F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione II – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – DECISIONE N. 157/CSA pubblicata il 3 Febbraio 2022 – calc. Francesco Cosenza

 

Decisione n. 157/CSA/2021-2022        

Registro procedimenti n. 156/CSA/2021-2022 

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE

II SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

Pasquale Marino – Presidente

Maurizio Borgo - Vice Presidente

Bruno Di Pietro - Componente (relatore)

Antonio Cafiero - Rappresentante AIA

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo d’urgenza numero 156/CSA/2021-2022, proposto dal calciatore Francesco Cosenza in data 25.01.2022,

per la riforma della decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, di cui al Com. Uff. n. 173/DIV del 25.12.2021;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 28 gennaio 2022, l’Avv. Bruno Di Pietro e uditi l’Avv. Andrea Scalco ed il calciatore Francesco Cosenza; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Il calciatore Francesco Cosenza, effettivo al Piacenza Calcio, veniva espulso durante la gara Aurora Pro Patria/Piacenza del 23.01.2022 in quanto, secondo referto arbitrale, al 47° minuto del secondo tempo, “contrasta[va] un avversario con uso di forza eccessiva mettendone a rischio l’incolumità fisica”. Successivamente, il direttore di gara specificava, nel supplemento che gli veniva richiesto, che “il calciatore Francesco Cosenza veniva espulso perché durante una azione di gioco, nel tentativo di colpire il pallone, veniva anticipato da un avversario e finiva per colpirlo con la suola dello scarpino (media intensità) sul fianco.

L’avversario cadeva a terra dolorante. ma era comunque in grado di finire la gara (senza l’intervento dei sanitari)”. Sulla base di tali elementi, il giudice sportivo, con Comunicato Ufficiale n. 173/DIV del 25 gennaio 2022, sanzionava il calciatore con la squalifica per due giornate effettive per la seguente motivazione: “per avere, al 47° minuto del secondo tempo, tenuto una condotta violenta nei confronti di un calciatore avversario in quanto, nel tentativo di calciare il pallone, lo colpiva con i tacchetti all’altezza del fianco causandogli momentaneo dolore. Misura della sanzione in applicazione degli artt. 13, comma 2, e 38 C.G.S, valutate le modalità complessive della condotta e considerato che non si sono verificate conseguenze dannose a carico dell'avversario (supplemento referto arbitrale)”.  Il calciatore Cosenza preannunciava ricorso d’urgenza ex art. 74 del CGS della FIGC, con atto del 25 gennaio 2022 a firma dell’Avv. Andrea Scalco. I motivi venivano ritualmente esplicitati con atto del 26 gennaio sempre a firma dell’Avv. Andrea Scalco. Nel reclamo, il ricorrente premetteva che nella gara Campionato di Serie C, girone A, Aurora Pro Patria – Piacenza Calcio 1919 disputata il 23 gennaio 2022 e conclusasi con il risultato di 2 a 2, il calciatore Cosenza veniva espulso dal Direttore di gara al minuto 47 del secondo tempo regolamentare perché “contrasta un avversario con uso di forza eccessiva mettendone a rischio l’incolumità fisica” imputandogli, come da referto, un “grave fallo di gioco”.

Continuava, nel ricorso, specificando che il direttore di gara effettuava un supplemento di referto, illustrando che “il calciatore Francesco Cosenza veniva espulso perché durante una azione di gioco, nel tentativo di colpire il pallone, veniva anticipato da un avversario e finiva per colpirlo con la suola dello scarpino (media intensità) sul fianco. L’avversario cadeva a terra dolorante. ma era comunque in grado di finire la gara (senza l’intervento dei sanitari)”. Riteneva, quindi, che la qualificazione del Giudice Sportivo di considerare l’evento come “azione violenta” a norma dell’art. 38 del CGS fosse non condivisibile, illustrando, a sostegno della tesi, la giurisprudenza della Corte Federale di Giustizia e della Corte Sportiva d’Appello circa la differenziazione dei requisiti che sono alla base della “condotta violenta” e quelli che sono alla base della “condotta antisportiva”.

Sulla base di tali elementi, concludeva chiedendo, previa riqualificazione della azione del Cosenza quale “condotta antisportiva” ex art. 39 del CGS e previo riconoscimento delle circostanze attenuanti, di applicare la sanzione della squalifica per una sola giornata di gara. I motivi venivano esaminati e discussi da questo collegio nella udienza del 28 gennaio 2022, tenuta in videoconferenza, alla quale intervenivano sia l’Avv. Andrea Scalco e sia il calciatore Francesco Cosenza, che venivano sentito L’Avv. Scalco si riportava ai motivi espressi nel reclamo, mentre il calciatore Cosenza giustificava l’azione di gioco fallosa che lo aveva visto protagonista, affermando, e riconoscendo, di aver fatto un “intervento goffo” ed “in ritardo” sul movimento dell’avversario, causando il fallo in contestazione che ne aveva determinato l’espulsione. Si giustificava, addebitando l’azione scomposta ad un “eccessivo affaticamento”, tenuto conto che si era nel finale della gara e, aggiungendo, che il medesimo veniva da 4 giornate di fermo. Successivamente alle audizioni, la Corte decideva di respingere il reclamo, con dispositivo del 28 gennaio 2022, per le seguenti considerazioni

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. In relazione alla qualificazione giuridica dell’evento nella presente fattispecie, il Codice di Giustizia Sportiva distingue due tipologie di evento falloso: la condotta violenta, prevista all’art. 38 e la condotta gravemente antisportiva, prevista dall’art. 39.

