F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0035/CFA pubblicata il 05 Novembre 2021 (motivazioni) – Sig. Marconi Michele-Procura Federale

Decisione/0035/CFA-2021-2022

Registro procedimenti n. 0017/CFA/2021-2022

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Salvatore Mezzacapo – Presidente

Francesco Cardarelli – Componente

Claudio Franchini – Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

Marco La Greca - Componente (relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul Giudizio di rinvio ex art. 62, comma 2, C.G.S. C.O.N.I., disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Prima Sezione - con la decisione n. 70 del 31 agosto 2021, concernente la decisione della Corte Federale d'Appello n. 105/CFA/2020-2021 dell'11 maggio 2021.

visto il reclamo e i relativi allegati;

Vista la decisione resa dalla Corte Federale d’Appello della FIGC, Sezioni Unite, n. 105/CFA/2020-2021 (resa nel proc. n. RG 128/CFA/2020-2021 - PST 0008/CFA/2020-2021), con la quale, in riforma della decisione n. 117/TFN-SD 2020/2021 del Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare, veniva accolto il reclamo della Procura Federale della FIGC;

Vista altresì la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione Prima, n. 70 del 4/31 agosto 2021, con la quale è stato disposto l’accoglimento del ricorso R.G. n. 62/2021 presentato dal sig. Michele Marconi, con rinvio a questa Corte Federale d’Appello, in diversa composizione;

Posta pertanto la necessità di procedere, come statuito dal Collegio di Garanzia, all’esito della rinnovata istruttoria testimoniale, ad una nuova decisione sul reclamo della Procura Federale; visti gli atti della causa;

 Relatore nell’udienza del 26 ottobre 2021 l’Avvocato dello Stato Marco La Greca, uditi per la Procura Federale l’Avv. Giorgio Ricciardi e per il reclamato l’Avv. Alessio Piscini;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La vicenda, ora rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte Federale d’Appello, a seguito della decisione del Collegio di Garanzia – prima sezione – n. 70 del 4/31 agosto 2021, trae origine dal deferimento, disposto dalla Procura Federale con atto dell’8 febbraio 2021, al Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare – del Sig. Michele Marconi, «per violazione degli artt. 4, comma 1, e 28, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza e, segnatamente per avere, alla fine del primo tempo della gara Pisa S.C. 1909 – Chievo Verona del 22 dicembre 2020, a seguito di un’azione di gioco e di un diverbio verbale, utilizzato parole di contenuto discriminatorio e denigratorio per motivi di razza nei confronti del calciatore Obi Joel Chukwuma del Chievo Verona, proferendo le seguenti parole “la rivolta degli schiavi”». Per la ricostruzione dei fatti compresi tra tale deferimento e la originaria rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte, può farsi riferimento alla esaustiva esposizione contenuta nella citata sentenza n. 105/CFA/2020-2021, secondo cui “In fatto, era accaduto quanto segue. Intorno al minuto 40° del primo tempo della partita Pisa S.C. 1909 – Chievo Verona del 22 dicembre 2020, dopo un rilancio del portiere del Pisa, la palla giungeva in prossimità della zona destra del centrocampo; in tale area di gioco si verificava un contrasto tra il calciatore Obi del Chievo Verona ed il calciatore Marconi del Pisa, intenti a contendersi in volo il possesso del pallone; subito dopo tale contrasto si verificava, sempre in prossimità del centrocampo, uno scambio di battute tra i giocatori nel corso del quale, secondo la prospettazione accusatoria, il calciatore sig. Marconi avrebbe proferito la frase razzista che aveva determinato il deferimento.

Di tale accadimento si era immediatamente interessato il dott. Giorgio Fiorenza, collaboratore della Procura Federale, il quale aveva redatto una relazione, allegata al fascicolo di primo grado.

Nel corso del procedimento venivano uditi dalla Procura Federale i calciatori sig. JoelChukwumaObi e sig. Lu a Garritano, entrambi tesserati del Chievo Verona, il team manager del Chievo Verona, sig. Marco Pacione, il segretario sportivo del Chievo Verona, sig. Edoardo Busala, ed il tesserato del Pisa S.C. 1909, sig. Michele Marconi.

Il sig. Michele Marconi depositava anche una memoria difensiva nella quale ricostruiva dettagliatamente l’azione di gioco e lamentava la totale assenza di prove in merito all’addebito contestato e, per l’effetto, chiedeva l’archiviazione.

La Procura Federale, ritenuto che dalla complessiva attività istruttoria compiuta era emersa l’ascrivibilità dell’addebito contestato al sig. Michele Marconi, lo deferiva innanzi al Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare.

