C.R. SARDEGNA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2018/2019 – figc-sardegna.it – atto non ufficiale – CU N. 57 supplemento del 25/06/2019 – Delibera – Reclami proposti dalla A.S.D. F.B.C. Calangianus 1905 e dal Sig. Cossu Giovanni Andrea Avverso delibera del Giudice Sportivo C.U. n° 27 del 14.03.2019 Delegazione Provinciale Olbia/Tempio Gara: Lauras / FBC Calangianus del 09.03.2019 Campionato: Juniores – fase provinciale

Reclami proposti dalla A.S.D. F.B.C. Calangianus 1905 e dal Sig. Cossu Giovanni Andrea Avverso delibera del Giudice Sportivo C.U. n° 27 del 14.03.2019 Delegazione Provinciale Olbia/Tempio Gara: Lauras / FBC Calangianus del 09.03.2019 Campionato: Juniores – fase provinciale

Il Giudice Sportivo, con delibera pubblicata sul Comunicato Ufficiale n.27 del 15.3.19 della Delegazione Provinciale Olbia Tempio F.I.G.C., sulla base di quanto riportato nel referto arbitrale relativo alla gara di cui in epigrafe, emetteva diversi provvedimenti disciplinari a carico di vari tesserati della F.B.C. Calangianus 1905 nonché della stessa Società.

Dal rapporto del direttore di gara si evince che la partita veniva sospesa dall’arbitro al 7’ del secondo tempo, dopo che il medesimo era stato vittima di atti di violenza da parte di due giocatori del Calangianus, che lo costringevano a ricorrere ad accertamenti ospedalieri. La Società Calangianus proponeva rituale reclamo unicamente avverso la squalifica fino al 31.12.2019 dell’allenatore Cossu Giovanni Andrea e l’inibizione temporanea fino al 30.6.2019 del dirigente accompagnatore Piga Sergio. Anche l’allenatore Cossu presentava personalmente ricorso avverso la squalifica a suo carico. Tali provvedimenti sanzionatori erano stati emessi per i seguenti fatti, così come descritti nel referto del direttore di gara. L’arbitro, subito dopo avere notificato l’espulsione al calciatore Traorè Foune, che lo aveva apostrofato con parole offensive, veniva colpito dal medesimo con un pugno sullo zigomo destro che lo faceva barcollare procurandogli stordimento e un momentaneo abbassamento della vista; non appena recuperava l’equilibrio, correva, inseguito dallo stesso giocatore, verso le panchine per cercare aiuto da parte dei dirigenti ed allenatori, ma nessuno veniva in suo soccorso per tutelare la sua incolumità, anzi l’allenatore Cossu commentava l’episodio pronunciando, in dialetto, la frase “Pocu n’hai presu ! ”; immediatamente dopo un altro calciatore della stessa squadra, tale Luciano Giuseppe, proferiva al suo indirizzo un’espressione irriguardosa e volgare e, a seguito dell’estrazione del cartellino rosso, reagiva colpendolo con un violento calcio alla natica sinistra che gli causava un intenso dolore. A questo punto il direttore di gara decideva di sospendere la partita e si avviava verso gli spogliatoi in compagnia di un collega arbitro, entrato nel frattempo nel recinto di gioco dalla tribuna dove si trovava ad assistere alla partita, e di un dirigente AIA, che era stato avvisato di quanto accaduto. Quanto al Piga, risulta da una relazione prodotta dal suddetto arbitro che si trovava sugli spalti che, quando il direttore di gara, colpito la prima volta, si stava dirigendo verso la panchina per essere protetto, egli, che svolgeva le funzioni di guardalinee, restava immobile con la bandierina in mano. La sanzione nei suoi confronti è stata irrogata anche per avere schierato in campo, nella veste di dirigente accompagnatore, due giocatori non in regola con il tesseramento. La Società Calangianus, nell’atto di reclamo, nulla obiettava in ordine alle sanzioni disciplinari inferte ai due calciatori autori degli atti di violenza e neanche circa le sanzioni inflitte alla Società (ammenda e perdita della gara), riconoscendo la gravità del comportamento dei suoi giocatori; nulla eccepiva neanche in ordine alla contestazione di avere inserito nella formazione due calciatori in posizione non regolamentare. Il reclamo aveva come oggetto solo il comportamento attribuito al Cossu e al Piga, per i quali si chiedeva l’annullamento delle sanzioni irrogate. Si affermava nell’atto di reclamo che, allorché l’arbitro veniva aggredito la prima volta, sia il Cossu che il Piga si trovavano a circa 30/40 metri, ma, nonostante ciò, in maniera tempestiva si adoperavano per bloccare l’aggressore insieme ad altri giocatori e provvedevano a portarlo a forza negli spogliatoi; non intervenivano invece in occasione del secondo episodio di violenza perché intenti ad accompagnare fuori del campo il Traorè; in particolare poi si escludeva recisamente che il Cossu avesse pronunciato nei confronti del direttore di gara la frase dialettale a lui attribuita. Si rilevava poi che non fosse attendibile quanto dichiarato in proposito dall’arbitro che era in tribuna - che aveva confermato di avere udito tale espressione – in quanto questi si trovava ad una distanza di circa 60/80 metri ed inoltre, subito dopo l’atto di violenza da parte del Traorè, si era allontanato dalla suddetta tribuna, portandosi all’esterno dell’impianto per aspettare che gli venissero aperti i cancelli di accesso alla zona spogliatoi. Nel reclamo si negava anche che il Piga fosse rimasto immobile con la bandierina in mano senza preoccuparsi di sedare gli animi. Il Cossu, nel reclamo presentato personalmente, escludeva recisamente di avere proferito la contestata frase dialettale all’indirizzo dell’arbitro e precisava di essersi adoperato, insieme al Piga, per accompagnare negli spogliatoi prima il Traorè e poi il Luciano; attribuiva poi ad un equivoco quanto sostenuto nel suo rapporto dall’arbitro, che probabilmente per errore aveva interpretato come un’omissione nei suoi confronti il fatto che egli si fosse allontanato; in realtà egli era stato impegnato a calmare gli animi ed a condurre negli spogliatoi prima l’uno e poi l’altro calciatore autori degli atti di violenza, consapevole del fatto che il direttore di gara fosse in una situazione di sicurezza nei pressi delle panchine.

