C.R. LIGURIA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2021/2022 – liguria.lnd.it – atto non ufficiale – CU N. 98 del 10/06/2022 – Delibera – in merito al ricorso proposto dalla società PIEVE LIGURE avverso provvedimento emesso dal Giudice Sportivo presso la Delegazione Provinciale di Genova, pubblicato con C.U. n. 61del 5 maggio 2022 (gara: BOCA ZENA – PIEVE LIGURE del 1 maggio 2022 – Terza Categoria).
in merito al ricorso proposto dalla società PIEVE LIGURE avverso provvedimento emesso dal Giudice Sportivo presso la Delegazione Provinciale di Genova, pubblicato con C.U. n. 61del 5 maggio 2022 (gara: BOCA ZENA – PIEVE LIGURE del 1 maggio 2022 – Terza Categoria).
Il Primo Giudice ha inflitto, a carico della società PIEVE LIGURE, le sanzioni della perdita della gara e dell’ammenda, per la ritenuta responsabilità della società in relazione ad una colluttazione occorsa tra due calciatori che avrebbe determinato la sospensione della gara. Il Giudice Provinciale ha, altresì, squalificato il tesserato del Pieve Ligure Emanuele BAGNASCO per aver rivolto un epiteto discriminatorio nei confronti di un calciatore avversario, con il quale sarebbe passato alle vie di fatto. Avverso tale decisione ha proposto reclamo la società Pietra Ligure deducendo l’infondatezza, in fatto, del provvedimento del Giudice Sportivo e, in particolare, allegando l’assenza di qualsivoglia condotta discriminatoria in capo al proprio tesserato. Sul punto, la reclamante ha allegato un messaggio dichiaratamente inviato a mezzo Instagram al Signor Bagnasco da parte del Signor Gningue, cioè il giocatore che, secondo il Primo Giudice, era stato attinto da offesa discriminatoria da parte del primo. In tale messaggio, il Signor Gningue affermava di non aver udito alcuna offesa di stampo razzista provenire da parte del Signor Bagnasco. Alla luce di tale messaggio, la società Pieve Ligure ha chiesto l’annullamento di tutte le sanzioni inflitte dal Giudice Sportivo. In merito alla tempestività del reclamo, è necessario premettere quanto segue. Come è noto, con C.U. FIGC n. 160 A del 3 febbraio 2022, è stata disposta l’abbreviazione dei termini procedurali dinnanzi agli Organi di Giustizia Sportiva per le ultime quattro giornate. Ai sensi di tale disposizione, “per i procedimenti di ultima istanza presso la Corte sportiva di Appello a livello territoriale: - il termine per presentare il preannuncio di reclamo, unitamente al contributo, alla eventuale richiesta di copia dei documenti e al contestuale invio alla controparte di copia della dichiarazione di preannuncio di reclamo, è fissato alle ore 24:00 del giorno in cui è stata pubblicata la decisione del Giudice Sportivo; - il termine entro cui deve essere depositato il ricorso presso la segreteria della Corte Sportiva di Appello a livello territoriale e trasmesso, ad opera del ricorrente, alla controparte è fissato alle ore 11:00 del giorno successivo alla pubblicazione della decisione che si intende impugnare ovvero del giorno stesso della ricezione della copia dei documenti”. Nella vigenza del vecchio C.G.S. l’abbreviazione dei termini era limitata ai soli casi di reclamo avverso la regolarità della gara e, più in generale, alle sole ipotesi in cui oggetto di contestazione era il risultato della gara. La ratio di tale disposizione era, evidentemente, quella di evitare che il risultato di un gara potesse restare troppo a lungo sub iudice nelle fasi finali di un Campionato laddove, al contrario, è necessario acquisire al più presto i risultati definitivi ed omologati delle partite disputate. Nella vigenza del vecchio Codice, diversamente, non era prevista alcuna abbreviazione dei termini per i reclami concernenti l’impugnazione di squalifiche e sanzioni. E’ opinione di Questa Corte che, in effetti, non vi sia alcuna ragione per applicare l’abbreviazione dei termini a quest’ultima fattispecie di reclami. Anche nelle ultime quattro giornate, infatti, non sussiste alcun motivo tale da imporre una particolare celerità nella definizione delle sanzioni disciplinari ovvero di altre sanzioni inflitte dal Giudice Sportivo, salvo che non afferiscano il risultato della gara. Se, infatti, è ineccepibile l’esigenza di garantire, nelle fasi terminali della stagione sportiva, l’assenza di risultati sub iudice, non si vede alcun elemento per assicurare pari garanzia di sollecitudine nelle decisioni concernenti sanzioni la cui esecuzione resterebbe comunque disciplinata dall’art. 19 CGS. Questa Corte rileva, altresì, che l’art. 76 co. 3 CGS stabilisce che “in caso di mancato deposito del reclamo nel termine indicato, la Corte sportiva di appello non è tenuta a pronunciare”. Il reclamo tardivo, quindi, non è tout court inammissibile, ma non obbliga la Corte Sportiva a pronunciarsi. D’altra parte, al fine di evitare giudizi potenzialmente sperequativi, ad avviso di Questa Corte è in ogni caso necessario tracciare una linea di demarcazione oltre la quale l’impugnazione debba essere dichiarata inammissibile e tale linea è stata costantemente individuata nel mancato rispetto dei requisiti e delle incombenze previste dall’art. 76 CGS.