1.2 Nel corso del giudizio di primo grado il sig. Marconi depositava una memoria nella quale ricostruiva, con l’ausilio di numerosi fotogrammi estratti dalla registrazione della partita effettuata da DAZN, la fase di gioco nella quale era avvenuta la condotta contestata. Sulla base di dette immagini evidenziava alcune contraddizioni nella ricostruzione effettuata dalla Procura Federale, lamentando la non concordanza e l’incoerenza delle testimonianze rese. Allegava anche 4 fotografie relative alle proprie frequentazioni personali che, secondo lo stesso, dimostravano la propria totale estraneità ad ogni idea razzista, suprematista o discriminatoria.

Per quanto ora rileva (al netto dunque di questioni pregiudiziali già disattese dalla Sezioni Unite di questa Corte Federale d’Appello con statuizioni non oggetto di censura da parte del Collegio di Garanzia), il deferito deduceva l’insussistenza, nel merito, dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare, “evidenziando”, si legge ancora nella decisione SSUU 105/CFA/2020-2021, “che l’espressione razzista non sarebbe stata affatto pronunciata e che, comunque, tale accusa non sarebbe stata sostanziata da alcun fondamento probatorio”.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale Federale, con decisione n. 117/TFN-SD/2020/2021, pubblicata l’8 marzo 2021, respinte le eccezioni sollevate, in rito, dalla difesa del deferito, concludeva “per il mancato raggiungimento di un risultato probatorio concludente quanto all’ascrivibilità della condotta contestata al sig. Marconi” (per la quale la Procura Federale aveva chiesto comminarsi la sanzione di 10 giornate di squalifica). Tanto in ragione del fatto che, ad avviso del Tribunale e sempre ripercorrendo la puntuale ricostruzione contenuta nella decisione SSUU 105/CFA/2020-2021, “non” erano “stati raggiunti sufficienti elementi probatori che” rendessero “non solo manifesto, ma neppure verosimile, il comportamento discriminatorio sostanziato dalla frase razzista attribuita al calciatore Marconi. Secondo il Tribunale, in totale difetto di prove oggettive e palesi, sarebbe stata necessaria almeno la ricorrenza di elementi indiziari chiari, precisi e concordanti, nella specie ritenuti mancanti per assenza di linearità, coerenza ed esaustività delle dichiarazioni raccolte dalla Procura. Né l’intrinseca gravità di una frase razzista avrebbe potuto giustificare la deroga al basilare principio di prova che governa anche il procedimento disciplinare”.

Indi, “Il Procuratore Federale, con tempestivo atto del 14 marzo 2020”, proponeva “reclamo avverso la predetta decisione”.

Si costituiva in giudizio “il sig. Michele Marconi” che articolava memoria con la quale, sempre per quanto ora rileva, chiedeva in via principale “la conferma della decisione del Tribunale ed il conseguente rigetto del reclamo”, in via subordinata “che” venisse “disposto comunque il proprio proscioglimento dall'illecito contestato e, in mero e denegato subordine”, che “la sanzione irrogata” fosse “contenuta nel minimo di giustizia, concesse anche le circostanze attenuanti. In via di ulteriore e denegata ipotesi di mancata reiezione del reclamo proposto dal Procuratore Federale, il sig. Marconi” chiedeva, altresì, “l’ammissione della prova per testi, sul capitolo di prova ivi specificatamente articolato, e l'acquisizione dalla FIGC — LNP Serie B dei referti degli arbitri della gara Pisa — Chievo del 18 dicembre 2020”.

Nel corso del giudizio, “avvalendosi dei poteri di indagine e di accertamento demandati agli Organi di Giustizia sportiva dall’art. 50, comma 3, del CGS”, il Collegio giudicante demandava alla Procura federale:

“… l’accertamento dei fatti in contestazione mediante l’acquisizione delle dichiarazioni dei calciatori sig. Michele Rigione, sig. Alessandro De Vitis e dei tecnici e giocatori che sedevano sulla panchina del Chievo Verona, fissando il termine per l’incombente istruttorio di 15 (quindici) giorni;

- … l’acquisizione del video, comprensivo di audio, dell’episodio in contestazione, con onere di comunicazione alla controparte e di produzione in giudizio in tempo utile per l’udienza di merito;

- … l’acquisizione dalla Lega nazionale professionisti serie B dei referti degli arbitri della gara Pisa S.C. 1909 - Chievo Verona del 22 dicembre 2020, con onere di comunicazione alla controparte e di produzione in giudizio in tempo utile per l’udienza di merito”.

 La Procura Federale ottemperava all’ordinanza istruttoria versando il materiale probatorio alla Corte Federale d’Appello in data 16 aprile 2021.

All’udienza del 5 maggio 2021, il difensore del reclamato lamentava “la violazione del diritto ad un giusto processo e del diritto di difesa, in quanto, a seguito dell’ordinanza istruttoria” disposta dal Collegio, “le dichiarazioni testimoniali” erano “state acquisite in assenza di contradditorio, e per l’effetto, ne” deduceva “l’inutilizzabilità”, lamentando inoltre “la persistente contraddittorietà delle dichiarazioni testimoniali relativamente alla collocazione temporale dell’evento in esame” e rimarcando “la lacunosità dell’impianto accusatorio”.

