F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0039/CFA pubblicata il 6 Dicembre 2021 (motivazioni) – Procura federale – Sig. De Sarlo Antonio – Imolese Calcio 1919 s.r.l.

Decisione/0039/CFA-2021-2022

Registro procedimenti n. 0044/CFA/2021-2022

Registro procedimenti n. 0045/CFA/2021-2022

Registro procedimenti n. 0046/CFA/2021-2022

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Mezzacapo – Componente

Claudio Franchini – Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

Gaetano Caputi - Componente (relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui reclami:

0044/CFA/2021-2022 proposto dalla Procura federale presso la FIGC, in persona del legale rappresentante pro tempore, in data 9.11.2021;

0045/CFA/2021-2022 proposto dal Sig. De Sarlo Antonio in data 10.11.2021, rappresentato e difeso dall’Avv. Luis Vizzino;

0046/CFA/2021-2022 proposto dalla società Imolese Calcio 1919 s.r.l., in persona del legale rappresentane pro tempore, in data 10.11.2021, rappresentata e difesa dall’Avv. Luis Vizzino;

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare- n. 51/TFN-SD 2021/2022, pubblicata in data 3.11.2021;

Visti i reclami e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 3.12.2021, il Dott. Gaetano Caputi e uditi il Dott. Luca Scarpa per la Procura Federale e l’Avv. Luis Vizzino per la società Imolese Calcio 1919 s.r.l. e per il Sig. De Sarlo Antonio; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La presente vicenda origina dal deferimento innanzi al Tribunale Federale Nazionale di De Sarlo Antonio, nella qualità di rappresentante legale della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. nonché rappresentante legale della società ADJ 13 Promotion s.r.l., acquirente della totalità delle quote dell’Imolese Calcio 1919 s.r.l.

Nei confronti del De Sarlo, considerata la duplice veste rivestita dal medesimo, la Procura federale contestava con il capo A) l’omessa vigilanza affinché venisse prodotta alla FIGC-Commissione acquisizione partecipazioni societarie tutta la documentazione prevista dall’art. 20-bis delle NOIF e che in tale contesto venisse depositata attestazione bancaria, da parte dell’acquirente, inerente i requisiti di solidità finanziaria conforme alle prescrizioni normative in materia, e comunque per non essersi attivato in ordine al rituale deposito di tale documentazione e per non avere segnalato agli organi competenti tale condotta omissiva.

In virtù del capo B), nei confronti del De Sarlo era contestata altresì, nella qualità di legale rappresentante della società acquirente, il deposito di una attestazione bancaria non conforme alle prescrizioni regolamentari in materia, con ciò impedendo la verifica dell’esistenza dei requisiti di cui all’art. 20-bis, comma 3, NOIF.

La società Imolese Calcio 1919 s.r.l., poi, era chiamata a rispondere a titolo di responsabilità diretta per il comportamento del suo legale rappresentante, nonché per responsabilità oggettiva per il comportamento dell’acquirente e a titolo di responsabilità propria per la violazione dell’art. 32, comma 5-bis CGS.

Le parti interessate ricorrevano deducendo l’assenza di condotta illecita, perché la documentazione prodotta sarebbe stata così predisposta dalla banca interessata in base a ragioni interne alla stessa previste nei protocolli della banca stessa, e comunque implicitamente dalla documentazione prodotta si potevano arguire le attestazioni richieste dalla disposizione regolamentare richiamata, anche in ossequio al principio di libertà delle forme. In ogni caso, in epoca successiva, la stessa banca avrebbe provveduto al rilascio della attestazione in parola nelle forme richieste dalla FIGC.

La società acquirente, in questo contesto, avrebbe prodotto tutto quanto nelle sue potenzialità, in quanto il mancato rilascio sarebbe determinato esclusivamente dalle procedure interne della banca.

La società Imolese Calcio 1919 s.r.l., per parte sua, deduceva la contraddittorietà della contestazione, in quanto in definitiva lo stesso soggetto sarebbe chiamato a rispondere nella duplice veste.

In subordine, invocava una riconsiderazione della effettiva gravità delle condotte contestate.

