Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 88 del 13/10/2021 – Aldo Maltese-Rita Bernardini/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 88
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Guido Cecinelli - Relatore
Vito Branca
Marcello de Luca Tamajo
Angelo Maietta - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 88/2020, presentato, in data 20 ottobre 2020, dai signori Aldo Maltese e Rita Bernardini, rappresentati e difesi dall’avv. Andrea Granzotto,
contro
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Stefano La Porta,
avverso
la decisione n. 018/2020-2021 della Corte Federale d'Appello FIGC, Sezioni Unite, del 21 settembre 2020.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 7 ottobre 2021, in collegamento da remoto, tramite la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - signori Aldo Maltese e Rita Bernardini - avv. Andrea Granzotto, nonché l’avv. Stefano La Porta, per la resistente FIGC; udito, altresì, il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, presente personalmente presso i locali del CONI, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Guido Cecinelli.
Ritenuto in fatto
1.
Con ricorso presentato il 20 ottobre 2020, i signori Aldo Maltese e Rita Bernardini hanno adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere l’annullamento della decisione n. 018/2020-2021 della Corte Federale d'Appello FIGC, Sezioni Unite, del 21 settembre 2020, sul reclamo n. 160/2019-2020, con la quale, in riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio della FIGC-LND, pubblicata con C.U. n. 343 del 19 giugno 2020, che aveva prosciolto i suddetti ricorrenti, è stato accolto il reclamo della Procura Federale Interregionale ed è stata irrogata, a carico degli stessi signori Aldo Maltese e Rita Bernardini, la sanzione dell'inibizione per cinque mesi ciascuno e, a carico delle società A.S.D. SVS Roma e A.S.D. Accademy SVS Roma, l'ammenda di € 500,00 ciascuna.
È necessario preliminarmente ripercorrere la cadenza temporale degli eventi e le vicende processuali che hanno condotto al procedimento oggetto di cognizione di questa Sezione.
1.1
In data 30 novembre 2018, perveniva alla Procura Federale della FIGC un esposto con cui si segnalava un presunto comportamento antisportivo perpetrato dalle società SVS ROMA e SVS ACADEMY SVS ROMA (i cui presidenti sono rispettivamente il sig. Maltese e la sig.ra Bernardini, marito e moglie), le quali, militanti entrambe, all’epoca dei fatti - s.s. 2018/2019 -, nel Campionato Allievi Provinciali U17 - g. D, sarebbero, secondo la prospettazione dell’esposto alla Procura, in realtà riconducibili alla medesima società, contribuendo così a falsare il regolare svolgimento della competizione.
Ebbene, il procedimento veniva iscritto nel registro della Procura Federale il 31 maggio 2019 e le attività di indagine si concludevano in data 25 luglio 2019, come emerge dalla Relazione Finale della Procura Federale.
Con atto del 16 Gennaio 2020 (spedito il 17 gennaio 2020 e ricevuto il 23 gennaio 2020), la Procura inviava agli odierni ricorrenti “Comunicazione di conclusione delle Indagini”, assegnando il termine di 15 giorni dalla notifica per presentare memorie o chiedere di essere sentiti.
In data 20 febbraio 2020, il Procuratore Federale deferiva dinanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Lazio della FIGC - LND gli odierni ricorrenti per rispondere della violazione dell’art. 1-bis, commi 1 e 5, del CGS allora vigente - trasfuso oggi nell’art. 5, comma 1, dell’attuale CGS - anche in riferimento all’art. 21 delle NOIF, contestando loro di aver “contribuito” e/o “consentito” o comunque di aver “partecipato, anche indirettamente” alla costituzione della società sportiva denominata ASD Academy SVS Roma, la quale, ancorché formalmente presieduta dalla sig.ra Bernardini, sarebbe stata sostanzialmente riconducibile al controllo (di fatto) del sig. Aldo Maltese, coniuge della stessa Bernardini, nonché Presidente e legale rappresentante dell’altra società (ASD SVS ROMA); venivano deferite, altresì, le predette società a titolo di responsabilità diretta e oggettiva.
2.
Il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio della FIGC - LND, con decisione pubblicata con C.U. n. 343 del 19 giugno 2020, proscioglieva da ogni addebito tutti i soggetti deferiti, ritenendo insussistente l’ipotizzato controllo di fatto, da parte della più antica società SVS del sig. Aldo Maltese, nei confronti della neo-costituita AVS Academy, formalmente presieduta dalla sig.ra Rita Bernardini, considerato “che la nuova società ha avuto una compagine dirigenziale e tecnica del tutto diversa rispetto alla prima”.