Con la più volta citata decisione n. 105/CFA 2020/2021, il Collegio dichiarava in primo luogo infondata l’eccezione relativa alla modalità di assunzione dei testi, in ragione della rilevata adozione, nel processo sportivo federale (articoli 37, comma 6, e 50, comma 3, CGS), di un modello “inquisitorio” (e non dispositivo/accusatorio), tale per cui non potendo trovare applicazione “istituti propri di altri ordinamenti”, l’assunzione delle prove, tra l’altro con l’integrale accoglimento delle istanze formulate dalla difesa dell’incolpato, doveva ritenersi legittima; sulla base, quindi, degli elementi probatori raccolti, il Collegio riteneva, da una parte, di potere considerare accertato che l’incolpato avesse effettivamente pronunciato la frase “la rivolta degli schiavi” nei confronti del calciatore Obi Joel Chukwuma, e, dall’altro, che tale espressione integrasse “gli estremi del comportamento discriminatorio, previsto e punito dall’art. 28 CGS, in quanto volta ad attribuire al destinatario dell’offesa una condizione di inferiorità, connotata da ostilità discriminatoria a sfondo razziale”. Per l’effetto, in accoglimento del reclamo proposto dalla Procura e così in riforma della decisione del Tribunale federale, al calciatore veniva comminata la sanzione della squalifica per 10 giornate effettive di gara.

Avverso tale decisione il Marconi proponeva ricorso ex art. 59 del Codice della giustizia sportiva del Coni, al Collegio di Garanzia dello sport del Coni stesso, con il quale, ancora per quanto ora rileva, deduceva l’illegittima assunzione delle prove delegate alla Procura Federale, in quanto i testi erano stati sentiti non nel contraddittorio con la parte reclamata, senza la concessione di un termine a difesa e senza la “previa indicazione alle parti degli elementi di prova ritenuti utili”; deduceva altresì, sia pure sotto il profilo della “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, la erronea valutazione del materiale probatorio da parte del Giudice del reclamo, nonché la “omessa valutazione in ordine all’ipotetica applicazione dell’attenuante di cui all’art. 13, comma 2, CGS FIGC; omessa applicazione di tale norma”.

Si costituiva in giudizio la FIGC, diffusamente argomentando (anche nell’ambito dello scambio di memorie disposto ai sensi dell’articolo 60, comma 4, CGS CONI), nel senso della inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso.

All’esito del procedimento, il Collegio di Garanzia, respinti i motivi reiterativi di questioni pregiudiziali già risolte in senso sfavorevole da questa Corte, accoglieva il ricorso con riferimento al motivo relativo alle modalità di acquisizione delle prove, per violazione del principio del contraddittorio, “elevato a rango costituzionale ai sensi della legge n. 2 del 23 novembre 1999”  e comunque, ad avviso del Collegio di Garanzia, applicabile al processo sportivo in virtù del rinvio “alle norme generali del processo civile operato con il comma 6 dell’art. 2 del CGS CONI”.

Tale principi non sono stati rispettati, ha statuito il Collegio di Garanzia, in quanto “ l’utilizzo dei poteri officiosi in tema di istruzione probatoria, da parte dei giudici federali ex art. 9 e 36 CGS CONI, non può spingersi, come accaduto nel caso di specie, fino a demandare alla Procura Federale l’acquisizione di testimonianze senza che la controparte interessata venisse messa nelle condizioni di esaminare in contraddittorio i testimoni indicati dagli stessi giudici federali. Invero, l’art. 60, comma 6, CGS FIGS dispone che «Lo svolgimento della testimonianza è regolato dall'organo giudicante. Le domande sono rivolte ai testimoni solo dall'organo giudicante; le parti potranno rivolgere all'organo giudicante istanze di chiarimenti, nei limiti di quanto strettamente necessario all’accertamento del fatto controverso. L'organo giudicante, alla fine della testimonianza, chiede alle parti se vi siano ulteriori domande proponendole, ove lo ritenga utile ai fini del decidere, al testimone».

Orbene, nel caso di specie risulta evidente che la CFA ha fondato la propria decisione sulle dichiarazioni testimoniali raccolte dalla Procura Federale senza che all’assunzione di tali prove partecipasse il Marconi, che, a maggior ragione considerando il diverso rilievo attribuito dal Giudice di prime cure alle dichiarazioni testimoniali già acquisite, doveva essere messo in condizione di esercitare i diritti disciplinati dal testé citato comma 6 dell’art. 60 CGS FIGC”.

“In altre parole”, ha osservato dunque il Collegio di Garanzia, “il fatto che la CFA potesse disporre di ufficio le prove, eventualmente delegandone l’acquisizione anche alla Procura Federale, non esimeva certo dal doversi rispettare le regole del contraddittorio in sede di assunzione di dette <prove> delegate”.