L’art. 38, prevede, al netto di circostanze aggravanti ed attenuanti, una sanzione minima indicata in 3 giornate di squalifica o a tempo determinato, potendosi raggiungere, nei casi più gravi, la squalifica fino a 5 giornate.

L’art. 39, prevede, sempre al netto di circostanze aggravanti ed attenuanti e per quanto è rilevante in relazione alla presente fattispecie, una sanzione minima di 2 giornate di squalifica.

In relazione all’inquadramento degli elementi costitutivi delle due fattispecie, occorre riferirsi, piuttosto che a definizione codicistiche, che mancano, alla loro individuazione giurisprudenziale.

Per costante indirizzo, la condotta violenta si sostanzia in un atto violento caratterizzato da volontarietà ed intenzionalità (cfr. Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 10 gennaio 2014, n. 161/CGF; nonché, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 18 gennaio 2011, n. 153/CGF; Corte giust. fed., 13 settembre 2010, cit.; e Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 27 maggio 2010, n. 272/CGF), mentre la condotta gravemente antisportiva si caratterizza per un “eccesso” di agonismo sportivo, nella contesa della palla.

Tenuta ferma questa distinzione, va affermato che dal referto arbitrale, unitamente al supplemento di referto, la condotta appare realmente caratterizzata da agonismo eccessivo e non da violenza. L’arbitro, in questo senso appare univocamente determinato, sia nel referto che nel supplemento, a caratterizzare in tal senso l’atto del Cosenza. Infatti sia nel referto (“contrasta un avversario con uso di forza eccessiva”) che nel supplemento (“durante una azione di gioco, nel tentativo di colpire il pallone, veniva anticipato da un avversario e finiva per colpirlo”) vi sono elementi univoci per escludere un atto gratuitamente violento, riportando l’evento ad un contrasto di gioco, seppur scoordinato ed eccessivo, nella contesa della palla.

In questo senso, dunque, e limitatamente all’aspetto della qualificazione dell’atto, possono essere accolte le osservazioni del reclamante, tendenti a inquadrare l’evento all’interno dell’art. 39 (condotta gravemente antisportiva), piuttosto che all’interno dell’art. 38 (condotta violenta).

Quindi, in questo senso, questa Corte riqualifica senz’altro l’evento quale condotta gravemente antisportiva a norma dell’art. 39 del CGS della FIGC.

2. Non possono invece essere condivise le richieste ulteriori e dunque non possono essere accolte le richieste di riduzione della squalifica da due giornate ad una, per i seguenti motivi.

2.1. L’art. 39, stabilisce come pena per gli atti gravemente antisportivi, la sanzione minima di due giornate, al netto di eventuali circostanze aggravanti o attenuanti. Il Giudice Sportivo, nell’applicazione della sanzione all’evento, qualificandolo come condotta violenta a norma dell’art. 38 (come abbiamo visto, secondo questa Corte erroneamente), applica però la attenuante generica prevista dall’art. 13, 2° comma del CGS, e riduce la sanzione minima prevista dall’art. 38 pari a 3 giornate, infliggendo solo 2 giornate di squalifica. Tale valutazione del Giudice Sportivo si fonda sulla valutazione delle modalità della azione e dalla assenza di conseguenze dannose a carico dell’avversario del Cosenza. Nella sanzione del Giudice Sportivo, infatti, è specificato che tale misura attenuante viene determinata “valutate le modalità complessive della condotta e considerato che non si sono verificate conseguenze dannose a carico dell'avversario”. Tale argomentazione è ripresa anche dal reclamante, il quale, chiedendo la riqualificazione dell’evento ex art. 39, chiede che venga in ogni caso tenuta ferma l’applicazione della attenuante, ai fini della diminuzione della squalifica ad una sola giornata.

Secondo questa Corte, le argomentazioni di cui sopra non possono essere condivise. Rimanendo agli aspetti segnalati dal giudice sportivo, sulla base del supplemento del referto arbitrale, i motivi che porterebbero alla applicazione della attenuante sono due (in questa fase resta indifferente la qualificazione dell’atto ex art. 38 o ex art. 39): a) le modalità complessive della condotta; b) assenza di conseguenze dannose a carico dell’avversario. Questi elementi vanno valutati in relazione alla loro effettiva consistenza.