Tale decisione nel merito veniva adottata prescindendo dall’“analisi dell’eccezione preliminare sul rito”, relativa alla pretesa tardività dell’azione disciplinare (sollevata dalla difesa in ragione dell’eccessivo lasso di tempo in tesi intercorso fra l’atto di conclusione delle indagini e la comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini), avendo ritenuto il Giudice di primo grado «interesse dei deferiti giungere ad una più favorevole pronuncia di proscioglimento rispetto a quella di improcedibilità del deferimento».
3.
Decidendo sul gravame interposto dalla Procura Federale, la Corte Federale di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo accoglieva, irrogando agli odierni ricorrenti la sanzione dell’inibizione per mesi cinque ciascuno e, a carico delle società A.S.D. SVS ROMA e A.S.D. ACADEMY SVS ROMA, l’ammenda di € 500,00 ciascuna.
Prescindendo dall’esame della decisione della CFA relativamente al merito degli addebiti contestati - come visto ritenuti sussistenti -, vale in questa sede soffermarsi sulle questioni preliminari delibate dal Giudice di appello in quanto riproposte dinanzi al Collegio di Garanzia.
3.1
Ebbene, in quella sede la difesa dei ricorrenti contestava “l’invalidità” dell’esposto acquisito al protocollo n. 5353 del 30 novembre 2018 della Procura, dal quale hanno tratto origine le indagini sfociate nei deferimenti per cui è causa, poiché non sarebbe mai stata accertata né la reale provenienza della mail ad essa indirizzata (pervenuta all’indirizzo elettronico della Procura Federale alle ore 7:30 del giorno 30 novembre 2018), né l’identità del “denunciante”. A ciò si aggiungerebbe il fatto che l’apparente firmatario della suddetta mail, tale “Massimiliano Mosconi”, con autocertificazione del 28 luglio 2020, prodotta dalla difesa, ne aveva poi spontaneamente disconosciuto “interamente il contenuto”, dichiarando di non averla né predisposta né inviata, e di non conoscere nemmeno l’indirizzo elettronico di spedizione (“g.garret@alice.it”).
Secondo la CFA, «un’interpretazione logico-sistematica sia dell’art. 118, comma 2, dell’attuale CGS, sia del precedente art. 32-ter, comma 3, primo periodo, impedisce di estendere l’area di incidenza del divieto di utilizzabilità dell’anonimo sino a ricomprendervi anche l’uso di esso come semplice “stimolo investigativo” … Pertanto, queste Sezioni Unite ritengono che l’art. 118, comma 2, dell’attuale CGS e il previgente art. 32-ter, comma 3, primo periodo, debbono essere interpretati nel senso per cui: a) il documento anonimo, così come la segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente il “denunciante”, non possono essere utilizzati come elementi di prova e non integrano neppure una notizia di illecito in senso proprio, la quale presuppone sempre la riconoscibilità della relativa “fonte”, sicché del loro contenuto non può essere fatta alcuna utilizzazione in sede processuale; b) deve nondimeno considerarsi legittima l’attività d’investigazione dell’organo inquirente finalizzata a verificare se dall’anonimo e/o dalla segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente l’autore possono, in concreto, ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di “propria iniziativa” di una notizia di illecito sportivo. 4. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, deve quindi affermarsi, nel caso sottoposto a giudizio, che la Procura Federale ha correttamente e doverosamente svolto tutti i temi di indagine volti ad accertare l’esistenza di una notitia criminis. Accertamenti che, infatti, hanno avuto ad oggetto esattamente gli elementi contenuti nella segnalazione anonima, con la quale veniva invero denunciato un (ipotetico) “comportamento gravemente antisportivo”, sulla base delle seguenti (supposte) circostanze: a) “nel girone dell’under 17 provinciale di Roma ci sono due squadre che è evidente che sono riconducibili ad una sola società”; b) le due squadre hanno la seguente denominazione: “accademia Svs e SVS”; c) giocatori e allenatori “giocano nello stesso centro” e “indossano abbigliamento riportante solo il marchio Svs».
3.2
I ricorrenti eccepivano, altresì, l’improcedibilità dell’azione di deferimento per l’eccessivo lasso di tempo (di 182 giorni) intercorso fra la data di chiusura delle indagini (25 luglio 2019) e la comunicazione agli interessati dell’esito delle indagini medesime (23 gennaio 2020).