Ulteriormente, è stato anche ritenuto rilevante, nella evidenziata prospettiva della violazione del principio del contraddittorio, il “fatto che la Procura Federale” abbia trasmesso “la documentazione e gli scritti contenenti le testimonianze il 16 aprile 2021, nella forma di atti di indagine sottoposti a segreto istruttorio, e l’udienza di discussione si sia celebrata il 5 maggio 2021”, dunque senza che l’incolpato avesse la possibilità “di produrre ulteriori deduzioni difensive ai sensi dell’art. 62, comma 4, CGS”.

Di qui “l’annullamento con rinvio della decisione della Corte Federale di Appello impugnata, affinché la stessa Corte, in diversa composizione, provveda, nell’esercizio dei poteri dei poteri di indagine e di accertamento ad essa demandati dall’art. 50, comma 3, del CGS FIGC, all’escussione dei testimoni in coerenza con l’art. 60, comma 6, dello stesso Codice, a mente del quale «Lo svolgimento della testimonianza è regolato dall'organo giudicante. Le domande sono rivolte ai testimoni solo dall'organo giudicante; le parti potranno rivolgere all'organo giudicante istanze di chiarimenti, nei limiti di quanto strettamente necessario all’accertamento del fatto controverso. L'organo giudicante, alla fine della testimonianza, chiede alle parti se vi siano ulteriori domande proponendole, ove lo ritenga utile ai fini del decidere, al testimone»”.

Rimessa dunque la causa a queste Sezioni Unite, nella composizione indicata in epigrafe, veniva fissata udienza per il giorno 20 settembre 2021, alla quale partecipavano i difensori sia della Procura che del reclamato; all’esito, con ordinanza istruttoria n. 2/CFA/2021-2022, il Collegio, “avvalendosi dei poteri di indagine e di accertamento demandati agli Organi di Giustizia sportiva”, così disponeva:

“- demanda alla Procura federale - in persona diversa dai soggetti che in precedenza hanno partecipato al procedimento – avuto riguardo anche alle esigenze di speditezza della presente procedura, l’accertamento dei fatti in contestazione mediante una nuova acquisizione delle dichiarazioni dei calciatori sig. Michele Rigione, sig. Alessandro De Vitis e dei tecnici e giocatori che sedevano sulla panchina del Chievo Verona;

- fissa il termine di20 (venti) giorni dalla data della presente ordinanza per l’incombente istruttorio -da effettuarsi n l rispetto dei principi del contraddittorio, del giusto processo e del diritto di difesa, richiamati nella citata decisione del Collegio di Garanzia n. 70 del 31 agosto 2021 - e la conseguente produzione in atti”.

Per il prosieguo, veniva fissata l’udienza del 26 ottobre 2021.

Escussi i testi e versata la relativa documentazione da parte dell’Autorità delegata il giorno 14 ottobre 2021, all’udienza presenziavano i difensori di entrambe le parti, che discutevano oralmente la causa, ribadendo i rispettivi assunti. La difesa del reclamato, che non aveva depositato memoria in vista dell’udienza, ribadiva la “riserva di impugnazione” già formulata con atto depositato in data 29 settembre 2021, in relazione alla disposta delega alla Procura per l’assunzione dei testi; nel merito, come accennato, reiterava gli assunti già svolti in precedenza, anche in relazione, in via di estremo subordine, alla richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 13, comma 2, CGS.

Il reclamo veniva dunque trattenuto in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di tardività della memoria della Procura. In base all’articolo 103, comma 1, CGS, “fino a tre giorni prima della data fissata per l’udienza… le parti possono depositare memorie, indicare i mezzi di prova di cui intendono avvalersi e produrre documenti”.

 Mancando una specifica e diversa indicazione, detti giorni sono da intendersi come non “liberi” (CFA – Sezioni Unite – decisione n. 23/2020-2021).

Si tratta poi di un termine assegnato alle “parti”, tra le quali, non essendo specificato che si tratti solo di alcune e ben individuate di esse, va certamente inclusa la Procura (ancora CFA – Sezioni Unite – decisione n. 23/2020-2021).

 Rispetto all’udienza fissata per il giorno 26 ottobre 2021, il termine assegnato dall’articolo 103, comma 1, CGS, veniva dunque a scadere, per tutte le parti, il 23 ottobre 2021.

Eccepisce la parte reclamata che, detto giorno cadendo di sabato, il termine si sarebbe dovuto anticipare al venerdì.

Occorre al riguardo rilevare che l’equiparazione del sabato al giorno festivo è prevista dall’articolo 155, quinto comma, del codice di procedura civile, disposizione non replicata dall’articolo 52 del CGS, relativo al “computo dei termini”.

La questione è stata già affrontata dalle Sezioni Unite di questa Corte Federale d’Appello, proprio in relazione ad un termine a ritroso scadente il sabato, per il quale è stato affermato che “la lacuna dell’ordinamento va colmata con il rinvio esterno operato dall’art. 3, comma 2 CGS, al Codice di giustizia del Coni, il quale all’art. 2, comma 6, a sua volta dispone: <Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile>” (CFA - Sezioni Unite – decisione n. 72/2020-2021).