Nel caso, come quello di specie, di impugnazione di sanzioni in regime di abbreviazione dei termini, diversamente, Questa Corte si è sempre risolta nel senso di decidere in reclami tardivamente proposti, non essendovi alcuna ragione per applicare detto regime, particolarmente gravoso per società e tesserati, in relazione a provvedimenti in relazione ai quali non constino particolari esigenze di sollecitudine. Per tali ragioni, il reclamo della società Pieve Ligure va dichiarato inammissibile nella sola parte in cui viene impugnata la sanzione della sconfitta per 0-3 a tavolino. Nel merito, Questa Corte ha convocato il calciatore Gningue e l’arbitro della gara in oggetto. Il calciatore ha confermato di aver personalmente inviato il messaggio su Instagram al calciatore Bagnasco e di non aver udito proferire da quest’ultimo epiteti razzisti. L’arbitro, al contrario, ha dichiarato di aver chiaramente udito un’espressione discriminatoria proferita dal Bagnasco all’indirizzo del Gningue, chiarendo che, seppur non stesse guardando in direzione del Bagnasco nel momento in cui questi proferiva l’offesa incriminata, detta espressione non potesse che provenire da costui. I due calciatori e l’arbitro, infatti, si trovavano in una porzione del terreno di giuoco in cui non vi era alcun altro tesserato e l’arbitro esclude che l’insulto in commento potesse essere provenuto dagli spalti. Il direttore di gara, in sostanza, si dichiarato certo “al 100%” che l’espressione discriminatoria fosse stata proferita dal Bagnasco, poiché proveniente dall’unico soggetto che avrebbe potuto proferirla a breve distanza tanto dal Gningue quanto dall’arbitro stesso. Il direttore di gara ha, altresì, ricordato la reazione del Gningue all’insulto ricevuto; reazione consistita nell’aggredire il Bagnasco, prendendolo per il collo e facendolo cadere a terra. Tale reazione, a dire dell’arbitro, era proprio dovuta all’offesa discriminatoria proferita dal Bagnasco. Alla luce di quanto sopra, Questa Corte ritiene di non potersi discostare da quando dichiarato dall’arbitro che, come è noto, ha fede privilegiata in ambito sportivo. Il direttore di gara, infatti, tanto in referto quanto in sede di dichiarazione testimoniale ha dichiarato di aver distintamente percepito un insulto discriminatorio ed ha attribuito senza alcun dubbio tale offesa al Signor Bagnasco. Di conseguenza, nonostante le contrarie dichiarazioni del Gningue, non c’è margine per poter valutare la condotta diversamente da quanto fatto dal Primo Giudice la cui decisione, sul punto, appare corretta. Al contrario, la decisione deve essere riformata per quanto attiene l’ammenda inflitta alla società. Secondo il Primo Giudice, infatti, la sospensione della gara da parte dell’arbitro sarebbe stata da attribuire al comportamento tenuto dai due tesserati successivamente all’offesa razzista pronunciata da Bagnasco. Al contrario, l’arbitro ha chiarito che la gara era stata da lui sospesa a causa dell’invasione di campo di una persona presente sugli spalti la quale aveva aggredito il Signor Bagnasco. In merito a tale aggressione, la società Pieve Ligure non ha alcuna responsabilità, di talché, non potendosi Questa Corte pronunciare in merito alla sanzione della perdita della gara, deve essere annullata la sanzione dell’ammenda. P.Q.M. la Corte Sportiva d’Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Liguria, Primo Collegio, dichiara inammissibile il reclamo nella parte in cui viene richiesta l’annullamento della sanzione della perdita della gara. In parziale accoglimento del reclamo proposto dalla società Pieve Ligure annulla la sanzione dell’ammenda e conferma nel resto l’impugnato provvedimento. Ordina la restituzione della tassa di reclamo, non versata ed addebitata in acconto.
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