Con la decisione oggetto del presente reclamo, il Tribunale Federale Nazionale, ha sanzionato la Imolese Calcio 1919 s.r.l. con l’ammenda di 10.000,00 euro, e il De Sarlo con 6 mesi di inibizione.

Avverso tale decisione ha proposto reclamo la Procura Federale limitatamente alla sanzione irrogata nei confronti della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. per due ordini di motivi.

Con primo motivo, la Procura federale si duole della incongruità della sanzione per avere il Tribunale federale nazionale non correttamente qualificato l’illecito sanzionato, così addivenendo ad un trattamento sanzionatorio reputato dal reclamante non corretto.

Con altro motivo, la parte reclamante si duole altresì della non corretta qualificazione come residuale della fattispecie contestata rispetto a quella ritenuta in sentenza, contestando anche in questo caso una non corretta ricostruzione del contesto normativo di riferimento.

Conclusivamente, ha chiesto la riforma della sentenza impugnata con l’applicazione di due punti di penalizzazione nei confronti della Imolese Calcio 1919 s.r.l. da scontare nella corrente stagione sportiva.

Si è costituita la Imolese Calcio 1919 s.r.l. proponendo autonomo reclamo avverso la medesima decisione del Tribunale federale nazionale del quale si contesta la fondatezza perché nessuna violazione sarebbe stata in concreto perpetrata: nessuna responsabilità sarebbe addebitabile alla Imolese Calcio 1919 s.r.l. in quanto non aveva alcuna capacità rispetto alle rassicurazioni ottenute dalla banca sulla bontà della documentazione in oggetto. In ogni caso, la solidità finanziaria sarebbe stata rispettata e tutelata mediante le certificazioni della banca medesima. Ha quindi concluso per la riforma della decisione di primo grado, prosciogliendo la Imolese Calcio 1919 s.r.l.

Con autonomo atto di reclamo anche De Sarlo Antonio ha contestato la medesima decisione, ravvisando la assenza di condotta disciplinarmente rilevante in quanto la forma della attestazione rilasciata dalla banca non era disponibile dallo stesso De Sarlo, in ogni caso sussistevano i requisiti di solidità finanziaria richiesti, le attestazioni bancarie richieste dalla normativa in riferimento sarebbero alternative, e pertanto non vi sarebbe alcuna violazione sanzionabile in quanto nessuna lesione si sarebbe materializzata.

Concludeva pertanto con la richiesta di riforma della sentenza impugnata e il proscioglimento del De Sarlo.

All’udienza in data 3.12.2021 sono comparsi:

- per la Procura federale, il dr. Luca Scarpa, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del reclamo e la riforma della sentenza impugnata;

- l’avv. Luis Vizzino per la società Imolese Calcio 1919 s.r.l., ribadendo le tesi esposte e riportandosi ai corrispondenti atti di reclamo depositati e concludendo per la riforma della sentenza impugnata con il proscioglimento della società;

- l’avv. Luis Vizzino per De Sarlo Antonio che ha concluso per la riforma della sentenza impugnata e l’affermazione di assenza di responsabilità dell’assistito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente all’esame del merito, stanti evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, i differenti reclami proposti vanno riuniti, trattandosi di impugnazioni della medesima decisione di primo grado, assunta con la partecipazione delle stesse parti, e la cui legittimità è stata contestata in questa sede.

2. Tanto premesso, nell’esame del merito le censure rispettivamente mosse con i diversi reclami possono essere analizzate simultaneamente, per una migliore ricostruzione in fatto e in diritto della vicenda.

3. Nel caso specifico oggetto del presente procedimento è stato originariamente contestato da parte della Procura federale che, con riferimento alla cessione della totalità delle quote della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. in favore della ADJ 13 Promotion s.r.l., non sarebbe stata prodotta agli organi federali la documentazione richiesta in funzione della dimostrazione rituale dei requisiti di solidità finanziaria del legale rappresentante della società acquirente.

La decisione in questa sede impugnata ha ravvisato la non corretta esecuzione dell’adempimento prescritto, ma ha ritenuto di doverlo sanzionare nei confronti della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. ai sensi dell’art. 32 comma 5 del CGS, con l’ammenda di euro 10.000. La Procura federale ha contestato la decisione quanto alla correttezza della interpretazione giuridica che ha condotto a ravvisare non applicabile nel caso di specie la sanzione prevista dall’art. 32 comma 5-bis CGS.