Circa l’interpretazione da darsi al citato art. 155 c.p.c., pacifica giurisprudenza della Suprema Corte, richiamata nello stesso precedente appena citato, ha poi chiarito che “l'art. 155 c.p.c., comma 4 (diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo) e il successivo quinto comma del medesimo articolo (introdotto della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. f, e diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato) operano anche con riguardo ai termini che si computano <a ritroso>, ovvero contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. Tale operatività, peraltro, deve correlarsi alle caratteristiche proprie di siffatto tipo di termine, producendo il risultato di individuare il dies ad quem dello stesso nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo” (Cass., sezione VI, 14 settembre 2017, n. 21335; anche sezione VI, 12 marzo 2020, n. 7068 e sezione lavoro, 10 gennaio 2020, n. 301).

La memoria della Procura risulta dunque tardivamente depositata.

2. Per quanto concerne la questione relativa alla (peraltro irrituale) riserva di impugnazione formulata dalla parte reclamata, mette conto rilevare, in questa sede, come il Collegio di Garanzia, con la decisione di rinvio, abbia valorizzato il profilo relativo al rispetto del principio del contraddittorio, sia in fase di assunzione della prova che in relazione alla possibilità di controdedurre. E’ stata, invece, dalla stessa decisione del Collegio di Garanzia, con il passaggio motivazionale riportato nella ricostruzione dei fatti e del processo, fatta salva la possibilità che per l’assunzione della prova venisse delegata la Procura. Questa Corte, con la dianzi ricordata ordinanza istruttoria, ha fatto un uso consapevole ed accorto di tale possibilità, raccomandando espressamente che la Procura federale “in persona diversa dai soggetti che in precedenza hanno partecipato al procedimento”, procedesse ad una nuova acquisizione delle dichiarazioni delle persone specificatamente indicate dalla Corte, “ne lrispetto dei principi del contraddittorio, del giusto processo e del diritto di difesa”, curando anche “la produzione in atti” affinché le parti potessero poi controdedurre in vista dell’udienza. Le prescrizioni del giudicante risultano essere state rigorosamente osservate: il difensore della parte reclamata ha regolarmente partecipato alle audizioni, formulando domande che sono state puntualmente verbalizzate, e non ha mosso obiezioni di sorta in relazione al concreto svolgimento delle audizioni stesse. La documentazione relativa è poi stata tempestivamente versata in atti, senza che, peraltro, la parte abbia ritenuto di avvalersi della facoltà, al cui esercizio erano orientate le prescrizioni della Corte circa l’onere di “produzione in atti” da parte dell’Autorità delegata, di depositare memoria in vista dell’udienza.

3. Tanto preliminarmente osservato in linea generale, deve rilevarsi, venendo al merito del giudizio, che le persone sentite nel corso delle nuove audizioni hanno ribadito quanto già in precedenza dichiarato.

Ripercorrendo l’iter argomentativo della sentenza Sezioni Unite n. 105/CFA/2020-2021, è utile muovere dalle risultanze dei documenti redatti “nell’immediatezza del fatto e da soggetti terzi”, iniziando dalla relazione di controllo del dott. Fiorenza, collaboratore della Procura Federale, che dichiarava:

- di essere stato “attratto da un gruppo di giocatori e dirigenti del Chievo che si erano alzati dalla panchina per segnalare al quarto uomo una  frase che il giocatore del Pisa Michele Marconi, pare a seguito di uno scontro di gioco, avrebbe indirizzato al giocatore e vice capitano del Chievo Obi Joel Chukwuma. La frase incriminata sarebbe: <è la rivolta degli schiavi>”;

- di essersi, pertanto, recato, alla fine del primo tempo, “nello spogliatoio degli arbitri per chiedere loro se avessero sentito pronunciare la frase de qua, ma la risposta è stata negativa ed anzi, l'arbitro Sig. Alberto Santoro ed il quarto uomo sig. Federico Dionisi, hanno aggiunto che se avessero sentito pronunciare una frase del genere sarebbero immediatamente intervenuti”;

 - di aver subito dopo incontrato “due dirigenti del Chievo Verona, i quali con toni concitati, dicono che la frase era stata registrata da DAZN e che era chiaro l’intento razzista, discriminatorio ed offensivo del giocatore del Pisa”.

Anche nel referto arbitrale, acquisito a seguito dell’ordinanza istruttoria nella precedente fase svoltasi avanti a questa Corte, si dà atto dell’episodio in esame e, precisamente, l’arbitro, sig. Alberto Santoro, ha dichiarato: “durante l’intervallo, dopo essere entrati in campo per iniziare il secondo tempo, il calciatore Giaccherini Emanuele n. 17 del Chievo Verona si avvicinava al sottoscritto dicendo: <per correttezza le comunico che a fine gara in conferenza stampa denuncerò che Marconi (n. 31 del Pisa) durante il primo tempo ha rivolto una frase razzista all’indirizzo di Obi (n. 10 del Chievo Verona), né il sottoscritto, né gli altri ufficiali di gara abbiamo sentito e visto quanto riportato dal calciatore Giaccherini Emanuele>”.

