EURO potessero essere considerate un evento di particolare rilevanza e, dall’altro, al Tribunale di esercitare il suo controllo sulla fondatezza di tale conclusione.

114    Per quanto attiene agli altri aspetti della motivazione della decisione controversa, nulla induce a ritenere che, nella causa in esame, gli effetti sulla libera circolazione dei servizi e sulla libera concorrenza vadano oltre gli effetti intrinsecamente connessi all’inserimento della fase finale dell’EURO nell’elenco degli eventi di particolare rilevanza. Circa il fatto che la presunta lesione del diritto di proprietà vada oltre quanto risulta da tale mero inserimento, occorre rammentare che questo argomento è stato sollevato dall’UEFA solo davanti alla Corte.

115    Alla luce di quanto precede, il settimo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

116    Poiché nessuno dei sette motivi dedotti in giudizio dall’UEFA a sostegno della sua impugnazione può essere accolto, occorre respingere interamente l’impugnazione, in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

 Sulle spese

117    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, l’UEFA, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese del procedimento.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      L’Union des associations européennes de football (UEFA) è condannata alle spese.

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