C.R. SARDEGNA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2016/2017 – figc-sardegna.it – atto non ufficiale – CU N. 49 del 30/03/2017 – Delibera – A.S.D. CAMPANEDDA (Campionato di Seconda Categoria) Avverso la delibera del Giudice Sportivo C.U. n° 45 del 09.03.2017. Gara A.S.D. Pagi / A.S.D. Campanedda del 05.03.2017.

A.S.D. CAMPANEDDA (Campionato di Seconda Categoria) Avverso la delibera del Giudice Sportivo C.U. n° 45 del 09.03.2017. Gara A.S.D. Pagi / A.S.D. Campanedda del 05.03.2017.

Con reclamo tempestivamente depositato la societa Campanedda ricorre avverso il provvedimento del Giudice Sportivo con il quale il calciatore Caravagna Giancarlo e’ stato squalificato per dieci gare per aver insultato un giocatore della squadra avversaria per motivi di razza, ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2 del codice di Giustizia Sportiva.

La ricorrente, nei motivi del gravame, nega che il proprio calciatore si sia rivolto con espressioni o fare razzista nei confronti dell’avversario, evidenziando piuttosto che i due calciatori si sarebbero insultati reciprocamente con espressioni volgari, ma non dai contenuti discriminatori e razziali. La reclamante, nella persona del suo presidente, chiedeva di poter essere audita, unitamente al dirigente della squadra avversaria del Pagi, alla presenza dei due calciatori che avrebbero partecipato alla contesa. La Corte Sportiva d’Appello, al fine di fare chiarezza sull’accaduto, disponeva la convocazione del direttore di gara e della ricorrente, nonche’ dei giocatori interessati. L’arbitro, presentatosi regolarmente, ribadiva che a suo giudizio il calciatore Caravagna avrebbe apostrofato il calciatore Hagie con frasi ed atteggiamenti dal contenuto razzista, anche se precisava che i due calciatori distavano fra loro circa 5 metri; il direttore di gara riteneva che tale atteggiamento avesse integrato i caratteri del razzismo. Nel corso della stessa udienza si presentavano congiuntamente i presidente del Campanedda e del Pagi: gli stessi univocamente negavano che la condotta del calciatore Caravagna fosse contraddistinta da espressioni dal contenuto razziale, riconducento il fatto nell’alveo di un ordinario screzio fra giocatori, che pero non aveva sconfinato in alcun insulto razzista. All’udienza partecipava anche il giocatore Hagie Conteh, ovvero il ragazzo che sarebbe stato colpito da insulti razziali: egli precisava di non aver udito alcuna espressione razzista, ne’ di aver visto un fare tendente ad offendere la sua persona in forza del colore della pelle, ne’ di essersi sentito offeso in alcun modo; precisava piuttosto che l’alterco fra lui ed il calciatore Caravagna sarebbe sfociato in un litigio aspro, colorato escusivamente da espressioni volgari, rientranti nel linguaggio ordinario, del tutto prive di contenuti discriminatori riconducibili alla razza. Inoltre le parti evidenziavano che dopo la gara, tutti i calciatori ed i dirigenti avevano partecipato al c.d. terzo tempo, compresi Conteh e Caravagna, in un clima contraddistinto da grande serenita’. La Corte d’Appello Territoriale, lette le carte del procedimento e sentite le parti, delibera quanto segue. Alla integrale disamina della vicenda emerge un quadro fattuale caratterizzato, perlomeno, da un forte dubbio in ordine al fatto che il calciatore Caravagna abbia indirizzato al Conteh espressioni dai contenuti razziali. In primo luogo, mette conto precisare che il direttore di gara dichiara di aver visto e sentito il calciatore Caravagna proferire espressioni ed assumere atteggiamenti dai caratteri razziali ad una distanza di circa cinque metri, che lui aveva ritenuto integrare i relativi caratteri, di fatto addivenendo ad una soggettiva interpretazione. Per converso, il calciatore Conteh afferma con decisione che le espressioni che i due si sarebbero rivolti sarebbero state contraddistinte da volgarita’, per cosi dire ordinaria, precisando di non aver interpretato tale atteggiamento alla stregua di un insulto razziale, ne’ di essersi sentito in alcuna maniera offeso per motivi riconducibili al colore della pelle. Il quadro di incertezza viene oltremodo corroborato dalle univoche dichiarazioni dei presidenti delle due societa, allorche’ entrambi negano recisamente l’accadimento di episodi riconducibili nell’alveo di uno spregevole disprezzo razziale. Infine cio’ che oltremodo rileva, nell’ambito del su descritto quadro fattuale (contraddistinto da sicura contraddittorietà), e’ che le due societa’, alla fine della gara, abbiano dato vita ad un conviviale terzo tempo, questo si, massima e veritiera espressione di integrazione sociale , al quale partecipavano vivamente anche i due calciatori – Caravagna e Conteh – che nel corso della gara si erano volgarmente ingiuriati, senza però offendersi, ne sentirsi offesi, da espressioni dai contenuti razziali. La Corte d’Appello Territoriale, pertanto, ritiene non univocamente integrati gli elementi per poter affermare sussistente un sicuro fatto di ingiurie dai contenuti razziali, riconducendo piuttosto le espressioni proferite dal Caravagna nell’alveo di un ordinario comportamento antisportivo ed irriguardoso, per il quale il calciatore Campanedda e’ meritevole di una squalifica a n. 2 gare. Per questi motivi la Corte, in parziale riforma del provvedimento impugnato, revoca la squalifica del giocatore Giancarlo Caravagna, ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2, cgs, non sussistendone i presupposti, comminandogli la squalifica di due gare per il comportamento irriguardoso ed antisportivo adottato a seguito dell’utilizzo di espressioni comunemente ingiuriose all’indirizzo di un avversario. Dispone la restituzione della tassa del reclamo.

 

 

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