Come già rilevato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 105/CFA/2020-2021, “E’ dunque innanzitutto dall’esame di detti documenti ufficiali, redatti nell’immediatezza del fatto e da soggetti terzi, che risulta acclarato che durante la partita vi è stato un diverbio verbale tra il sig. Marconi ed il sig. Obi. Peraltro, lo stesso sig. Marconi, in sede di audizione, ha confermato di aver proferito una frase dopo lo scontro di gioco avuto con il sig. Obi, seppure di diverso contenuto rispetto a quella attribuitagli dalla Procura reclamante, ovvero <cosa vogliono questi scarsi di merda, che cazzo parlano>”.

Non è dunque revocabile in dubbio, a fronte delle contrarie deduzioni della parte reclamata, che vi sia stato un diverbio tra i due calciatori (Marconi e Obi).

Occorre dunque accertare le circostanze di tale diverbio e se la frase incriminata sia stata effettivamente pronunciata.

Ritiene il Collegio che, innanzi tutto, debbano essere nuovamente valorizzate le dichiarazioni rese dal calciatore Sig. Obi, il quale così narrò l’episodio: “dopo un rinvio del pallone, io ho cercato di anticipare il giocatore del Pisa Marconi che sopraggiungeva alle mie spalle. Quest'ultimo ha commesso fallo su di me ed io, con l'arbitro vicino, ho chiesto la punizione a favore ma lui mi ha detto di continuare perché non c'era fallo. Subito dopo Marconi mi ha detto la frase <la rivolta degli schiavi>. Il mio compagno di squadra Michele Rigione che era vicino, in quel momento si è rivolto a Marconi dicendogli: <come ti permetti>. Alla fine del primo tempo ho chiesto al team manager Pacione di intervenire e fare qualcosa e lui intanto mi ha calmato. Nel secondo tempo, in varie fasi della gara Marconi ha cercato di scusarsi con me ed i miei compagni dicendo che non era razzista e che aveva amici di colore. Io non ho accettato le sue scuse e così i compagni miei di squadra”. Il sig. Obi ha inoltre precisato di aver “capito e compreso la frase che mi è stata rivolta non subito perché concentrato sul prosieguo del gioco ma dopo poco ho metabolizzato il tutto”. Al riguardo, questo Collegio ritiene di condividere l’assunto secondo cui si tratta di dichiarazioni chiare, coerenti, non equivocabili; esse, tra l’altro, trovano riscontro nelle altre dichiarazioni testimoniali, iniziando da quella del sig. Pacione, sentito dalla Procura due giorni dopo i fatti, il quale così ebbe a dichiarare: “alla fine del primo tempo, penso negli ultimi 5 minuti, io ero in panchina e a seguito di un contrasto tra Obi e Marconi abbiamo tutti distintamente sentito il giocatore del Pisa dire: <la rivolta degli schiavi>. A questo punto ci siamo alzati ed abbiamo tutti protestato. Si è trattato di una frase mai udita su di un campo di calcio o sugli spalti perché è una frase particolare e diversa dalle solite… il nostro giocatore a fine tempo era scosso e mi ha chiesto di intervenire a suo favore per calmarlo e per evitare che la gara degenerasse”.

Nello stesso senso depongono anche le ulteriori dichiarazioni testimoniali assunte dall’Autorità delegata, in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di questo Collegio, con le prescritte modalità rispettose del principio del contraddittorio, che risultano sostanzialmente confermative delle precedenti.

In particolare:

- Il Sig. Michele Rigione ha d chiarato: “M ricordoche il sig. Obi, dopo uno scontro di gioco invitava il si .Marconiad alzarsi. Il Sig. Marconi gli rispondeva: <parlano proprio tutti questa è la rivolta degli schiavi>… Mi ricordo che la palla è andata in fallo laterale. Ho detto al sig. Marconi che queste non sono frasi da dire. Il Sig. Marconi ha iniziato a trovare delle scuse sostenendo che quanto detto non era riferito al signor Obi”. A domanda del legale del reclamato, lo stesso Sig. Rigione ha precisato di trovarsi “a pochi metri dal sig. Marconi” nel momento in cui questi ha pronunciato la frase;

- il Sig. Guillaume René Saverio Enzo Gigliotti ha dichiarato: “ricordo che in campo è avvenuto un normale scontro di gioco tra Obi e il calciatore del Pisa Marconi e non è stato concesso fallo. Marconi si è rivolto al mio compagno Obi e gli ha espressamente detto <ma che cos’è, la rivolta degli schiavi>”;

- il Sig. Andrea D’Alessandro ha dichiarato: “Ricordo di aver sentito proferire dal sig. Marconi la frase <la rivolta degli schiavi>”. A domanda del legale del reclamato ha precisato di avere udito la frase dalla panchina del Chievo, e che “ il fatto è avvenuto in linea d’aria di fronte alla panchina del Chievo a circa 5-6 metri”.