4. Innanzi tutto occorre ribadire fatti storici ed elementi materiali che risultano oggettivamene acclarati o non contestati. In particolare, in occasione dell’operazione di cambio della proprietà delle quote della società sopra indicata, la stessa ha provveduto alla trasmissione ai competenti organi federali della documentazione richiesta. Tra questa, l’attestazione di solidità finanziaria del legale rappresentane della parte acquirente, come richiesto ai sensi dell’art. 20-bis NOIF (come dal C.U. n. 221/A in data 26.4.2021).

È un dato di fatto non contestato (né contestabile) che tale attestazione è stata resa con un documento riportante elementi oggettivamente diversi da quelli richiesti dalla disciplina federale di riferimento, salva la valutazione di sostanziale idoneità o meno. Da qui la contestazione conseguente.

È pure un dato di fatto oggettivo che il soggetto in esame, De Sarlo Antonio, rivestiva simultaneamente il ruolo di amministratore unico e rappresentante legale della società le cui quote erano oggetto di cessione, Imolese Calcio 1919 s.r.l., nonché della società acquirente, ADJ 13 Promotion s.r.l.

Nella sentenza impugnata vi è una univoca attestazione, non contestata dalla Procura federale (e invece oggetto di contestazione da parte sia della Imolese Calcio 1919 s.r.l. sia del De Sarlo): e cioè che la produzione documentale in esame era “sicuramente non rispondente a quanto richiesto dalla normativa federale”.

Al riguardo, non possono essere accolte le tesi spese nei reclami sia della Imolese Calcio 1919 s.r.l. sia del De Sarlo. In sintesi, in tali atti si espone che:

- la documentazione sarebbe frutto di una modalità di elaborazione e rappresentazione propria della banca interessata e non sindacabile dal privato interessato, che quindi non avrebbe potuto imporre una forma differente;

- in ogni caso non sussisterebbe alcun illecito posto che la stessa documentazione sarebbe in grado di dimostrare la solidità finanziaria del De Sarlo, vero aspetto sostanziale della prescrizione.

Ogni diversa pretesa della Procura federale, allora, sarebbe da ascrivere a mera pretesa formale se non formalistica.

5. Lungi dal potersi condividere le conclusioni da ultimo indicate, va evidenziato che il contenuto (non la mera forma) della documentazione prodotta si rivela non solo oggettivamente differente da quanto prescritto ai sensi dell’art. 20-bis NOIF richiamato, ma anche tale da rendere la stessa non idonea ad assolvere alla funzione per la quale è richiesta.

5.1 Infatti, come correttamente accertato dalla sentenza impugnata e rilevabile documentalmente, la nota con la quale la banca interessata (lettera della Banca Popolare di Bari – Filiale di Battipaglia del 22 luglio 2021) avrebbe dovuto fornire l’attestazione richiesta ai sensi dell’art. 20 bis, comma 3, A1), lett. ai) delle NOIF non contiene l’attestazione riguardante la circostanza di non aver intrattenuto con l’acquirente o con società allo stesso riconducibili rapporti non classificati a sofferenza (bad loans) o ad inadempienza probabile (unlikely to pay), ma dichiara che, nel rapporto che il De Sarlo intrattiene con il medesimo istituto dal 12 gennaio 2021, lo stesso rapporto non è stato classificato ad inadempienza probabile (unlikely to pay).

Pur nella equivocità della dichiarazione, non è difficile scorgere che non si profila nel caso di specie un esempio di mera differente cifra stilistica rispetto a quanto richiesto dalla disciplina di riferimento. Piuttosto, manca la più puntuale attestazione richiesta dalle disposizioni federali in esame circa la insussistenza di un requisito diverso e ben più grave di quello positivamente attestato. Per meglio cogliere la differenza tra le due fattispecie richiamate - non casualmente o immotivatamente, all’interno del contesto in esame – occorre chiarirne contenuti e rapporti reciproci.