Sul punto, la Corte si limitava ad affermare che «è sufficiente rilevare che, alla fattispecie de qua, deve essere applicato il principio affermato da queste Sezioni Unite nella vigenza del codice abrogato, secondo il quale, essendo gli atti della Procura Federale dotati di efficacia endoprocessuale e tali da esaurire i loro effetti nella fase delle indagini preliminari, in assenza di specifiche cogenti previsioni, i termini di cui all’art. 32-ter, comma 4, CGS previgente, non possono essere qualificati come perentori (cfr. Sezioni Unite C.U. n. 92 2016/2017). Ne consegue che non può ritenersi realizzata alcuna decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare in concreto esercitata».
4.
A sostegno del ricorso presentato dinanzi a questo Collegio, con cui si chiede di annullare le predette sanzioni, in sintesi, il ricorrente ha presentato i seguenti motivi di ricorso.
I) “Sull’inutilizzabilità della denuncia quale “stimolo conoscitivo””.
Sul punto, il ricorrente, ha ribadito la violazione dell’art. 118, comma 2, del CGS, così come del previgente art. 32-ter, comma 3, a tenore del quale “il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima o priva della compiuta identificazione del denunciante” - che ha codificato il principio, già desumibile sulla base del precedente art. 32-ter, comma 3, secondo cui in tanto può acquisirsi la notizia di un illecito sportivo mediante “denuncia” in ordine alla quale avviare legittimamente le indagini, in quanto “il denunciante” risulti compiutamente identificato.
II) “Sul mancato rispetto dei termini da parte della Procura nella conclusione delle indagini”.
Secondo la prospettazione del ricorrente, come visto, il tempo intercorrente tra la chiusura delle indagini (25 luglio 2019) e la relativa comunicazione (23 gennaio 2020) violerebbe le norme (attualmente vigenti, i.e. l’art. 123, c. 1, CGS FIGC, letto in combinato disposto con l’art. 44, c. 6; nonché vigenti all’epoca dei fatti, i.e. art. 32 ter CGS FIGC, letto in combinato disposto con l’art. 38, c. 6) che informano la fase successiva alla chiusura delle indagini preliminari.
A detta del ricorrente (che riporta i precedenti di cui alle decisioni CFA n. 57 dell’8 novembre 2016, TFN n. 241 del 17 gennaio 2020, nonché Collegio di Garanzia, Sez. IV, decisione n. 55/2017), i termini ivi previsti debbono considerarsi perentori, con conseguente estinzione del procedimento disciplinare.
5.
Si è costituita in giudizio la FIGC, concludendo per il rigetto del ricorso.
Con specifico riferimento alla censura sub II, la Federazione eccepisce la natura meramente ordinatoria dei suddetti termini.
Secondo la FIGC, la disciplina applicabile ratione temporis al procedimento in questione sarebbe quella relativa al previgente art. 32-ter, c. 4, GCS FIGC e, dunque, che non si applichi l’attuale art. 44 CGS FIGC, che introduce la regola generale della perentorietà di “tutti termini” previsti dal codice.
L’ordinatorietà del termine di cui si tratta sarebbe frutto di un principio giurisprudenziale consolidato, affermato dalla decisione di questo Collegio a Sezioni Unite (n. 25/2017). Le Sezioni Unite, invero, da un lato, hanno escluso che l’allora art. 38, c. 6, CGS FIGC (secondo cui i termini del Codice previgente “sono perentori”) potesse applicarsi anche alla fase precontenziosa, ma solamente alla “fase decisoria del procedimento”, per via della sua collocazione nel Codice, e, dall’altra, hanno “escluso la natura perentoria dei limiti temporali che disciplinano l’esercizio dell’azione disciplinare a cura delle procure federali”.
6.
All’udienza dell’8 ottobre 2021, le parti hanno insistito nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni. La Procura Generale dello Sport ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
In ordine a quanto sopra riportato, il Collegio ritiene necessario, ai fini della decisione, lo scioglimento della questione preliminare in relazione alla corretta interpretazione della disciplina che regola la fase precontenziosa dei procedimenti disciplinari sportivi, con specifico riferimento ai termini ivi previsti dalle norme federali (e specificatamente quelle della FIGC) e del CONI.
A tal fine, vale precisare dapprima il quadro normativo rilevante e, successivamente, dare conto della (non univoca) interpretazione dello stesso da parte del Collegio di Garanzia dello Sport.