- Il Sig. Alfredo Aglietti ha dichiarato: “ la frase in questione <La rivolta degli schiavi> era stata pronunciata dal calciatore Marconi nei confronti del mio calciatore Obi. come ho detto precedentemente a voi della Procura mi trovavo a circa dieci metri dallo scontro di giuoco. Detta frase era rivolta chiaramente ad Obi da parte del Marconi”. A domanda del legale del reclamato, ha altresì precisato, circa la dinamica, che “c'è stato un rinvio dalla difesa virgola di tipo alto, il calciatore Marconi e Obi hanno conteso la palla e nel contrasto ne è derivata la frase precedentemente detta” e, circa il tono, che “non ha urlato Marconi ma l'ha detta a Obi che era vicino a lui. Io che ero in panchina ho sentito perfettamente la frase”;

- Il sig. Michael Fabbro ha dichiarato: “sì, ricordo che il signor Marconi dopo il contrasto di gioco che avete citato ha riferito la seguente frase <la rivolta degli schiavi>; sia io che gli altri componenti la panchina, che eravamo vicino al punto in cui è avvenuto lo scontro di gioco, abbiamo perfettamente sentito tale frase attirando l'attenzione del quarto uomo e dell'arbitro”. Ed ancora: “finito il primo tempo il mio compagno Obi era nervosissimo per l'accaduto e per questo al termine della gara sono andato nello spogliatoio del Pisa ed ho chiesto a Marconi, in quanto dispiaciuto dell'accaduto ed anche perché avevo militato nel Pisa e lo conoscevo il perché avesse proferito tale frase. Lo stesso mi rispondeva che la frase non era di stata rivolta ad Obi ma nei confronti della squadra del Chievo”;

- Il signor Luca Palmiero ha dichiarato: “Ricordo che il signor Marconi dopo un contrasto di gioco si è rivolto al signor Obi dicendogli <la rivolta degli schiavi>. Io ero in panchina”;

- Il sig. Emanuele Zuelli ha dichiarato: “Si mi ricordo, ero in panchina e l'azione si è svolta all'altezza della linea di centrocampo e vicino alla nostra panchina. Ricordo che la gara si è svolta senza il pubblico per le restrizioni del COVID e dopo un fallo di gioco che il mio compagno Obi ha fatto nei confronti del Marconi quest'ultimo si è girato verso il mio compagno con tono abbastanza forte ha espresso la frase <la rivolta degli schiavi>. Subito dopo, noi giocatori presenti in panchina ci siamo rivolti verso il quarto uomo chiedendo se avesse sentito la frase pronunciata da Marconi nei confronti di Obi. Alcuni di noi si sono anche alzati per parlare con il quarto uomo il quale ci ha detto di sederci non avendo sentito alcunché; ricordo che lo stesso si trovava in prossimità della linea il centrocampo. Al termine del primo tempo io ed altri miei compagni ci siamo avvicinati all'arbitro per capire se avesse sentito qualcosa ma anche lui ci ha detto che non aveva sentito nulla”. A domanda del legale del reclamato lo stesso Zuelli ha precisato: “ il fallo è avvenuto di fronte alla nostra panchina a circa 10 15 metri così come la reazione di Marconi”.

Come osservato anche dal Collegio precedentemente investito della questione, si tratta di dichiarazioni precise e concordanti, con riferimento a tutte le circostanze del fatto (momento e luogo in cui è avvenuto il fatto, la dinamica, il tenore della frase).

Rispetto alle dichiarazioni rese in precedenza è poi emerso un ulteriore elemento, relativo al fatto che il Marconi (si veda dichiarazione del sig. Fabbro) ha riconosciuto di avere pronunciato la frase, sia pure affermando di averla intesa rivolgere alla squadra del Chievo e non al calciatore Obi.

Vanno poi ripercorse anche le dichiarazioni di quanti hanno affermato di non avere ascoltato direttamente la frase, trovandosi non in prossimità del luogo in cui era avvenuto lo scontro, e che comunque confermano, indirettamente, le dichiarazioni precedentemente riportate;

In particolare:

- Il sig. Andrea Seculin ha dichiarato: “non ho sentito nessuna frase da parte del calciatore Marconi. Dopo” lo scontro “ho visto del caos in panchina e ho sentito il mio compagno Palmiero Luca che si lamentava che lui aveva sentito pronunciare dal calciatore Marconi la seguente frase <ma cos'è la rivolta degli schiavi?>”;

- Il sig. Massimo Bertagnoli ha dichiarato: “la frase detta da Marconi è stata sentita da alcuni miei compagni in panchina e si sono rivolti all'arbitro. La frase proferita dal Marconi che è stata sentita dai miei compagni in panchina è <la rivolta degli schiavi>”;

- il sig. Cesar Vinicio Cervo De luca ha dichiarato: “No, non ho sentito nulla perché in quel momento ero concentrato a prendere appunti di giuoco. Al termine del primo tempo ho chiesto al mio giocatore Obi\ cosa era successo lo stesso mi riferiva che dopo normale scontro il gioco con Marconi questi gli aveva detto <la rivolta degli schiavi>”.