5.2 La materia, come la gran parte della normativa bancaria, è oggetto di definizione a livello europeo, rimettendosi alle autorità nazionali le misure di vigilanza e le istruzioni applicative di pertinenza. In applicazione del regolamento UE 227/2015, la regolamentazione bancaria prevede tre categorie di crediti deteriorati, cioè di crediti la cui riscossione, da parte delle banche, è diventata incerta, anche solo per gli interessi, con gradi di gravità crescente: scaduti/sconfinanti deteriorati, inadempienze probabili e sofferenze.

In particolare, nel caso di specie occorre fare riferimento alla normativa primaria (art. 178 del Regolamento UE n. 575/2013, c.d. CRR) e alla relativa disciplina di attuazione (Circolare Banca d’Italia n° 139 dell’11.2.1991 con i relativi costanti aggiornamenti).

L’articolo 178, comma 1, CRR detta la nozione di debitore in default individuando le due fattispecie rilevanti: le inadempienze probabili, o unlikely to pay (c.d. UTP) nella lett. a), e gli scaduti (past due) nella lett. b).

Le inadempienze probabili sono in sostanza crediti per i quali la banca giudichi improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie, ma per i quali in genere può essere evitato il default con interventi specifici. In sostanza, si tratta dei crediti verosimilmente irrecuperabili, anche se, in via teorica, tali posizioni potrebbero essere ancora sanate anche attraverso specifiche azioni di rilancio operativo dell’asset produttivo del cliente. Il Regolamento indica (art.178 comma 3) una serie di casistiche che vanno considerate indicatori di probabile inadempienza (es. significative rettifiche contabili, avvio di procedure concorsuali, ristrutturazioni onerose), ma la definizione è resa in modo relativamente generico.

Rispetto ai crediti scaduti, l’art.178 specifica che (salvo casi specifici) il ritardato pagamento deve protrarsi per 90 giorni e introduce il concetto di esposizione rilevante (material), per cui scatta la classificazione a default quando “...il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni su una obbligazione creditizia rilevante verso l'ente”. In particolare, a decorrere dall’inizio del 2021, la banca è tenuta a sancire l’inadempienza di un’impresa quando la stessa è in arretrato di pagamento, per oltre 90 giorni, su importi di ammontare superiore a 500 euro (complessivamente, riferiti a uno o più finanziamenti) e che rappresentino più dell’1% del totale delle esposizioni di un’impresa. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese, esposte nei confronti di una banca per finanziamenti inferiori a 1 milione di euro, l’importo del pagamento scaduto che fa scattare la classificazione a default è di soli 100 euro (purché superiori alla soglia dell’1% dell’esposizione totale).

E’ importante sottolineare ai fini in esame che, con le nuove regole, la classificazione in default di una posizione determina generalmente una riclassificazione in default di tutti i finanziamenti riferibili allo stesso cliente presso la banca, senza la possibilità di utilizzare margini attivi dell’impresa eventualmente disponibili su altre linee di credito per compensare gli arretrati in essere ed evitare di classificare il cliente come inadempiente.

Nella categoria dei crediti in sofferenza, quella più grave, finiscono, indipendentemente questa volta dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla banca, tutte le attività che la banca vanta verso soggetti debitori che si trovano in stato d'insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili.

 Non è necessario che questa condizione di non solvibilità sia accertata giudizialmente: piuttosto, il passaggio a sofferenza da parte della banca è espressione della valutazione oggettiva circa la natura ormai irrecuperabile del credito. Per sofferenza, infatti, si intende comunemente uno status di persistente (e non transitoria) instabilità patrimoniale e finanziaria idonea ad intralciare il recupero del credito da parte dell’intermediario, ovvero di assenza da parte del cliente di eventuali opposizioni e contestazioni anche in sede giudiziale (in quanto, in questo caso, il credito sarebbe classificato, almeno nelle more dell’eventuale giudizio, come “contestato”).