I.
Il quadro normativo
Il Codice della Giustizia Sportiva del CONI disciplina, con un'unica disposizione, la “Azione del procuratore federale”.
A mente dell’art. 44, c. 4, del CGS CONI, «Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato dell’intendimento di procedere al deferimento e gli comunica gli elementi che lo giustificano, assegnandogli un termine per presentare una memoria ovvero, se questi non sia stato già audito, per chiedere di essere sentito. In caso di impedimento a comparire personalmente, l’interessato può presentare una memoria sostitutiva entro i due giorni successivi. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando, nei casi previsti dallo Statuto o dalle norme federali, l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e al giudice e agli ulteriori soggetti eventualmente indicati dal regolamento di ciascuna Federazione. Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, enunciate le norme che si assumono violate e indicate le fonti di prova acquisite, ed è formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare»
Siffatta formulazione è stata recepita dalle Federazioni nei propri regolamenti di giustizia (cfr., ad esempio, art. 98, c. 4 e 5, RG FIT, art. 81, c. 4, RG FIR, art 124, c. 4, RG FIP, ecc.).
Con riferimento alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, si impone di considerare la versione vigente all’epoca dei fatti e quella attualmente in vigore.
L’art. 32 ter del previgente CGS FIGC, prevedeva, al comma 4, che: «Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria. In caso di impedimento dell’incolpando che abbia richiesto di essere sentito, o dei suoi difensori, il Procuratore federale assegna un termine di due giorni per presentare una memoria sostitutiva. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale, nonché in caso di deferimento di società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza».
La versione del Codice FIGC attualmente in vigore (approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l), dello Statuto CONI, con deliberazione n. 258 dell’11 giugno 2019) reca una disciplina analoga, pur divisa su due disposizioni, e segnatamente:
- Art. 123, c. 1: «Il Procuratore federale, entro venti giorni dalla scadenza del termine di durata delle indagini di cui all'art. 119, commi 4 e 5, se non deve formulare richiesta di archiviazione, notifica all'interessato avviso della conclusione delle indagini, assegnandogli un termine non superiore a quindici giorni per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria»;
- Art. 125, c. 2: «L'atto di deferimento di cui al comma 1 deve intervenire entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 123, comma 1. In caso di pluralità di incolpati, il deferimento deve essere adottato entro trenta giorni decorrenti dall'ultimo termine assegnato».
Orbene, rileva in questa sede la modifica apportata dalla FIGC in quest’ultima versione del Codice. Invero, nella previgente formulazione, la norma secondo cui «Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori» era contenuta nell’art. 38, c. 6, CGS FIGC (ex Titolo IV “Norme Generali del Procedimento”), mentre oggi l’art. 44, rubricato “Principi del processo sportivo”, secondo cui «Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori», è contenuto nella Parte Seconda, dedicata al “Processo Sportivo”, al Capo I, “Principi del processo sportivo” del Titolo I, “Norme generali del processo sportivo”.
Tale differenziazione di collocazione sistematica della norma sulla perentorietà dei termini è rilevante per quanto si vedrà infra con riferimento alla citata decisione delle Sezioni Unite n. 25/2017.
In ogni caso, le norme che regolano la azione del Procuratore Federale di tutte le Federazioni risentono, in virtù delle citate disposizioni, della seguente cadenza temporale:
i) apertura della fase delle indagini mediante iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante;
ii) chiusura delle indagini (entro 60 giorni dall’iscrizione, salvo le proroghe concesse dalla Procura Generale dello Sport di ulteriori 40 giorni più eventuali ulteriori 20 giorni);
iii) entro 20 giorni dalla chiusura delle indagini, invio al/ai deferiti dell’Avviso di conclusione indagini (salvo richiesta di archiviazione alla Procura Generale dello Sport), ove si deve concedere un termine non superiore ai 15 giorni all’incolpando per essere sentito o per presentare una memoria difensiva;
iv) entro 30 giorni dalla scadenza di quest’ultimo termine concesso all’incolpando, il Procuratore, qualora ritenga di dover confermare la propria intenzione di procedere all’esercizio dell’azione disciplinare, formula l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio.
II.
La giurisprudenza del Collegio di Garanzia sul tema
La questione circa la natura dei termini previsti per l’azione del Procuratore Federale è stata oggetto di numerosi arresti del Collegio, non sempre del medesimo segno.