In data 8.4.19, il Cossu ed il rappresentante della Società reclamante venivano ascoltati dalla Corte e ribadivano recisamente la versione dei fatti esposta nei reclami, insistendo per l’annullamento dei provvedimenti impugnati. Con delibera pubblicata sul Comunicato Ufficiale n.45 in data 11.4.19 del Comitato Regionale Sardegna, la Corte, in parziale accoglimento del reclamo della Società Calangianus, deliberava di ridurre l’inibizione temporanea inflitta al dirigente Piga Sergio disponendone la durata fino al 30 aprile 2019. In relazione alla posizione dell’allenatore Cossu Giovanni Antonio, essendo emersa una macroscopica diversità tra la ricostruzione dei fatti operata dal direttore di gara e quella descritta dai reclamanti, la Corte decideva di trasmettere gli atti alla Procura Federale affinchè svolgesse i necessari accertamenti. La Procura Federale ha provveduto all’audizione del calciatore Baroni Alessandro e dei dirigenti Pischedda Nino e Pirina Agostino, tutti tesserati con la Società Lauras, del reclamante Cossu Giovanni, nonchè del direttore di gara e dell’arbitro che si trovava in tribuna, trasmettendo a questa Corte i relativi verbali, senza esprimere alcun parere conclusivo. Il Cossu e i due arbitri hanno tutti confermato quanto già dichiarato in precedenza, senza aggiungere nulla di rilevante. I tesserati del Lauras hanno tutti concordemente dichiarato che il Cossu non interveniva per dare protezione al direttore di gara e sia il Pischedda che il Pirina hanno affermato di avere udito il medesimo pronunciare la frase sopra riportata. Alla riunione del 17.6.19, il Cossu e il rappresentante della Società Calangianus sono stati nuovamente ascoltati dalla Corte; messi a conoscenza del’esito delle indagini svolte dalla Procura Federale, hanno ribadito quanto sostenuto nei propri rispettivi reclami. Tutto ciò premesso, la Corte ritiene che sia stato acclarato che il Cossu non interveniva tempestivamente ed efficacemente per proteggere l’arbitro, dopo che questi ebbe subito atti di violenza da parte dei calciatori Traorè e Luciano; a sua parziale discolpa peraltro deve essere messo in risalto che l’omissione è stata verosimilmente determinata dal fatto che egli era intento, insieme al Piga, ad allontanare dal campo i giocatori resisi responsabili degli atti di violenza. Suscitano comunque perplessità le dichiarazioni rese dall’arbitro presente in tribuna, nonchè dal Pischedda e dal Pirina circa la frase dialettale che avrebbe proferito l’allenatore Cossu. Sia il suddetto arbitro che il Pischedda si trovavano a notevole distanza dalla panchina nella quale stazionava il Cossu, il primo in tribuna, e il secondo lungo la linea di campo opposta, ove svolgeva le funzioni di assistente; pertanto non è plausibile, tenuto conto anche del chiasso che vi era certamente sugli spalti e in campo, che abbiano potuto percepire esattamente le parole pronunciate dall’allenatore del Calangianus. Quanto al Pirina, le sue dichiarazioni suscitano dubbi, tenuto conto che anch’egli è stato accusato dall’arbitro di non averlo tempestivamente protetto, quando aveva cercato riparo nelle panchine, tant’è vero che è stato sanzionato dal Giudice Sportivo con l’ammonizione con diffida. In ogni caso, pur volendosi ritenere provata la pronuncia da parte del Cossu di quanto sopra riportato, la Corte ritiene che non vi siano elementi per affermare che l’espressione utilizzata avesse un significato ingiurioso, minaccioso o di scherno, come ritenuto dal Giudice Sportivo a seguito della sua ricostruzione dei fatti. Il direttore di gara non ha mai affermato nulla in proposito, nè nel rapporto nè durante l’audizione avanti la Procura Federale; in entrambi i casi si è limitato a riportare la frase udita senza attribuirle alcun particolare valore. Sicuramente, al momento del fatto, l’arbitro non ha percepito l’espressione come un’offesa nei suoi confronti, altrimenti avrebbe conseguenzialmente espulso l’allenatore, come poco prima aveva fatto con il Traorè e come ha fatto subito dopo con il Luciano, che pronunciavano al suo indirizzo frasi volgari dall’inequivocabile significato ingiurioso. E’ verosimile ritenere che l’espressione “Pocu n’hai presu” fosse un’iperbole per commentare la grave violenza subita dall’arbitro; un’espressione certamente inopportuna in quel particolare contesto ma priva di contenuto offensivo. In conclusione, la Corte ritiene che il Cossu debba essere ritenuto responsabile di non avere prontamente protetto l’arbitro, ma che a suo carico debba essere inflitta una sanzione minima, commisurata all’effettiva gravità dei fatti, considerate le circostanze sopra rilevate che attenuano in modo significativo la colpevolezza.

La Corte, pertanto, in riforma della delibera del Giudice Sportivo e in parziale accoglimento dei reclami DELIBERA di infliggere all’allenatore Cossu Giovanni Andrea l’ammonizione con diffida. DISPONE la restituzione della tassa.

 

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