L’appostazione a sofferenza non scaturisce automaticamente né da un mero ritardo nei pagamenti e neppure dalla esistenza o meno di una   garanzia; la segnalazione è frutto, invece, di una valutazione della posizione complessiva del cliente da parte della banca. Tale condizione, pur in presenza di inadempimento, potrebbe non intervenire se il cliente si adoperi tempestivamente per ripianare il debito anche attraverso piani di rientro o ristrutturazione. Va altresì rammentato che prima di passare una posizione in sofferenza, la banca procede con la formale revoca degli affidamenti preannunciata da una comunicazione ufficiale al cliente. Anche lo status di sofferenza dovrà essere preventivamente comunicato al cliente da parte della banca proprio allo scopo di permettere il medesimo cliente ad evitare tale conseguenza attraverso il rientro dalla esposizione debitoria.

Oltre questo stadio, in assenza di soluzione, il credito è qualificato come perdita ove la banca abbia definitivamente deliberato sulla non esigibilità (in forza di fattori esterni come la definizione di un procedimento giudiziale che abbia rideterminato, in negativo, il credito in favore del titolare ovvero per effetto dell’accettazione di una proposta di saldo e stralcio).

5.3 Pertanto è evidente la differenza e relazione di crescente gravità tra le due fattispecie: la qualifica di inadempienza probabile (unlikely to pay) si deve ascrivere ai rapporti per i quali la banca valuta improbabile che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie.

Vengono invece classificati a sofferenza (bad loans) i rapporti connotati già, non solo potenzialmente, da un grado di inadempimento accertato per la situazione di insolvenza o equiparata del debitore, tenuto conto del superamento delle soglie previste dalla disciplina bancaria di riferimento e della valutazione della situazione finanziaria complessiva del debitore da parte della banca interessata.

Nel caso di specie la attestazione rilasciata non fornisce elementi in grado di escludere che vi siano rapporti, peraltro anche diversi ed ulteriori rispetto all’unico citato, che possano essere ricondotti alla nozione di sofferenza. Quindi, non appare condivisibile sostenere che la nota richiamata fornisca comunque attestazione dei requisiti richiesti dalla disciplina federale, se, non certo casualmente, la disposizione richiamata richiede espressamente la attestazione dei due requisiti e nel caso di specie a tanto non provvede la dichiarazione in esame.

Né appare sostenibile la ricostruzione fornita dal De Sarlo, secondo la quale nel caso di specie la normativa richiamata si limiterebbe a richiedere alternativamente l’attestazione di uno dei due requisiti. Tale tesi appare non sostenibile se è vero, come sopra precisato, che esiste non identità o equipollenza tra i due livelli (sofferenze e UTP), posto che invece si tratta di due gradi differenti connotati da crescente e progressiva gravità della esposizione in ragione, da un lato, della mera possibilità di inadempienza, peraltro suscettibile ancora di correzione; dall’altro della verificata condizione di inadempienza. Quindi, sarebbe difficilmente giustificabile che una disciplina ispirata a canoni di puntuale e selettiva rappresentazione di ben precisi indici di affidabilità finanziaria, poi si limiti a chiedere alternativamente la dimostrazione di due requisiti posti tra loro in condizione di gravità crescente l’uno rispetto all’altro. Basti dire che, ove mai fosse stata questa la volontà del legislatore federale, non si vede che senso avrebbe la prescrizione della necessità di attestazione anche del più grave dei due requisiti (assenza di rapporti qualificati a sofferenza), posto che basterebbe la dimostrazione del requisito connotato da minore gravità.

5.4 Nella documentazione prodotta risulta mancante la dichiarazione circa l’assenza, nel biennio precedente, di azioni esecutive o cautelari a tutela di crediti per importi superiori al 30% delle disponibilità medie del periodo, ai sensi dell’art. 20-bis, comma 3, lett. A1 aii) NOIF.

5.5 Del pari, la documentazione prodotta risulta mancante della specifica attestazione relativa al merito creditizio del De Sarlo Antonio in relazione alla attività professionale o di impresa svolta (art. 20-bis, comma 3, lett. A1 aiii) NOIF).

6. Non può certo condividersi la conclusione meramente assiomatica del De Sarlo e della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. secondo i quali la documentazione prodotta, sebbene non corrispondente a quanto richiesto dalla disciplina federale, sarebbe comunque idonea a fornire quelle rassicurazioni che la stessa intende acclarare.