Con esplicito riferimento al predetto termine di 30 giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura della FIT, la Sez. IV, con decisione n. 23/2017, concludeva per la perentorietà dello stesso.
«Non si può condividere la tesi, sostenuta dalla Procura Generale, secondo cui il termine previsto all’art. 98, comma 5, avrebbe natura ordinatoria e, come tale, ove non venga rispettato, non determinerebbe la decadenza dal potere di esercizio dell’azione disciplinare.
Infatti, come è noto, nell’applicare la legge, ai sensi dell’art. 12 delle disp. prel. cod. civ., l’interprete non può fermarsi al significato letterale della norma, ma deve indagare quale sia stata l’intenzione del legislatore, vale a dire la ratio legis.
Con riguardo specifico alla norma di cui all’art. 98, comma 5, va rilevato, in applicazione del criterio di interpretazione storico, che essa era già presente nel previgente Regolamento di Giustizia, all’art. 112, comma 4, salvo l’inciso, aggiunto nel Regolamento vigente “entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”.
Se, dunque, il legislatore federale è intervenuto modificando la norma de qua proprio con l’aggiunta di tale termine, la norma deve essere interpretata assegnandole un significato tale da non svuotare di efficacia tale modifica. E tale significato non può rinvenirsi nella semplice intenzione di cadenzare l’attività della Procura Federale, senza collegare ad essa alcuna conseguenza in caso di mancato rispetto del termine prefissato, posto che, altrimenti, la modifica introdotta risulterebbe pressoché svuotata di efficacia.
Va rilevato, peraltro, che tale modifica non può che essere letta nel senso di un intervento legislativo favor rei, in ossequio al principio di garanzia dell’esigenza di una rapida definizione della posizione dell’incolpato. In altri termini, essa mira a garantire che il diritto di difesa non venga nei fatti limitato, se non addirittura compromesso, là dove si consenta che l’azione disciplinare sia avviata anche dopo un lungo lasso di tempo dalla commissione dell’infrazione. … la ratio legis della disposizione, in ossequio ai principi di celerità e certezza della posizione dell’incolpato, deve condurre a riconoscere, pertanto, la decadenza della Procura Federale dal potere di esercitare l’azione disciplinare decorso il termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria».
Diversamente, con riferimento al Codice FIGC, con la decisione n. 25/2017, le Sezioni Unite affermavano che, «sulla base di una lettura sistematica della norma endofederale (art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC) ed esofederale (art. 44, com. 4, CGS CONI), alla luce del richiamo delle norme processual-civilistiche operato dall’art. 2, com. 6, CGS CONI, [152, c. 2, c.p.c.] sembra ragionevole escludere la natura perentoria dei limiti temporali che disciplinano l’esercizio dell’azione disciplinare a cura delle procure federali … Continuando a rimanere aderenti ad un’interpretazione sistematica, l’art. 38 del Codice di giustizia federale [“Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”] è stato inserito all’interno del titolo IV, rubricato “Norme generali del procedimento”. Si può dedurre che il riferimento alla perentorietà di cui trattasi si adatta alla fase decisoria del procedimento sportivo, escludendone, di conseguenza, un’applicazione alla fase precontenziosa. Una simile impostazione nella lettura della normativa richiamata conferirebbe coerenza all’intero sistema di giustizia sportiva e porterebbe, altresì, a concludere che non sarebbe logico estendere la norma in esame agli altri titoli del Codice di Giustizia FIGC, come il Titolo III (“Organi di Giustizia Sportiva”), dove è inserito l’art. 32 ter, com. 4, relativo all’attività del Procuratore Federale».
Le Sezioni Unite, pur escludendo la natura perentoria dei termini previsti per le attività inquirenti della fase istruttoria («Uno spazio temporale eccessivamente vincolante entro cui svolgere le proprie attività potrebbe creare una serie di difficoltà in capo al Procuratore Federale nel mettere insieme sufficienti elementi probatori che giustifichino la chiusura delle indagini ed il conseguente atto di deferimento dell’incolpato, specie in procedimenti dove il numero dei co-indagati è consistente. … la perentorietà del limite temporale in questione si porrebbe in contrasto anche con l’interesse dell’indagato a non essere condotto dinnanzi ad un giudice federale sulla base di un quadro probatorio sprovvisto di concreti elementi di fondatezza»), affermavano tuttavia quanto segue.