Nello stesso senso si sono pronunciati anche i signori Antonio Agostini e Amato Ciciretti che pure hanno confermato di non avere sentito direttamente la frase ma che i compagni presenti in panchina l’avevano precisamente riportata nei termini esposti anche dagli altri testi.

Le dichiarazioni dianzi riportate sono concordi nel collocare temporalmente il fatto, nel riferire la frase incriminata e il contesto in cui è stata pronunciata.

Occorre osservare che il Marconi ha affermato d avere pronunciato una frase di diverso contenuto che, però, non ha trovato riscontro in nessuna dichiarazione testimoniale. Lo stesso Alessandro De Vitis, tesserato del Pisa ed indicato quale teste da parte del reclamato, si è limitato ad affermare di non avere sentito alcuna frase (nemmeno quella che a detta del Marconi sarebbe stata in realtà pronunciata).

A quanto sin qui ricostruito, si aggiunge l’ulteriore elemento, già vagliato da questa Corte con la decisione n. 105/CFA/2020-2021, consistente nel video della partita, da cui risulta che nell’immediatezza del fatto, precisamente al minuto 41.59, il telecronista ha interrotto la telecronaca per lasciare la parola all’operatore in campo, il quale testualmente dichiarava che si era verificata «una questione abbastanza delicata, la panchina del Chievo si lamenta nei confronti del Pisa perché Marconi avrebbe pronunciato una frase razzista nei confronti di Obi». Detta circostanza è stata anche confermata dal calciatore Garritano nell’intervista rilasciata a fine partita.

Alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene di non doversi discostare dalle conclusioni cui questa Corte era giunta con la più volte citata decisione n. 105/CFA/2020-2021, nel senso della affermazione della responsabilità del Sig. Marconi rispetto al fatto contestato, e tanto anche in applicazione del consolidato principio secondo cui nei procedimenti di giustizia sportiva “il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio”.

Non può poi dubitarsi circa la riconduzione della frase incriminata nell’alveo delle condotte sanzionate ai sensi dell’articolo 28 CGS, trattandosi di una odiosa espressione denigratoria e discriminatoria per ragioni di razza.

Non vale a negare la responsabilità dell’atleta, rispetto al fatto contestato, la circostanza, più volte richiamata dalla difesa del reclamato, circa una condotta di vita da parte di quest’ultimo ispirata in senso contrario a forme di discriminazione razziale.

La responsabilità accertata nella presente sede attiene invero esclusivamente allo specifico fatto contestato, non anche alla generale personalità o alla stile di vita dell’incolpato.

Di ciò, del resto, anche nella presente composizione la Corte intende tenere conto disponendo l’applicazione della squalifica per 10 giornate, corrispondenti al minimo previsto dall’articolo 28, comma 2, CGS, e senza l’applicazione di sanzioni pecuniarie.

Per quanto concerne, poi, la richiesta applicazione delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 13, comma 2, CGS, ritiene il Collegio che non ve ne siano i presupposti.

Si tratta invero di circostanze certamente atipiche, nel senso che non sono previamente indicate dalla disposizione, ma che non possono essere “generiche”, come sembra assumere la parte reclamata, quanto alla loro prospettazione; tanto ciò è vero che il Collegio  è tenuto ad espressamente  motivare su di esse e se, come nel caso di specie, la valutazione sulla sussistenza di circostanze attenuanti è sollecitata dalla parte, la stessa è anche onerata di una puntuale loro illustrazione, A fronte di ciò, la prospettazione della parte reclamata è per l’appunto del tutto generica, richiamando elementi che, ove accoglibili, il Collegio ritiene di avere già adeguatamente valorizzato con l’irrogazione della squalifica nella misura minima prevista dall’articolo 28, comma 2, CGS, senza l’applicazione di sanzioni pecuniarie.

Il reclamo della Procura è dunque fondato e deve essere accolto, con la conseguente riforma della decisione impugnata.

P.Q.M.

Accoglie il reclamo proposto dalla Procura federale per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale (sezione disciplinare) n. 117/TFN-SD/2020-2021 e, per l'effetto, ai sensi dell'art 28, comma 2, C.G.S., irroga la sanzione della squalifica di 10 (dieci) giornate effettive di gara al calciatore Michele Marconi.

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.

 

L'ESTENSORE

Marco La Greca

 

IL PRESIDENTE

Salvatore Mezzacapo

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

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