6.1 Innanzi tutto, il perimetro oggettivo dei rapporti rappresentati, ben minore rispetto allo spettro richiesto dalla disciplina federale, e dato conto altresì della equivocità delle formulazioni adoperate, non consente di reputare sussistente automaticamente una valutazione positiva circa il merito creditizio dell’interessato sulla base esclusivamente di un rapporto di conto corrente in basi attive e privo di anomalie.

Piuttosto, è noto come il merito creditizio sia volto a identificare una serie di requisiti valutati in sede bancaria per fornire adeguate garanzie in ordine alla capacità di rispetto degli obblighi di rientro nell’affidamento o rimborso del finanziamento. Quindi si tratta dell’indice di affidabilità economico-finanziaria (espresso o meno in lettere in termini di rating) in funzione del rischio connesso con l’erogazione di un finanziamento in suo favore. È evidente che tale aspetto richiede la valutazione di una somma di fattori concorrenti (capacità reddituale, costanza o straordinarietà della stessa, patrimonializzazione, disponibilità di garanzie personali o reali anche di terzi, indebitamente esistente, insoluti precedenti, innanzi tutto), e si rivela altresì di intensità inversamente proporzionale all’entità del finanziamento, secondo logiche di comune condivisione in ordine alla gestione della garanzia del creditore. In questo senso l’assenza di anomalie nella gestione di un rapporto di conto corrente è certamente un dato qualificante, ma non esaurisce affatto il ventaglio di elementi occorrenti per la corretta valutazione del merito creditizio.

6.2 È proprio la differenza non meramente formale ma di carattere sostanziale tra quanto richiesto e quanto prodotto a non consentire di condividere tale conclusione, che resta ancorata alla mera tautologica affermazione di sé stessa. Infatti, al di là della mera asserzione della pretesa conclusione, non è possibile cogliere - né in verità nelle tesi difensive esposte compare l’articolazione di tale necessario onere probatorio, fondato su una ineliminabile base oggettiva e non di insufficiente valutazione soggettiva dello stesso soggetto interessato - per quale via, in forza di quali puntuali elementi di fatto e in virtù di quali ragioni le attestazioni raccolte e prodotte sarebbero in grado di consentire di giungere alla conclusione in ordine al merito creditizio dell’interessato che la disciplina federale ancora a molteplici e ben più incisivi indici. Non basta sostenere che comunque la solidità finanziaria sarebbe stata dimostrata, se non altro perché l’obiettivo avuto di mira dalla disciplina in esame espressamente e puntualmente si dipana su un livello, un’ampiezza e una intensità di accertamento e dimostrazione ben maggiori di quelli ai quali può fare riferimento la conclusione delle difese, posto che mancano elementi essenziali come sopra indicati.

Basti al riguardo richiamare quanto già nella decisione n. 26/2020-2021 di questa Corte è stato affermato circa il rilievo sistemico della disciplina federale in tema di requisiti di solidità economico finanziaria per i partecipanti ai campionati nazionali: “una solida ed efficace garanzia di stabilità economico finanziaria costituisce condizione irrinunciabile per la regolarità delle manifestazioni sportive organizzate, l’affidamento riposto da parte di tutti gli attori del processo, la par condicio tra tutti i partecipanti alle competizioni sportive.

In questo senso, allora, si giustificano rigorosi controlli da parte delle competenti autorità federali, con corrispondenti adempimenti e obblighi imposti alle società interessate, presidiati da specifiche sanzioni nell’ambito dell’ordinamento sportivo. È per questo che l’ordinamento sportivo interviene a prescrivere non solo quali documenti contabili le società professionistiche debbano adottare, ma anche le modalità di redazione e i principi corrispondenti. Come corollario di questo assetto, sono prescritti puntuali obblighi di informativa periodica nei confronti dei competenti organi federali, investiti di penetranti compiti di vigilanza e controllo.”.