«Con particolare riferimento alle attività inquirenti della fase istruttoria, è, altresì, necessario escludere che i termini applicati siano puramente ordinatori. Nel momento preprocessuale è opportuno che i tempi in cui si definiscono gli addebiti a carico degli indagati siano ragionevolmente brevi, in ossequio alle esigenze di celerità e speditezza poste a garanzia del procedimento di giustizia sportiva. La durata delle indagini antecedente al deferimento non gode, dunque, della discrezionalità del Procuratore Federale, ma deve rispettare un determinato percorso temporale che può essere adeguato in relazione alla complessità del caso e alle eventuali difficoltà nei rilievi probatori. Infatti, se la Procura Federale dovesse disattendere sistematicamente il rispetto del termine di cui si tratta, la norma risulterebbe inadeguata alla funzione cui è deputata o l’attività investigativa si rivelerebbe inadatta alla tutela dell’ordinamento sportivo».
A favore della perentorietà del termine dei 20 giorni dalla conclusione delle indagini per informare l’interessato dell’intendimento di procedere al deferimento, sempre con riferimento al Regolamento di Giustizia della FIT, è stata la Sez. IV, con la decisione n. 49/2017.
Ancora, con riferimento alla FIGC, la decisione n. 50/2017 della Sez. II del Collegio affermava che «il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare di 30 giorni a far tempo dall’ultimo onere difensivo sostenibile dall’interessato non è perentorio».
Successivamente, la Quarta Sezione (decisione n. 55/2017) - (ri)occupandosi dei termini previsti dai commi 4 e 5 dell’art. 98 del Regolamento di Giustizia FIT relativi all’esercizio dell’azione disciplinare - riprendeva la menzionata decisione n. 25/2017, concludendo per la non perentorietà dei menzionati termini di 20 e successivi 30 giorni, ma, al contempo, rafforzava il concetto di non discrezionalità del lasso temporale a disposizione della Procura Federale per l’esercizio dell’azione disciplinare e la formulazione dell’atto di deferimento. Tali termini, infatti, «non scrutinabili secondo criteri di rigida perentorietà, debbono invece essere sottoposti, di volta in volta, alla delibazione dell’Organo di Giustizia, per cogliere se, nella specie, il tempo sia stato amministrato dalla Procura Federale cum grano salis, nel rispetto, cioè, del delicato equilibro tra esigenze investigative e garanzie di difesa. Ove ciò non avvenga, residua dunque un sicuro margine di applicabilità dell’estinzione del procedimento, quale indispensabile istituto di garanzia e chiusura del sistema in parola».
Non è mancato, sul tema, neppure l’intervento della Sezione Consultiva.
Con il parere n. 7/2018 (in ordine alla natura perentoria od ordinatoria dei termini indicati nel Regolamento di Giustizia FIT, con particolare riferimento ad alcune disposizioni relative alle attività di indagine del Procuratore Federale, artt. 98, commi 4 e 5, 99, comma 1, e 101, comma 3), la Sezione Consultiva affermava che «la circostanza che le disposizioni oggetto di interpretazione … non contengano una espressa qualificazione dei termini menzionati non è sufficiente a escluderne la perentorietà. La risposta al quesito posto va ricercata non nella lettera del testo normativo, ma nella funzione in fatto perseguita con le singole previsioni. È evidente che è in attuazione del principio di celerità e speditezza, che informa l’intero sistema di giustizia sportiva, che il Regolamento di Giustizia cadenza l’attività procedimentale. Il proposito della fissazione dei termini è quello di garantire l’esercizio del diritto di difesa del soggetto ed evitare che questi resti assoggettato per un tempo indefinito alle indagini della Procura Federale. Nel momento endoprocessuale è necessario che i tempi in cui si definiscono gli addebiti a carico degli indagati siano contenuti. Ciò, sia al fine di consentire una pronta definizione della posizione del soggetto interessato, sia nella direzione di assicurare la massima attuazione del diritto di difesa, che potrebbe essere compromesso ove l’azione disciplinare fosse avviata molto tempo dopo la commissione dell’infrazione. … La previsione di un termine definito (trenta giorni - art. 98, comma 5 - dall’audizione o dalla memoria indicate all’art. 98, comma 4) serve al regolatore per evitare che la durata del procedimento venga rimessa a criteri incerti (lo si rileva anche nella citata decisione n. 23/2017) … Tuttavia, ragioni di giustizia sostanziale impongono un temperamento al rigore fisiologico dei termini decadenziali e la possibilità di adeguare il procedimento alle eventuali particolari difficoltà delle indagini. È vero che «[u]no spazio temporale eccessivamente