2.2. Non può essere condivisa l’applicazione della attenuante avendo riguardo al punto a), cioè in riferimento alle modalità complessive dell’azione. Infatti, questa Corte ha già affrontato i casi in cui l’azione gravemente antisportiva potrebbe beneficiare di una attenuazione della sanzione, limitandola ai casi in cui la contesa della palla, in una azione di gioco, comporti l’attingimento dell’avversario in parti del corpo strettamente legate alla medesima contesa della palla. Così, nella Decisione n. 119/CSA/2021-2022 (rel. Sferrazza), accogliendo la richiesta di diminuzione della sanzione, questa veniva motivata nel fatto che l’evento era sicuramente caratterizzato da eccessivo agonismo nella contesa della palla, tenuto conto che l’avversario del sanzionato veniva attinto da un colpo alla caviglia, nel tentativo di recuperare la palla. In tal senso, la zona del corpo che viene colpita nella contesa agonistica può essere considerato un indice utile per la individuazione di elementi di maggiore o minore gravità della azione, pur sussumendola sempre sotto l’art. 39 CGS. Nel caso specifico del calciatore Cosenza, rileva che la parte del corpo attinta non sia localizzata nella parte bassa degli arti (indice di contesa della palla), ma la zona colpita è localizzata nella parte medio-alta del corpo (“finiva per colpirlo con la suola dello scarpino […] sul fianco”), indice di un intervento scomposto e con la parte dei tacchetti esposta verso la parte alta del corpo dell’avversario e quindi connotato da maggiore gravità e potenzialità dannosa. Azione scomposta e colpevolmente in ritardo (quindi potenzialmente più pericolosa, seppur sempre sussunta sotto l’art. 39 CGS) come confermato dallo stesso calciatore, il quale ammetteva di aver effettuato un intervento in ritardo, poiché sotto stress fisico dovuto ad eccessivo affaticamento. In questo senso, la preparazione fisica e teorica di atleti professionisti non consente di ritenere giustificato un intervento effettuato consapevolmente in ritardo e sotto stress fisico, poiché tali atleti sono consapevoli (devono essere consapevoli) che il corpo sotto stress fisico non risponde come da comandi ideati e quindi un intervento comandato ad un corpo sotto stress può divenire fonte di danneggiamento per l’avversario perché essenzialmente diverso dal prefigurato. In questo senso l’audizione del calciatore ha confermato, se vi fossero stati ancora dubbi, una grave carenza di responsabilità durante l’azione sanzionata. Quindi le modalità complessive dell’azione, individuate, per la presente fattispecie, nella zona del corpo avversario attinta, nel dichiarato stato di stress fisico del Cosenza, nel dichiarato colpevole ritardo nella azione, non consentono di applicare l’attenuante di cui all’art. 13, comma 2° del CGS.

2.3. Parimenti non può essere condivisa l’argomentazione di cui al punto b), circa l’applicazione della attenuante per assenza di conseguenze dannose a carico dell’avversario. Anzitutto, a fronte di una limitata giurisprudenza che tende ad applicare le attenuanti in assenza di conseguenze dannose (i.e.: Corte Sportiva d’Appello, decisione del 21 dicembre 2018, Reclamo F.C. APRILIA RACING CLUB), vi sono numerose pronunce che invece comportano sia la esclusione della concessione delle attenuanti per carenza di esiti dannosi e sia che comportano l’esclusione della valenza attenuante dell’assenza di conseguenze della condotta realizzata in danno dell’avversario (ex multis, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 7 giugno 2012, n. 284/CGF; Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 5 giugno 2012, n. 281/CGF; Corte gius. Fed. Nel C.u. del 7 giugno 2012, n. 183; Corte gius. fed., in C.u. 153 del 12 febbraio 2020). A giudizio di questa Corte, la valutazione della gravità della condotta antisportiva nel caso specifico, anche ai fini della concessione delle attenuanti, non può essere effettuata ex post, in riferimento, cioè, agli esiti della azione fallosa, ma deve essere effettuata ex ante, sulla potenziale pericolosità dell’intervento, valutate tutte le circostanze concrete. Ragionare diversamente, comporterebbe una eccessiva deresponsabilizzazione degli atleti, i quali si vedrebbero rafforzati nella convinzione che, siccome un evento gravemente antisportivo possa essere valutato in maniera attenuata qualora non comporti danni per l’avversario, questo intervento eccessivo va sempre, e in ogni caso posto, in essere, nella mera speranza che non comporti effettivamente danni all’avversario; e ciò anche quando questo intervento venga posto in essere in condizioni di grave e consapevole limitazione della reattività del proprio corpo, per i vari motivi di stress fisico e/o stress psichico, come è nel caso della presente fattispecie. Quindi, questa Corte ritiene che nemmeno l’esame della circostanza di cui al punto b) possa consentire l’applicazione della attenuante di cui all’art. 13, comma 2°, CGS. Per tali motivi si ritiene che la sanzione da applicarsi sia quella minima prevista dall’art. 39 CGS, e cioè di due giornate effettive di squalifica, con l’effetto di respingere il ricorso.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alla parte presso il difensore con PEC.   

 

 

L’ESTENSORE                                                        IL PRESIDENTE

Bruno Di Pietro                                                           Pasquale Marino

 

Depositato 

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

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