Il rilievo certamente centrale in una valutazione del contesto sanzionatorio ispirata ai principi generali dell’ordinamento di necessaria offensività e materialità non sono affatto smentiti o contraddetti ove si richieda, come nel caso di specie, nulla più che la rigorosa applicazione di una disciplina puntuale e dettagliata non in omaggio a scarsamente giustificabili rigidità formalistiche, ma per far emergere e assicurare la effettiva sussistenza di condizioni imprescindibili per qualificare come garantite quelle esigenze cui è rivolta tutta la disciplina in tema di requisiti di solidità economico-finanziaria dei partecipanti alle competizioni sportive organizzate per le società calcistiche professionistiche. In mancanza, ovvero ove mai si intendesse che i requisiti richiesti dalla normativa siano suscettibili di qualsivoglia interpretazione soggettiva del singolo interessato in virtù della quale si possa prescindere dalla dimostrazione puntuale della ricorrenza di taluno dei predetti requisiti, verrebbe compromessa la stessa credibilità dell’intero apparato regolatorio delle manifestazioni sportive in esame, per il rilievo centrale in questa prospettiva della oggettiva dimostrazione di esistenza delle condizioni predette.

7. In questo senso, allora, appare fondato il motivo di impugnazione della Procura Federale allorché lamenta la non corretta ricostruzione giuridica della fattispecie, nella riconduzione fatta dal Tribunale Federale Nazionale della violazione alle corrispondenti conseguenze sanzionatorie.

Infatti, nel caso di specie, non di mero ritardo nella produzione di una documentazione comunque idonea si tratta, bensì di mancanza (limitatamente ai punti evidenziati) della documentazione richiesta.

Non vi è dubbio, infatti, che alla mancanza da intendere come materiale e completa omissione dell’adempimento o del documento richiesto, va equiparata ogni condotta funzionalmente in grado di esprimere il medesimo esito. E pertanto la produzione di documentazione del tutto inidonea rispetto alla funzione di verifica e selezione perseguita dalla disciplina in esame. Così che, se è vero che non sono richieste formule sacramentali o l’uso esclusivo di formulari o modelli rilasciati dagli organi federali, resta impregiudicato che non potranno mai considerarsi equivalenti produzioni documentali del tutto prive dei requisiti minimi per assolvere alla funzione selettiva che si deve ascrivere ad una disciplina quale quella che mira a definire i requisiti di solidità finanziaria di chi intenda acquisire il controllo di società di calcio professionistico.

In mancanza, tutto il rigoroso e puntuale sistema dei requisiti di solidità finanziaria e dei relativi controlli risulterebbe vano e privo di effettività. Ma per la stessa ragione risulterebbe sostanzialmente non in grado di assolvere al compito imprescindibile di garantire preventivamente e costantemente che i protagonisti del sistema calcistico professionistico siano in grado di assicurare il rispetto di fondamentali condizioni di stabilità economica e finanziaria, a garanzia della solidità soggettiva e sostenibilità degli oneri richiesti per la partecipazione ai campionati organizzati dalla federazione per le società professionistiche, rispetto di inderogabili esigenze di dipendenti, collaboratori e creditori, omogeneità di condizioni di accesso e permanenza per tutti gli interessati, credibilità delle manifestazioni sportive.

8. Alla luce dei rilievi che precedono, il reclamo proposto dalla Procura Federale va accolto, con conseguente rideterminazione della sanzione da irrogare nei confronti della società Imolese Calcio 1919 s.r.l. per le violazioni alla stessa ascritte e quindi, confermata la responsabilità della citata società per le contestazioni oggetto del presente procedimento, con l’applicazione della sanzione prevista ai sensi dell’art. 32, comma 5-bis CGS quantificata in due punti di penalizzazione in classifica da scontare nella corrente stagione sportiva.

Vanno invece respinti i reclami presentati da De Sarlo Antonio e dalla Imolese Calcio 1919 s.r.l.

P.Q.M.

Riuniti i reclami numero 0044/CFA/2021-2022, numero 0045/CFA/2021-2022 e 0046/CFA/2021-2022, dispone come segue:

- accoglie il reclamo numero 0044/CFA/2021-2022 e, per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, infligge alla società Imolese Calcio 1919 S.r.l. la sanzione della penalizzazione di 2 (due) punti da scontarsi nella corrente stagione sportiva;

- respinge i reclami numero 0045/CFA/2021-2022 e numero 0046/CFA/2021-2022.

Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con PEC.

 

L'ESTENSORE

Gaetano Caputi

IL PRESIDENTE

Mario Luigi Torsello

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

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