vincolante entro cui svolgere le proprie attività potrebbe creare una serie di difficoltà in capo al Procuratore Federale nel mettere insieme sufficienti elementi probatori che giustifichino la chiusura delle indagini ed il conseguente atto di deferimento dell’incolpato, specie nei procedimenti dove il numero dei co-incolpati è consistente» e che «un termine estremamente rigido […] rischierebbe di comprimere eccessivamente le garanzie difensive dell’indagato» (decisione Collegio di Garanzia, Sez. Un., n. 25/2017). … Il ragionevole bilanciamento tra le ragioni di celerità del procedimento e quelle di ricostruzione della verità dei fatti, di accertamento delle responsabilità dell’indagato e, dunque, di giustizia sostanziale impone di adeguare il percorso temporale alla complessità del caso. Di talché l’Organo di Giustizia può scegliere di derogare, nel senso dell’ampliamento temporale, alle rigide cadenze procedimentali stabilite agli artt. 98, 99 e 103. In ogni caso, in assenza di eccezionale diversa previsione, deve ritenersi che il mancato rispetto dei termini ex artt. 98, commi 4 e 5, 99, comma 1, e 101, comma 3, ai quali è assegnato carattere perentorio, determina la decadenza dal potere di esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura Federale e, dunque, l’inefficacia degli atti tardivamente compiuti».
Recentemente, la stessa Sez. Consultiva (parere n. 1/2020) è stata nuovamente interpellata «al fine di chiarire se nell’attuale sistema della Giustizia Sportiva i termini nella fase delle indagini preliminari, nonché il termine di cui all'art. 82, comma 4, secondo periodo, del Codice di Giustizia Sportiva FIS, siano da considerarsi ordinatori oppure perentori».
La Sezione Consultiva, nell’affermare la non perentorietà dei termini in parola, richiamava le osservazioni già espresse dalle Sezioni Unite con la decisione del 7 aprile 2017, n. 25; ciò in quanto, non contenendo la disposizione in esame un’esplicita previsione di perentorietà del termine, questo non potrebbe considerarsi perentorio, anche sulla scorta del richiamo alle norme processual-civilistiche (art. 152 c.p.c.) operato dall’art. 2, c. 6, CGS CONI. Inoltre, la natura perentoria del termine è esclusa, secondo la Sezione, dalla necessità di un contemperamento delle esigenze di accertamento della responsabilità dell’indagato e di garanzia dell’indagato stesso dal resistere ad un processo manifestamente infondato, specie nei procedimenti particolarmente complessi.
Da ultimo, con riferimento al Codice della FIGC, è intervenuta la Sez. II con la decisione n. 13/2021.
La Sezione, soffermandosi sulle citate versioni del CGS FIGC, ha affermato la natura perentoria del termine di 30 giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare, decorrente dal deposito della memoria difensiva predibattimentale o dall’audizione dell’incolpando.
Infatti, secondo la Sezione, «se vero che l’art. 32 CGS FIGC non qualifica espressamente i termini in esso previsti, esso andrebbe letto in combinato disposto con l’art. 38, comma 6, CGS FIGC, secondo cui: «Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori». Non si comprende, infatti, perché quest’ultima disposizione debba ritenersi applicabile solo alla fase contenziosa, dato che si riferisce a tutti i termini del “presente Codice” e non del “presente Titolo”
Al di là del dato meramente letterale, si osserva, poi, che argomenti in senso contrario non sembrano potersi desumere neppure sotto il profilo sistematico. L’art. 32 ter è collocato all’interno del Titolo III, dedicato agli “Organi della giustizia sportiva”, quindi ai giudici sportivi territoriali e nazionali, al Tribunale Federale, alla Corte Federale, etc.; l’art. 38, nel Titolo IV, rubricato “Norme generali del procedimento”.
Si osserva, tra l’altro, che indicazioni in senso contrario non possono nemmeno desumersi dalla lettura e dalla collocazione delle norme all’interno del nuovo Codice di Giustizia FIGC. Le norme che qui ci interessano sono, infatti, tutte collocate all’interno della Parte Seconda, dedicata al «Processo Sportivo». Segnatamente, l’art. 44, rubricato “Principi del processo sportivo”, dispone che «Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori». La disposizione è collocata nel Capo I, «Principi del processo sportivo» del Titolo I, «Norme generali del processo sportivo». Seguono, poi (oltre al Titolo II, dedicato a «Revocazione e revisione», composto del solo art. 63), il Titolo III, dedicato ai «Giudici sportivi»; il Titolo IV, dedicato ai «Giudici Federali», per arrivare al Titolo V, dedicato alla «Procura Federale», ove, al Capo II, «Procedimento disciplinare», l’art. 125 fissa il termine di trenta giorni per l’atto di deferimento.
Ma anche a voler ritenere che l’art. 38 non si applichi alla fase pre-contenziosa, questo Collegio evidenzia che a militare per la perentorietà del termine in questione vi sono soprattutto ragioni di ordine logico e funzionale. La funzione perseguita dalla norma, di celerità del procedimento di giustizia sportiva, ma soprattutto di garanzia dell’esigenza di una rapida definizione della posizione dell’incolpato e del suo diritto di difesa, induce a considerazioni che possono anche prescindere dalla espressa qualificazione del termine in questione la ratio legis sottesa alla previsione di cui all’art. ter, comma , che pu valere a fondare la natura perentoria del termine in essa previsto. …
Passando alle considerazioni circa le eventuali complessità che può presentare il caso concreto, questo Collegio non nega che la durata del procedimento debba tenerne conto. Il sistema di proroghe previsto dal legislatore, tuttavia, già offre al Procuratore gli strumenti necessari per rimediare a eventuali complessità; strumenti che, beninteso, operano in una fase precedente alla conclusione delle indagini. A tale proposito, giova richiamare l’art. 32 quinquies il quale, al comma 3, dispone che «La durata delle indagini non pu superare sessanta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante. Su istanza congruamente motivata del Procuratore federale, la Procura generale dello sport autorizza la proroga di tale termine per quaranta giorni. n casi eccezionali, la Procura generale dello sport pu autorizzare una ulteriore proroga per una durata non superiore a venti giorni».
Appare dunque chiara la scansione temporale: l’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante apre la fase delle indagini, durante la quale la Procura ederale ha a disposizione strumenti per modularne diversamente la durata in base alla complessità del caso concreto; terminate le indagini, il Procuratore pu disporre l’archiviazione ovvero informare l’interessato (non ancora incolpato) della propria intenzione di procedere al deferimento, indicandone gli elementi a sostegno, e assegnando all’interessato un termine (non superiore a 15 gg., ex art. 123 del nuovo CGS FIGC) per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria; trascorso questo termine, il Procuratore ha trenta giorni per esercitare l’azione disciplinare. Una volta che inizia a decorrere il termine di trenta giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare, ossia per la formulazione dell’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (comunicato all’incolpato e agli altri organi previsti dalla norma), l’unica esigenza quella di evitare che l’incolpato rimanga, oltre quei trenta giorni e per un tempo indefinito, assoggettato alle determinazioni della Procura Federale, in una situazione di totale incertezza. Le eventuali
ragioni di complessità del caso concreto operano in una fase precedente (quella che si dipana dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante fino alla conclusione delle indagini) e non possono comportare, ex post (ossia dopo l’ormai avvenuta conclusione delle indagini), una deroga alla cadenza procedimentale di cui all’art. 32 ter, comma 4, posta evidentemente a tutela dell’incolpato.
Peraltro, ferme le considerazioni svolte, nel caso in esame il Collegio neppure ravvisa particolari ragioni di complessità idonee a giustificare una dilatazione dei termini».
III.
Ebbene, quanto appena considerato giustifica la necessità di chiedere l’intervento delle Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia.
Ritiene, infatti, la Sezione che l’insieme degli elementi di fatto e di diritto e, nello specifico, le oscillazioni giurisprudenziali riferite all’interpretazione del quadro normativo di riferimento suppongano un chiarimento sistematico da parte dell’Organo nomofilattico in ordine alla natura dei ricordati termini che regolano l’azione del Procuratore Federale.
Deferendo questo Collegio l’esame delle Sezioni Unite per le vicende sopra descritte, nulla dispone quanto alle spese di questa fase, dovendo le stesse essere regolate con la fase finale del giudizio.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Prima Sezione
Rimette, ai sensi dell’art. 56 del Codice della Giustizia Sportiva, la questione di cui in motivazione alle Sezioni Unite.
Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 7 ottobre 2021.
Il Presidente                 Il Relatore
F.to Mario Sanino        F.to Guido Cecinelli
Depositato in Roma in data 13 ottobre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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